22/04/15

Quando i buchi neri giocano a nascondino **

NEWS! Rilevate le onde gravitazionali, la cronaca della prima osservazione e dei successivi sviluppi la trovate QUI

 

Ho riunito due news particolarmente interessanti che riportano entrambe la scoperta di qualcosa che, malgrado di massa enorme, si nasconde abbastanza bene. Parliamo di buchi neri galattici che si mostrano con difficoltà, ma che potrebbero aprire nuove finestre per lo studio della formazione delle galassie primitive e indicare le migliori posizioni per cercare le tanto attese onde gravitazionali.

Una volta si pensava che i buchi neri fossero gli oggetti più difficili da individuare, per il loro stesso nome. Poi, la tecnologia e il miglioramento degli studi teorici ci hanno mostrato come fosse relativamente facile scoprirli guardando cosa capita attorno a loro: disco di accrescimento, getti polari violenti, azione gravitazionale su stelle vicine e molto altro ancora. Le cose si facilitano per i buchi neri galattici, oggetti che raggiungono masse di milioni o, addirittura, di miliardi di masse solari. Sono loro i veri dominatori galattici: possono dare il via alla formazione stellare, così come possono bloccarla rapidamente.

Una galassia non sarebbe una galassia se non contenesse un buco nero al suo centro, seduto sopra il suo trono circondato dal “bulge”, uno straordinario e denso ammasso di stelle molto anziane che, a volte, forniscono il cibo al capo supremo e riescono a fargli vivere momenti di attività inaspettata, seguiti da lunghi periodi di quiescenza. Ovviamente, per noi lontani osservatori, le condizioni migliori per studiare questi motori galattici capitano proprio quando sono in grande agitazione e inviano radiazioni luminose in molte lunghezze d’onda. Stiamo parlando degli AGN, i Nuclei Galattici Attivi, che contraddistinguono soprattutto galassie primitive, quando tutto avveniva in modo più frenetico e rapido.

Grande energia in gioco, ma anche grande lontananza temporale e grande difficoltà osservativa. Un vero peccato, dato che il periodo più significativo per capire come una galassia si sia modellata sta proprio nel come si è formato ed è cresciuto il suo buco nero centrale. Immaginiamolo come un “seme” da cui si sviluppa l’intera galassia. Un seme che devo però nascere da qualcosa e questo qualcosa è probabilmente la stessa galassia. Un gioco di continuo scambio: il buco nero primordiale recupera materia tutt’attorno dando il via a nuove stelle che lo fanno crescere sempre più e gli donano potenza aggiuntiva. Un processo ancora molto misterioso, dato che nelle epoche primordiali dell’Universo si riescono a vedere solo buchi neri scatenati, che prendono il nome di quasar.

Una fase importante, ma che non può spiegare tutto. L’ideale sarebbe poter vedere una galassia primordiale, trasportata vicino a noi. Una galassia bambina, ma anche abbastanza vicina da poterci raccontare un’avventura normalmente troppo lontana nel tempo e nello spazio.

Le possibilità ci sono, basta cercare galassie nane e irregolari che abbiano un tasso di formazione stellare molto alto. Una piccola copia di ciò che capitava miliardi di anni fa. Non è però così facile azzeccare l’oggetto “buono”. L’attività stellare può essere dovuta a fenomeni collegati solo alle stesse stelle che muoiono come supernove e che danno il via a nuove stelle. Un gioco tra di loro, senza bisogno di padroni assoluti. Molto interessante, ma che poco ha a che fare con le attività formative primordiali. Però, a furia di cercare…

Prendiamo, ad esempio, la piccola e vicina Henize 2-10. Solo 10 milioni di anni luce la separano da noi e la sua massa è solo un decimo di quella della Via Lattea. Niente di speciale, non è la sola. Inoltre, essa non possiede nemmeno un “bulge” centrale, altro segno abbastanza chiaro che non dovrebbe contenere un monarca assoluto. Però, però… la variazione di luminosità della galassia non segue l’andamento irregolare e violento di qualcosa dovuto soltanto alla frenetica danza di vita e di morte di stelle giganti. Si assiste a una variazione lenta e continua, non troppo violenta, quella tipica dovuta a una sorgente unica e compatta. Una caratteristica ormai ben conosciuta dopo tante osservazioni di lontani quasar.

Un’immagine di Henize 2-10 ripresa da Hubble. Fonte: NASA.
Un’immagine di Henize 2-10 ripresa da Hubble. Fonte: NASA.

Aggiungiamo a questa “anomalia” anche l’emissione di raggi X e radio ed ecco che si scopre l’abitante nascosto, un buco nero relativamente piccolo, da un lato, ma pur sempre con una massa pari a quella di circa un milione di stelle come il Sole.

Una stranezza, forse, ma di grandissima importanza, dato che simula perfettamente quello che è capitato tanti miliardi di anni fa alla stragrande maggioranza delle galassie ora mature e splendide nella loro forma a spirale. Un relitto, un fossile, un bambino troppo pigro? Poco conta, in fondo. L’importante è che siamo tornati indietro di molti miliardi di anni e possiamo assistere alla nascita di una galassia da vicino. Vi sembra poco? No, di certo… e allora via, alla ricerca di altri buchi neri nascosti, che hanno usato una vita sottotono per non mostrarsi a questi astronomi sempre troppo curiosi.

Articolo originale QUI

Un buco nero piccolo (relativamente), in una piccola galassia senza “bulge”, in cui tutto viene illuminato da nuove stelle che nascono freneticamente, può anche nascondersi “facilmente”. Molto più difficile è riuscire nella stessa operazione quando si è al centro di una vera metropoli. Una metropoli che magari ha anche avuto un passaggio molto ravvicinato con una collega di pari grandezza e potenza.

Sappiamo che la danza di filamenti di gas e di sciami di stelle è un fenomeno meraviglioso e per lo più senza danni fisici reali (è ben difficile che due stelle si possano scontrare). Anzi, due galassie quiescenti potrebbero crearne una sola ben più attiva e pimpante. Anche quando tutto sembra essere tornato tranquillo e la “nuova” galassia ha ripreso una forma regolare, la vera lotta, però, continua al centro, dove i due buchi neri galattici si fronteggiano a viso aperto. Bisogna decidere chi assumerà il comando della nuova enorme città!

Si fronteggiano, ma non è certo facile vederli, dato che ormai si affrontano a distanze estremamente piccole. Ve n’è uno solo o sono ancora due? Potremmo anche non avere interesse in questa faccenda che facilmente si compirà con una pace duratura, ossia con un solo buco nero di massa ancora più grande. Tuttavia, le fasi precedenti l’unione finale sono di interesse estremo, dato che questa danza di giganti è uno dei processi migliori per inviare onde gravitazionali verso lo spazio.

I due contendenti orbitano attorno al loro comune baricentro, accelerano e rallentano, circondati dai propri dischi di accrescimento che si uniscono e si dividono. Uno spettacolo incredibile, ma che avviene in uno spazio molto ristretto e nascosto alla nostra vista. Nessun telescopio è in grado di separare due oggetti “invisibili” attraverso i loro dischi di accrescimento che sono ormai strettamente intrecciati.

Tuttavia, i dischi di accrescimento che vanno a rifornire di energia i contendenti ci vengono in aiuto. Normalmente, un singolo disco di accrescimento riversa materia sul suo buco nero a ritmo irregolare, non periodico. Ne segue che l’andamento della luminosità è del tutto casuale e avviene con ritmi imprevedibili. Se, invece, i buchi neri sono due e formano un sistema binario, instabile sicuramente, ma regolato da legge dinamiche ben conosciute e modellabili, ecco che anche la materia che li circonda subisce una distribuzione e una legge non più casuale. Si può dimostrare che il materiale si riversa sulla coppia centrale con ciclicità o quantomeno si crea una macchia calda sul disco complessivo che manda un segnale ben visibile. Una specie di … pulsar. In parole più tecniche, la curva di luminosità assume un carattere periodico.

La coppia di buchi neri è ormai vicinissima e trascina con sé l’intreccio dei dischi di accrescimento che formano una zona calda, la cui luminosità ci invia un segnale periodico, simile a quello di una pulsar. Fonte: NASA
La coppia di buchi neri è ormai vicinissima e trascina con sé l’intreccio dei dischi di accrescimento che formano una zona calda, la cui luminosità ci invia un segnale periodico, simile a quello di una pulsar. Fonte: NASA

Proprio questo è ciò che è stato visto sul quasar PSO J334.2028+01.4075, dopo molti anni di osservazione. Il periodo della curva di luce del lontanissimo oggetto è di circa 540 giorni. Forse la prova definitiva che il buco nero centrale non è uno solo, ma sono due ormai estremamente vicini. Si stima che il semiasse orbitale della coppia possa essere inferiore ai 10 raggi di  Schwarzschild (meno di 0.006 parsec).

Si spera, adesso, di trovare molti altri quasar che abbiano queste caratteristiche. Il loro interesse è duplice: da un lato c’insegnerebbero, almeno in parte, come aumenta la massa di questi signori galattici; dall’altra sarebbero magnifiche sorgenti verso cui puntare le "orecchie" capaci, finalmente, di sentire il flebile respiro delle onde gravitazionali. Due buchi neri a distanza così ravvicinata “urlerebbero” a gran voce, come nessun altro oggetto del Cosmo.

Articolo originale QUI

 

2 commenti

  1. foscoultazionali in maniera "diretta"

    Una domanda ma come si fa a rilevare le onde gravitazionali in maniera diretta se possibile.

  2. solo quando ci saranno le strumentazioni capaci di farlo... Per adesso bisogna accontentarsi di trovare la posizione migliore per cercare di sentirle al momento buono...

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