20/05/21

Maxwell in versione integrale. 4: Il campo magnetico indotto e la quarta equazione **

Questo articolo è inserito nella sezione d'archivio dedicata all'Elettromagnetismo

 

Botta e risposta

Mettiamoci, adesso, in condizioni apparentemente opposte. Immaginiamo che un filo percorso da corrente sia perpendicolare al piano del disegno e, ad esempio, la corrente scorra in modo da entrare nel foglio. Bene, sperimentalmente si vede che attorno al filo si crea un campo magnetico B, che è direttamente proporzionale all'intensità della corrente e inversamente proporzionale alla distanza dal filo, ossia:

B = k I/r

k è una costante e si pone

k = μ0/2π

da cui:

B =  μ0I/2πr

μ è la permeabilità magnetica di un materiale ed esprime l'attitudine del materiale a magnetizzarsi (qualcosa di "simile" alla ε0 per quanto riguardava il campo elettrico, dove lo "0" indica il valore assunto nel vuoto)

Da un punto di vista molto "superficiale" potremmo già concludere che così come un campo magnetico induce un campo elettrico, analogamente un campo elettrico indice un campo magnetico. In realtà, però, per il momento stiamo trattando con una corrente, ossia con un transito di cariche elettriche... e non è proprio la stessa cosa.

Consideriamo un trattino del cerchio che indica la circolazione del campo magnetico a una distanza r dal filo percorso da corrente. Chiamiamo dl questo trattino di "cerchio" e possiamo scrivere che il campo magnetico su tutto il cerchio vale

B x dl                                   (una circolazione, ossia la somma di tutti pezzetti dl)

ma B è costante lungo tutto il cerchio per cui si ha:

B x dl = B∫dl = B 2πr   (l'integrale di dl su tutto il cerchio è proprio il valore della circonferenza).

Ma, abbiamo appena scritto quanto vale il campo B in funzione della corrente I, per cui basta sostituire:

B x dl = B 2πr = μ0I 2πr/2πr

B x dl = μ0I

Questa è la legge di Ampere, che sembra esattamente l'equivalente della legge di Faraday. Tuttavia, c'è una differenza sostanziale. Per il momento non abbiamo fatto variare nessun campo in funzione del tempo. Vi è solo un passaggio di corrente che genera un campo magnetico, ma dov'è finito il campo elettrico?  Bisogna elaborare un poco la legge di Ampere per uniformare le due leggi e qui entra in ballo Maxwell...

In altre parole, la nostra figura cattura un'istantanea della situazione e descrive cosa capita su una superficie A delimitata dalla linea relativa al campo magnetico indotto. Finora ci siamo interessati solo alla corrente che entra ed esce dall'area racchiusa dal cerchio. Tuttavia, la superficie delimitata dalla linea  è stata presa "piana" . Maxwell ci ha pensato un po' su e poi si è detto: "Cosa succederebbe se, pur mantenendo la linea di circuitazione, cambiassi la superficie dove misurare il passaggio della corrente?".

Consideriamo la Fig. 15 a, dove si è rappresentato il filo che trasporta corrente e la circonferenza (su cui si erano considerati i vari dl da integrare su tutto il cerchio) relativa al campo magnetico indotto dalla corrente.  La corrente entra ed esce dalla superficie piana in A (ma qualsiasi superficie DEVE dare lo stesso risultato).

Adesso, però, invece della superficie piana compresa nella circonferenza, ossia, invece del cerchio, consideriamo una superficie a forma di paraboloide (ma qualsiasi forma va bene) che venga tagliata la filo, che porta corrente, in C (Fig. 15 b). Cambia qualcosa? Assolutamente no. La corrente continua a entrare e uscire e la circolazione del campo magnetico continua ad essere indotta lungo il cerchio che delimita la superficie.

Figura 15

Tutto rimane inalterato seguendo la legge di Ampere. Se però tagliassimo il filo della corrente prima della sua uscita da C, otterremmo un campo magnetico nullo: essa entra ma non esce.   Con un po' di malignità, introduciamo nuovamente il nostro condensatore, facendo passare la superficie proprio nello spazio tra le due piastre, come mostra la Fig. 16.

Figura 16

Accidenti, la faccenda si complica. La corrente  non esce dalla superficie, dato che tra le due piastre non passa corrente. Ne segue che se la corrente che esce è nulla deve essere ZERO anche il campo magnetico che circola sulla linea che la delimita. Siamo arrivati a una contraddizione, dato che il cambio della superficie porta a due risultati diversi  ed è necessario introdurre un termine aggiuntivo per far tornare i conti.

Bene, cos'è la corrente I? E' la quantità di carica che viene trasportata nel tempo, per cui , all'interno della piastra, possiamo scrivere

μ0I = μ0 dQ/dt

Adesso moltiplichiamo sopra e sotto per una stessa quantità e come quantità prendiamo proprio A

μ0I = μ0ε0 A dQ/(dt ε0 A)

μ0I = μ0ε0 A d(Q/(ε0 A))/dt

Ma ricordiamoci la prima legge, quella di Gauss

E  A = Q/ε0

Ossia:

E = Q/(ε0A)

Sostituendo si ha:

μ0I = μ0ε0 A dE/dt

μ0I = μ0ε0 d(E A)/dt

μ0I = μ0ε0 E/dt

In poche e "geniali" parole, anche tra le due piastre passa corrente, anche se essa è, in realtà, legata al campo elettrico, anzi, proprio alla sua variazione nel tempo. Per eliminare la contraddizione, basta considerare ANCHE questa corrente aggiuntiva

B x dl = μ0I + μ0ε0E/dt = μ0I + μ0ε0 d(∫E x dA)/dt

Questo è il vero integrale di campo magnetico su tutto il cerchio. Abbiamo, in parole povere, aggiunto una corrente, intesa come flusso di campo elettrico variabile nel tempo, anche all'interno del condensatore. Questa "corrente" è detta corrente di spostamento ed è una grandezza fisica che serve a rappresentare la variazione temporale del campo elettrico atta a descrivere la formazione di un campo magnetico anche senza un vero passaggio di corrente.

Ripetiamo per sintetizzare:

L'inserimento teorico del condensatore vuole solo dimostrare che, oltre al campo magnetico dovuto al passaggio di corrente vera e propria, esiste comunque un campo magnetico che nasce dalla corrente di spostamento generata dalla variazione di un campo elettrico in funzione del tempo. Questa corrente di spostamento variabile dipende dalla carica crescente che si accumula sulle piastre (di pari intensità, ma di segno opposto, come abbiamo visto precedentemente). Adesso sì che vi è una perfetta simmetria tra chi induce e chi viene indotto!

Nella formula finale estremamente importante è il termine μ0ε0 che Maxwell scopre essere uguale a 1/c2, dove c è proprio la velocità della luce. Quella costante risulta universale e Maxwell ne deduce che la luce non è altro che una radiazione del campo elettromagnetico.

Bene... ora possiamo sfruttare due teoremi per descrivere le equazioni di Maxwell in forma differenziale molto più compatta (anche se apparentemente "aliena"). Poi ci occuperemo delle onde...

Continua...

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