24/08/14

Feynman e la QED. 11: un nuovo mondo**

Per inquadrare meglio il problema da un punto di vista generale (solo un momento, per non farci deviare dal discorso che stiamo mandando avanti) dobbiamo ricordare che due elettroni, ad esempio,  presi in due luoghi qualsiasi dell’Universo, indipendentemente dalla loro origine e dalla loro storia, hanno esattamente le stesse proprietà, vale a dire la stessa massa, la stessa carica elettrica e lo stesso spin (vedremo in seguito cosa sono esattamente). Questo fatto fondamentale si spiega attribuendo al campo da gioco, e non alle particelle, la realtà primaria.

I diversi elettroni sono ‘eccitazioni’ di una stessa realtà fondamentale, il campo elettrico, che pervade tutto l’Universo. Lo stesso vale per i fotoni, i quark, e le altre particelle. Forse queste poche e vaghe parole (che sono supportate da formule complicatissime) ci fanno capire meglio perché si fa sempre riferimento alla teoria dei campi. Sono loro le vere essenze dell’Universo e non tanto le particelle che sono soltanto una loro creazione più o meno momentanea. Questo ci spiega perché si è parlato di campo di Higgs piuttosto che di bosone di Higgs e perché si cercano le rotture di simmetria attraverso l’introduzione della teoria dei campi. Fermiamoci qui, dato che avremo abbastanza problemi da risolvere senza introdurci in “campi” troppo complessi per noi.

Tuttavia, queste considerazioni ci dimostrano un fatto fondamentale: le particelle di un certo tipo sono tutte uguali tra loro. Un fotone è identico a un altro fotone in tutto e per tutto. La cosa è ancora più vera se consideriamo luce monocromatica. Ebbene, PERCHE’ qualche fotone viene riflesso da una superficie di vetro e molti altri invece proseguono? Le condizioni sono uguali per tutti e non vi è nessuna ragione fisica perché si comportino in modo diverso. La “nostra” fisica classica ci ha abituato a spiegare la realtà delle cose attraverso un gioco continuo di causa ed effetto. Se qualcosa capita è perché è capitato prima qualcosa’altro: una catena di fenomeni che portano al verificarsi di un certo evento.

I fotoni, invece, sembrano proprio non accettare la fisica “normale”. E, come loro, tutte le particelle elementari. Esse sembrano scegliere in modo del tutto imprevedibile, ossia, seguono solo e soltanto la casualità. Un bel pasticcio per la nostra Scienza! Essa non può spiegare il perché di comportamenti slegati tra loro. L’unica possibilità è tralasciare il perché e limitarsi a descrivere le probabilità che ha un certo evento di compiersi in un certo modo. Si accettano i comportamenti assurdi delle particelle (anzi si fa finta di niente) e si calcolano solo e soltanto le probabilità che un certo evento ha di verificarsi. Non si spiega perché, ma si descrive come avvengono le scelte dei fotoni.

La meraviglia di tutto ciò è che lavorando in questo modo si ottengono risultati che sono perfettamente seguiti dalla Natura. Anzi, sembra proprio che la Natura usi questa strategia per creare i suoi fenomeni. Una Natura casuale, quindi? Beh… non sconfiniamo nel metafisico e proseguiamo con il nostro riassunto. Non facciamo girare Einstein nella tomba…

Fatta questa dovuta premessa, vediamo come abbiamo affrontato i fenomeni della Natura, attraverso il semplice (?) calcolo della probabilità che ha un evento di accadere sotto ben determinate condizioni di partenza, di arrivo e di svolgimento.

Ricapitolando

All’inizio abbiamo visto come un evento può essere descritto attraverso tutte le vie alternative che lo possono soddisfare. Queste vie alternative sono state rappresentate da frecce, che indicano l’ampiezza di probabilità che l’evento accada attraverso una certa strada. Abbiamo, poi, imparato come le frecce di ogni via alternativa possano essere sommate tra loro per determinare l’ampiezza di probabilità finale, il cui quadrato è la probabilità totale che l’evento accada.

In pratica, non sapendo spiegare, e quindi prevedere dove un certo fotone decide di andare, l’abbiamo trattato in termini di ampiezza di probabilità che ogni sua singola traiettoria ha di soddisfare l’evento. Ci siamo accorti che il fotone si comporta realmente nel modo descritto da questo approccio probabilistico, come dimostrato dalle caratteristiche che lo fanno manifestare un po’ come onda e un po’ come particella. In un certo senso, secondo una logica ancora legata al nostro pensiero comune: un fotone decide di seguire una certa strada solo dopo che l’ha percorsa. Solo il risultato finale dice al fotone di comportarsi in un certo modo oppure no, insomma una decisione presa dopo che la scelta è già stata fatta. Un vero assurdo, che cade, però, se introduciamo le ampiezze di probabilità capaci di collaborare e amplificare la probabilità finale oppure di annullarsi a vicenda.

Il fotone è rappresentabile come un insieme di ampiezze di probabilità che non hanno problemi ad aiutarsi a crescere o ad annullarsi, prima che il raggiungimento del traguardo le trasformino in particella. Avevamo descritto questo comportamento con la frase: il fotone è dappertutto e ha la stessa probabilità di essere dappertutto. In questo stato probabilistico, le singola probabilità di ogni possibile percorso si uniscono in maniera costruttiva e/o distruttiva:  l’unione fa la forza o la distrugge completamente.

L’evento va, però, definito perfettamente. Ad esempio: un fotone viene emesso da una sorgente A, deve passare da un certo punto B e, infine, raggiungere il rivelatore R è un evento diverso da: un fotone viene emesso da una sorgente A, deve passare da B o da C, e raggiungere il rivelatore R. Non tutte le traiettorie del fotone devono essere considerate, ma solo quelle che seguono le caratteristiche dell’evento. Bisogna stare bene attenti, quindi, a determinate tutte le vie alternative, ognuna con la sua freccia-ampiezza e alla fine sommarle con il metodo vettoriale. L’importante è che all’evento venga associata una e una sola ampiezza di probabilità finale. Le condizioni dell'evento determinano lo stato della particella.

Andando avanti, abbiamo, poi, analizzato un singolo evento e abbiamo cercato di dividerlo in passi successivi. Facendo questa analisi dettagliata abbiamo imparato come unire tra loro i vari passi, attraverso trasformazioni della freccia di probabilità. Trasformazioni che rispondono al nome di moltiplicazione. Operando in questo modo, siamo stati in grado di analizzare “pezzo a pezzo” le strade che soddisfano l’evento. Si sono prima moltiplicate le frecce dei vari passi in cui era stata scomposta una certa traiettoria, in modo da ottenete la freccia finale della traiettoria. Si sono poi sommate, come fatto precedentemente, le ampiezze di tutte queste frecce alternative per arrivare nuovamente all’ampiezza finale di probabilità dell’evento. Trovare il passo più piccolo in cui può essere scomposto un evento è fondamentale per la trattazione delle interazioni tra particelle.

Ricordiamo, ancora una volta, di essere ben sicuri di aver definito un certo evento. Se le ampiezze di probabilità finale si riferiscono a due eventi  separati, non si deve certo fare la somma vettoriale delle vie alternative, ma calcolare la probabilità finale dei due eventi (il quadrato dell’ampiezza) e poi sommarle “brutalmente” come si usa fare nella vita normale. In questo modo si ottiene la probabilità che accada o uno o l’altro degli eventi. Se i due eventi rappresentano tutte le possibili strade percorribili dal fotone, la probabilità finale deve essere uguale al 100%.

Abbiamo visto che l’operazione di moltiplicazione delle frecce si utilizza anche per traiettorie separate, più o meno contemporanee, che sono strettamente legate tra loro in quanto solo  l’esecuzione di entrambe porta alla verifica dell’evento. Come possiamo stabilire se siamo in questo caso? Basta “leggere” bene l’evento. Se, ad esempio dice: parti da A e da B e arriva in C e D, risulta ovvio che la strada AC e la strada BD sono entrambe parti essenziali perché l’evento accada e quindi vanno moltiplicate tra loro, come se fossero passi successivi dello stesso evento. Analogamente lo sono i percorsi AD e BC (anch’essi soddisfano l’evento se effettuati entrambi) e anch’essi vanno moltiplicati tra loro. Le due coppie di percorso, così moltiplicate, portano ciascuna a un’ampiezza finale. Queste ultime vanno poi sommate, dato che rappresentano, ognuna, una via alternativa per l’intero evento.

Attenzione: finora abbiamo descritto eventi del tipo: parti da A , fai qualcosa o magari niente, e arriva in B. Come vedete non è stato assolutamente dato nessun vincolo temporale. L’importante è che si arrivi a destinazione. Il tempo importa soltanto per determinare la direzione della lancetta del celebre cronometro. Tuttavia, l’evento può compiersi in un attimo, così come in un tempo praticamente infinito. Il cronometro non impone niente, misura soltanto.

L' A, B e C di Alice

Il prossimo passo, invece, pone all’evento anche dei limiti temporali, del tipo:  parti da A al tempo tA  e arriva in B al tempo tB. L’evento diventa una vera e propria operazione che lega spazio e tempo, proprio l’azione che permette di studiare le interazioni tra fotoni ed elettroni. Bisogna, quindi, cambiare il campo da gioco ed entrare in quello del mondo di Alice, dove tutto può accadere, anche quello che avete sempre rifiutato perché apparentemente impossibile.

Perché ci sono servite tutte le operazioni precedenti, dato che ormai cambiamo campo da gioco? Beh… è stato fondamentale capire che le particelle, come il fotone, possono essere descritte perfettamente secondo ampiezze di probabilità. In tal modo sappiamo cosa significa associare a un certo percorso un’ampiezza, sappiamo come poterlo scomporre e che operazioni svolgere. La Natura vive nello spazio-tempo e quindi i percorsi delle sue particelle devono essere definite in questo teatro.

La cosa più importante da fare è definire i passi più piccoli in cui un evento può essere scomposto. Essi diventano le lettere che permettono di scrivere le parole e le frasi necessarie a descrivere i fenomeni della Natura. Fortunatamente, questo alfabeto è molto semplice ed è composto da sole tre lettere, ossia tre azioni in grado di costruire tutte le parole e le frasi che descrivono le interazioni tra luce ed elettroni, una parte enorme della fisica della Natura. Noi ci occuperemo solo degli elettroni e dei fotoni, ma tutte le particelle partecipano a questo gioco così semplice e così complesso.

Quando consideriamo i fotoni su scale molto grandi (ben maggiori rispetto al tempo necessario alla lancetta del cronometro di fare un giro completo) i fenomeni che osserviamo sono approssimati molto bene dalla regola “comune”: la luce viaggia in linea retta, dato che vi è un numero sufficiente di traiettorie, intorno a quella del tempo minimo di percorrenza, tali da rinforzarsi una con l’altra, così come vi sono abbastanza traiettorie alternative che si cancellano tra di loro. Ma quando i percorsi che può compiere il fotone diventano troppo piccoli, abbiamo già scoperto che la regola generale perde di significato e nascono fenomeni di interferenza, ecc. Lo stesso capita per l’elettrone.

Quando è costretto a stare in spazi ristretti, come all’interno di un atomo, tutte le traiettorie sono possibili e bisogna trattarlo attraverso ampiezze di probabilità. Anche per loro nascono i fenomeni di interferenza e solo la somma delle frecce è in grado di descrivere dove la particella possa trovarsi con maggiore probabilità.

In generale, ogni particella naturale si comporta nello stesso modo (quark, gluoni, neutrini, ecc., ecc.).

I diagrammi di Feynman sono le frasi che possono essere scritte con il nuovo alfabeto. Essi permettono una rappresentazione grafica e simbolica di tutte le possibili relazioni fra particelle, come descritte dalle leggi della meccanica quantistica e della teoria dei campi. Essi diventano veri e propri strumenti di calcolo per le probabilità dei vari processi fisici. Hanno quindi una doppia faccia: (1) consentono di tradurre ogni diagramma nella formula corrispondente e viceversa, attraverso un alfabeto unico; (2) danno una descrizione visiva e intuitiva del processo che si sta studiando, permettendo di fare considerazioni fisiche su di esso prima ancora di aver calcolato le espressioni matematiche corrispondenti.

Cerchiamo di esprimerci con altre parole, forse più semplici.

I diagrammi di Feynman riescono a rendere visibile qualcosa che non lo potrebbe essere assolutamente. La QED è, in realtà, una storia puramente matematica, in cui la Natura è trattata secondo leggi probabilistiche che riescono, però, a descriverla in modo perfetto. Ne abbiamo avuto un assaggio nei primi dieci capitoli, in cui ci siamo limitati alla luce. Una freccia e un cronometro (vedremo che il cronometro diventa qualcosa di ben diverso, tra non molto) ci hanno permesso di verificare e descrivere tutti i fenomeni legati all’ottica. Tuttavia, siamo ancora con un piede nel mondo reale e un piede nel mondo di Alice. Parliamo il linguaggio della regina e del cappellaio matto, ma lo utilizziamo per disegnare situazioni ed eventi associati alla vita di tutti giorni: uno specchio che riflette la luce, una superficie che la trasmette, una lente che la focalizza, due fenditure che l’amplificano e/o l’annullano, ecc., ecc. Disegni “normali” tracciati in uno spazio “normale”, descritti attraverso quantità “anormali”, di tipo puramente probabilistico.

Un evento si verifica in un certo modo solo perché quel modo ha la massima probabilità di accadere. Si possono anche eliminare tutte le vie alternative per l’ottenimento dell’evento, dato che la loro probabilità è, per lo più, del tutto trascurabile. Questa semplificazione può essere descritta perfettamente  giocando con una freccia di probabilità che si accorcia e ruota a seconda del modo scelto per attuare l’evento. Traiettorie assurde non vengono escluse a priori, ma a posteriori, quando è stata verificata la loro inutilità o rarità. Tuttavia, le rappresentazioni finali, anche se basate su regole a prima vista senza alcun riscontro nella fisica comune, permettono di tracciare diagrammi e descrivere eventi che fanno parte della nostra vita. Dire: la luce parte da S e arriva R, riflettendosi su uno specchio è un evento comune, il cui risultato coincide con quanto siamo abituati a vedere. Cambiano solo le regole applicate per arrivarci.

Di tanto in tanto ci siamo, però, scontrati anche con episodi inaspettati, come quelli che ci hanno dimostrato che la luce, sotto certe condizioni, può anche seguire traiettorie non rettilinee, ma parimenti probabili. Per non parlare del fotone che sembra poter passare contemporaneamente da due fori e creare l’interferenza, ma -se “guardato”-  sembra comportarsi normalmente, da particella concreta, e dar luogo a una “raffica” di colpi associati a veri “proiettili”. Le regole della QED ci hanno permesso di “capire”, a modo loro, che non vi è alcuna contraddizione.

Questo sistema un po’ astratto e un po’ concreto ci ha quasi permesso di fare amicizia con l’ampiezza di probabilità, un qualcosa che pur essendo puramente matematico può vivere e comunicare nella realtà di tutti i giorni.

Adesso, ciò non è più possibile. Per vivere nel mondo di Alice, e muoversi e parlare come i suoi personaggi, bisogna costruire un campo di gioco astratto e non percorribile se non con la matematica. Sembrerebbe impossibile tentare qualsiasi rappresentazione grafica. Tuttavia, Feynman ha fatto nascere i suoi diagrammi, un capolavoro astratto e concreto che permette agli abitanti del Paese delle Meraviglie di esprimere i propri concetti assurdi attraverso semplici linee e traiettorie.

Attenzione, però: guai a cercare di vederli come rappresentazioni paragonabili a quelle del mondo normale. Esse sono frasi matematiche pure e semplici a cui è stata data una veste fittizia. Normalmente, la Scienza, quando giunge a certi punti, chiude la porta della semplificazione e si cala in formule sempre più complesse e astruse. Feynman no. Crea un capolavoro descrittivo. Non solo associa a certe operazioni matematiche una rappresentazione grafica di estrema semplicità visiva, ma permette di svolgere ogni operazione successiva, ogni trasformazione che porti a nuove descrizioni matematiche, solo attraverso le modifiche grafiche dei suoi diagrammi.

Qualsiasi cosa si esegui graficamente nei diagrammi, e segua poche e ben definite regole, porta a un risultato che può essere immediatamente tradotto nella sua formulazione matematica più accurata e perfetta. Chi disegna nel mondo di Alice-Feynman sa che qualsiasi variazione  esegua nei grafici non è altro che una trasformazione matematica di estrema accuratezza. Quando l’opera è completata, diventa, quindi, immediato, per gli abitanti del mondo di Alice, passare alla formulazione matematica corrispondente.

E’ come se si usasse una scorciatoia che simbolicamente descriva trattazioni di una complessità inaudita, basate solo su concetti astratti. La scorciatoia, che chiunque potrebbe eseguire e descrivere con facilità relativa, equivale, perciò, a un insieme di passaggi matematici, di interazioni e trasformazioni, incomprensibili alla persona normale, che possono, però, essere descritti visivamente da chiunque.

In conclusione, solo pochi studiosi della meccanica quantistica possono seguire i passaggi reali, basati su pura matematica (noi no di certo), ma attraverso i diagrammi e seguendo poche regole si ottengono i risultati voluti, lasciando da parte tutti i passaggi matematici. Il diagramma finale descrive ciò che solo la matematica avrebbe potuto trovare, ma lo fa con un linguaggio comprensibile a tutti. La trasformazione del risultato in un’espressione matematica è poi facile solo per gli addetti ai lavori, ma a noi resta chiaro il concetto che vuole descrivere.

Scusate se continuo a ripetere lo stesso concetto in vari modi alternativi (senza dover sommare le ampiezze, però…), ma è troppo importante capire cosa ci troveremo di fronte e come dovrà essere  trattato. Ancora più semplicemente: non vi è bisogno di eseguire tutti i passaggi matematici reali, ma solo e soltanto tracciare poche linee nel mondo illusorio di Feynam e poi, alla fine, tornare nel mondo matematico sapendo che il risultato è sicuramente perfetto.

Tuttavia, e dobbiamo sempre ricordarcelo, i diagrammi sembrano percorsi, movimenti, incontri del tutto “normali”, ma non lo sono assolutamente e niente hanno a che fare con la nostra visione del mondo. Alice deve dimenticare tutto ciò che ha imparato a scuola e iniziare a disegnare in un mondo nuovo e con un alfabeto nuovo. Nei digrammi di Feynman si può invertire la freccia del tempo, si può creare una particella e ingoiarla, si può passare dalla materia all’antimateria e mille altre cose, solo con pochi tratti di matita. Ma guai a convincerci di stare rappresentando qualcosa che possiamo toccare con mano.

In altre parole, i diagrammi permettono di rappresentare processi matematici mostruosamente difficili con pochi segni su un foglio e, d’altra parte, qualsiasi cambiamento dei segni sul foglio corrispondono perfettamente a equazioni matematiche plausibili e dimostrabili. Le linee sono talmente adatte al mondo di Alice che anche manovrandole “a caso” si ottiene, comunque, qualcosa che ha un senso matematico perfetto. Rimangono, però,  sempre e comunque linee e percorsi preclusi alla nostra vita normale.

Spero di essere stato compreso e di aver dato un’idea della grandezza del genio matematico di Feynman: non solo è stato in grado di scrivere la matematica che porta a certi risultati pratici, ma l’ha resa descrivibile graficamente talmente bene che basta operare sui disegni per ottenere gli stessi risultati di operazioni intricate e complicatissime. Sapendo che la linea (1) rappresenta una certo concetto e la linea (2) un altro e conoscendo solo tre regole di comportamento, qualsiasi elaborazione venga fatta sul foglio (che segua le regole, ben inteso) porta a una qualcosa di completamente nuovo che, però, può essere perfettamente traducibile in termini matematici.

E’ come se partissi con due oggetti reali ed entrassi nel mondo di Alice. I due oggetti cambierebbero forma, dimensioni, essenza stessa. Io li potrei manipolare, combinare secondo le loro nuove e incomprensibili caratteristiche fino a ottenere un oggetto assurdo e del tutto nuovo. Ritornando nel mondo normale l’oggetto acquisterebbe immediatamente una forma e una dimensione conosciuta.

Un abbraccio indissolubile

Forse ho parlato fin troppo ed ho ripetuto lo stesso concetto fino alla nausea. Il succo è che per potere manipolare i diagrammi di Feynman è necessario entrare nel mondo di Alice e questo mondo non è altro che lo spazio-tempo, un sistema di assi cartesiani che possiamo facilmente semplificare in due sole coordinate: lo spazio (asse x) e il tempo (asse y). Ognuno dei due assi ha un verso ben definito, ovviamente. Tuttavia, qualsiasi percorso si faccia su di esso non ha niente a che vedere con la nostra realtà quotidiana. Noi spostiamo le cose nello spazio e il tempo passa in modo indipendente. Per andare da A a B devo cambiare le coordinate del punto A e farle diventare quelle del punto B. Posso usare qualsiasi mezzo, ma ho descritto solo e soltanto un movimento nello spazio. Mentre faccio questa operazione, però, il tempo passa, e non ha veramente influito sulla traiettoria spaziale. Nello spazio-tempo non esistono percorsi reali, ma solo traiettorie simboliche perfettamente descrivibili matematicamente. L’importante è NON CONFONDERLE MAI.

Il problema è lo stesso di quando disegniamo l’Universo che si espande nel tempo attraverso un palloncino o -più semplicemente- attraverso un  cerchio che si allarga sempre più. Quante volte l’abbiamo usato? Eppure, ogni tanto qualcuno si sbaglia e pretenderebbe di far muovere un oggetto secondo una linea spazio-temporale. No, questo non  è possibile. Gli spostamenti spaziali avvengono solo lungo il  cerchio. Il raggio è dominio del tempo e non si può attraversare. Quante volte è stata ripetuta questa frase? E quante volte è stato disegnato il cono di luce? Esso è il tipico esempio di una linea immaginaria, esistente solo nello spazio-tempo, nel mondo di Alice. Solo lì si può disegnare senza commettere errori madornali. Tuttavia, ciò vuole anche dire che non possiamo disegnare nello spazio-tempo una percorso realistico, ma solo simbolico. Non c’è altro da fare, la porta con il vecchio mondo si è chiusa dietro ad Alice. Solo con questa idea in testa, solo non cercando di vedere nei diagrammi di Feynman il vero movimento di un fotone o di un elettrone si potrà elaborarli e usarli con destrezza. Altrimenti, ne saremmo subito esclusi.

Anche se non saremo mai in grado di esprimere il significato matematico e completo di queste azioni, saremo però in grado di comunicare e descrivere concetti come materia, antimateria, creazione e distruzione, trasformazione di particelle in altri tipi di particelle, leggi di conservazione, simmetrie, ecc. ecc. E, non ultime, proprio le caratteristiche intrinseche della materia e quindi il perché la luce si riflette o si rifrange quando incontra un pezzo di vetro… (ma non perché un fotone fa una certa azione e un altro ne fa un’altra… questo resta un mistero).

Concludo questo articolo del tutto vago e preparatorio con un esempio che verrà molto utile quando inizieremo il nostro percorso nel microcosmo delle particelle. Anche se non possiamo ancora capire cosa significhino certe frasi, il concetto generale può servire per entrare nel nuovo campo da gioco.

Un gioco di squadra

Consideriamo due giocatori di pallone: il primo ha la palla e la passa al compagno che va a rete. Quando il primo lancia la palla, trasmette la sua energia o forza o -molto meglio- la sua quantità di moto al compagno. Effettuato il lancio, cambia traiettoria, tornando, ad esempio, verso il centrocampo o versi i bordi del rettangolo di gioco; allo stesso modo, quello che riceve la palla modifica a sua volta la propria direzione e va verso la rete. La medesima cosa succede tra due elettroni. Quando si avvicinano tra loro, il primo cede al secondo un fotone, detto "virtuale", perché impossibile da rivelare. Entrambi gli elettroni modificano la propria traiettoria, cambiando direzione come se si fossero respinti senza toccarsi.

Questo è uno dei classici esempi dei diagrammi di Feynman. Rappresentabile facilmente con poche linee, ma guai a volerlo vedere come una rappresentazione concreta. Essa è rappresentazione simbolica che avviene in un mondo estraneo a quello comune. Non vi sarà scappato, però, che questo semplice diagramma introduce le particelle mediatrici delle forze. Il pallone, in realtà, è virtuale, ma collega le azioni dei due elettroni. Non solo, ma permette a due particelle con la stessa carica di respingersi. Poche linee e … concetti fondamentali della fisica compaiono in tutta la loro concretezza.

Non so se questo articolo sia servito veramente a qualcosa. Forse ha solo confuso le idee. Poco male, potete anche dimenticarvelo, dato che la prossima volta entreremo effettivamente e con la massima semplicità descrittiva nel mondo di Alice, ossia nello spazio-tempo. Cominceremo da zero, ma con la mente preparata a non confondere la realtà quotidiana con quanto verrà descritto.

7 commenti

  1. alexander

    credo proprio ne vedremo delle belle! speriamo di starti dietro, intanto tengo a mente le raccomandazioni nell'articolo! :-P

    ps. grazie per il breve discorso sui campi, sulle particelle che possono considerarsi come disturbi in un campo e sulle particelle virtuali mediatrici di forza...
    Aiuta molto...

  2. Alberto Pucci

    Bravo!

  3. Alberto Pucci

    Vedo che non vengono accettati miei commenti. Provo di nuovo. Il mio è: bravo!

  4. no... Alberto... era stato accettato... (anche se io ben poco posso fare su questi problemi...)

  5. gioyhofer

    Piano piano sto recuperando il terreno perduto, questi articoli riassuntivi vanno proprio bene x rinfrescare le nozioni. Adesso sootto con il 12

  6. cara Gio,
    per qualsiasi dubbio... sono qui! :-P

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