27/03/15

Datemi un fotone e vi “intreccerò” un mondo (o quasi) ***/****

Vi sono varie tecniche che permettono di creare particelle intrecciate. Alcune sfruttano le situazioni già esistenti negli atomi o nei loro processi, altre agiscono in prima persona. Ad esempio, negli orbitali atomici vi sono elettroni che sono naturalmente intrecciati: se uno ruota in un verso, l’altro deve ruotare in verso opposto (la rotazione è quella che più “tecnicamente” viene chiamata “spin”). Sfruttando questa caratteristica naturale si può agire per “costruire” atomi intrecciati tra loro.

Non è nelle mie capacità descrivere gli esperimenti in dettaglio (sono un povero teorico… anzi molto meno), ma le tecniche usate sono ormai molto varie e spesso sfruttano i fotoni di un laser che vanno a interagire con gli atomi all’interno di una cavità preparata adeguatamente.

Cerco di spiegare quest’ultimo fondamentale  esperimento come meglio posso, cercando di semplificare al massimo i concetti. L’importante è che tutto si è ottenuto con un solo fotone e su un insieme numeroso di atomi.

Ricordiamo, innanzitutto, che l’entanglement è un fenomeno puramente quantistico (con buona pace di Einstein) che permette a due o più particelle di avere una correlazione strettissima che non è permessa dalla fisica classica. Una proprietà delle particelle intrecciate è che esse sono molto sensibili agli stimoli ESTERNI, come la gravità o la luce e, di conseguenza, possono essere usati come “sensori” in molte applicazioni.

Fino alla realizzazione dell’esperimento in questione (eseguito in collaborazione tra il MIT e l’Università di Belgrado) si era riusciti a intrecciare un centinaio di atomi in un gruppo ben più numeroso. Il nuovo test è invece riuscito a intrecciare il 95% degli atomi presenti, la quasi totalità. Un reggimento che risponde all’unisono a un ordine del capitano!

Una visione “artistica” degli atomi intrecciati, messi “in riga” da un singolo fotone.  Fonte: Christine Daniloff/MIT and Jose-Luis Olivares/MIT
Una visione “artistica” degli atomi intrecciati, messi “in riga” da un singolo fotone. Fonte: Christine Daniloff/MIT and Jose-Luis Olivares/MIT

Una cavità otticamente schermata che contiene 3100 atomi di Rubidio 87 è raffreddata a temperature vicine allo zero assoluto. La luce viene immessa all’interno della cavità dove sono sistemati due specchi opposti “non perfetti”, tali da riflettere continuamente  e con direzioni variabili i fotoni avanti e indietro nella cavità. Lo scopo è di far venire a contatto un singolo fotone con il più alto numero di atomi. Dopo un po’ di rimbalzi la luce trova finalmente una via d’uscita e viene misurata. Un campo magnetico, nel frattempo, ha messo “in riga” gli atomi che dovrebbero allineare il loro “spin”. Non essendo allacciati, però, la stessa natura probabilistica della MQ ammette che l’allineamento non solo non possa essere perfetto, ma che ogni atomo oscilli attorno alla direzione fissata dal campo.

Queste oscillazioni vengono misurate in un test preliminare in cui un impulso di luce polarizzata è inviato all’interno della cavità. La luce interagisce con gli atomi che rispondono con delle “spinte” legate ai loro spin. Alla fine, la luce esce all’esterno e si misura la rotazione subita dalla direzione di polarizzazione. Questa è normalmente molto piccola, dato che risente dello spin globale degli atomi urtati. In qualche modo, la variazione della direzione di polarizzazione della luce indica la direzione totale dello spin del gruppo di atomi. Un colpo a destra, uno a sinistra, e l’insieme degli “urti” dà un’idea di  come sono avvenuti coralmente gli urti.

Si effettuano molte misure di questo tipo e si nota molto bene che la direzione totale dello spin atomico segue una distribuzione gaussiana. Il fatto stesso che la distribuzione sia gaussiana vuole dire che ogni atomo fa un po’ quello che vuole e che sicuramente non sono allacciati tra loro e nemmeno con i fotoni della luce. Per adesso, non si è ottenuto un bel niente.

E’ ora di provare a far diventare la distribuzione qualcosa di diverso da una gaussiana. Se ciò capitasse vorrebbe dire che gli atomi hanno cominciato a mettersi in fila, allacciandosi tra loro e con chi ha impartito gli ordini, ossia la luce. Il trucco sta nell’abbassare l’impulso luminoso del laser in modo da far lavorare un solo fotone all’interno della cavità. Nel suo girovagare tra uno specchio e l’altro il fotone riesce a toccare praticamente tutti gli atomi e lasciare su di loro un segno indelebile. Questa specie di tocco di bacchetta magica eseguito da una sola fata, anzi fotone, è capace di allacciare tutti gli atomi tra loro e con lo stesso fotone.

Come esserne sicuri? Basta aspettare che esca un fotone-fata con una rotazione di polarizzazione di 90° rispetto a quando era entrato. Misurando la direzione totale dello spin degli atomi si nota subito che la distribuzione di vari “test” non segue più una gaussiana, ma una forma tipica ad anello che è il segno inconfutabile dell’avvenuto allacciamento corale.. Dove prima c’era il massimo di distribuzione (picco della gaussiana), adesso c’è un minimo di probabilità. In qualche modo gli atomi si sono divisi in due gruppi con direzioni opposte. La fata-fotone li ha schierati perfettamente su due file, allacciandoli tra loro.

La strumentazione e l’esperimento. Nella parte alta il fotone polarizzato a 90° dà origine a una distribuzione bimodale dello spin degli atomi, in basso a una  gaussiana. Fonte: McConnell et al. Nature, 2015.
La strumentazione e l’esperimento. Nella parte alta il fotone polarizzato a 90° dà origine a una distribuzione bimodale dello spin degli atomi, in basso, senza rotazione, a una gaussiana. Fonte: McConnell et al. Nature, 2015.

Ripeto il tutto in modo ancora più semplificato (e -ovviamente- impreciso).

Come si fa a capire se un insieme di particelle è veramente intrecciato? Ce lo dice lo stesso fotone che ha interagito con gli atomi. Esso entra con una certa direzione di polarizzazione e subisce una specie di rumore di fondo quantico che dipende da come oscillano gli atomi che si vogliono intrecciare. Se essi non lo sono, le “spinte” che danno alla direzione di oscillazione del fotone sono del tutto random e danno luogo a una distribuzione gaussiana. Se, invece, il fotone interagisce con gli atomi, lasciandogli un suo segno particolare, come fosse una bacchetta magica, può uscire dalla cavità con un piano di oscillazione che differisce di 90° da quello di ingresso.

Questo fotone è riuscito a intrecciarsi con tutti gli atomi “toccati” inserendoli in due gruppi di oscillazione ben distinti. Il fotone ha messo in riga tutti gli atomi che sono pronti a ogni suo cambiamento di polarizzazione. Come un capitano dell’esercito potrebbe dare un ordine e tutti gli atomi cambierebbero la loro direzione di marcia (ops… di oscillazione).

Ho cercato di semplificare al massimo una tecnologia che non sono in grado di spiegare nei dettagli, ma penso che il concetto di fondo sia stato abbastanza chiaro. Se non altro, possiamo essere sicuri di stare assistendo a un cambiamento di tecnologia che ha del “mostruoso”.

Sembrerebbe che il buon Einstein stia subendo sempre più la prepotente vittoria della meccanica quantistica. Tuttavia, ricordiamo che, in fondo in fondo, l’esistenza di particelle entangled potrebbe anche  non essere dovuta a pura casualità. Mai dire mai. La corrazzata EPR è stata duramente colpita, ma non è ancora affondata completamente… Sicuramente Albert è in attesa che venga scoperta qualche… variabile nascosta. Vuoi vedere che alla fine potrebbe ancora avere ragione e la guerra tra relatività e MQ si possa veramente risolvere con una pace duratura?

Articolo originale QUI (a pagamento purtroppo...)

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