08/08/15

E se cercassimo la vita “prima” dei pianeti? *

Il primo passo, sicuramente il più ovvio e generalmente seguito dagli astronomi che studiano gli esopianeti delle zone abitabili, è trovare il pianeta. Se è nella giusta posizione, si può poi pensare di adottare altre tecniche per lo studio dell’atmosfera, della temperatura, della composizione chimica del suolo, ecc., ecc ., e valutare se la possibilità di vita può anche diventare probabilità. Come ben sappiamo, queste tecniche sono ancora in una fase troppo primitiva per essere considerate valide. Ora nasce un’idea del tutto rivoluzionaria (applicabile per adesso in pochissimi casi): perché non cercare prima la vita e poi il pianeta?

Quanto detto sembrerebbe una specie di SETI o ancor meglio un discorso assurdo o -quantomeno- molto fantascientifico. In qualche modo potrebbe anche richiamare gli UFO. Ossia, aspettare che gli alieni ci vengano a cercare e sapere solo dopo da dove provengono. Il succo, invece, è completamente diverso e potrebbe diventare una strategia di assoluta importanza con il miglioramento delle tecniche osservative.

Ammettiamo che anche nelle altre “Terre” vi sia una vita quasi identica alla nostra con molte caratteristiche simili come, ad esempio, la fotosintesi. Più in generale potremmo pensare che esistano ovunque i pigmenti biologici, tipici degli esseri viventi. Essi sono sostanze capaci di assorbire certe radiazioni solari e di rifletterne solo qualcuna, colorando l’oggetto in questione.

La clorofilla, esempio classico, assorbe dal rosso al blu  e riflette solamente e parzialmente il verde, come ben si vede nelle foglie delle piante. I carotenoidi, invece, riflettono il giallo e/o l’arancione. Fin qui niente di veramente strano o innovativo. La novità è che la luce riflessa dalle piante, e non solo, viene polarizzata, ossia oscilla lungo determinate direzioni. Questa caratteristica fa sì che con uno strumento capace di evidenziarne la polarizzazione (teoricamente un paio di occhiali da Sole o qualcosa di un po’ più raffinato) sarebbe possibile stabilire la presenza dei pigmenti biologici. Se la stella è abbastanza vicina, la sua luce può essere studiata attentamente e si può sperare di notare queste radiazioni polarizzate, segno abbastanza peculiare della presenza di biopigmenti, ossia di vita simile alla nostra.

La luce riflessa e polarizzata dalle foglie contiene un chiaro segnale dei suoi biopigmenti. Questo segnale può essere rilevato attraverso un filtro polarizzante, come, molto semplicemente, un paio di occhiali da sole. Fonte: Svetlana Berdyugina
La luce riflessa e polarizzata dalle foglie contiene un chiaro segnale dei suoi biopigmenti. Questo segnale può essere rilevato attraverso un filtro polarizzante, come, molto semplicemente, un paio di occhiali da sole. Fonte: Svetlana Berdyugina

Al momento non vi sono stelle abbastanza vicine da permettere uno studio così accurato, tranne il sistema di Alpha Centauri.

Su Alpha Centauri B, ad esempio, si stima che vi sia un sistema planetario estremamente complesso e numeroso (fino a 11 pianeti). La loro identificazione è ancora molto dubbia… e nessuno è stato  trovato nella zona abitabile. Perché allora non adottare la nuova tecnica? Chissà mai…

In ogni modo, in futuro, lo studio della polarizzazione dei pigmenti biologici potrebbe diventare, con il miglioramento della tecnica di rilevamento, un punto essenziale per l’accertamento di una vita effettiva in un pianeta giudicato solo “possibilmente” o “probabilmente” abitabile.

Articolo originario QUI

 

NEWS del 27/2/2018 - Proxima b, pianeta nella fascia giudicata abitabile di Proxima Centauri, è stato investito da un flare dieci volte più grande del più grande flare solare mai osservato. Dura la vita per la vita biologica, se mai si fosse sviluppata...

 

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