30/10/15

Scoperti nuovi inquilini nella Via Lattea **

VISTA ha la vista buona! Il telescopio ha un diametro di 4 metri e si trova in Cile, probabilmente il posto migliore al mondo per le osservazioni. Usando, oltretutto, gli occhiali infrarossi riesce a vedere cose che altri telescopi non riescono a fare. Spesso si va all’estero trascurando le bellezze del nostro Bel Paese. Analogamente, per scoprire oggetti del tutto inaspettati, basta guardare vicino a casa.

VISTA si è dedicato a una zona molto confusa e importantissima della nostra galassia: il  “bulge” centrale, il nucleo che contiene al centro il motore vero e proprio, il buco nero. Purtroppo, questa regione così fondamentale si nega alle osservazioni a causa della grande quantità di polvere che la permea. Per superare questo enorme ostacolo l’infrarosso è la via migliore.

E così, cercando cercando, ecco saltare all’occhio non un singolo oggetto, ma un’intera popolazione di stelle, estremamente particolari: le cefeidi. L’importanza delle cefeidi per la misura delle distanze la conosciamo tutti e ne abbiamo parlato spesso (ad esempio QUI). La vera sopresa, però, non sta solo nell’aver rilevato oggetti finora sconosciuti, ma nel fatto di aver scoperto oggetti relativamente giovani in una zona che si pensava popolata solo da vecchie stelle.

Le candidate per questa popolazione di variabili periodiche sono addirittura 655. Tuttavia, non tutte le cefeidi sono uguali (e sappiamo a quali problemi queste differenze abbiano portato all’inizio del loro utilizzo come candele cosmiche). Schematizzando, possiamo considerare due classi principali, che differiscono sia come massa che come età. Le cefeidi classiche sono quelle decisamente più giovani e la loro presenza in una regione abitata da “matusalemme” stellari, tra cui l’altro tipo di cefeidi, è stata una vera sopresa. Delle 655 cefeidi individuate, ben 35 sono cefeidi classiche e giovani.

Il telescopio VISTA all’osservatorio dell’ESO a Paranal ha scoperto una nuova com ponente della Via Lattea. Un disco di giovani stelle cefeidi nascoste finora dale nuovole di polvere che circondano il bulge galattico. L’illustrazione mostra la posizione delle 35 candele cosmiche (punti rossi), che formano un sottile disco la cui origine è ancora da scoprire. La stella gialla indica la posizione del Sole. Fonte:ESO/Microsoft Worldwide Telescope.
Il telescopio VISTA, all’osservatorio dell’ESO a Paranal, ha scoperto una nuova componente della Via Lattea. Un disco di giovani stelle cefeidi nascoste finora dale nuovole di polvere che circondano il bulge galattico. L’illustrazione mostra la posizione delle 35 candele cosmiche (punti rossi), che formano un sottile disco la cui origine è ancora da scoprire. La stella gialla indica la posizione del Sole. Fonte:ESO/Microsoft Worldwide Telescope.

Proprio perché sono cefeidi non è stato  difficile calcolare la loro distanza da noi e abbastanza facilmente anche la loro età. Esse sembrano non superare i 100 milioni di anni. La più giovane potrebbe non superare i 25 milioni, una vera neonata (già però sulla via della distruzione). Probabilmente ce ne saranno anche di più giovani. La conclusione è che al centro della via Lattea continu incessante la formzione di nuove stelle, anche se a ritmi non frenetici.

Le sorprese, però, non finiscono qui. Mappando le cefeidi scoperte, si è visto che esse formano un disco di giovani stelle all’interno del bulge centrale.

Ciò che è fondamentale capire, a questo punto, è l’origine del disco. Le cefeidi sono nate proprio lì dove risiedono oggi o hanno subito una migrazione verso l’interno? Sarebbe un bel colpo riuscire a rispondere, per capire l’evoluzione di una galassia e soprattutto della sua parte più segreta e importante.

Ulteriori informazioni sulla struttura del disco si possono trovare nell’articolo originale.

 

Cosa sono le Cefeidi e perché sono così importanti per la storia dell'astronomia? Ve lo raccontiamo QUI

2 commenti

  1. Daniela

    A proposito di Cefeidi…

    “Al centro della tesi [di laurea di Margherita Hack] c’erano le Cefeidi, ovvero una classe di stelle che presentano delle variazioni di luce estremamente regolari. Sono dei veri e propri orologi cosmici e la regolarità del loro spettro le rende dei termini di paragone affidabili per calcolare le distanze delle galassie. All’epoca [1944] solo cinque o sei di queste stelle erano state studiate a fondo da un astronomo tedesco e a me toccava di esaminarne una nuova. La seguivo giorno per giorno, registrando ogni variazione nel suo spettro: temperatura e densità dedotte dall’intensità delle righe spettrali. Oltre a raccogliere questi dati, avrei dovuto ricavare delle considerazioni di ordine più generale dalle mie osservazioni. Questo era il lato più esaltante della ricerca sul campo [svolta grazie a un piccolo telescopio, che oggi sarebbe snobbato da qualunque astrofilo dilettante, nell’osservatorio fiorentino di Arcetri, e favorita dall’oscuramento imposto dalla guerra]: non solo dedicarsi anima e corpo con regolarità e metodo all’osservazione di un fenomeno naturale, ma trovare poi un senso in quelli che apparentemente sembravano una sfilza di numeri senza senso. Riguardare quei tabulati, cercare quell’invisibile filo rosso che permetteva di unire cifre differenti e discordanti, trovare una spiegazione che fosse in grado di tener conto anche della più sorprendente anomalia è la parte più eccitante di questo mestiere. L’ universo ci si presenta con una ricchezza sfacciata e non ci offre un manuale di istruzioni. Tocca a noi osservarlo, individuarne i fenomeni ricorrenti, risalire alle loro cause, misurarne gli effetti e le loro manifestazioni, il tutto allo scopo di capire il funzionamento e la logica di quello che ci circonda.
    Unicamente così possiamo avere un quadro della situazione che non solo comprenda quanto più possibile la nostra realtà, ma che sia abbastanza elastico da poter afferrare anche l’apparente illogicità di un’anomalia, di un tassello fuori posto, di un dato ribelle che non vuol saperne di piegarsi alle nostre spiegazioni.
    Del resto è proprio nell’anomalia che risiede il senso più profondo della scienza: se il mondo e suoi fenomeni fossero riducibili solo ed esclusivamente a costanti ferree e a sviluppi circolari sempre identici, il nostro lavoro di ricercatori sarebbe finito da un pezzo. Per fortuna c’è sempre qualcosa che ci sfugge, perché è proprio quell’anomalia a spingerci a mettere in discussione quel che sappiamo, a rivedere i dati raccolti, ad affinare i nostri metodi di indagine e ad adattare la rigidità delle nostre conclusioni ai ritmi di un universo che tutto è meno che banale e prevedibile.
    E in fondo anche io nel mio piccolo mi sentivo un po’ anomala…”
    (tratto da “Nove vite come i gatti” di M. Hack)

    Grazie di tutto, Margherita, astrofisica per caso… perché la prima lezione alla facoltà di Lettere fu troppo noiosa e perché avesti il coraggio di rifiutare una “muffosa” tesi di laurea sull’elettrostatica!

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