24/07/14

Feynman e la QED. 4: una riflessione che non dovrebbe avvenire **

Divertiamoci un po’ con il nostro specchio e le sue frecce vagabonde. Impareremo molte cose interessanti. Molte altre le intuiremo soltanto non potendo scendere troppo nei dettagli. Abbastanza, però, per far venire voglia a qualcuno di procedere da solo.

A che servono i bordi dello specchio?

Innanzitutto, vogliamo dimostrare, in modo assoluto, quanto abbiamo detto un po’ vagamente, ossia che le parti laterali dello specchio non danno praticamente contributo alla riflessione della luce, dato che le frecce si eliminano una con’altra. Non ce ne sarebbe bisogno, dato che è già abbastanza intuitivo, ma prendiamolo come un “gioco” distensivo in vista di qualcosa di un po’ più impegnativo.

Per giungere a una conclusione veramente efficace, eliminiamo letteralmente (coprendolo con un cartone) tutto lo specchio tranne una zona molto vicina ad A (Fig. 20).

Figura 20
Figura 20

Per essere ancora più precisi diciamo che teniamo quella parte di specchio dove il tempo di arrivo su R varia di molto ma pressoché linearmente con la distanza da A (Fig. 18b). Non ci tragga in inganno la Fig. 18a. La freccia è indicata solo in alcuni punti. Tra uno e l’altro la direzione varia molto, quando si è vicini ad A. Tuttavia, non pensiamo che tra SAR e  SA1R, ad esempio, la freccia abbia solo fatto una frazione di giro. Il cronometro è talmente veloce che ha probabilmente fatto molti giri più una frazione… Basta un piccolo spazio in più da percorrere e la freccia gira molte volte. Vicini ad M, invece, la freccia non è riuscita proprio a girare, dato che i percorsi sono veramente simili tra loro.

Per vedere bene la reale situazione bisogna indicare molti più punti lungo lo specchio. Fatte queste dovute precisazioni, vediamo in dettaglio cosa capita se lasciamo scoperto solo un pezzetto di specchio vicino ad A. Questa volta, possiamo assumere che tra un punto e quello successivo la freccia abbia veramente girato di una frazione di giro in più. E lo ha anche fatto in modo abbastanza uniforme (ecco perché ho detto di rimanere nella zona in cui la parabola coincide praticamente con una retta).

Nella Fig. 21, i punti indicati stanno quindi in un intervallo molto piccolo di specchio, tutti compresi, per esempio, tra A e A1. Nella parte alta vediamo come variano le direzioni delle frecce. Come previsto, la differenza, da punto a punto, rimane, comunque, molto grande dato che il tempo tra partenza e arrivo cambia sempre abbastanza. Aumentando i punti e diminuendo la distanza fra loro è molto più facile, però, seguire come varia veramente la direzione della freccia. Sotto alla parte dello specchio usato, sono state disegnate le frecce relative.

Figura 21
Figura 21

E’ immediato vedere che tra una e l’altra, lo spostamento angolare rimane quasi costante (il tempo -e, quindi, il percorso- varia linearmente). Diventa un gioco da bambini combinare le frecce tutte assieme secondo la ormai famosa regola, come fatto nella parte bassa della figura. Ci dobbiamo stupire se esse girano in tondo per due volte, tornando al punto di partenza? Direi proprio di no, c’era da aspettarselo! Questo simpatico girotondo di frecce cosa ci dice? Che la freccia finale, combinazione di tutte quelle del nostro pezzo di specchio, ha una lunghezza esattamente uguale a ZERO. In altre parole, la probabilità di avere una riflessione della luce in grado di raggiungere R è nulla. Potevamo eliminare questo pezzo di specchio e niente sarebbe cambiato.

Qualcuno mi dirà: “Che scoperta! Era veramente assurdo aspettarsi che la riflessione potesse arrivare in R attraverso uno specchietto posto sotto alla sorgente, con R molto più spostato verso destra. Bastava tracciare poche linee e l’ottica geometrica ce l’avrebbe detto subito”. In effetti, sembrerebbe proprio di aver perso un mucchio di tempo a far girare inutilmente una freccia la cui “somma” ha dato zero. Bastava limitarsi alla zona vicino a M e cercare la traiettoria di minore lunghezza  (quella che il fotone ha percorso in minor tempo) per dire che lì ci sarebbe stata la massima probabilità di riflessione.

Ecco che la logica “normale” cerca di riprendere il sopravvento e ci sta convincendo che non vi è nessun bisogno di parlare “solo” in termini di probabilità. E’ molto meglio tornare alla vecchia e sicura fisica classica e all’ottica geometrica.

Il gioco dei tre… cartoni

Datemi, però, un’altra possibilità, sempre con la parte di specchio che sembra del tutto inutile. Faccio una cosa abbastanza strana, ma molto, molto interessante. La “maschero” ancora di più, ma stando bene attento alle parti che copro con il cartone. La figura è sempre la Fig. 20, ma, questa volta, con alcune zone, del residuo di specchio, rese impossibilitate a riflettere. Vedo già il sorriso di qualcuno: “Povero illuso! Se tutto lo specchietto non era capace di riflettere la luce su R, come puoi pensare minimamente che riesca a farlo lo stesso specchietto mascherato in più parti. Se  tutto non ci riesce, non ci riesce, a maggior ragione, la sua metà o anche meno, anche se mascherata a strisce…”. Io rispondo soltanto: “Vogliamo provare?” e disegno la Fig. 22.

Figura 22
Figura 22

Sono stato, ovviamente, molto attento a quale parte nascondere e quale lasciare libera, ma alla fine ottengo la parte alta della Fig. 22. Coprendo alcune parti dello specchietto, sempre più piccolo, ho eliminato le frecce che corrispondono alle zone ora nascoste. Se queste sono coperte dal cartone, la probabilità di riflettere non può che essere zero: va bene dire assurdità, ma un pezzo di cartone non può riflettere nemmeno nella QED.

Non mi resta allora che prendere le frecce che mi rimangono e combinarle assieme, sempre secondo la celeberrima regola vettoriale. Il risultato è mostrato nella parte bassa della figura. Vi sembra una probabilità nulla? Assolutamente no, anzi è decisamente alta! Quello che non era riuscito a fare uno specchietto messo nella posizione sbagliata è riuscito a farlo coprendone ancora qualche parte. Se non è assurdo questo… Eppure, non ho fatto altro che descrivere il funzionamento (probabilistico) di un reticolo a diffrazione. E dico poco… Tutto ciò solo e soltanto con quelle piccole frecce che sembravano non servire a niente.

Facciamo subito una constatazione che ci serve a “spiegare” anche l’esperimento della doppia riflessione. Nello specchio mascherato di Fig. 22 abbiamo eliminato, in pratica, solo le frecce che puntano verso sinistra e abbiamo tenuto quelle che puntano verso destra. Potevamo fare il viceversa e avremmo ottenuto lo stesso identico risultato. Si può quindi facilmente concludere che lo specchio perde le sue capacità, dando probabilità finale nulla, quando si combinano assieme le frecce che puntano a sinistra e quelle che puntano a destra. L’analogia con la doppia riflessione è perfetta. Se le frecce delle due riflessioni vanno nello stesso verso la probabilità finale si amplifica, ma se vanno in verso opposto la probabilità si annulla del tutto.

Toniamo al nostro personale reticolo di diffrazione e vediamo quale altra cosa sa fare. Innanzitutto dobbiamo ammettere che quello che abbiamo appena descritto è stato costruito su misura per la luce rossa. Se usassimo la luce blu (per la quale il cronometro gira più velocemente) dovremmo modificare le zone di specchio libere di agire. In particolare, dovremmo diminuire la distanza tra le strisce riflettenti, dato che il ciclo probabilistico del blu è più rapido.

Tuttavia, potremmo anche usare il reticolo del rosso, spostando il rivelatore R. La geometria cambia e così pure i percorsi che deve fare la luce. Troveremmo che, per una certa posizione, il reticolo rosso funziona perfettamente anche per il blu, come mostra la Fig. 23.

Figura 23
Figura 23

Analogamente, potremmo anche inviare luce bianca, quella solare, e vedremmo che spostando verso l’alto il rivelatore scorgeremmo prima la luce arancione, poi quella gialla per concludere con la verde e la blu. Insomma, proprio i colori dell’arcobaleno. Capite immediatamente che invece di spostare il rivelatore, potremmo benissimo costruire un rivelatore in grado di ricevere tutti i “codici” luminosi. La stessa cosa che fa un prisma a dispersione.

Ha senso, però, anche un’azione leggermente diversa: invece di spostare il rivelatore o allungarlo in qualche modo, possiamo lavorare sullo specchio, eseguendo moltissime scanalature vicinissime una alle altre. Capita che uno specchio del genere può dar luogo a riflessioni multicolori a seconda di dove viene colpito. E’ difficile da costruire? Nemmeno per sogno… pensate a un disco microsolco o a un “compact disc” come quello di Fig. 24.

Figura 24
Figura 24

Se vi dicessi che da questa semplice descrizione si arriva, con qualche difficoltà leggermente superiore, ai raggi laser e agli ologrammi e molto altro, vi stupireste ancora? No, penso proprio di no. Peccato non poter entrare nei dettagli, ma se analizzassimo tutti i fenomeni legati alla luce, non finiremmo mai. Resta il fatto, però, che la QED non ha alcun problema a descriverli tutti.

I reticoli naturali

Anche la Natura, però, ci sa fare e sfrutta lo stesso principio. Pur rischiando di andare un po’ oltre, vale la pena parlare del sale. Sì, proprio il sale da cucina. Sappiamo tutti benissimo che è composto da un mix di atomi di Sodio e di Cloro, legati saldamente tra loro secondo una struttura ben definita. Insomma, è uno dei tanti composti che hanno una struttura “cristallina”. Le distanze tra gli atomi sono quindi ben codificate.

Capita così che gli atomi si comportino come zone riflettenti di uno specchio e formino un reticolo di diffrazione quasi perfetto. In particolare, esso è particolarmente utile per i raggi X, luce che normalmente non si vede e che ha un cronometro che viaggia ben 10 000 volte più velocemente di quelli della luce visibile. Possiamo, però, costruire un rivelatore per questi raggi e, attraverso la risposta che viene data spostandolo in posizioni diverse, stabilire la distanza tra gli atomi, ossia il “passo” del reticolo.

Ciò è già stato possibile nel lontano 1914, quando si è studiata per la prima volta la struttura dei cristalli, senza dimenticare che è stata una prova fondamentale per dimostrare che i raggi X fanno parte della radiazione elettromagnetica, ossia della luce. Ciò che avviene è descritto sommariamente in Fig. 25. Dobbiamo ammettere che alla natura piace proprio la QED, anche se la rende un po' più pazza e un po' meno comprensibile.

Figura 25
Figura 25

L’unione fa la forza… ma anche la debolezza

Concludiamo questa quarta parte con una constatazione di grande importanza per tutta la QED e la MQ. Avere dimostrato che qualsiasi parte di uno specchio contribuisce al fenomeno della riflessione ci dice che ogni parte dello specchio ha una sua freccia per qualsiasi evento possa avvenire, ossia qualsiasi possibilità ha una sua (ampiezza di) probabilità di verificarsi. In breve: tutto ciò che può capitare, prima o poi capita…

In altre parole, ancora, la singola freccia di ogni parte dello specchio ha una sua ampiezza di probabilità e quindi una probabilità di avvenire. Queste probabilità sono tutte uguali, perfettamente uguali. Non è quindi la probabilità di un singolo elemento a condizionare il risultato finale, ma la loro combinazione.

Abbandoniamo gli specchi e immergiamoci nella rifrazione. “Immergersi” è proprio il verbo adatto, in quanto studieremo come la luce passa dall’aria all’acqua. Il “giallo” continua, con buona pace del nostro amico pescatore (ricordate?).

15 commenti

  1. paolo

    Ciao Enzo, innanzitutto nel tuo articolo all'inzio indichi una figura 19a e 19b, però non ho trovato queste illustrazioni, forse si tratta della figura 18a e 18b?
    Dopodichè, a parte che lo specchio del mio telescopio mi guarda strano , quello che mi sembra di aver intuito sono due cose:
    1) ragionare in termini di proporzioni classiche non ha senso (più superficie dello specchio periferico, più possibilità di riflettere e viceversa);
    2)il risultato finale (ampiezza delle probabilità) dipende dalle combinazioni delle freccie di probabilità e non dalle singole freccie di probbailità.

    Infine non so perchè ma stavo pensando alla formazione di un arcobaleno in cielo.

    Paolo

  2. Grazie Paolo! Sì, la figura era la 18... ho già corretto... meno male che controllate anche voi, perché scappa sempre qualcosa!

    1) Beh... il diametro conta sempre, dato che permette di raccogliere più luce. D'altra parte, sia uno specchio "curvo" che una lente servono proprio per correggere adeguatamente i percorsi possibili e far sì che ogni parte dia il suo contributo. Lo vedrai molto meglio quando spiegherò la lente (tra un paio di articoli, dato che prima bisogna introdurre la rifrazione).

    2) Le singole frecce hanno tutte la stessa probabilità essendo relative a percorsi che il fotone può percorrere (per lui tutte le strade sono uguali). Ciò che conta, come dici giustamente tu, è la combinazione, ossia quanto la lancetta del cronometro si sposta da una traiettoria a quella successiva o precedente. Vedremo infatti che ogni traiettoria sembra "annusare" quella vicino a lei. Dove esse hanno percorsi e tempi di percorrenza molto simili le ampiezze si sommano davvero, mentre dove basta poco per cambiare percorso e percorrenza si annullano o quasi. Tuttavia, come vedi in quest'articolo, basta poco perché traiettorie che in una certa combinazione servono a poco, diventano improvvisamente importanti.
    Non ti sarà difficile pensare al fenomeno dell'interferenza... ma non voglio correre.

    Riguardo all'arcobaleno siamo di fronte a un fenomeno di rifrazione e riflessione più che a un reticolo. Assomiglia alla lastra di vetro che abbiamo già trattato, in cui vi è però solo riflessione sulla seconda superficie e che ha una forma sferica. Insomma, un piccolo prisma a dispersione... Se vai nell'articolo di astronomia.com dove parlo dell'arcobaleno riuscirai sicuramente ad applicare la QED al fenomeno (dopo aver, magari, aspettato la rifrazione del prossimo articolo). Tra parentesi, nella sezione risorse (approfondimenti) troverai molti articoli sull'ottica geometrica e ondulatoria...

    http://www.astronomia.com/2013/04/21/una-pentola-doro-o-una-goccia-dacqua/

    Vedo che ti diverti parecchio e ne sono ultra-contento!!! :-P

  3. paolo

    Diciamo che sono curioso per natura, questo mi permette di ampliare le conoscenze (o almeno spero) divetendomi.
    Enzo, forse sono stato frainteso (sorry), la prima considerazione era riferita al bordo del nostro specchio (tratto A- A1), non al diametro di uno specchio ed alla quantità di luce raccolta.

    Leggerò con interesse l'articolo che hai linkato e anche gli articoli sull’ottica geometrica e ondulatoria…

    Grazie ancora

    Paolo

  4. caro Paolo,
    non ho capito se intendi la parte periferica di uno specchio piano o di uno specchio da telescopio. Per lo specchio piano, "periferico=scarsa importanza" vale per la parte che è distante dal punto di mezzo tra sorgente e rivelatore, posti, però, alla stessa distanza dallo specchio... insomma è una questione di geometria e di differenza di traiettoria.
    Per lo specchio parabolico (Newton) non fa differenza tra periferia e centro... proprio a causa della curvatura.
    Sempre che io abbia capito la tua ... riflessione!

  5. beppe

    Capisco perché gli strumenti di analisi in spettroscopia di emissione si chiamano quantometri..

  6. paolo

    Enzo, mi riferivo a cosa accade tra la figura 21 (ampiezza probabilità nulla) e la figura 22, poichè la logica "normale" ci porta a pensare che mascherandone una parte (si riduce la superficie di riflessione del tratto A-A1) ed al massimo non dovrebbe cambiar nulla, invece si ampliano le probabilità.
    Sullo specchio curvo (come quello primario di un Newton o Rc o SC) le cose cambiano poichè la curvatura permette ai bordi di concentrare la luce verso lo specchio secondario.
    In quel caso il calcolo dell'amiezza delle probabilità sarebbe assai diverso.
    Probabilmente non dovevo dire che lo "specchio del mio telescopio mi guarda strano", intendevo solo dire che il metodo con cui stiamo affrontando i fenomeni di riflessione è assai diverso da quello "classico".

    Una piccola domanda, il reticolo di ronchi è "assimilabile" agli esempi descritti in questo articolo?

    Paolo

  7. Bene Paolo...
    ci siamo capiti! sai, a volte sono un po' duro si comprendonio... quasi 70 (acci!). Dici perfettamente. Il reticolo di Ronchi è qualcosa di diverso perché controlla solo la "sfericità" dell'onda di arrivo, mascherando il passaggio di parti dell'onda. Ne deriva che non causa dispersione dei colori, ma il modo con cui lavora è "facilmente" descrivibile con la MQ. E' più legato a ciò che diremo nei due articoli che seguiranno...
    Beh che dire... se tutti gli astrofili assomigliassero appena appena a te, non mi sarei certo spostato in questo blog. Ben venga la passione e il desiderio di avvicinarsi a tu per tu agli oggetti del cielo, anche se con mezzi di fortuna, sempre che si sappia cosa si stia guardando e cosa si stia facendo. A quel punto diventa un bisogno etico e culturale e non puramente tecnologico o collezionistico.

  8. paolo

    Caro Enzo, sono io che ho creato l'equivoco.
    A proposito di astrofili.
    Sai io ho acquistato il mio primo telescopio (un newton 114/900) nel lontano '79, a 16 anni e l'ho pagato spalando la neve.
    Una scelta dettata dal cuore, dalle emozioni che regalano le meraviglie del cosmo e dalla testa, l'ostinata tentazione di cercare di carpire i segreti di tali meraviglie.
    Probabilmente non ho mai superato la fase fanciullesca del “perchè perchè” e sinceramente spero che tale fase mi accompagni per il resto della vita.
    All'infinito teatro del cosmo, mi piace approcciare come spettatore senziente, cercando di non perdermi nè le emozioni nè la trama, né le fantasie che suscita e ci regala.
    Chiedo scusa per l'OT.
    Paolo

  9. grande Paolo! Solo restando bambini si godono appieno le meraviglie della Natura. E te lo dice un "bambinone" di 70 anni :roll:

  10. alexander

    finalmente ho cominciato ad avere qualche dubbio, meno male, sono sollevato!
    Vorrei vedere se ho capito il ragionamento:
    facendo riferimento alle traiettorie SAR e SA1R della figura 20.
    Se faccio in modo che la distanza tra i punti A e A1 diventi quasi infinitesimale ottengo frecce di possibilità di ampiezza sempre tutte uguali ma i cui versi, presumibilmente, non riescono ad annullarsi visto la distanza infinitesimale tra i due punti.
    A questo punto dovrei avere una possibilità non nulla di colpire il rilevatore, anche se minore rispetto al punto M dell'articolo precedente...
    dico bene?

  11. Lampo

    Scusa eh...ma nella figura 22 abbiamo eliminato le frecce che puntano verso sinistra, non destra...no? Non voglio fare il puntiglioso, é che ormai non mi fido più della QED... :-?

  12. perfetto Alex! Diciamo che la differenza tra due traiettorie corte è sempre minore della differenza di due traiettorie lunghe. Teniamo poi conto che l'importante per sommare o annullare è quanto la lancetta abbia girato tra una traiettoria e l'altra. In altre parole, conta soprattutto il tempo impiegato dal cronometro.

  13. Porc....!!! hai ragione Lampo!!!! se mi ci metto anch'io a fare confusione :evil: E pensare che mi sembra di controllare e ricontrollare in modo ossessivo...

    Potrei dire che l'ho fatto a posta per vedere se ve ne accorgevate... :mrgreen: ma no, sono io che sono un pasticcione distratto!!! :cry:
    Grazie comunque di accorgervi delle mie assurdità non quantistiche!!!!! :-P

  14. SuperMagoAlex

    Enzo hai creato dei mostri!
    Ieri mi trovavo sul lago di Braies e mentre remavo in mezzo a questo scenario da favola pensavo alle tue freccette, ai fotoni che rimbalzavano e a quelli che entravano nell'acqua... W la QED! :mrgreen:

  15. Dai un bacione alle mie dolomiti e ricordati che i fotoni che rimbalzano sul lago di Braies sono molto fortunati!!!! :mrgreen:
    Fate buone vacanze, mi raccomando, perché con i diagrammi le cose si faranno molto meno ... idilliache :roll:

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