17/05/24

A CACCIA DI ANELLI*

Il presente articolo è stato inserito nella pagina di archivio dedicata all'effetto lente gravitazionale

 

L'accoppiata JWST-Einstein ancora una volta permette di sbirciare tra i segreti dell'universo. E le sorprese continuano....

Il tempo osservativo messo a disposizione dall’infaticabile James Webb Space Telescope viene utilizzato anche per scandagliare settori di spazio già approfonditamente osservati con l’Hubble Space Telescope. Le sorprese non mancano, a riprova del fatto dell’immensa importanza che in astronomia, come in altre discipline, hanno i miglioramenti strumentali, come dimostra un articolo pubblicato su “Nature Astronomy” a fine 20231.

Nell’aprile 2023 il James Webb ha ripreso un “anello di Einstein”, battezzato JWST-ER1, nel punto dove gli strumenti sensibili nel vicino infrarosso del buon vecchio Hubble riuscirono a malapena a rilevare qualcosa che tuttavia non venne riconosciuto come un “anello di Einstein”, in particolare perché lo strumento ACS di Hubble (la Advanced Camera for Surveys) rilevò parte del debolissimo anello ma non la galassia responsabile dell’effetto lente, mentre lo strumento WFC3 (la Wide Field Camera 3) rilevò la galassia ma non la struttura anulare (fig. 1).

Fig. 1. Immagini riprese da Hubble nel punto dove il James Webb Telescope ha individuato l’anello di Einstein JWST-ER1: a sinistra immagine rilevata dallo strumento ACS (filtro a 814 nm) con l’anello incompleto, a destra immagine rilevata dallo strumento WFC3 (filtro a 1600 nm) con la sola galassia responsabile dell’effetto di “lensing” gravitazionale. Fonte: van Dokkum P., Brammer G. et al.1

L’anello JWST-ER1 sfuggì completamente anche allo strumento MIPS (Multiband Image Photometer) del telescopio Spitzer, deputato alla ricerca nel lontano infrarosso (fig.2).

Fig.2. Confronto tra il medesimo settore celeste di 30”x30” ripreso dal JWST (a sinistra) e dallo Spitzer Telescope con lo strumento MIPS alla lunghezza d’onda di 24 micron (a destra). Fonte van Dokkum P., Brammer G. et al.1

L’occhio del JWST, nell’infrarosso ben più sensibile dell’HST, è riuscito a evidenziare in modo eclatante la morfologia dell’anello grazie alla composizione delle riprese con diversi filtri (fig. 3).

Fig. 3. Riprese dell’anello effettuate con lo strumento NIRCam del JWST con 4 differenti filtri. Estratto da van Dokkum P., Brammer G. et al.1

L’immagine risultante, proposta in fig. 4, mostra (in falsi colori, come sempre nelle immagini ottenute con il JWST) un anello completo e pressoché perfettamente circolare, indice che la galassia più lontana (con redshift stimato in z=2.97), l’osservatore e la galassia tra essi interposta (con redshift stimato z=2) sono 3 elementi situati sulla stessa linea di visuale. Ulteriori indagini nell’intorno dell’anello hanno permesso di escludere la presenza di altri oggetti galattici che potrebbero contribuire alla distorsione della radiazione emessa dalla galassia lontana, rendendo assai verosimile l’ipotesi che l’anello sia dovuto esclusivamente all’effetto della massa galattica a z=2. L’insieme di questi fattori ha permesso una ricostruzione notevolmente rappresentativa delle reali caratteristiche delle due galassie e in particolare delle rispettive masse.

Fig. 4. Immagine dell’anello JWST-ER1 ottenuta componendo le riprese di fig. 3. Si notino i due bulbi arrossati sull’anello da parti opposte rispetto alla galassia centrale, interpretate come replicazioni della galassia lontana retrostante prodotte dall’effetto di “lensing”. Estratto da van Dokkum P., Brammer G. et al.1

La misura del raggio dell’anello e le stime dei redshift fotometrici dell’anello e della galassia a z=2 hanno permesso di ricavare il valore della massa di quest’ultima: circa 6,5 x 1011 masse solari.

Il valore è però quasi 6 volte superiore al valore suggerito dai modelli attuali per il tipo di galassia in questione: una galassia “quiescente”, dotata di una limitata massa di gas e non animata da un elevato tasso di formazione stellare.

E la “materia oscura”? Non potrebbe essere proprio l’inafferrabile ectoplasma cosmico l’ingrediente responsabile dell’eccesso di massa?

Sembra proprio di no, poiché, secondo gli autori dello studio, pur aggiungendo tale contributo si arriva appena a giustificare la metà dell’ammanco: ben 2,8 x 1011 masse solari rimangono inspiegate.

A partire da tali conclusioni un articolo apparso su “The Astrophysical Journal Letters” nello scorso aprile (Kong D., Yang D. et al.)2 propone un’ipotesi che in sostanza chiama in causa una specifica tipologia di “materia oscura” in grado di interagire con se stessa (Self-interacting Dark Matter o SIDM), proposta nel 2000. L’interazione consisterebbe in collisioni con grande sezione d’urto tra ipotetiche particelle di materia oscura dalle caratteristiche differenti dalle particelle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), ipotetiche componenti della materia oscura classica.

Il modello basato sull’esistenza di SIDM e proposto dagli autori risolve l’ammanco di massa risultante dalle osservazioni sull’anello di Einstein JWST-ER1 e trova buon accordo con varie caratteristiche legate alle tipologie delle galassie coinvolte nel fenomeno.

Secondo gli autori, l’auto-interazione tra le particelle di materia oscura SIDM non è di tipo gravitazionale e potrebbe essere causata da effetti già noti oppure da un tipo di forza ancora sconosciuto.

Va ricordato che l’esistenza delle particelle WIMP non ha finora trovato conferma nei numerosi esperimenti allo scopo condotti e che anche le ipotetiche particelle costituenti la SIDM sono sfuggite finora alla rilevazione sperimentale diretta.

L’alternativa della “nuova” forza significherebbe introdurre un ulteriore nuovo “ente” ipotetico in un panorama già affollato di candidati. Il buon vecchio Ockham non ne sarebbe lieto….

1 – A massive compact quiescent galaxy at z = 2 with a complete Einstein ring in JWST imaging | Nature Astronomy

2 - Cold Dark Matter and Self-interacting Dark Matter Interpretations of the Strong Gravitational Lensing Object JWST-ER1 - IOPscience

4 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Non mi è chiaro: l'anello completo e pressoché circolare non è già lui l'immagine della galassia che sta dietro perfettamente allineata? E allora cosa c'entrano i due bulbi arrossati interpretati a loro volta come replicazioni della galassia lontana retrostante? Come funziona otticamente questo triplo modo di vedere la stessa galassia?

    I due bulbi si vedono poi meglio con gli ultimi due filtri di fig. 3, F277W e F444W. Su che lunghezza d'onda lavorano? Perché, se ho ben capito, ACS e WFC3 lavoravano con filtro intorno al micron (814 nm e 1600 nm) e MIPS addirittura a 24 micron. Vuol dire che questi filtri lasciano passare solo le radiazioni con queste lunghezze d'onda, vero?

  2. guido

    Sulla questione della lente gravitazionale tento una risposta ma lascio ad Enzo il compito di precisare meglio: l'anello non è l'immagine della galassia retrostante ma il risultato della deformazione imposta dalla curvatura dei raggi di luce provenienti da essa (curvatura dovuta alla gravità delle masse interposte tra osservatore e galassia). L'allineamento quasi perfetto di galassia-massa interposta-osservatore e la simmetria della distribuzione della massa interposta rispetto alla linea di visuale deforma allo stesso modo ogni raggio di luce emesso dalla galassia lontana, che pertanto devia rispetto alla linea di visuale del medesimo angolo. credo si possa azzardare un paragone: la luce emessa dalla galassia lontana viene percepita dall'osservatore come se fosse distribuita lungo una sezione ottenuta tagliando la superficie di un cono con un piano perpendicolare all'asse del cono, sezione che assume la forma di una circonferenza (l'anello).

    Le repliche (i bulbi rossi) sono determinate dal fatto che l'allineamento non è del tutto perfetto (condizione teorica per avere un perfetto anello circolare e nessuna replica) e parte dei raggi luminosi si "addensa" in alcuni punti dando luogo alle repliche. Anch'esse non sono l'esatta rappresentazione della galassa lontana ma immagini deformate. La vera forma della galassia lontana deve essere ricostruita matematicamente utilizzando la RG.

    Filtri: i filtri F277W e F444W dello strumento NIRCam di Webb sono filtri chiamati passa-banda, cioè lasciano passare le lunghezze d'onda comprese tra i due estremi di una banda di una certa ampiezza, a differenza dei filtri specifici che lasciano passare lunghezze d'onda ben determinate (in realtà lasciano passare una strettissima banda).

    Filtro F277W: lunghezze d'onda tra 2,4 e 3,1 micron

    Filtro F444W: lungh. comprese tra 3.9 e 5 micron

    I fitri di Hubble citati sono anch'essi passa-banda:

    F160W: lungh. d'onda tra 1.4 micron e 1.7 micron

    F814W: lungh. d'onda tra 0.7 e 1 micron

    Filtro Spitzer a 24 micron: lungh. d'onda da circa 20 micron a circa 30 micron

     

  3. cari amici,

    ho qualche giorno di controlli medici... Consiglio ad Albertone di rileggere questi articoli:

    http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/effetto-lente-gravitazionale/

     

  4. Sono riuscito a rileggere quanto detto da Alberto. La spiegazione più re3alistica conferma quanto detto da Guido. Dobbiamo tenere in conto , anche nel caso di un allineamento perfetto, che la luce della galassia incontra zone più o meno "polverose" prima di giungere a noi (non vi è certamente il vuoto) e quindi può benissimo variare la luminosità finale a seconda della lunghezza d'onda utilizzata. Potrebbe anche subire un aumento di luce dovuto a uno spostamento ulteriore, ossia potrebbe essere focalizzata anche la luce lanciata con un angolo leggermente diverso. Insomma, la perfezione non esiste... anzi, molto meglio così per leggere meglio le condizioni al contorno.

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