23/01/16

Dove sono gli alieni? Tutti morti o mai nati! **

I prerequisiti e gli ingredienti per formare la vita sembrano esistere un po’ ovunque nell’Universo e, di conseguenza, nella Via Lattea. Tuttavia, come diceva Fermi: “Se l’Universo pullula di stelle, di pianeti abitabili e di civiltà evolute, dove sono, allora, gli alieni?”

Si risponde spesso, tirando in ballo le distanze enormi che continuano a giocare anche se i cugini della Terra potrebbero essere tantissimi, o ipotizzando il fatto che una civiltà organizzata e capace di mandare e ricevere messaggi dal Cosmo potrebbe avere una durata brevissima. Altri pensano che una cosa è avere la materia prima e un’altra è riuscire a metterla insieme: in realtà, la vita non nasce facilmente.

Si è quindi, costantemente, di fronte al paradosso di Fermi che per credere vorrebbe vedere (o sentire) e al principio antropico forte che assume che tutte le strategie evolutive dell’Universo siano predisposte e regolate per la creazione di una vita che sia in grado di prenderne atto e di renderlo reale (in qualche modo la meccanica quantistica potrebbe dare una bell’aiuto a questa visione: la realtà esiste solo se viene osservata).

Il recente articolo di bioastronomia che è appena uscito, si affianca a quelli che vedono uno strettissimo collo di bottiglia per far nascere la vita, ma va ancora oltre, spostando il collo di bottiglia all’evoluzione della vita.

In poche parole, la vita potrebbe anche nascere facilmente su un pianeta con certe caratteristiche, ma il suo evolversi, oltre le forme primitive, sarebbe veramente un colpo di fortuna estremo. E’ solo in quel momento che avviene la grande battaglia tra le condizioni al contorno (variazioni di temperatura, abbondanza di gas volatili, regolazione accurata dei gas serra capaci di non esagerare come su Venere o essere troppo limitati come su Marte). Ne segue che l’estinzione rapida è la conclusione più ovvia per la vita che sorge anche abbondante nell’Universo, su pianeti di tipo terrestre.

Solo casi veramente fortunati possono superare questa fase e, solo in questi casi, la vita stessa è in grado di mantenere abitabile il pianeta. Insomma, riuscire ad andare oltre un certo limite è una vera impresa. In questo modello, la sopravvivenza della vita diventa una proprietà maggiormente associata a una straordinaria e peculiare regolazione biologica degli elementi volatili che non alla luminosità e alla distanza della stella madre.

Quest’ultima può preparare facilmente le condizioni, ma poi la stessa vita, se vuole sopravvivere, deve riuscire a regolare, autonomamente, le condizioni al contorno. In altre parole, non siamo di fronte a cuccioli che vengono accuditi a lungo dalla mamma, ma a cuccioli abbandonati subito a se stessi. A parità di “uova”, il secondo caso porta a un mortalità quasi completa. Se, però. si sopravvive, ne nasce un auto mantenimento che può portare all’evoluzione, la cui esistenza resta comunque molto critica e a rischio perenne di scomparsa.

Il principio antropico forte che dice chiaramente “L'Universo deve avere quelle proprietà che permettono alla vita di svilupparsi al suo interno, a un certo punto della sua storia” o, ancora più chiaramente: “L'Universo (e di conseguenza i parametri fondamentali che lo caratterizzano) deve essere tale da permettere la creazione di osservatori all'interno di esso, a un dato stadio della sua esistenza”.

La ricerca, basata sul collo di bottiglia posticipato di poco dopo l’inizio della vita, blocca pesantemente questo principio, dopo aver fatto sperare in una sua verità. Se la vita avesse lo scopo del principio forte non avrebbe certo una probabilità minima di poter arrivare alla consapevolezza. O forse sì, in una visione fortemente religiosa?

Attraverso queste discussioni sembrerebbe che la ricerca sia più di tipo filosofico che scientifico e che ricada nei soliti discorsi bellissimi, intricati, ma che non portano assolutamente a nessuna conclusione. Il paradosso di Fermi rimane sempre lo stesso: se c’è la vita perché non l’abbiamo ancora sentita? Il nuovo collo di bottiglia risponde abbastanza bene a questa domanda: “La vita, anche se ci fosse non potrebbe farsi sentire, sia per ragioni di limitatezza comunicativa, sia  -soprattutto- per la sua durata brevissima.

La conclusione è piuttosto triste: siamo praticamente soli nell’Universo, non perché privilegiati da chissà quale mano superiore, ma solo perché riuscire a passare attraverso un certo collo di bottiglia che si presenta fin dall’inizio, è impresa veramente eccezionale. In fondo, tutti possono partecipare, ma uno solo vince il concorso ultra miliardario… Eppure non ci stupiamo più di tanto e, anzi, accettiamo il risultato come del tutto NORMALE. L’eccezione fa parte della nostra razionalità

Riuscire a comprendere bene la serietà e la profondità dell’articolo non è banale e alla fine ci si rende conto che la maggiore difficoltà nasce da una serie di concetti accettati per abitudine e non da un’analisi corretta della situazione.

Consiglio vivamente, perciò, di leggere l’articolo (purtroppo in inglese e troppo lungo per  potere essere tradotto completamente) per capire come un problema, spesso ridotto a discussioni da “bar sport”, sia invece un argomento altamente scientifico e intriso di logica ineccepibile. Forse Enrico Fermi voleva proprio arrivare a questo tipo di conclusione? Chissà…

Ripeto ancora la conclusione, anche se troppo sintetizzata: gli alieni non ci sono perché non sono mai nati o -se volete- perché sono tutti morti troppo giovani. Il giorno che riusciremo a visitare le stelle e i loro pianeti (o almeno avere tecniche osservative remote di grande potenza e precisione) ne troveremo moltissimi ricchi di fossili primitivi, nati e morti in fretta. Al limite potremo trovarne qualcuno ancora vivo, ma anche in questo caso la fortuna deve essere enorme. Ricordiamoci bene l’essenza della conclusione finale: il fatto di essere l’unico vincitore di un concorso miliardario non implica assolutamente che ce ne debbano essere altri. Un solo vincitore rientra nella norma e non è un calcio al calcolo delle probabilità.

Leggendo l’articolo vi accorgerete che le componenti chimiche e biologiche sono state trattate con grande competenza e non inserite a livello dei tuttologi televisivi. Insomma, un lavoro veramente serio che fa pensare e che apre discussioni poste su un livello ben più alto di quello comunemente utilizzato.

Gli autori concludono il loro lavoro proprio sollevando ogni tipo di argomento contro il loro schema. Tuttavia, molti vengono smontati con grande capacità dialettica e scientifica. Molte cose capitano sulla Terra che non sono assolutamente comuni negli altri pianeti e su cui ragioniamo poco a fondo. Un esempio che sembra banale, ma no lo è: “Sulla Terra vi è stata l’evoluzione della lingua inglese. Tuttavia, chi si sognerebbe mai di estendere questa realtà a tutti i pianeti abitati? Nessuno considererebbe “la conoscenza dell’inglese” come un argomento che dovrebbe essere trasferito ad altre Terre come la nostra in giro per l’Universo. Accettiamo, senza accorgercene, un dato di fatto non banale: la lingua inglese può tranquillamente esistere solo su un solo pianeta dell’intero Universo! Non ci stupiremmo di certo se TUTTI i futuri alieni (se ci fossero, ovviamente) NON parlassero inglese…

Invito caldamente Peppe, o un qualsiasi biologo, di leggere i punti finali dell’articolo e darci la loro interpretazione. Attenzione, però, a non essere pesantemente “bloccati” da ciò che noi abbiamo ormai deciso essere la sequenza predefinita della vita…

Cari amici, un articolo che non dovrebbe finire tra le pagine degli ufologi o dei sostenitori più accesi dei vari principi antropici. Un articolo, penso, che fa veramente riflettere e che potrebbe modificare molti luoghi comuni che tutti, in un modo o nell’altro, ci siamo imposti.

Articolo originale QUI

8 commenti

  1. peppe

    bellissimo articolo Enzo tuttavia vorrei risponderti con altri articoli riguardo il paradosso di Fermi. ne ho lette di soluzioni a questo paradosso e magari si potrebbero analizzare alcune per riflettere ancora un pò.

    per quanto riguarda l'articolo, appena ho tempo (molto poco in questo periodo) vedrò di leggermelo e rielaborarlo cosi da proporre uno spunto di riflessione. invito anche tutti i circolari, qualora abbiano voglia, se vogliono anticiparmi nell'elaborazione, cosi ci può accordare e magari far uscire un articolo a più mani di approfondimento a tale tema, cosi da metterlo in evidenza.

    nel frattempo, cercherò di proporvi anche altre soluzioni al paradosso così ne discutiamo insieme

  2. sarei molto contento di approfondire l'argomento su basi scientificamente serie. D'altra parte questa è una delle possibili spiegazioni, ma è ovvio che non sia l'unica. Comunque, va affrontata con la giusta concentrazione.

    Se ci aiuta qualcuno saremo ultra contenti!!!! Sparate religiose o ufologiche NON sono ben accette :mrgreen:

  3. peppe

    a leggere velocemente l'articolo sembra che abbiamo avuto una fortuna assurda a poterci evolvere e giungere fin qui.

    mi sento di dire che se la vita parte e ha un meccanismo evolutivo rapido tale da permettere un rapido adattamento a nuove condizioni ambientali, allora la vita ha molte chance per mantenersi. certo che 5 miliardi di anni sono davvero tanti e la vita ha vissuto estinzioni molto spinte, a volte riducendo la sua presenza del 90% rispetto a prima dell'evento di estizione.

    io credo che non basta, comunque, trovare elementi chimici necessari alla vita, stelle simili al sole e altri fattori abiotici favorevoli per affermare questa nuova ipotesi di collo di bottigli. Trovare anche un semplice fossile di una vita passata in altri posti ne darebbe la conferma. Vorrà dire che la vita è in grado di nascere ovunque e solo l'evoluzione di essa, lo saper sfruttare l'ambiente a sua disposizione e modificarlo magari a suo vantaggio, potrà garantirle un lungo futuro.

  4. beh... (sempre a pensare come loro) c'è d'aspettarsi rischi durante tutta l'evoluzione, come mostrano i grafici "fortunati"... Comunque è solo un'ipotesi anche se analizzata con correttezza.

  5. Luigi

    "Mi lancio" nella lettura dell'articolo... ma prima "vi lancio" una provocazione.

    Ho sempre trovato molto interessante l'affinità dei meccanismi biologici di riproduzione della vita e la "produzione" della vita nell'Universo. La stessa parola "panspermia" ci riconduce al concetto di seme che è proprio dei meccanismi riproduttivi. Facendo il paragone con la riproduzione (e la vita) umana, la vita di altre civiltà nell'Universo nascerebbe se un "seme" conducesse ad un individuo maturo (civiltà evoluta) prima della morte prematura (in età infantile o poco dopo) per estinzione (più o meno il paragone fatto dal Prof. nell'articolo).

    E ora la provocazione:

    perché riteniamo che la lotteria che un seme di una civiltà aliena deve vincere per diventare un "essere adulto" sia diversa da quella che deve vincere uno spermatozoo per fecondare una cellula uovo e diventare un Capo di Stato?

    La mia opinione è la seguente (continuando con il paragone).

    Conosciamo quanti spermatozoi sulla Terra tentano la fecondazione di un uovo in un certo lasso di tempo? Allo stesso modo conosciamo quanti tentativi fa "la natura" per inseminare dei pianeti nel Cosmo? La risposta ad ambedue le domande è ovvia. Sappiamo che, in caso di successo,  per ogni tentativo, 1 su qualche milione riesce a fecondare l'uovo e uno su qualche decina di milione arriva all'età adulta. E di questi "fortunati" poche centinaia diventano Capi di Stato. Ma non sappiamo, in ambedue i casi,  quanti "tentativi" ci sono. Dando per assodato che i meccanismi della natura siano (approssimativamente)  gli stessi in tutto l'Universo è solo una questione di numeri. Più alto è il numero dei tentativi e più alto è il numero dei Capi di Stato.

    Se paragoniamo i Capi di Stato alle civiltà in grado di comunicare a grandi distanze ed evolute dal punto di vista tecnologico, allora più alto è il numero dei tentativi e più alto sarà il numero di queste ultime. Quindi, in definitiva (per rispondere a Fermi) se non ci hanno mai contattato è semplicemente perché la quantità di tentativi (rispetto al tempo dell'esistenza dell'uomo "civilizzato", ovvero poche migliaia di anni) o la distribuzione di questi ultimi non è sufficiente a coprire le distanze.

    Forse un ragionamento banale (da contabile ed infettato dai miei studi economici) ... ma a volte le cose semplici...

     

     

  6. caro Luigi,

    ottima provocazione e la ritengo piuttosto logica. Esiste, però, una differenza, secondo me... Tu assumi che ogni spermatozoo sia potenzialmente capace di fare il suo dovere, ossia la lotta avvenga con tutti nel giusto campo da gioco. Nel modello dell'articolo sembra che ci sia una difficoltà intrinseca per l'utero di essere quello giusto per portare a compimento la gravidanza. Oltre alla difficoltà di essere i fortunati, bisogna anche trovare l'utero giusto. Dalle figure del testo è come se l'entrata fosse unica, ma poi si fa in fretta a uscire da strade secondarie...

    Comunque, qualcuno che vince due volte al super enalotto c'è sicuramente (prima o poi....) :wink:

  7. Secondo me c'è un errore di fondo.Noi cerchiamo ingenuamente la vita nell'universo,la quale può esserci o non esserci nelle modalità descritte dall'articolo,anche se con la gobba o è le ali quello che cerchiamo è troppo vicino alla nostra immagine,un po' come il Dio con la barba.Credo che per avere una possibilità di successo dobbiamo cercare l'intelligenza,la razionalità dinamica che può essere nascosta ai nostri sensi primitivi,scientificamente parlando siamo appena nati e c'è un universo meno matematico ma pur presente che non conosciamo.Forse gli alieni sono ben presenti e condizionano le nostre vite come le medicine che diamo al nostro corpo quando non fa quello che vogliamo noi.Se togliamo il tempo,i teatri cambiano ma il copione è eterno.

  8. Scusate gli errori,ma il correttore del mio computer è manovrato da un alieno.

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