07/08/21

La storia dell'Unità Astronomica (6): Alla scoperta della Terra Australis Incognita

Questo articolo è inserito in "Storia dell'Unità Astronomica"

 

Continuiamo il nostro racconto storico-scientifico del percorso che ha portato ad una determinazione sempre più accurata della distanza della Terra dal Sole, la cosiddetta Unità Astronomica. Questa volta ci soffermeremo su un episodio che niente ha aggiunto alla conoscenza del nostro Sistema Solare, ma non per questo può essere considerato poco importante. Vediamo perché...

Il deludente risultato delle campagne del 1761 si deve soprattutto a due motivi: la poca accuratezza nella misurazione dei tempi di ingresso e/o di uscita di Venere (anche 10-15 secondi), causati dal fenomeno, del tutto inaspettato, della “goccia nera” e la scarsa conoscenza delle coordinate di molti luoghi lontani raggiunti dalle spedizioni. Ciò non frenò comunque l’entusiasmo verso il successivo transito del 1769, probabilmente anche perché per il successivo si sarebbe dovuto aspettare più di un secolo.

Transiti di Venere sul Sole visibili dalla Terra tra il 1631 e il 2498 (Fonte Wikipedia): 7 dicembre 1631   4 dicembre 1639   6 giugno 1761   3 giugno 1769   9 dicembre 1874   6 dicembre 1882   8 giugno 2004   6 giugno 2012   11 dicembre 2117   8 dicembre 2125   11 giugno 2247   9 giugno 2255   13 dicembre 2360   10 dicembre 2368   12 giugno 2490   10 giugno 2498

Un'accurata spiegazione astronomica del fenomeno dei transiti di Venere davanti al Sole è disponibile  QUI

Il risultato fu decisamente migliore e sicuramente non raggiungibile con i metodi basati sull’opposizione di Marte. La parallasse ottenuta rimase entro limiti molto più ristretti rispetto a quelli precedenti (da 8.43” a 8.80”), ma ulteriori miglioramenti erano praticamente impossibili.

Nel 1874, durante il successivo transito, si ottenne un valore ancora affetto da un errore di circa il 2%, che venne considerato il migliore ottenibile attraverso Venere. Il valore adottato per l’Unità Astronomica risultò essere 148. 9 +/- 2.6 · 106 km, ossia ci si avvicinò a 1 (il valore odierno) fino a 0.9953 +/- 0.017. Per migliorare ulteriormente sarebbe stato necessario utilizzare metodi diversi, basati magari sulle leggi della gravitazione e delle perturbazioni.

Ci torneremo sopra, ma, per il momento, dedichiamoci ancora al transito del 1769 e, in particolare, a una spedizione diventata celeberrima, ma non certo per l'osservazione del transito di Venere, nonostante fosse quello il motivo ufficiale per il quale fu organizzata.

Parliamo del...

Primo viaggio di James Cook

L’interesse astronomico passa in secondo piano, ma il salto qualitativo ottenuto nella conoscenza del pianeta Terra non può che far considerare l'avventura di Cook una pietra miliare nel processo della scoperta planetologica!

La Royal Navy e la Royal Society decisero di partecipare alla campagna per l’osservazione di Venere, affiancandole una missione geografica verso la misteriosa “Terra Australis Incognita”, che era stata individuata nel 1642 da Abel Tasman, ma che restava ancora un sogno più che una realtà. Ovviamente non si trattava solo di Scienza… dato che il vero motivo era la volontà di far sventolare la bandiera inglese sui nuovi territori e colonizzare quelle terre così lontane. La cosa risulta chiaramente dalla documentazione segreta consegnata al capitano della spedizione.

La scelta del capitano non fu immediata: inizialmente cadde sul geografo Alexander Dalrymple, ma tale scelta si scontrò con il categorico rifiuto di Edward Hake, Primo Lord dell'Ammiragliato, che disse che si sarebbe tagliato la sua mano destra piuttosto che dare il comando di una sua nave a una persona che non fosse un esperto uomo di mare. Questa dura presa di posizione fu dovuta, principalmente, alla insubordinazione che scaturì nel 1698 sulla nave Paramour da parte degli ufficiali che si rifiutarono di prendere ordini da un inesperto di marina come Edmond Halley!

La disputa si risolse, quando l’Ammiragliato propose il nome di un giovane ufficiale con una buona conoscenza di cartografia e matematica, che venne promosso immediatamente al grado di tenente di vascello: James Cook.

La nave Endeavour salpò il 26 agosto del 1768 da Plymouth, dirigendosi e doppiando Capo Horn ed entrando nell’Oceano Pacifico.

La ricostruzione della Endevour fa bella mostra di sé a Cooktown in Australia
La ricostruzione della Endevour fa bella mostra di sé a Cooktown in Australia

La meta era Matava Bay nell’isola di Tahiti (mica male, eh…) che raggiunse il 13 aprile 1769, dove doveva essere osservato il transito di Venere del 3 giugno. Cook fece costruire un piccolo forte-osservatorio, che fu subito battezzato Fort Venus (oggi conosciuto come Point Venus).

Point Venus (Tahiti): monumento in memoria di James Cook

L’astronomo incaricato dell’osservazione era Charles Green. Si dice anche che, per ingannare il tempo in attesa dell'evento, il gruppo inglese si sia divertito non poco con le ragazze indigene (ci sorge spontaneo il dubbio che le ragazze indigene si siano "divertite" altrettanto, purtroppo non abbiamo fonti per verificare...).

Cook scrisse alcune righe il giorno dell’evento: “Sabato 3. La giornata era favorevole per i nostri scopi come meglio non potevamo sperare: nessuna nuvola per tutto il giorno e l’aria perfettamente chiara [… ] abbiamo visto distintamente l’atmosfera che circondava il pianeta, cosa che ha disturbato non poco la determinazione degli istanti di contatto, soprattutto quelli interni. Eravamo in tre a eseguire le osservazioni: Solander, Green e il sottoscritto. Purtroppo, i tempi rilevati differivano tra loro molto di più di quanto ci saremmo aspettati.

La ragione delle grandi differenze era da ricercare nella goccia nera che aveva una particolare importanza per la strumentazione usata da Green.

L'effetto "goccia nera" impedisce di determinare il momento preciso in cui i bordi del Sole e di Venere sono tangenti (quindi di misurare con esattezza la durata del transito). A sinistra un'immagine reale della goccia nera, a destra una rappresentazione di quanto osservato il 3 giugno 1769 in occasione della spedizione di Cook (fonte NASA)

Quando i loro risultati furono confrontati con quelli degli altri osservatori sparsi per il mondo, risultarono particolarmente inattendibili. In ogni modo, non pensiamo che Cook sia rimasto veramente scoraggiato da quell’esercizio astronomico… lui aveva ben altro a cui pensare.

Infatti, evasa la "pratica Venere", Cook si rimise in viaggio verso il misterioso continente australe, supposto essere particolarmente ricco ("...le briciole di questa mensa sarebbero sufficienti per mantenere il potere, il dominio e la sovranità della Gran Bretagna, impiegando tutte le sue fabbriche e navi" così si esprimeva Alexander Dalrymple, quando ancora era il principale candidato a guidare la spedizione).

Era quello il vero motivo, “coperto” sapientemente dalla necessità di osservare il transito di Venere davanti al Sole. Cook doveva garantire il possesso inglese di quelle terre prima dell’arrivo di altri rivali europei. Aiutato da un nativo del luogo, molto esperto della geografia del Pacifico, fu il secondo europeo (dopo Abel Tasman che l'aveva scoperta 127 anni prima) a raggiungere la Nuova Zelanda, che si pensava facesse parte del nuovo continente. Era il 6 ottobre del 1769.

Cook fece una mappa molto accurata delle due isole principali, con pochissime inesattezze.

La mappa della Nuova Zelanda disegnata da Cook
La mappa della Nuova Zelanda disegnata da Cook

Lasciata la Nuova Zelanda si diresse verso nord-ovest alla ricerca della costa orientale dell’Australia, mai visitata prima dagli europei. Egli percorse tutta la costa est e poi la costa nord fino a rientrare nelle zone più conosciute dell’Oceano Indiano. Cook decise di scendere a terra e lo fece nella baia a cui fu dato il nome di Botan Bay, luogo che sembrava ideale per le truppe inglesi che sarebbero arrivate, in seguito, per la vera e propria occupazione. Ma gli aborigeni di quella zona non erano d'accordo... Infine fu scelta una baia non molto distante, nella quale successivamente (1788) venne fondata la città di Sidney.

Riprendendo il viaggio, la nave di Cook subì l’urto contro la barriera corallina che le procurò gravi danni, costringendo l’equipaggio a una sosta di sette settimane. In quel luogo, oggi Cooktown, gli aborigeni si mostrarono molto più pacifici e amichevoli. Il nome che la tribù dava a un simpatico animale saltellante suonava come “gangurru”, da cui il nome ormai celeberrimo di Canguro.

Finalmente, la nave raggiunse Giava nel settembre del 1770. Al ritorno verso l’Inghilterra, Cook doppiò il Capo di Buona Speranza e fece sosta all’isola di Sant’Elena. Entrò nel canale della Manica il 12 luglio e Cook sbarcò, dirigendosi subito a Deal nel Kent. Il suo arrivo passò inosservato e solo molti giorni dopo la stampa ne venne a conoscenza. Ormai si pensava che l’Endevour fosse stato affondato dai francesi.

Itinerario del primo viaggio di James Cook (fonte Wikipedia)

Il giro del mondo si era concluso, della reale distanza tra Terra e Sole non si sapeva niente di più di quanto non si sapesse prima, ma finalmente la “Terra Australis Incognita” era molto meno incognita.

E, in fondo in fondo, a Venere nessuno pensava più.

 

Ma la storia non finisce qui...

 

Gli articoli dedicati alla storia dell'Unità astronomica sono stati pubblicati nel 2017 (li trovate QUI), ma vi consigliamo di seguire la loro riedizione perché, oltre a riprodurre fedelmente quelli già usciti, contengono qualche informazione in più.

3 commenti

  1. Alberto Salvagno

    La goccia nera è un fenomeno che mi pare di verificare frequentemente osservando due oggetti quasi tangenti, come ad esempio pollice e indice che si sfiorano. Ho sempre supposto che si trattasse di diffrazione. Sono completamente fuoristrada?

  2. caro Albertone,

    la goccia nera è un problema veramente complicato che può essere causato da molti fattori. L'astigmatismo gioca forse il ruolo più importante. Se vuoi sapere tutti i segreti puoi leggere qui:

    http://www.bo.astro.it/~biblio/Horn/dicembre3.htm

  3. Alberto Salvagno

    E io sono astigmatico nonché affetto da poliopia e prossimo alle cataratta. Non male per un fotografo, quasi come per un astronomo...

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