Categorie: Racconti di Vin-Census
Tags: CUORE piccolo principe regalo di Natale
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:3
Buon Natale (stile altri tempi...)
Ringrazio Daniela per aver pubblicato di nuovo il racconto "allegro" su Babbo Natale tecnologico. Tuttavia, vorrei fare anch'io gli auguri a tutti voi in modo alternativo. Invece del solito racconto un po' "cattivo", ve ne propongo uno molto vecchio, stile "libro Cuore", di quelli strappalacrime, insomma. Mi sembra non sia mai stato pubblicato... altrimenti... pazienza! In questo mondo pieno di odio, un po' di bontà ci può anche stare...
La famiglia di Paolo era veramente povera. Suo padre lavorava dalla mattina alla sera come manovale. La mamma faceva le pulizie nella fattoria del signorotto che stava in cima alla collina e veniva trattata peggio di una schiava. Il bimbo, benché avesse solo sette anni, era già abituato a stare da solo a casa, nelle lunghe ore in cui non vi erano lezioni a scuola. Giocava con quello che trovava ed era sempre contento e felice. A lui bastava sapere che la sera tardi, quando scendeva la notte, i suoi genitori sarebbero tornati a casa e tutti e tre si sarebbero messi allegramente a tavola per mangiare le solite buonissime patate, la verdura di scarto che regalavano alla madre i “magnanimi” padroni e, di tanto in tanto, qualche gustosissima ala di pollo. La gioia sembrava scolpita nel pallido viso di Paolo, sempre buono e servizievole con tutti.
Ultimamente il papà lavorava ancora più del solito ed era talmente stanco che a volte si addormentava sopra al piatto. Paolo ne era dispiaciuto e cercava di sembrare ancora più contento del solito per tirargli su il morale. Non si sarebbe mai immaginato qual era la vera ragione del “surplus” lavorativo di suo padre. Stava facendo degli straordinari per accumulare qualche soldino in più e fare finalmente al suo piccolo un magnifico regalo di Natale. Non ne aveva mai avuti e nemmeno se li sarebbe aspettati. A lui bastava avere vicino il papà e la mamma: non desiderava altro. Ma ai genitori non sembrava giusto e il padre decise che doveva a tutti costi dare un po’ di vera gioia a Paolo. La sua bontà andava premiata, almeno a Natale.
Sapeva benissimo qual era il gioco che suo figlio avrebbe desiderato di più al mondo: quel plastico di una battaglia spaziale tra alieni che aveva visto una volta nella vetrina di quel bellissimo negozio di giocattoli della vicina città. Ci erano andati tutti e tre in estate, di domenica, e avevano mangiato dei buonissimi panini col lardo su una panchina dei giardini pubblici. Che splendida giornata per Paolo! Poi erano andati verso la fermata dell’autobus e il bimbo aveva scorto da lontano la vetrina. Aveva chiesto il permesso ai genitori ed era corso a schiacciare il suo musetto contro il vetro. Era stato a bocca aperta per vari minuti di fronte a quella meraviglia.
C’erano due navi spaziali, un mostruoso rettile giallastro, tre omini con uno strano scafandro e un fucile iperionico a tracolla. Dall’alto di una collina di plastica, degli strani ragni verdi li stavano aspettando dietro a un cannone laser. Che battaglie terribili si potevano fare. I genitori gli andarono vicino e con tristezza dissero al figlio: “Ci spiace, Paolino, ma questa è una cosa per signori e non per noi. Siamo troppo poveri”. Il bimbo si era subito ripreso. “No, no, non vi preoccupate. Non mi piace per niente. E poi ho già giocato abbastanza da qua dietro. Andiamo pure a casa” e si mise a correre saltando e canticchiando con allegria e spensieratezza. Il papà e la mamma non riuscirono a frenare un paio di lacrime che gli scivolarono lentamente sulle guance.
Adesso, però, il papà ce l’avrebbe fatta. Aveva lavorato duro, facendo piccoli extra qua e là, e aveva messo da parte il gruzzolo necessario a comprare il sogno del suo bambino. Venne la vigilia di Natale e il cenone era già in tavola: un pollo intero con contorno di patate al forno e tre belle mele sane e lucide come mai ne avevano viste. Fu una serata stupenda e Paolo si divertì come un matto. Avevano fatto quasi mezzanotte e il bimbo stava per andare a letto, ebbro di felicità. Solo a quel punto i genitori sorrisero e gli dissero di andare a vedere cosa c’era sotto a quel ramo di pino che avevano addobbato come albero natalizio, appendendo dei ritagli di stoffa colorata qua e là. Quando Paolo vide il pacco enorme, ebbe quasi paura ad aprirlo, mentre bofonchiava parole senza senso: “Mah … è mio? No, io non … volevo. Forse Babbo Natale o Gesù Bambino si sono sbagliati … Bisogna darglielo indietro …” I genitori lo spinsero verso il grande pacco colorato e lo assicurarono: “E’ tuo, è tuo, aprilo pure”. Paolo allora si scatenò, distruggendo la carta, e quando vide la scatola del plastico spaziale, lanciò un urlo di gioia, cominciando a piangere. “Che gentili sono stati Babbo Natale e Gesù Bambino … Si devono essere messi assieme: è troppo bello! Hanno pensato a me, anche se forse non sono stato così buono per meritarmelo”. La notte fu agitata e breve. Aveva appena fatto chiaro, ma Paolo aveva già bevuto la sua tazza di latte e si era messo a giocare con quel meraviglioso sogno. Aveva quasi paura che potesse scomparire da un momento all’altro.
Quando il Sole fu abbastanza alto, chiese ai genitori di poter uscire in strada per mostrare il suo regalo di Natale ai compagni di gioco. Lui li chiamava così, ma in realtà, solo perché i genitori stavano un po’ meglio dei suoi, erano maligni, cattivi e lo trattavano con disprezzo. A volte lo prendevano in giro in modo pesante o addirittura lo picchiavano. Ma lui sembrava non accorgersene e faceva finta di niente. E più lui era buono con loro e più veniva trattato male. Adesso era però talmente felice che doveva far partecipare anche gli altri alla sua gioia. Li trovò che stavano già giocando con varie pistole, robot, biciclette, e altri balocchi nuovi di zecca. Quando videro lo splendido plastico che Paolo stava sistemando a terra, si scambiarono occhiate poco rassicuranti e cariche d’invidia. Il più alto tra loro, il capo indiscusso, col viso pieno di lentiggini, disse: “Dove l’hai rubato? Finirai in prigione! I tuoi sono troppo poveri”. “No, no, me l’hanno portato Gesù Bambino e Babbo Natale: è proprio per me!”. Gli “amici” si misero a ridere a quelle parole. “Si vede che è stato tuo padre a rubare. Oppure tua madre in quella bellissima casa dove fa la sguattera. Lo dirò a mio zio che vi lavora come maggiordomo”. Ma Paolo non li sentiva più e li invitò a giocare con lui.
Iniziò una fantastica battaglia spaziale con le astronavi che scendevano in picchiata e i raggi iperionici che sparavano a destra e a sinistra. Quel branco di odiosi bambini decise di passare all’azione. Cominciarono a prendere le varie parti del gioco. Quello rosso di capelli prese i ragni verdi e, facendo finta di inciampare, li schiacciò contro una pietra. “Oh, scusami si sono rotti! Erano proprio costruiti male!”. Quello più piccolo, con gli occhiali, attraversò il plastico e calpestò violentemente un’astronave. L’altra sfuggì “casualmente” di mano al capo banda e andò a sbattere contro il muro di fronte rompendosi in mille pezzetti. Velocemente fecero la stessa fine, i tre omini con i loro scafandri e il mostruoso rettile giallastro. A quel punto gli “amici” decisero che era ora di andare a casa e lasciarono Paolo solo per terra con lo sguardo ancora incredulo. Anche lui così forte e ottimista, non ne poté più. Aveva raggiunto il limite e si mise a singhiozzare con tutta la disperazione che aveva in cuore, ma silenziosamente per non farsi sentire dai genitori. Più che la perdita del gioco lo faceva soffrire l’idea che suo papà e sua mamma pensassero che lui non ne avesse avuto cura.
Mentre le lacrime gli scivolavano copiosamente sulle guance fino a cadere sui resti di quello che era stato per pochi attimi il più grande dono mai ricevuto, sentì una raffica di vento e a pochi metri gli apparve un bambino poco più alto di lui, ma vestito come un vero signore. “Ciao!”, gli disse, “sono il Piccolo Principe e abito su un asteroide che gira intorno al Sole molto lontano da qui. Sono venuto a fare un giro per rivedere la Terra e speravo di incontrare solo persone contente il giorno di Natale. Cosa ti è mai successo?” Paolo non si stupì più di tanto: per lui tutto poteva succedere e quel bimbo così ben vestito che gli parlava insieme era già una cosa meravigliosa. “Stavo giocando con i miei amici e senza volerlo mi hanno rotto il regalo di Natale. Ho tanta paura che mamma e papà ci rimangano tanto male”. “Si dà il caso che io conosca molta gente che vive nello Spazio”, rispose il bambino venuto dal cielo, “e potrei chiamarli per stare un po’ qui con te. Che ne dici?”
Senza aspettare nemmeno la risposta, apparvero dal nulla due piccolissime astronavi da cui scesero tre omini con fucili iperionici dentro a curiosi scafandri. In cima alla collinetta di plastica erano invece arrivati dei ragni verdi con un potente cannone laser, insieme a un mostruoso rettile giallastro. “Non ti preoccupare della loro apparenza”, disse il Piccolo Principe, “sono tutti buoni e simpatici. Gli piace fare un po’ di scena, ma in fondo sono tutti amici. Le loro armi fanno solo rumore e pizzicano leggermente. Non c’è nessun pericolo! Gioca pure con loro, mentre io vado solo per pochi minuti a salutare una persona”. Paolo rimase a bocca aperta guardando i suoi nuovi e strani amici che lo invitavano a giocare simulando una terribile lotta spaziale. Mamma mia! Quello sì che era un vero divertimento. Paolo era al settimo cielo e rideva come un matto.
I suoi schiamazzi e le scariche dei fucili richiamarono il gruppo dei malvagi compagni che tornarono a vedere cosa stava succedendo. Rimasero quasi impietriti davanti a quello spettacolo. Non solo Paolo giocava senza problemi con il suo plastico, ma i personaggi, nuovi di zecca, sembravano quasi muoversi da soli, combattendo veramente. Lo spilungone lentigginoso fu preso da rabbia e invidia e si diresse quasi di corsa verso il piccolo che mai si era divertito tanto nella sua breve esistenza. Stava per calpestare violentemente i tre omini, quando essi, con una rapidità eccezionale, fecero fuoco colpendolo proprio sul naso. Mamma mia, che pizzicore! Il naso divenne rosso come un peperone e il capo banda si fermò di colpo, mettendosi a urlare e a piangere. Anche gli altri si fermarono vedendo i piccoli ragni verdi che puntavano il cannone nella loro direzione. Il mostruoso rettile giallastro stava digrignando i denti guardando fisso il più piccoletto, quello con gli occhiali. Lentamente e silenziosamente il gruppetto sconfitto sparì dietro l’angolo, leccandosi le ferite e non riuscendo ancora a capire cos’era successo.
Paolo per la prima volta in vita sua si trovò a sorridere un po’ maliziosamente, ma se ne pentì subito. “Poverini che spavento si sono presi! E non mi hanno nemmeno dato il tempo di spiegargli la situazione”. In quel momento tornò il Piccolo Principe, che “probabilmente” non aveva visto niente di quella scena. “I miei amici hanno deciso di stare con te un po’ di giorni per aiutarti a ricostruire il tuo plastico. Conoscono tutti i segreti della tecnologia del futuro e per loro sarà un gioco da ragazzi rimettere tutto a posto”. Paolo ne fu felicissimo e abbracciò con trasporto il suo nuovo amico che veniva da tanto lontano. Anche lui sembrava commosso e continuò: “Adesso devo proprio andare. Ho tanta strada da fare e tanta gente da incontrare. Posso però ancora esaudire un tuo desiderio. Uno solo, ma grande quanto vuoi”. Paolo rimase solo un attimo indeciso e poi fece la sua richiesta. Perfino il Piccolo Principe ne rimase sorpreso, ma poi sorridendo e accarezzandogli i capelli lo salutò, scomparendo velocemente tra le poche nuvole che si rincorrevano nel cielo.
Il giorno dopo la mamma si meravigliò di essere trattata molto meglio dai suoi padroni, che le offrirono addirittura frutta fresca e carne per la cena della sua famiglia. Il papà ebbe un inaspettato e sostanzioso aumento di stipendio. Paolo giocò per ore e ore con i suoi amici venuti dallo spazio insieme ai cari compagni di quartiere. Lo spilungone era il più allegro e gli faceva quasi da fratello maggiore. Tutti avevano messo a disposizione degli altri i loro nuovi regali e se li scambiavano ridendo e scherzando.
Il Piccolo Principe pensava ancora a quel bambino e al suo desiderio. Aveva chiesto soltanto di poter fare anche lui un piccolo ma enorme regalo di Natale a tutti gli altri, un regalo davvero speciale. Un pezzetto del suo grande cuore… in fondo ne aveva così tanto a disposizione.
Tutti i racconti (e le poesie) di Vin-Census sono disponibili nella rubrica a essi dedicata
3 commenti
Si, un bel racconto vecchio stile. Ce n'è bisogno...! Buon Natale.
un abbraccio Franco!
Un bel racconto veramente caro Enzo. Non ti preoccupare se è vecchio stile, ci vuole, ci vuole veramente.
Buon Natale a te e famiglia.