14/06/21

JAMES CLERK MAXWELL

Questo articolo, inserito in "Quattro passi nella storia della Scienza" e in "Elettromagnetismo",  farà parte di una nuova sezione d'archivio dedicata agli studiosi che hanno fornito contributi fondamentali, diretti o indiretti, all'architettura del pensiero relativistico.

 

Che Maxwell sia il padre dell'Elettromagnetismo, ovvero colui che ha compreso la vera natura della luce e ha conferito formalizzazione matematica all'unitarietà dei fenomeni elettrici e magnetici (offrendo ad Einstein solide fondamenta per la sua Relatività e ai posteri le basi per lo sviluppo delle telecomunicazioni), lo sappiamo più o meno tutti...

Che Faraday abbia ispirato la sua opera, con le intuizioni fisiche sulle invisibili linee di forza (quelle grazie a cui la polvere di ferro disegnava cerchi concentrici intorno ad un magnete attraversato da elettricità), non lo sanno tutti, ma lo abbiamo raccontato QUI...

Che quelle che chiamiamo equazioni di Maxwell, in realtà non le ha scritte lui, ma derivano da una geniale semplificazione delle sue, lo sanno in pochi, ma presto rimedieremo...

Quello che, però, quasi nessuno sa è che i meriti di Maxwell non solo non hanno riscosso i dovuti riconoscimenti quando era in vita, ma che per almeno cinquant'anni dalla sua morte è stato dimenticato dalla Comunità scientifica e che, nonostante l'opera svolta dalla Maxwell Society a partire dal 1935, non è mai stato nominato cavaliere, né il suo nome è stato inserito tra quelli degli illustri membri della Royal Society nel discorso pronunciato dalla regina Elisabetta nel 1960, in occasione del trecentenario della prestigiosa accademia (probabilmente solo una dimenticanza, ma piuttosto grave).

Ma come è possibile che colui che, a detta di Richard Feynman, ha dato vita, con le sue equazioni sull'Elettromagnetismo, all'evento più significativo del XIX secolo (tale da fare diventare insignificante, fra diecimila anni, la coeva guerra civile americana), abbia subito un così ingiusto oltraggio alla memoria per così tanto tempo? Non possiamo saperlo con certezza, ma dare uno sguardo alla sua vita può consentirci di formulare delle ipotesi (che tali, tuttavia, resteranno).

James Clerk Maxwell nasce ad Edimburgo il 13/6/1831 in una famiglia molto benestante e cresce allegro, vivace, curioso. Così viene descritto in una lettere scritta nel 1834: "È un bambino molto felice […] si diverte con porte, serrature, chiavi ecc… e non chiede mai "Fammi vedere come funziona". Cerca di scoprire anche il corso nascosto di ruscelli e fili di campanelli, il modo in cui l'acqua arriva da uno stagno attraverso un muro o un piccolo ponte, e defluisce giù per uno scarico".

A tredici anni, invece, lo ritroviamo serio, taciturno, oggetto di scherno da parte dei compagni di scuola (la Edimburgh Academy) che provavano antipatia per lui, nonostante ne riconoscessero le notevoli capacità. E' in questo periodo che sviluppa una balbuzie che certamente contribuì a rendere più difficoltose le interazioni sociali. Trovò conforto nello studio, nella Fede (per tutta la vita frequentò regolarmente la chiesa e dedicò parte del tempo quotidiano alla lettura della Bibbia) e un po' di svago nella pratica di sport rigorosamente individuali. Anni dopo, a proposito dei compagni dell'Accademia, scrisse "Non mi hanno mai capito, ma io capivo loro".

Non possiamo averne la certezza, ma è probabile che un simile cambiamento rispetto agli anni della prima infanzia, sia stato innescato dalla prematura perdita della madre, avvenuta quando aveva otto anni, e al conseguente affidamento ad una zia e ad un crudele precettore. Quando, due anni dopo, il padre licenziò il precettore ed inserì James all'Accademia, il bambino allegro e vivace ormai non esisteva più e, nonostante un'intelligenza fuori dal comune che gli consentì, fin da giovanissimo, di spaziare su molti campi di studio (moto di Urano, anelli di Saturno, forme geometriche, proprietà dei gas, caduta libera dei gatti, fotoelasticità, forze della natura, facoltà cognitive umane... tanto per fare alcuni esempi), aveva una capacità comunicativa pari a quella di un girino neozelandese (senza offesa per il bellissimo girino neozelandese, s'intende!). E va da sé che tale carenza possa essere stata all'origine del suo isolamento dal mondo scientifico, durato per tutta la sua vita e anche oltre.

Come ebbe modo di scrivere in seguito l'ex compagno di studi Campbell: "James Clerk Maxwell creava qualche imbarazzo agli amici più convenzionali per l'originalità e semplicità dei suoi modi. Le sue repliche in una normale conversazione erano indirette ed enigmatiche, spesso pronunciate con esitazione e voce monotona [...] A tavola sembrava spesso estraniarsi da quanto gli accadeva intorno, tutto intento ad osservare la luce rifratta dai bicchieri o a provare con gli occhi qualche esperimento (sbirciando dietro un angolo, realizzando stereoscopi invisibili, ecc...). Non beveva mai vino e si rivolgeva a tutti, nobili e non, con lo stesso identico tono".

Il che è tutt'altro che un vantaggio se si aspira all'insegnamento e alla carriera accademica... infatti, nonostante il curriculum scientifico di tutto rispetto, gli capitò più volte nel corso dell'intera vita, di vedersi negare cattedre e ruoli prestigiosi. E quando gli è capitato di insegnare, lo ha fatto a piccoli gruppi di studenti molto dotati, dal momento che per quelli "normali" le sue lezioni erano incomprensibili. Ma non è detto che ciò sia stato un male per il progresso scientifico, dal momento che i lunghi periodi trascorsi in solitaria meditazione si sono rivelati i più proficui per la stesura del suo più importante contributo: l'Elettromagnetismo.

Come, probabilmente, non è stato un male (sempre il progresso scientifico) che, nonostante le sue spiccate doti letterarie, Maxwell non abbia raggiunto il successo come scrittore, contrariamente al geniale matematico oxfordiano Charles Ludwidge Dodgson (vero nome di Lewis Carroll, padre di Alice nel paese delle meraviglie).

E' innegabile, infatti, che se avesse voluto, Maxwell avrebbe potuto tentare anche la carriera letteraria: tanto era scarsa la sua comunicazione verbale, quanto era efficace e raffinata quella scritta! Vediamone alcuni esempi.

Cominciamo con una sua risposta ad un articolo sulle bolle di sapone:

Al Museo del Louvre è conservato un vaso etrusco su cui sono dipinti dei bambini che giocano con le bolle di sapone. Probabilmente, per i bambini dell'antichità le bolle erano divertenti quanto lo sono per i bambini di oggi. L'ammirazione per quelle forme belle e delicate, che crescono e si sviluppano, la consapevolezza che è il nostro soffio a trasformare della schiuma sporca in sfere di splendore, il timore che un nostro tocco irriverente faccia sparire la meravigliosa visione gettandoci uno spruzzo di sapone negli occhi, lo sguardo ansioso mentre osserviamo la bolla che sale dalla pipa verso il cielo, a raggiungere tutte le altre cose meravigliose che prima di essa vi si sono dissolte, ebbene, tutto ciò ci assicura che, qualsiasi sia la nostra età , apparteniamo alla stessa stirpe di quei bambini etruschi.

Prima di continuare con gli scritti di Maxwell, non possiamo non confrontare il suo testo sulle bolle di sapone a quello scritto, un secolo e mezzo dopo, dal nostro Enzone Zappalà nel suo libro Il Gioco delle stelle, a dimostrazione che entrambi appartengono alla stessa stirpe di coloro che sono capaci di vedere il mondo con gli stessi occhi di quei bambini etruschi: "Provate a chiedere a un bambino: “Perché fai le bolle di sapone?”. La risposta sarà ovvia e logicissima: “Per giocare, per divertirmi, per vedere cosa succede”. Oggi, purtroppo, basta soffiare dentro a un cerchietto di plastica, ma una volta, quando ero bambino io, bisognava prima preparare l’acqua saponata, mischiando acqua e scaglie di sapone, stando molto attenti che non fosse né troppo densa né troppo liquida. Era già una fase di divertimento: quella della “preparazione”. Poi, se si era stati accorti e precisi, si poteva passare al momento più delicato, alla fase “della creazione”. Le bolle nascevano quasi miracolosamente, potevano diventare enormi e assumere colori fantastici. A volte si sdoppiavano o creavano addirittura grappoli. Se tutto era stato fatto bene, si dava un colpetto alla cannuccia e, voilà, la bolla era libera di vivere da sola e noi felici di contemplarla. Era la terza fase, quella “della vita” e del piacere assoluto. Questo momento di estasi poteva durare più o meno a lungo, ma si sapeva perfettamente che non sarebbe stato infinito. A volte si soffiava per fare muovere la bolla, a volte la si riprendeva con la cannuccia e si soffiava ancora, a volte ci si accontentava di vederla salire trasportata da una leggera brezza. Poi, inevitabilmente, i colori cominciavano a cambiare, si capiva che la pellicola si stava assottigliando e si aspettava il gran finale: lo scoppio. Solitamente si agiva in modo che lo schizzo dell’acqua saponata finisse in faccia a mamma o papà o alla sorellina o al fratellino, che scoppiavano in una risata. Anche la fase “della fine” era allegra, faceva parte del gioco. Talvolta, per non sprecare troppo sapone si faceva in modo che la bolla si rompesse nel bicchiere contenente il prezioso liquido. La fine poteva diventare un nuovo principio".

Continuiamo con alcuni versi tratti da sue poesie:

Vuoi venire con me / nella fresca primavera / per recarmi conforto / nella vastità del mondo?

John Alexander Frere, John / quando per la prima volta ci conoscemmo / insegnavate a noi matricole / nel secondo semestre / Ma ora la calvizie vi assale / la vostra fine si avvicina / e faremo meglio a dirci "Addio, John Alexander Frere"

Proseguiamo con alcune sue riflessioni:

La transizione da uomo a docente universitario deve infine avvenire e deve essere dolorosa, come lo sradicamento graduale dei nervi. Quando l'operazione è conclusa la sofferenza cessa, ma si presenta occasionalmente il ricordo di [...] ciò che resta dei vecchi nervi, a dimostrazione di ciò che era e di ciò che sarebbe potuto essere.

Nessuno qui [ad Aberdeen, nella natia Scozia] sembra trovarmi pazzo o stravagante, Ciò accadeva a Cambridge, ma qui sono al sicuro. La mia regola prevede di evitare la compagnia di coloro per i quali non nutro rispetto, a meno che non ne abbia il controllo. In questo luogo è tornata l'allegria.

Vi sono poteri e pensieri dentro di noi, che ci sono sconosciuti finché non emergono attraverso il flusso d'azione consapevole dal luogo in cui  l'Io in segreto giace. ma quando la volontà e i sensi tacciono, dai pensieri che vanno e vengono, possiamo intravedere le rocce e i vortici celati dalle profondità nascoste.

Quando osserviamo gli Anelli [di Saturno] da un punto di vista scientifico, essi ci appaiono come i corpi celesti più interessanti dell'universo [...] Quando vediamo il grande arco passare al di sopra dell'equatore del pianeta senza esservi apparentemente collegato in alcun modo, la mente non accetta di quietarsi [...] Dobbiamo riuscire a spiegare tale moto sulla base dei principi della meccanica, o ammettere che, nel caso di Saturno, il moto obbedisca a leggi per noi ignote e inspiegabili [Maxwell comprese che gli anelli dovevano essere costituiti da minuscoli frammenti di materia e non da un unico corpo rigido, perché solo in questo modo eventuali squilibri gravitazionali si sarebbero potuti bilanciare invece di farli precipitare sul pianeta]

E terminiamo con il brano di una canzone... la "Atlantic Telegraph Company Song", composta in occasione della prima posa di un cavo telegrafico sui fondali dell'Oceano Atlantico (rottosi dopo pochi mesi), che vi consigliamo di ascoltare con questo sottofondo

Dal fondo del mare / non mi giunge alcun segnale / Nel fondo del mare / qualcosa è andato storto / ed è rotto, rotto, rotto; / per quale ragione di sapere non è dato / ma qualcosa il cavo del telegrafo ha spezzato / con un colpo, colpo, colpo / o forse qualcuno ha tirato un po' troppo

(il testo completo della canzone in lingua originale e il sottofondo musicale sono disponibili nel sito, senza scopo di lucro come questo Circolo, History of the Atlantic Cable & Undersea Communications from the first submarine cable of 1850 to the worldwide fiber optic network)

Ciò che Maxwell non poteva sapere è che, mentre scriveva questa canzone, in uno dei quartieri più miserabili di Londra stava crescendo un bambino, con problemi di socializzazione più pesanti dei suoi (aggravati da una sordità acquisita a seguito della scarlattina, risolta solo in parte con la crescita), che avrebbe presto contribuito in modo determinante alla progettazione di cavi telegrafici resistenti ed efficienti e avrebbe semplificato, riducendole da venti a quattro, le "terribili" equazioni che egli aveva elaborato per formalizzare l'Elettromagnetismo.

Quel bambino si chiamava Oliver Heaviside ed è una colonna portante nello sviluppo delle telecomunicazioni a distanza. Ma, forse anche per colpa del suo pessimo carattere, neanche oggi il suo nome gode della notorietà (nonché riconoscenza) che meriterebbe.

Per quanto piccolo, abbiamo voluto dare il nostro contributo affinché Heaviside emerga dall'oblio (QUI).

 

La principale fonte delle informazioni contenute in questo articolo è il libro "Breve storia della luce  - Arte e Scienza dal Rinascimento a oggi" di Richard J. Weiss

2 commenti

  1. alberto salvagno

    Grazie di averci fatto conoscere il lato umano del grande James Clerk. Ho un amico, Alan, nato e cresciuto a Edimburgo, il cui carattere corrisponde esattamente alla tua descrizione di Maxwell. Che li producano in fotocopia? Lievemente balbuziente, affinché parli devi fargli tu domande alle quali risponderà spesso con monosillabi, iniziando comunque con un "Well" molto prolungato. Così ora mi immagino che anche Maxwell fosse di capelli e pelle rossiccia piuttosto lentigginosa. Dovrò indagare.

    Un piccolissimo appunto. Hai scritto: Charles Ludwidge Dodgson (pseudonimo di Lewis Carroll). E' il contrario :-)

  2. Daniela

    Ti confesso, Alberto, che questo articolo è stato una sorpresa anche per me, visto che fino a pochi giorni fa non immaginavo neanche che lo avrei scritto. Poi, durante una passeggiata in centro, mi è caduto l'occhio su un libro con un titolo accattivante e pure scontato del 50%... potevo non comprarlo? L'interesse suscitato dalle inaspettate informazioni sulla vita di Maxwell e il possibile aggancio all'articolo su Heaviside (che è pronto da tempo, tranne il finale), hanno fatto il resto.

    P.S. Grazie per la segnalazione dell'errore, ho già corretto!

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