13/09/17

I MIEI AMICI ASTEROIDI (3): Chi sono i nostri vicini di casa

 

Si parla tanto di oggetti a rischio di impatto con la Terra, ma forse pochi sanno che sono divisi in quattro (o cinque) categorie sulla base dell’orbita odierna. Vale la pena ricordarle anche perché due di esse sono, in fondo, un po’ colpa mia…

Vi sono molti nomi per chiamarli: Near Earth Asteroids (NEA: asteroidi vicini alla Terra), Potentially Hazardous Objects (PHA: asteroidi potenzialmente pericolosi), Apollo-Amor-Aten, e via dicendo. La classificazione più seguita e professionalmente più usata li divideva in tre categorie, che poi sono diventate quattro (all’inizio per via solo teorica) e poi cinque.
Oggi, con lo sviluppo della dinamica planetaria, aiutata dai calcolatori elettronici, si è stabilito che qualsiasi classificazione è soltanto provvisoria, in quanto ogni oggetto di una certa classe può cambiare orbita e trasferirsi in un’altra. Ciò è dovuto al fatto che tutti gli oggetti a rischio d’impatto si muovono su orbe “caotiche”, ossia non stabili e in continua evoluzione. Le cause di questa instabilità sono di vario tipo e dipendono essenzialmente dalle perturbazioni planetarie, soprattutto di Giove. Ma anche un passaggio ravvicinato con un pianeta terrestre causa uno “scossone” che può cambiare drasticamente l’orbita dell’oggetto. In realtà la traiettoria cambia in modo molto violento quando le perturbazioni portano l’asteroide all’interno delle risonanze di moto medio con Giove e quindi in un luogo tragicamente caotico che li sposta con estrema facilità e in tempi brevi (pochi milioni di anni).

Ma torniamo alle nostre classi “pericolose”. Storicamente, le più antiche sono quelle dette Apollo, Amor e, più recentemente, Aten, quando la cara e simpatica amica Eleanor Helin scoprì, nel 1976, proprio l’asteroide 2062 a cui fu dato tale nome.

Vediamo prima questi tre gruppi:

1)      Amor: oggetti su orbite che non possono attraversare quella della Terra. In altre parole, essi sono sempre esterni a noi. Possono sfiorare la nostra orbita, ma mai incrociarla. Ciò non vuol dire che non siano pericolosi, in quanto “sfiorare” può anche voler dire “toccare”.

2)      Apollo: oggetti su orbite che attraversano quella terrestre. In altre parole, possono trovarsi esternamente a noi, ma anche internamente, rispetto al Sole. Se, quando incrociano l’orbita terrestre, il nostro pianeta si trovasse proprio nello stesso punto… beh, l’impatto sarebbe inevitabile.

3)      Aten: oggetti simili agli Apollo, ma che hanno un periodo orbitale minore di un anno terrestre. In realtà, possono anch’essi stare un po’ dentro e un po’ fuori della nostra orbita, ma girano intorno al Sole in meno di un anno.

Fin qui le osservazioni.  Nel 1999, però, insieme ad alcuni colleghi dell’Osservatorio di Torino, mi sono chiesto: “Per quale motivo non potrebbe esserci qualche oggetto completamente interno all’orbita terrestre?” Siamo quindi partiti con le integrazioni numeriche di un certo numero di oggetti fittizi e li abbiamo fatti evolvere per parecchi milioni di anni. Avevamo ragione: molti di essi si erano trasformati in oggetti residenti costantemente tra noi e il Sole. Anzi, un certo numero di loro girava  all’interno dell’orbita di Venere e anche di Mercurio. Dovevamo assegnargli un nome e optammo per Inner Earth Objects (IEO; Michel P., Zappalà V., Cellino A., and Tanga P. (2000). “Estimated abundances of Atens and asteroids on orbits between Earth and Sun”. Icarus 143 (2): 421–424, vedi qui ). Quindi:

4)      IEO: oggetti con orbite completamente interne a quella terrestre. Anche per loro il rischio non è trascurabile, dato che potrebbero essere tangenti internamente… Per qualche anno rimasero solo “teorici”, ma, infine, nel 2003 si confermò il primo IEO, a cui fu dato nome di Atira (per continuare con la A come le tre classi precedenti). Poco dopo si scoprì che già nel 1999 si era scoperto un oggetto che, con le nuove osservazioni, apparteneva, in realtà, alla “nostra” classe. A lui si diede il nome di Apohele (sempre per avere la A…). Chiamiamoli come vogliamo, ma sempre IEO sono.

5)      Mars Crosser: questa classe non è realmente pericolosa (al momento), in quanto i suoi membri non possono avere, per adesso, avvicinamenti con il nostro pianeta. La loro caratteristica è di attraversare l’orbita di Marte e quindi di essere potenzialmente trasferibili in tempi medio-lunghi in una delle classi precedenti. Anche per questi c’è il mio zampino…

La figura che segue mostra le prime quattro classi, quelle che realmente contengono i tanto temuti NEA.

3-Amor-Aten-Apollo
Le quattro classi “temporanee” che caratterizzano gli oggetti a rischio d’impatto con la Terra. In questa figura è ancora mantenuto il “nostro” nome.

Qualcuno si sarà chiesto: “Perché gli Apollo e gli Amor si conoscono da molto tempo e invece gli Aten e gli IEO da pochi anni? Forse perché ce ne sono di meno?” Assolutamente no. Il motivo è puramente osservativo. Mentre gli Amor hanno sempre un’opposizione e quasi sempre gli Apollo (ossia sono visibili in piena notte potendosi trovare a 180 gradi dal Sole), lo stesso non capita per gli Aten, che solo di tanto in tanto mostrano (se si è fortunati) un’opposizione. Il più delle volte si osservano solo nelle prime ore del mattino o nelle ultime ore della sera, essendo, quasi sempre, angolarmente vicini alla nostra stella. Ancor peggio per gli IEO, sempre in posizioni prossime a quelle solari. Gli “osservatori” di questo sito capiranno facilmente cosa intendo dire…

Comunque sia, ricordiamoci che, a qualsiasi classe appartengano i NEA, essi possono rappresentare un grosso problema per l’ecosistema terrestre (uomo compreso), come lo sono stati nella lunga storia del nostro pianeta. Se non mi credete, chiedete ai dinosauri!

D’altra parte, però, essi sono anche gli oggetti celesti più facilmente raggiungibili da Terra (più della Luna e se ne conoscono a centinaia) ed essendo pezzi di roccia primitiva e non evoluta termicamente contengono, anche in superficie, elementi pesanti molto interessanti per la moderna tecnologia. Non solo. Se si costruissero astronavi direttamente su di loro, si avrebbe il materiale già in loco e una velocità di fuga veramente irrisoria. Forse basterebbe una bella “fionda” per mandare le “navi” in giro per lo Spazio.

La prossima volta vi racconto la storia di Geographos e di come la fantascienza può diventare in fretta realtà.

 

QUI tutti gli articoli finora pubblicati della serie "I miei amici asteroidi"

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