02/05/24

Divertiamoci con Webb **

Le straordinarie capacità di Webb sono riuscite a descrivere la temperatura dell'atmosfera e la sua composizione di un pianeta gioviano caldo a 280 anni luce da noi. Insomma, è più facile fare le previsioni su pianeti extrasolari che sul nostro, dove la meteorologia è legata a interessi che di scientifico hanno ben poco.

Il telescopio Webb è riuscito a misurare la temperatura, la composizione atmosferica e il vento, su un lontano pianeta gioviano attraverso la sua capacità di vedere nell'infrarosso. Ricordiamo, infatti, che la radiazione infrarossa viene emessa da ogni corpo in base alla sua temperatura, per cui essa permette di vedere anche ciò che gli occhi non vedono. Non per niente ci permette di scorgere una stella nascente anche se ancora coperta dal suo guscio di polvere.

Il caso in esame si riferisce a un pianeta gioviano estremamente caldo che rivolve attorno a una stella più fredda del nostro Sole, ma molto vicina al pianeta, che compie la sua orbita in sole 19 ore e mezza, spingendosi a una distanza dalla stella pari a 1/25 della distanza tra il Sole e Mercurio. Le condizioni orbitali sono tali che la rotazione del pianeta è "bloccata" e lui è obbligato a mostrare sempre la stessa faccia alla stella.

Divertiamoci a descrivere in modo qualitativo e semplificato ciò che dovrebbe capitare. Immaginiamo che il pianeta così vincolato alla sua stella emetta solo la luce che riceve direttamente. In poche parole, un suo emisfero è sempre "al sole" e l'altro emisfero è sempre "al buio". La curva di luce di un sistema del genere  viene riportata nella Fig. 1. Spieghiamola meglio guardando la configurazione posta in alto nella figura, a cui corrisponde la curva di luce nera della parte bassa.

Figura 1

Nella posizione (1) si osserva sia la luce della stella che quella di "mezzo pianeta". Poi, piano piano (nel nostro caso non tanto piano...) il pianeta mostra l'intero emisfero illuminato e la luce ricevuta aumenta. In (2), però, il pianeta inizia a essere eclissato dalla stella, per cui da (2) a (3) riceviamo solo la luce di quest'ultima: abbiamo il minimo secondario. Il pianeta si riporta in condizioni simili a (1) e continua a diminuire la propria luminosità. Al momento (4) vediamo nuovamente solo la luce della stella, come in (3). Poi, però, il pianeta mostra la sua faccia scura e blocca parte della luce stellare fino a (5), in modo da produrre il minimo primario. Infine, tutto ritorna come nella posizione (1).

Al di sotto di questa situazione limite abbiamo il caso che più ci interessa: il pianeta viene osservato nell'infrarosso e quindi gioca un ruolo fondamentale la sua temperatura. Possiamo notare che alla curva di luce nera si sostituisce la curva rossa. Sembra quasi uguale, ma vi sono differenze che solo Webb è riuscito a individuare.

Innanzitutto il pianeta ha sempre una certa luminosità, ossia una temperatura non trascurabile. Infatti il minimo primario è più alto, così come è più alto all'inizio e alla fine dell'eclissi (4) e (5). In altre parole, il pianeta mostra una elevata temperatura anche quando ci mostra l'emisfero scuro. Ciò vuol dire che vi è è stato un notevole "miscuglio" dei suoi gas atmosferici  a causa di venti impetuosi. Il corto periodo permette di stabilire la velocità necessaria perché si ottenga una distribuzione omogenea della temperatura: qualcosa come almeno 7000 km/h, niente male! Tuttavia, la temperatura della parte oscura ha una temperatura inferiore di quella della parte illuminata direttamente. Ciò implica che l'irraggiamento infrarosso viene in qualche modo "bloccato" da intense formazioni nuvolose. Si passa, infatti, dai 1200 °C ai 600°C.

Ma le informazioni non sono ancora finite... Non si nota la presenza di metano nell'atmosfera. Ciò può avere un senso nella parte illuminata dove la temperatura è troppo elevata, ma non per la parte più fredda. L'unico modo per spiegare questo fatto è nuovamente legato ai venti, troppo rapidi perché vi sia il tempo necessario perché si verifichino le reazioni chimiche necessarie a produrlo.

La trattazione è stata oltremodo semplificata e le figure non hanno niente di quantitativo. Ci sono servite solo per afferrare i concetti di base.

La vera curva di luce è riportata nella figura che segue...

Fonte: Taylor J. Bell (BAERI); Joanna Barstow (Open University); Michael Roman (University of Leicester) Graphic Design: NASA, ESA, CSA, Ralf Crawford (STScI)

Insomma, fotometria e spettroscopia ad altissima risoluzione permettono veramente a Webb di studiare e analizzare le atmosfere di pianeti lontani centinaia di anni luce da noi (in questo caso 280).

La tecnologia può essere estremamente utile quando è diretta a far crescere la conoscenza. Ma è quello che si vuole veramente oggi giorno?

Articolo originale QUI

 

2 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Per dare un risultato grafico cosí chiaro, posso dedurne che questo pianeta è anche parecchio grande rispetto alla stella?

  2. Caro Albertone,

    la figura è solo qualitativa e non riporta i valori effettivi nella perdita di magnitudine. Nell'articolo è indicato il rapporto dei flussi, dove il pianeta raggiunge poche migliaia di parti per milione. Il che dovrebbe corrispondere a variazioni dell'ordine dei millesimi... E' la precisione e la sensibilità di Webb che permette una curva così chiara.

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.