21/05/16

I modelli sul clima dominano la Scienza del clima *

Il sommario riporta l’introduzione di un interessantissimo articolo presentato dall’ex Presidente della Società Americana di Climatologia, professore per 30 anni presso l’Università della Virginia. Egli stesso ha partecipato ai lavori dell’IPCC, sia come autore che come referee.

Ecco di seguito il testo dell’articolo, tradotto un po’  liberamente, ma perfettamente in linea con i concetti espressi. Le parti aggiunte da me sono riportate in corsivo. Per coloro che non si fidassero, ecco il link all’articolo originale.

La scienza moderna è dominata dai modelli costruiti per i computer. La faccenda può anche essere positiva, sempre che non si esageri perdendo di vista la realtà fisica che si vuole investigare. Purtroppo, un’attenta analisi mostra che la Scienza del clima è ormai in balia dei modelli o -peggio ancora- non viene nemmeno tenuta in conto.

Questa valutazione deriva da due tipi di statistica. Innanzitutto è stata analizzata l’intera bibliografia scientifica degli ultimi dieci anni, andando a cercare tutti gli articoli che usavano parole come modello, modellizzare o modellizzato. Ne sono stati trovati ben 900 000 su riviste con referee. Bene, ciò conferma che oggi si fa largo uso dei modelli. Cosa abbastanza prevedibile. Tuttavia, una volta “filtrati” questi articoli, attraverso l’argomento relativo ai cambiamenti climatici, si è ottenuto un numero impressionante, pari al 55% del numero totale di pubblicazioni scientifiche.  In altre parole, gli articoli sui cambiamenti climatici coprono il 55% dei lavori di tutta la Scienza, che si affida ai modelli per svolgere il proprio studio.  Se pensiamo quanto sia piccola la scienza dei cambiamenti climatici rispetto alla Scienza in generale, il numero trovato è veramente impressionante. Ad esempio, negli USA, la Scienza del clima copre solo il 4% e quella dei cambiamenti climatici è un suo sottoinsieme.

Traducendo il risultato, si ha che meno del 4% della Scienza totale si affida alla modellizzazione, coprendo il 55% degli articoli scientifici. Una concentrazione spaventosa che non ha uguali in altre discipline.

La cosa diventa ancora più critica quando si vanno a cercare tutti gli articoli  sui cambiamenti climatici. Bene, essi sono solo leggermente più numerosi di quelli che contengono una delle tre parole relative a “modello”. Questi ultimi sono il 97% del totale!

Cosa significa tutto questo?

La scienza del clima sembra essere ossessivamente concentrata sulla modelizzazione. Ricordiamo che i modelli sono estremamente utili per esplorare delle ipotesi e confrontarle con le osservazioni. Invece, nei lavori sui cambiamenti climatici, risulta chiaro che i modelli sono eseguiti senza nessun altro scopo che quello di apparire. Il modello diventa lo scopo di se stesso. Esso serve solo a prevedere il futuro, ma senza nessun confronto con i dati osservativi (un po’ come leggere dentro a una sfera di cristallo, credendo ciecamente alla sfera). Si fanno previsioni solo credendo nel modello, senza cercare nessuna conferma osservativa (il modello diventa un atto di fede, anche se continua a cambiare per adattarsi a ciò che si vuole ottenere…).

Il problema di fondo è che la comprensione dei processi climatici è ben lontana da poter sostenere qualsiasi tipo di modello. La ricerca dei cambiamenti climatici dovrebbe essere focalizzata sul miglioramento delle nostre conoscenze e non sulla modelizzazione basata sull’ignoranza dei fenomeni che dovrebbero entrare nei modelli.

Si fa presto a modificare il metodo scientifico
Si fa presto a modificare il metodo scientifico

Questo è particolarmente vero quando si vogliono trattare le variazioni naturali su tempi lunghi, che i modelli generalmente ignorano del tutto. In parole povere, sembra che il calesse della modellizzazione stia viaggiando molto più avanti del cavallo scientifico!

I modelli sul clima non sono la Scienza del clima. Inoltre, la ricerca odierna sembra rivolgersi soltanto al miglioramento dei modelli senza curarsi degli effetti non considerati, ma che sicuramente esistono. In altre parole, si assume per definizione che i modelli siano essenzialmente corretti e che la scienza sia ormai ben definita. Ciò non è assolutamente vero!

I modelli si basano essenzialmente sull’ipotesi intoccabile che i cambiamenti climatici siano dovuti solo e soltanto alle azioni umane. La variabilità naturale viene considerata valida solo su tempi scala molto brevi e quindi viene del tutto trascurata nelle previsioni a lungo periodo. Tutto ciò, pur sapendo che le evidenze sul ruolo fondamentale delle variazioni naturali a lungo periodo sono ormai assodate e confermate dai dati osservativi.  Anzi, esse sono proprio quelle che influiscono maggiormente sulle previsioni a lungo termine. Molti si dimenticano che sono solo 11 000 anni che siamo usciti dalla glaciazione del Pleistocene (come si fa, perciò, a non accettare una tendenza naturale verso un lento riscaldamento, più o meno duraturo, del tutto naturale?).

Miliardi di dollari sono stati spesi per perseguire questa visione unilaterale e decisamente incompleta. Nello stesso momento, la questione scientifica centrale, ossia il confronto serio e aperto tra un possibile contributo umano e i fenomeni naturali accertati, è rimasta nel dimenticatoio (anzi viene osteggiato con tutti i mezzi sia mediatici che politici e finanziari).

Come vedete, ho aggiunto poche frasi personali che non cambiano certo il significato del contributo. Non voglio nemmeno proseguire nelle accuse (come, d’altra parte, fa lo stesso professore), ma sono ben evidenti i risvolti che governano questo argomento che di scientifico ha ben poco.

Patrick J. Michaels è il Direttore del Centro per gli Studi Scientifici del Cato Institute. E’ stato Presidente della Società Americana dei Climatologi e Presidente del Comitato sulla Climatologia Applicata della Società Meteorologica Americana. E’ stato professore di scienze ambientali per 30 anni presso l’Università della Virginia. Egli stesso ha contribuito ad articoli dell’IPCC, oltre che essere stato referee di molti altri lavori eseguiti dai membri dell’istituzione.

Insomma, non un tuttologo mediatico, ma un celebre climatologo che è anche stato vicinissimo all’IPCC, sia come autore che come referee.

4 commenti

  1. adriano

    Senza parole 8-O    Il grande Galileo padre del metodo scientifico si rivolterebbe nella tomba

  2. luigi bignami

    IMPORTATE SCOPERTA SUL CLIMA: LA TERRA E' MENO SENSIBILE ALL'ANIDRIDE CARBONICA DI QUEL CHE SI PENSAVA
    Sono due gli studi appena pubblicati su Nature e Science (qui e qui) che dimostrano come l'atmosfera terrestre sia molto meno sensibile all'anidride carbonica di quel che si pensava. I due esperimenti (uno in laboratorio, importantissimo CLOUD), uno in Svizzera all'aria aperta, dimostrano quanto sopra e dunque la Terra NON si riscalderà come hanno sempre detto negli ultimi anni. 

  3. luigi bignami

    Scusate l'intromissione, ma se qualcuno non avesse voglia di leggersi i due articoli e volesse un sunto che spiega quanto affermo nel post precedente vada qui:

    http://www.sciencemag.org/news/2016/05/earth-s-climate-may-not-warm-quickly-expected-suggest-new-cloud-studies

    E' sempre parola di Science e non di Luigi Bignami

    Un caro saluto

    Luigi

  4. grazie Luigi...

    è bella la nostra "piccola" collaborazione improntata sull'onestà e sulla voglia di conoscere senza accettare a occhi chiusi! :wink:

    Poi, ovviamente, è giusto che ognuno abbia le proprie idee... :-P

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