08/04/21

La Relatività Generale al Microscopio.12: Un confronto con Newton ***

Questo è il quattordicesimo articolo della serie "La Relatività Generale al microscopio"

 

A questo punto torniamo al nostro Newton, la cui teoria è pienamente accettabile per piccole, trascurabili, deformazioni dello spaziotempo. Ne segue che i risultati devono essere equivalenti  per la relatività generale e  per la legge di gravitazione di Newton, sempre che ci si tenga ben lontani da masse gigantesche. Vediamo, quindi, cosa comporta questa equivalenza.

Il principio di equivalenza è il punto di partenza per stabilire che la stessa indipendenza rispetto al sistema di riferimento deve valere anche in uno spazio in cui fanno la loro comparsa le accelerazioni. Ne segue che la stessa forza di gravità, al pari della forza centrifuga che viene sentita -e come (chiedete al gattino che vi sta sulla spalla mentre girate vorticosamente su una giostra)- deve essere una forza apparente. Una forza che agisce perfettamente nel piano euclideo ma che tale non deve essere. Non è una vera forza, ma un effetto dovuto a uno spazio tempo curvo.

Einstein dice che la forza è solo apparente, ma attraverso il legame newtoniano può legarla all'energia: la forza newtoniana è legata all'energia (massa e derivata della quantità di moto) e quindi anche la forza apparente (geometrica) deve essere legata all'energia.

Fondamentale è però che la forza apparente, ossia la causa dei moti, sia indipendente dal sistema di riferimento (essenziali quindi le trasformazioni, le correzioni e i tensori che l'hanno descritta). In altre parole un fenomeno fisico deve essere invariante rispetto al sistema di riferimento.

D'altra parte, però, la forza apparente è solo un problema puramente geometrico, per cui ne deriva un legame tra struttura geometrica ed energia. Questa è la vera equivalenza. La forza apparente deve perciò essere descritta dalla geometria dello spaziotempo curvo e deve portare a risultati indipendenti dal sistema di riferimento usato (ci pensa il tensore di Ricci). L'energia, che è il suo equivalente, deve essere descritta analogamente attraverso un tensore "fisico" che generi proprio quella curvatura, ossia quella forza apparente.

A questo punto, siamo "pronti" a paragonare, nel caso più semplice, newtoniano, la forza considerata apparente all'energia del sistema. E' proprio lei che causa la deformazione e quindi è essenziale trovare l'equivalenza più semplice tra forza newtoniana apparente e geometria spaziotemporale.

Che cosa diceva Newton? Che la forza non era altro che la massa moltiplicata per l'accelerazione o, ancora meglio, che l'accelerazione era il rapporto tra forza e massa:

a = F/m

Il che ci permette di concludere che quella che si chiama forza è del tutto equivalente al simbolo di Christoffel (a parte la divisione per la massa che è una costante), come dimostrato alla fine del capitolo precedente.

Ma noi abbiamo già determinato il simbolo di Christoffel nell'equazione (9), in termini del tensore metrico e delle sue derivate.

Γbca (x) = 1/2 gad (∂gdc/∂xb + ∂gab/∂xc - ∂gbc/∂xd)

Ammettiamo, ora, di limitarci a uno spazio piano, o approssimabile a uno spazio quasi perfettamente piano, in cui le velocità in gioco siano estremamente basse. Sotto questo aspetto la relatività generale che cerchiamo di costruire può essere del tutto descritta dalla fisica newtoniana.

Quando questo capita, ossia quando stiamo ben lontani da masse capaci di curvare lo spazio, il tensore metrico (il correttore del teorema di Pitagora) deve valere UNO, mentre le sue derivate saranno estremamente piccole (quasi zero) tranne che quando si consideri la coordinata tempo. In particolare il valore del tensore metrico per questa coordinata può essere scritto come g00, dando alla coordinata tempo proprio l'indice zero, come avevamo già accennato precedentemente. Ciò significa che l'unica derivata che non può certo essere trascurata deve essere:

∂g00/∂x

Passando al tensore legato all'energia vedremo che questa componente è proprio quella che rappresenta l'energia a riposo, in cui ci si muove solo nella direzione del tempo. Detto in altre parole, stando fermi ci muoviamo alla velocità della luce nella direzione del tempo. Per adesso, possiamo, comunque, scrivere:

Γ = 1/2 (∂g00/∂x)

Fantastico risultato... pensiamoci bene! Quella che era la forza di Newton è ora espressa in termini di pura geometria. Una forza diventa qualcosa legata soltanto alla metrica di uno spazio curvo (è la curvatura che impone il moto, come per Newton era una forza). In questa visione rivoluzionaria e arditissima sta il succo della genialità (e della fantasia) sublime di Einstein. Proseguiamo, perdonandoci pure il fatto di sentirci un po' storditi e timorosi.

Torniamo a Newton e ricordiamo il legame che esiste tra forza e energia potenziale. Come forza consideriamo proprio quella gravitazionale e possiamo scrivere che la forza è proprio uguale alla derivata del potenziale Φ.

F = - dΦ/dx     (il segno meno sta ha indicare che la forza agisce in senso contrario all'asse x)

Una rapida verifica, nel caso terrestre:

Φ = - m g x

deriviamo e otteniamo proprio

F = - dΦ/dx = mg

Ma allora data l'equivalenza che abbiamo trovato prima tra forza e simbolo di Christoffel possiamo pensare a un'equivalenza ancora più interessante:

Γ = 1/2 (∂g00/∂x)

F = - Φ/x     (nel caso generale)

1/2 (∂g00/∂x)  = - dΦ/dx

(∂g00/∂x) = 2 dΦ/dx

In parole povere ed essenzialmente concettuali (l'uguaglianza va intesa come equivalenza e quindi segni e costanti sistemano il tutto) basta integrare e otteniamo:

g00 = 2Φ + cost.

il valore del tensore metrico relativo al tempo è equivalente a due volte l'energia potenziale più una costante, un principio fondamentale che lega energia e geometria!

La formula che definiva la forza come derivata del potenziale deve essere scritta più compiutamente nello spazio tridimensionale attraverso il simbolo di divergenza:

F = - Φ/x = - div(Φ)

dove per divergenza s'intende semplicemente la somma delle tre derivate parziali di Φ rispetto ai tre assi spaziali:

div = /x +/∂y+/∂z

N.B.: sul concetto di divergenza parleremo più ampiamente nella trattazione delle equazioni di Maxwell... per adesso possiamo solo dire che solitamente si trova scritta come ∇x, con x nel senso di prodotto scalare. Io, però, preferisco il vecchio simbolo che "spaventa" di meno.

In altre parole, prima avevamo scritto solo la componente lungo una certa linea, adesso descriviamo tutto il campo tridimensionale (un po' come descrivere le linee di velocità che vanno verso un punto o che ne escono, proprio la visione classica del campo gravitazionale).

Non stupiamoci che si sia riscritta la derivata covariante, dato che il significato è lo stesso (somma di derivate parziali). In quel caso, però si teneva conto del fattore di correzione fornito dal simbolo di Christoffel.

Tuttavia, la forza gravitazionale newtoniana è anche definita come:

F = - GmM/r2

Cosa vuole significare? Consideriamo una massa centrale M e una sfera di raggio r in cui posizionare la massa m che possiamo porre uguale a  1 (ottenendo una forza per unità di massa). Qual è la "capacità" della forza F di agire sulla  sfera di raggio r? Basta scrivere l'integrale

∫F dA

dove dA descrive l'intera superficie della sfera. Niente di speciale: abbiamo solo allargato la visione dell'azione di  una forza diretta verso il centro lungo una sola retta alla somma delle azioni di tutte le rette che partono dalla superficie sferica e vanno verso il punto centrale. Ribadisco: non è altro che la consueta rappresentazione del campo gravitazionale in tre dimensioni (Fig. 17)

Figura 17

Possiamo ancora scrivere:

∫F dA = - GM/r2∫dA = - GM/r 4πr2 = - 4π GM

A questo punto bisogna prendere per buono il teorema della divergenza che dice, semplificando, che l'integrale della forza su una superficie è uguale all'integrale della divergenza della forza sul volume racchiuso dalla superficie. In parole matematiche:

∫F dA = ∫div(F) dV

Attenzione: Ribadiamo che non c'è niente di male a simulare un campo gravitazionale simile a quello newtoniano. Il campo continua a essere di tipo radiale a partire dalla massa centrale. Fino a che questa non riesce a curvare lo spaziotempo l'approssimazione newtoniana è corretta. Avere però imposto che non sia una vera forza, ma solo l'apparenza che proviene da una curvatura, permette di avvicinarsi, con le giuste trasformazioni e derivate, anche nei pressi di masse ed energie che Newton non avrebbe saputo trattare.

Einstein, ribadiamo, non rifiuta l'approccio di Newton. Anzi, lo considera una descrizione perfetta nei casi "normali". Ciò che fa è "solo" decidere che la forza preponderante e dominatrice di Newton non esiste realmente, ma è solo una forza apparente. La causa di ciò che Newton descrive così bene è completamente diversa: non vi è forza attrattiva, ma deformazione dello spaziotempo. Tuttavia, questa visione rivoluzionaria e ardita deve coincidere con la rappresentazione di Newton. Einstein se ne serve per stabilire parecchi parametri.

Noteremo, tra breve, come la costante di gravitazione G venga mantenuta, una prova in più che la descrizione newtoniana è fondamentale per calibrare la sua visione legata a una causa completamente diversa. Una volta ottenuta la sovrapposizione può permettersi di andare verso livelli di campo gravitazionale molto più elevati, dove la teoria di Newton avrebbe perso di validità.

7 commenti

  1. M. Grazia Gori

    Buon giorno Vincenzo. Ti espongo i miei primi dubbi, penso che ne avrò molti altri anche perché debbo ripassare tutte le puntate precedenti.

     

    1)In altre parole un fenomeno fisico deve essere invariante rispetto al sistema di riferimento. Questo l'ho quasi capito lo hai detto più volte, ma mi potresti fare un esempio?

    2) D'altra parte, però, la forza apparente è solo un problema puramente geometrico, per cui ne deriva un legame tra struttura geometrica ed energia.  Mi descrivi questa uguaglianza fra forza apparente e geometria?

    Grazie. Michele

  2. caro Michele,

    (1) verso acqua in un bicchiere. E' un fenomeno che avviene sia se viaggio su un treno sia se lo guardo da fuori.

    (2) La forza apparente esiste oppure no a seconda del sistema in cui osservi un fenomeno. Se giri intorno alla Terra tu pensi di essere spinto verso l'esterno, dato che ti consideri fermo. Io che ti guardo dalla Terra dico invece che sei attratto verso la Terra, ma la velocità con cui vai riesce a non farti cadere. La forza centrifuga è una forza apparente che esiste solo in un sistema , quello in moto, ma il fenomeno fisico (tu che giri intorno alla Terra) è sempre uguale.

    La geometria dice solo che la forza di gravitazione è forza apparente, nel senso che per un sistema sembra che sia una forza che ti spinge verso la Terra, ma nel sistema di chi cade questa forza non esiste. In particolare, tu sei sempre fermo, ma è lo spaziotempo curvo che ti fa "sembrare" che tu sia cadendo. La geometria spiega il fenomeno senza che vi sia bisogno di una forza.

  3. M. Grazia Gori

    Caro Vincenzo

    la risposta al primo punto è talmente lampante che mi sono quasi vergognato a farti la domanda. Per il secondo punto sulla forza centrifuga apparente, un concetto difficile da capire per me, mi ha molto il tuo articolone sulla forza apparente di qualche anno fa che ho trovato rovistando nel blog. Mi ha fatto comprendere cose che credevo di sapere e che evidentemente non sapevo: è di una chiarezza affascinante, magari i miei insegnanti a ingegneria fossero stati così esplicativi! E en passant hai anche fatto un bell'esempio dell'accelerazione di Coriolis. Bella l'immagine della ragnatela. Grazie

  4. carissimo,

    mi rendi felice!!!

  5. M. Grazia Gori

    Scusa ancora Vincenzo

    mi riferisco alla seguente frase

    Quando questo capita, ossia quando stiamo ben lontani da masse capaci di curvare lo spazio, il tensore metrico (il correttore del teorema di Pitagora) deve valere UNO, mentre le sue derivate saranno estremamente piccole (quasi zero) tranne che quando si consideri la coordinata tempo. In particolare il valore del tensore metrico per questa coordinata può essere scritto come g00, dando alla coordinata tempo proprio l'indice zero, come avevamo già accennato precedentemente. Ciò significa che l'unica derivata che non può certo essere trascurata deve essere:

    ∂g00/∂x

    SE il tensore metrico vale 1 come posso derivare, la derivata dovrebbe essere zero. Cos'è che non ho capito?

    Grazie

    Michele

  6. Non è facile spiegare... ma il correttore metrico deve valere uno (perché vale Pitagora), ma esso varia nel tempo. E' solo un operatore che se differisse da uno obbligherebbe a curvare lo spaziotempo... Cercherò, magari, di spiegarlo meglio in un'appendice a parte. Abbi fede...

  7. M. Grazia Gori

    Grazie.

    Michele

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