21/05/25

PIOGGE TITANICHE*

Questo articolo è inserito nella sezione d'archivio "Raccontiamo i corpi planetari", compresa in "Sistema Solare"

Piogge, venti, nubi e altre manifestazioni atmosferiche fanno parte della comune esperienza umana, come pure lo scorrere di fiumi e l’ondeggiare della superficie marina; tutti fenomeni che interagiscono con la superficie terrestre e concorrono a modificarla incessantemente. Ma questa è una caratteristica esclusiva della Terra?

Sembra di no, o quantomeno il primato va condiviso. Oltre alla Terra esiste almeno un altro corpo celeste (per ora l’unico ma su questa esclusività non c’è da scommetterci) dove tale interazione avviene costantemente: Titano, il più grande dei satelliti di Saturno.

Titano fu indagato da distanza ravvicinata dalla sonda Cassini nel periodo 2004-2017 e ripreso dalla telecamera del “lander” Huygens che ne raggiunse la superficie il 14 gennaio 2005, scattando storiche fotografie che mostrarono morfologie estremamente simili a quelle terrestri (figg. 1 e 2).      QUI la registrazione audio realizzata dal lander durante l'attraversamento dell'atmosfera.

Fig. 1. Immagine radar della superficie di Titano ottenuta dalla sonda Cassini nel 2007 da un’altezza di circa 900 km. Sono molto evidenti diversi reticoli idrografici attivi (nel terzo inferiore), corpi insulari, fiordi e rilievi attorno al bacino denominato Mare Ligeia, esteso per 130.000 km2 (poco più di un terzo del Mar Caspio) e riempito da idrocarburi allo stato liquido (in colore nero). Fonte: Nasa/JPL/Caltech/ASI/Cornell Univ.

 

Fig. 2. La prima immagine a colori trasmessa dal “lander” Huygens una volta raggiunta la superficie di Titano. Nella fotografia, ripresa da una distanza di 85 cm, i due ciottoli appena sotto il centro dell’immagine misurano circa 15 cm (A) e circa 4 cm (B) lungo l’asse orizzontale. L’assoluta predominanza di forme arrotondate negli elementi litoidi visibili suggerisce l’esposizione all’azione di una corrente liquida, come anche l’evidente escavazione a ridosso del ciottolo B (indicata dalla freccia). Fonte: ESA/NASA/JPL/University of Arizona.

In sostanza laddove sulla Terra l’agente erosivo principale è l’acqua liquida in quanto diffusa pressoché ovunque, su Titano esso è costituito da idrocarburi, in particolare metano (CH4) ed etano (C2H6), gas naturali che a causa delle temperature estremamente basse (70-93 K) sono presenti allo stato liquido.

Il metano, che costituisce una frazione di circa il 5% della densa atmosfera di Titano (unico tra i satelliti del sistema solare a possederla, costituita per il restante 95% da azoto molecolare) è caratterizzato da un punto triplo molto prossimo alla temperatura media della superficie e della troposfera di Titano; di conseguenza il gas può subire condensazione, passando da aeriforme allo stato liquido e dando luogo al fenomeno delle precipitazioni atmosferiche, nel caso terrestre note come pioggia o neve.

Secondo il modello corrente il metano, una volta raggiunto il suolo del satellite, similmente a quanto accade all'acqua sulla Terra, evapora, torna nella media ed alta atmosfera dove, per effetto fotochimico forma, oltre all’etano, altre molecole organiche più pesanti (composti aromatici policiclici) e agglomerati solidi che formano l’aerosol stratosferico.

La presenza di uno strato composto da aerosol nella stratosfera è responsabile della colorazione dorata assunta da Titano nella finestra del visibile; osservazioni condotte su ampi intervalli temporali hanno rilevato sensibili variazioni del  cromatismo nello strato di aerosol, evidenziando la presenza di una inversione della circolazione atmosferica nell’emisfero sud con periodo di circa 14,75 anni terrestri.

Purtroppo con la conclusione della missione Cassini-Huygens nel 2017 è anche venuta a mancare la possibilità di effettuare precise osservazioni nella finestra infrarossa senza l’esiziale interferenza dell’atmosfera terrestre.

L’inizio dell’operatività del James Webb Space Telescope nel 2022 ha reso nuovamente possibile effettuare precise osservazioni dell’atmosfera di Titano nell’infrarosso a varie altezze dalla superficie, permettendo di completare l’estensione del modello di circolazione atmosferica anche all’emisfero settentrionale.

In particolare le nuove rilevazioni, coadiuvate dalle ottiche adattive del telescopio Keck II, hanno evidenziato la presenza di nubi nella troposfera dell’emisfero nord (qui è concentrata la gran maggioranza di corpi liquidi del satellite), dove mai erano state osservate in precedenza, e la presenza di una circolazione modulata da moti convettivi tra i diversi strati atmosferici (fig. 3).

Fig. 3. Immagini dell’atmosfera di Titano ottenute tramite gli strumenti del JWST (sopra) e del telescopio Keck II (sotto) nel luglio 2023. Nella prima colonna Titano è rappresentato assegnando i colori blu, verde e rosso ad altrettante immagini acquisite tramite filtraggio in specifiche bande di lunghezza d’onda. Sono evidenti i corpi nuvolosi di metano nell’emisfero nord (indicati dalla freccia). Nelle altre due colonne sono riportate immagini acquisite in una singola lunghezza d’onda per evidenziare la presenza o meno delle nubi a differenti altezze: le nubi visibili nella colonna a destra sono ubicate nella stratosfera e nell’alta troposfera (freccia), quelle visibili nella colonna centrale sono ubicate nella bassa troposfera. Fonte: NASA, ESA, CSA, STScI, and W.M. Keck Observatories.

L’interpretazione dei nuovi dati osservativi ha permesso la definizione di un possibile modello della dinamica globale dell’atmosfera del satellite, proposta da Nixon C. A. et al.1, pubblicato su Nature Astronomy nel maggio 2025 e schematizzato in fig. 4.

Fig. 4. Schema semplificato della possibile circolazione atmosferica di Titano nel tardo periodo estivo settentrionale che determina moti di risalita nella fascia delle medie latitudini N ove si ha la conseguente formazione di nubi. Estratto da Nixon C. A. et al.1.

Ma i risultati ottenuti dal lavoro del JWST (e del telescopio Keck II) non sono solo relativi alle dinamiche atmosferiche di Titano. Sul satellite il metano gioca un ruolo fondamentale, simile a quanto fa l’acqua sulla Terra, ed è sul coinvolgimento in una serie di reazioni chimiche di questo composto che le indagini si sono focalizzate.

In particolare le analisi spettrali hanno permesso di individuare per la prima volta nell’atmosfera di Titano il radicale metilico (-CH3, in sostanza una molecola di metano che, privata di un atomo di H, ha un elettrone libero tramite il quale può legarsi ad altre molecole), composto ritenuto di fondamentale importanza per i processi chimici che hanno luogo nell’atmosfera del satellite, in quanto la sua semplicità strutturale lo rende facilmente incorporabile in molecole organiche più complesse.

La rilevazione certa del radicale metilico nell’atmosfera di Titano costituisce la conferma dell’esistenza dell’anello mancante tra l’ingrediente iniziale, il metano, ed i prodotti finali, cioè le molecole organiche più complesse, da tempo rilevate nell’atmosfera del satellite.

Nei suoi tratti generali il meccanismo parte dal metano presente nell’alta atmosfera, qui alle molecole vengono estirpati gli atomi di H dall’azione della radiazione solare e degli elettroni altamente energetici pilotati dal campo magnetico di Saturno. I radicali metilici così formatisi si ricombinano tra loro a formare molecole di etano (C2H6) o si legano a molecole organiche più complesse che successivamente condensano e formano gocce di pioggia che discendono sulla superficie ad alimentare fiumi e mari (fig. 5).

Fig. 5. Schema semplificato dei processi chimici che avvengono nell’atmosfera di Titano: 1) nell’atmosfera di azoto molecolare è presente metano; 2) elettroni energetici provenienti dal Sole e dalla magnetosfera di Saturno strappano un atomo di idrogeno al metano generando il radicale metilico; 3) i radicali metilici si legano tra loro a formare etano (e ad altre molecole organiche più complesse); 4) i prodotti così formati condensano dando luogo a gocce di pioggia che cadono sulla superficie del satellite alimentando i corpi liquidi superficiali. Fonte: NASA, ESA, CSA, and Elizabeth Wheatley (STScI).

Questo “ciclo del metano” non è in grado di autosostentarsi in eterno poiché parte dell’idrogeno sfugge nello spazio dall’alta atmosfera, depauperando la massa disponibile per le reazioni chimiche, ciò lascia immaginare che il metano andrà via via riducendosi a meno che non vi sia (e per ora non se ne ha evidenza né sospetto) una sorgente endogena al satellite che possa rimpiazzarlo.

1 - https://www.nature.com/articles/s41550-025-02537-3

 

2 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Insomma non mi pare male: viaggi nello spazio con il tuo missile e ti fermi al distributore Titano per fare il pieno di metano. Già che ci sei ti bevi un goccio di alcol etilico ottenuto sostituendo un idrogeno di C2H6 con un - OH che ti puoi ricavare dall'acqua di bordo tramite elettrolisi. No, la sigaretta é sconsigliata. Ti fai invece la classica pipí evitando spiacevolissimi congelamenti e riparti. Sempre che non abbiano già riempito l'universo di poliziotti muniti di etilometro...

  2. Fabrizio

    Ringrazio Guido per avere presentato e riassunto questo articolo. Interessante e sorprendente che in condizioni e con una chimica così diverse da quelle terrestri si formino i meccanismi per fenomeni così simili a quelli terrestri.

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