Continuiamo con la descrizione del telescopio spaziale Webb. Questa volta è il turno dei suoi obiettivi scientifici principali.
Iniziamo la descrizione del telescopio spaziale Webb dal suo sistema ottico.
No, cari amici, non vi stupisca il mio silenzio... Sto preparando almeno un paio di articoli dedicati al nuovo telescopio spaziale Webb. Ci vuole ancora un po' di tempo per sistemarlo nella giusta posizione e non c'è fretta.
L'articolo, che vado a riassumere a grandi linee, mi è stato indicato per primo dal nostro amico Paolo. Discutendone con lui, abbiamo pensato che era meglio soprassedere per non contrapporre fantasia a fantasia. Leggendo l'articolo, però, risulta chiaro un sano scopo di provocazione. Inoltre, gli autori espongono chiaramente i limiti attuali della loro proposta e non pretendono certo che venga accettata senza ulteriori e decisivi dati osservativi.
Una poco nota "ciliegina" (sarebbe meglio dire "ciliegiona") che potrebbe rappresentare il primo tipo di stelle da cui discenderebbero i buchi neri galattici.
Questo articolo si basa su dati osservativi al limite delle capacità odierne e vede protagonista il solito, vecchio, inesauribile telescopio Hubble. Una ricerca importante, ma che, in fondo scopre l'acqua calda che è' stata elaborata finora.
No, non è un boom dell'industria spaziale e nemmeno una scelta dell'homo sapiens mirata a capire sempre meglio l'Universo (lui al massimo spedisce i satelliti commerciali a illuminare e a disturbare le osservazioni). E' un regalo dell'Universo stesso per darci una piccola spinta in più...
Uffa! ALMA sta proprio esagerando... capace com'è di passare dalla nascita di una stella o dalla formazione di un piccolo e quasi insignificante pianeta alla scoperta di immensi mostri nascosti nell'Universo primitivo.
Ormai sappiamo molto bene che i buchi neri centrali di due galassie, che si sono scontrate e fuse assieme, sono capaci di unire le loro forze e di diventare uno solo: per una grande galassia ci vuole un grande buco nero (come, più o meno, recitava una celebre pubblicità). Mentre lo fanno, stropicciano talmente lo spaziotempo che si è già riusciti con i mezzi terrestri (LIGO) a sentire (o vedere o come preferite) le onde gravitazionali che hanno emesso. Ma quanto è frequente questo gioco di collaborazione completa?
Gli occhi di Kepler si sono chiusi, dopo più di 2600 esopianeti individuati, non avendo più carburante a disposizione. Una missione pienamente riuscita, oltre ogni ottimistica previsione, passa il testimone a TESS. Kepler può riposare in pace sulla sua orbita eliocentrica... un piccolo pianeta in più.
Sicuramente il nuovo telescopio spaziale Webb permetterà salti di qualità enormi sulla comprensione dell’Universo più lontano. Se pensiamo a quanto ha fatto Hubble, possiamo immaginarci scoperte da brividi da parte del suo fratello maggiore e decisamente più avanzato tecnologicamente.
Sapete che cosa farà il primo anno (2020) della sua attività? Cercherà di risolvere i problemi ancora e sempre aperti relativi a Marte, alla sua acqua e alla sua vita. Lui sì che potrà dirci qualcosa di definitivo…
Kepler (e non solo) ha aggiunto centinaia e centinaia di nuovi pianeti alle stelle della nostra galassia. Ovviamente sono pianeti già formati, capaci di nascondere un po’ della luce della stella attorno a cui rivolvono. Forse, però, si può fare di più e andarli a scoprire quando sono ancora nascosti dalla nube proto planetaria. Il computer, se usato bene, può decisamente aiutare.