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RELATIVISTI 8 : MACH

Questo articolo fa parte della serie Relativisti 

 

RELATIVISTI 8: MACH                                                                                          25 marzo 2021

Il principio di Mach

Nel descrivere retrospettivamente la sua scalata alla Relatività Generale, Albert Einstein scrive:

Quando con la relatività ristretta si ottenne l'equivalenza di tutti i sistemi d'inerzia per formulare le leggi della natura (1905), si presentò quasi spontaneamente il problema di sapere se c'era una equivalenza più estesa fra i sistemi di coordinate.

In altre parole: se non si può attribuire all'idea di velocità che un senso relativo, dobbiamo nondimeno ostinarci a considerare l'accelerazione come un concetto assoluto?

Partendo da un punto di vista puramente cinematico, non si poteva certo dubitare della relatività di movimenti qualsiasi, ma fisicamente, un'importanza speciale sembrava doversi attribuire al sistema d'inerzia e questo significato privilegiato faceva apparire artificiale l'utilizzazione dei sistemi di coordinate che si muovono in modo diverso.

Senza dubbio conoscevo la concezione di Mach secondo la quale sembrava ragionevole supporre che la resistenza d'inerzia non si opponesse a una accelerazione in sé, ma a una accelerazione riferita alle masse degli altri corpi presenti nel mondo.

Questa idea esercitava sulla mia mente non so quale fascino, ma non mi offriva alcun principio utile per una nuova teoria.

Feci la prima volta un passo avanti verso la soluzione del problema quando tentai di considerare la legge di gravitazione nel quadro della teoria della relatività ristretta. Come la maggior parte degli autori di quest'epoca, provai a stabilire una legge del campo per la gravitazione , non essendo più possibile, dopo la soppressione dell'idea di simultaneità assoluta, introdurre un'azione immediata a distanza, o almeno non lo era più in un qualsiasi modo naturale.

Ma non sarà questa strada, da lui percorsa tra il 1908 e il 1911, che lo condurrà al risultato auspicato.

E' tuttavia fondamentale quell'idea, elevata a “principio” dallo stesso Einstein con cui Mach percepisce, in termini olistici, la mutua interazione di tutta la materia esistente.

Ernst Mach esercitò un profondo ascendente sul clima intellettuale viennese. L'impulso alla creatività, che il suo pensiero suscitò negli scrittori e negli artisti, fa di Mach il nodo centrale attorno al quale si legano tutte le manifestazioni artistiche e intellettuali della Vienna “fin de siecle”. Fu precursore dei dibattiti della fisica contemporanea nel suggerire implicitamente che una teoria fisica soddisfacente debba essere una teoria cosmologica, lottando, in quanto fautore del positivismo, per l'eliminazione degli elementi di metafisica ancora presenti nelle teorie fisiche; criticando in particolare il concetto di “spazio assoluto” e anticipando la teoria della relatività.

Nella visione del principio di Mach la manifestazione della inerzia di un corpo non va ascritta allo spazio assoluto, come sosteneva Newton, ma alla distribuzione della totalità dei corpi materiali presenti nell'universo e alla loro mutua interazione.

Potremmo aggiungere che questa presenza è avvertita con un ritardo temporale dovuto alla limitatezza della velocità della luce, dato che l'effetto si trasmette esattamente a questa velocità. L'azione che osserviamo localmente, in questo istante, è quindi dovuta alla influenza della materia percepita con questo ritardo e l'effetto complessivo è dato dalla sovrapposizione di tutte le influenze che giungono contemporaneamente in questo stesso luogo.

Si tratta quindi di una situazione identica a quella per cui l'universo che osserviamo è costituito dalle immagini di oggetti la cui luce ci raggiunge ora. Alcuni di essi potrebbero anche non esistere più.

Date le scarsissime conoscenze astronomiche dell’epoca, si pensava che probabilmente la Via Lattea esaurisse l’universo intero. Ovviamente, Einstein, non poteva certo prendere in considerazione tutti i suoi corpi celesti, la cui distribuzione irregolare rendeva ulteriormente impossibile determinare la metrica.

Da fisico geniale, adottò allora una fecondissima approssimazione: decise di trascurare le concentrazioni locali di materia, considerandola, su grandi scale, come un fluido omogeneo di densità costante.

In altri termini, nonostante la Via Lattea avesse una struttura manifestamente non omogenea, fece l’audace ipotesi che la materia a grandi scale lo fosse, ossia che in ogni regione dell’universo il numero di stelle (oggi diremmo galassie e ammassi di galassie) è in media lo stesso. Questa rappresentazione della materia come distribuita in modo continuo diverrà un assunto standard nei seguenti sviluppi della cosmologia, e sarà qualche anno dopo codificato nel già menzionato principio cosmologico.

Questo principio afferma che l’universo su vasta scala ha lo stesso aspetto da qualsiasi luogo lo si osservi e da qualsiasi direzione (si parla, rispettivamente, di omogeneità e isotropia spaziale). Ciò fissa una proprietà globale dell’universo, dando accesso a una cosmologia propriamente detta, cioè a un “discorso” sul cosmo come un tutto, come un singolo oggetto.

Oltre al principio di Mach, Einstein assunse, dandola pressoché per scontata, come tutti all’epoca, la staticità dell’universo: l’idea dell’espansione, scrisse a de Sitter, lo irritava, poiché implicava un inizio dell’universo, fatto che gli appariva senza senso.

Staticità e principio di Mach, però, risultarono subito incompatibili con le equazioni della RG. Queste, infatti, ci dicono che l’universo collasserebbe per la reciproca forza attrattiva gravitazionale delle sue masse. Inoltre, queste equazioni hanno una soluzione in assenza di materia, cioè uno spaziotempo piatto, mentre il principio di Mach richiede che non si possa determinare la struttura di uno spaziotempo vuoto. Questo problema è evidente nel caso di un insieme di corpi, come una galassia, in uno spaziotempo altrimenti vuoto e infinito: per Einstein, solo un’imposizione gratuita, e contravveniente al principio di Mach, consentiva di affermare che lo spazio è piatto a distanze infinite dalla galassia.

Il suo escamotage fu di introdurre nelle equazioni della RG un termine, detto costante cosmologica, il cui valore non era fissato dalla teoria, ma lo si poteva scegliere in modo che tale costante rappresentasse una sorta di forza repulsiva in grado di opporsi all’attrazione fra le masse, ristabilendo la staticità.

Inoltre, così facendo si metteva al bando quella soluzione “piatta” indesiderata: anzi, le nuove “equazioni cosmologiche” (quelle della RG con tale costante) davano come soluzione uno spazio sferico che, essendo spazialmente finito, eludeva i problemi all’infinito spaziale.

Dunque, contrariamente alla comune credenza dell’epoca nell’infinità dello spazio, nel modello d’universo di Einstein lo spazio tridimensionale risultava essere una sfera (chiusa e illimitata, con raggio, volume e massa definiti) immersa in uno spazio euclideo quadridimensionale. In linea invece con tale credenza, il suo universo esisteva da sempre, statico e immutabile.

Einstein sapeva che il suo modello, fortemente idealizzato, dal punto di vista astronomico era solo un «gran castello in aria», come scrisse a de Sitter, ma credeva che fosse l’unica soluzione possibile delle “equazioni cosmologiche” della RG.

Tuttavia, le sue pretese di unicità, staticità e principio di Mach avranno vita breve, come presto dimostreranno lo stesso de Sitter, e poi la scoperta dell’espansione dell’universo.

5 commenti

  1. alberto salvagno

    Quindi uno spazio tridimensionale sferico finito in uno spazio quadrimensionale euclideo infinito. Non ricordo di avere mai letto questo punto di vista della RG. Molto interessante

  2. Guido

    Molto interessante davvero, complimenti Maurizio. L'evoluzione delle idee e dei concetti che sorreggono le teorie è sempre per me di fondamentale importanza.

  3. Maurizio Bernardi

    Grazie a entrambi per i vostri commenti

  4. Paolo

    Non ho capito bene: secondo questo modello l'universo sarebbe quindi la "superficie" 3-dimensionale di una "ipersfera" 4-dimensionale? Oppure ho solo fatto confusione?

  5. Maurizio Bernardi

    Sì,  Paolo, mi sembra che la tua definizione rispecchi il senso di un universo tridimensionale illimitato (ma non infinito). Per ulteriori approfondimenti sul ruolo passato e presenta della costante cosmologica puoi leggere questo articolo di Vincenzo: http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2016/05/14/einstein-aveva-ragione-anche-quando-era-convinto-di-aver-sbagliato/

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