07/04/14

L’acqua del Big Bang ***

Pochi mesi fa avevamo già parlato di uno studio che cercava di costruire, attraverso collisioni relativistiche e simulazioni al computer, una specie di diagramma di fase della “zuppa primordiale”. Qualcosa di simile a ciò che descrive l’acqua nei suoi tre stati: vapore, liquido e solido. Un lavoro che mira a ricostruire le prime fasi dell’Universo, basandosi su dati concreti, è sempre interessante e merita di essere seguito passo per passo. Ne approfitto per fare un quadro generale dello stato dei lavori..

Il paragone con l’acqua non è assolutamente sbagliato. Essa, diminuendo la temperatura, passa dallo stato liquido e/o gassoso a quello solido. Con l’aiuto delle pressione si ha un quadro ancora più completo che permette di evidenziare molto bene i limiti delle tre fasi e il celebre punto critico. Perché, allora, non cercare di fare lo stesso con la materia primigenia? Ovviamente, è praticamente impossibile costruire in laboratorio la “zuppa” presente nel Cosmo all’atto del Big Bang e poi farla raffreddare e/o diminuirne la pressione. Sarebbe troppo bello e comodo. Tuttavia, si può fare l’inverso. In fondo anche per l’acqua si può partire dal ghiaccio e, riscaldandolo, ottenere il liquido o il gas. Il “liquido” (e/o gas) dell’Universo primordiale è quell’insieme di gluoni e quark liberi che viene chiamata in gergo “zuppa”. Il “solido” è rappresentato dagli “adroni”, ossia le particelle più complesse come i neutroni e i protoni, composti proprio da quark e gluoni, raggruppati e vincolati entro confini rigorosi.  Proprio ciò che capita alle molecole dell’acqua libere di muoversi che si legano tra loro e cristallizzano nel ghiaccio. Gli adroni formano la materia con la quale conviviamo normalmente.

Tuttavia, anche eseguire la trasformazione inversa a ciò che è capitato nell’Universo primitivo non è facile. Bisognerebbe andare negli unici due luoghi dove questo processo potrebbe osservarsi direttamente … luoghi, però, “ancora” vietati all’uomo, dato che parliamo delle stelle di neutroni e dei buchi neri. Attenzione… non basta osservarli dal di fuori, ma proprio penetrare al loro interno dove avviene la transizione di fase.

Dobbiamo accontentarci dei laboratori e degli acceleratori di particelle, dove esse vengono fatte scontrare a tale velocità che le temperature raggiungono quelle che si avevano quando la zuppa era ancora primordiale. Bisognerebbe, però, mantenerle e questo è impossibile. Ne segue che si deve  “cogliere l’attimo”, ossia osservare le particelle libere solo per frazioni di secondo e cercare di capire cosa avviene. Spesso, inoltre, non si vedono nemmeno le particelle, ma si intuiscono soltanto attraverso i loro effetti. Insomma, un’impresa non proprio semplice.

Vi sono, però, alcune semplificazioni (chiamiamole così…). La più importante è che durante questa trasformazione, sia in un verso che nell’altro, l’unica forza che agisce è la forza nucleare forte. Si chiama forte proprio perché è l’unica a saper combattere contro temperature e pressioni spaventose. L’importante è cercare di studiare i momenti “critici” di questa forza, ossia dove riesce a vincere o a perdere. Questi punti critici sono i passaggi di stato, come quelli dell’acqua.

Il laboratorio che viene usato per questa “impresa” è il RHIC (Relativistic Heavy Ion Collider) del Brookhaven National Laboratory. Non perché sia il migliore, ma solo perché è il più adatto a studiare certe fasi critiche. Gli atomi vengono fatti scontrare sotto una grande varietà di condizioni e si riesce a riprodurre la “zuppa” primordiale anche migliaia di volte al secondo. Un film rapidissimo, ma ricchissimo di informazioni. Se non si può rallentare il tempo per studiare con calma una certa reazione, è molto meglio ripeterla migliaia di volte: qualcosa, alla fine, si riuscirà a capire e ricostruire! In pratica, si riesce a ricondurre la materia a livello di "zuppa" e poi di lascia raffreddare e/o si diminuisce la pressione guardando come si forma il ghiaccio (gli adroni). Tutto ciò a velocità spaventose. Tanto per non dimenticare, ricordiamo che le temperature che si raggiungono sono dell’ordine dei trilioni di gradi…

diagramma di fase
La figura che già avevamo utilizzata nell’articolo precedente. Si nota bene dove sta lavorando il RHIC, con risultati particolarmente importanti nella zona di transizione da quark ad adroni, a basse temperature e bassa densità. Prima o poi, forse, si “beccherà”, anche il punto critico… Fonte: Brookhaven National Laboratory.

Il bello del RHIC è che può variare le temperature e le pressioni, che si ottengono all’atto della collisione e della immediata e rapidissima formazione della zuppa, in modo controllabile e in un intervallo molto vasto. Proprio quello che ci vuole per capire, attraverso analisi ai limiti del percepibile, quando e come si raggiungono le condizioni critiche che fanno passare da zuppa a ghiaccio.

Ne approfitto, per fare un confronto tra i due tipi di studio che cercano di farci comprendere il momento della nascita di tutto. Il primo, quello più “galileiano”, è l’osservazione diretta. Purtroppo, l’unica fonte d’informazione che sappiamo ricevere (le onde elettromagnetiche, ossia  -in parole povere- la luce) non è riuscita ad attraversare l’Universo primitivo e quindi è impossibile sperare di “vedere” i suoi primi 380 000 anni di vita. Bisogna allora scrutare a fondo la prima luce che ci arriva, quella del rumore cosmico di fondo, e vedere se essa mantiene dei segni riconducibili alle fasi precedenti. Piccole disomogeneità di temperatura tra una zona e l’altra, oppure (sempre che le osservazioni vengano confermate) differenze di polarizzazione che ricordino le uniche onde che avevano via libera anche attraverso quella materia impenetrabile e invisibile: le onde gravitazionali. Osservazioni che possono legarsi anche molto bene con ciò che è successo dopo (tutto osservabile direttamente), ma che danno solo qualche vaga idea, ricche di dubbi, su quello che era successo prima (vedi inflazione e, magari, anche le fasi di passaggio da acqua a solido… ma con poche speranze, siamo sinceri!).

Il secondo tipo di studio è quello di creare in laboratorio le condizioni iniziali e assistere a ciò che capita. Sembrerebbe un modo perfetto, ma sappiamo, però, che nessuno ci garantisce che tutte le condizioni siano veramente tenute giustamente in conto. Sì, possiamo variarle quanto vogliamo, ma potremmo anche ottenere qualcosa di simile a quanto vediamo oggi, pur sbagliando qualche parametro o averne addirittura trascurato altri perché ancora sconosciuti.  Come dicevo prima, molto meglio sarebbe entrare in un laboratorio naturale, dove si potrebbe essere sicuri quasi al 100% che la Natura segua sempre le stesse regole. All’interno di una stella di neutroni la materia viene portata a temperature e pressioni in grado di lottare con la forza nucleare forte e trasformare nuovamente, e senza problemi di tempi brevissimi, il ghiaccio in liquido. Si potrebbe vedere la zuppa primordiale e osservare con calma e tranquillità ciò che succedeva quando l’Universo era veramente neonato.

Tuttavia, bisognerebbe proprio entrare all’interno della stella, perché se speriamo di leggere da fuori ciò che capita all’interno saremmo di nuovo in condizioni simili a quelle che dobbiamo subire quando cerchiamo di osservare, oggi, i primi 380 000 anni dell’Universo. Ciò che vedremmo sarebbe ormai elaborato e trasformato perché si troverebbe in condizioni di temperatura e pressione normali. Qualcosa forse rimarrebbe, qualche segno che faccia capire indirettamente ciò che capita all’interno di quel mini-universo primordiale. Non per niente le stelle di neutroni sono oggetto di studio continuo e incessante. Ma, le difficoltà di capire i vari segnali… sono mostruosamente elevate. Non  parlo nemmeno dei buchi neri, anche se sarebbe proprio l’unico luogo dove si potrebbe veramente osservare un mini Big Bang al contrario. Niente esce al di fuori del confine orizzonte degli eventi e sperare di entrarci direttamente avrebbe due grossi problemi. Il primo fisico: le nostre molecole, atomi, particelle, si separerebbero come quelle che cercheremmo di studiare. Il secondo concettuale: anche se avessimo uno scafandro resistentissimo, in grado di sopravvivere alla sconfitta della forza nucleare forte, riusciremmo a capire qualcosa di una mondo dove le nostre leggi della fisica non possono più essere applicate? Capiremmo dov’è lo spazio e cos’è il tempo? Riconosceremmo una “materia” che è diventata “matematica”? Insomma, meglio lasciar perdere…

Torniamo quindi ai nostri laboratori, in cui la velocità regna sovrana , ma che almeno ci permettono di osservare senza essere ridotti come le molecole durante il teletrasporto di Star Trek o anche peggio…

Il primo risultato assodato del RHIC è che la transizione di fase dipende essenzialmente dall’energia delle particelle che si sono scontrate. Sembra un’ovvietà, ma invece è un punto di partenza fondamentale.

Vediamo come si lavora al RHIC. In modo del tutto analogo a quanto si è fatto per costruire il diagramma di fase dell’acqua, anche per la materia originale bisogna studiare “per punti” le condizioni critiche di trasformazione, variando temperatura e pressione. Legare l’energia a disposizione con la temperatura e la pressione finale è già una grande conquista.

Il diagramma di fase caratterizza molto bene (almeno per l’acqua) le linee di confine, ossia dove sono presenti sia cristalli che molecole libere sotto forma di gas o liquido, e, addirittura, quel punto celeberrimo (punto triplo) dove tutte e tre le fasi possono convivere. Il vero problema è che per variare temperatura e pressione bisogna raggiungere valori comunque fuori dalla nostra vita normale. Operazione che sa fare solo un apparecchio come il RHIC. Esso fa scontrare nuclei di oro (ognuno formato da ben 197 protoni e neutroni) a energie che vanno da 7.7 miliardi di elettron Volt (GeV) fino a 200 GeV.

Alle energie più alte si arriva a una temperatura dell’ordine di 4 trilioni di gradi. Cosa si osserva nel RHIC? Una transizione di fase, ma decisamente più smussata rispetto a quella che si nota nell’acqua passando da liquido a ghiaccio. In quest’ultimo caso esiste un confine molto ristretto dove possono coesistere cristalli di ghiaccio e molecole liquide libere. In tali condizioni si vedono entrambe le “configurazioni”. La stessa cosa non capita nella zuppa primordiale. Lì si osserva una zona dove non esistono né cristalli né molecole libere, ossia né adroni né quark liberi. Sembra che vi sia un cambiamento di fase continuo e non drastico, qualcosa di intermedio tra cristallo e molecola, ossia tra quark o gluoni e protoni o neutroni.

Considerate un barattolo di miele e mettetelo in frigorifero. In quelle condizioni è sicuramente solido (adrone). Toglietelo dal frigo e tenetelo a temperatura abbastanza calda. Dopo un certo numero di ore noterete che il miele è diventato liquido (quark). Tuttavia, non esiste una temperatura critica in cui si passa da solido a liquido, ma un processo continuo e graduale. Insomma, non possiamo dire che a una certa temperatura, coesistano parti di miele solido e parti di miele liquido, e nemmeno che prima vi era tutto solido e dopo tutto liquido. A ogni temperatura vi è un graduale cambiamento di stato del miele: un po’ meno solido, ancora un po’ meno, quasi liquido, liquido del tutto. Un processo continuo che viene compiuto da tutto il miele contenuto nel barattolo. Una regola veramente militare: o tutti o nessuno!

Conclusione di queste evidenze osservative? Non si è ancora in grado di definire un confine preciso tra materia primordiale (plasma caldissimo di quark e gluoni) e materiale “normale” sotto forma di adroni tenuti assieme dalla forza nucleare forte. Un risultato molto interessante e fondamentale (d’altra parte se la Natura si comporta così dobbiamo prenderne atto), ma che lascia un po’ di amaro in bocca. Sarebbe stato molto meglio poter disegnare un bella linea netta che separasse i due stati della materia.

Non bisogna, però, perdersi d’animo. RHIC ha svolto gli stessi esperimenti con energie più basse, dove si sono ottenuti quark e gluoni a temperature decisamente più basse. Meraviglia delle meraviglie! In queste condizioni, il confine è  molto più evidente, si può fare a meno del miele! E’ stata così definita una transizione di fase del primo ordine, del tutto simile a quella dell’acqua. Una transizione di fase del primo ordine è una specie di “calore latente”, capace di dare origine a particelle di entrambe le fasi, ossia capaci di sconfiggere o assecondare la forza forte. Tutto si basa sulla  strada che prende l’energia che si origina nella collisione: può aiutare l’unione delle particelle, ma può anche disperderle. In altre parole, la decisione dipende da piccolissime variazioni e combinazioni della temperatura e della pressione.

Facciamo nuovamente un esempio terra-terra. Mettiamo una pentola d’acqua su un fornello. La temperatura dell’acqua continua a salire fino a che si raggiunge la temperatura di ebollizione. Tuttavia, non succede come per il miele, in cui l’acqua passa da liquida, a quasi liquida, a quasi gassosa, a completamente gassosa, a mano a mano che la temperatura sale.  No, in questo caso la temperatura rimane costante finché l’acqua bolle. Si instaura un momento di pausa, in cui  il fornello fornisce un “calore latente”, in grado di produrre l’energia sufficiente a trasformare ogni molecola liquida in gas. La temperatura attende che tutto il liquido si sia trasformato in gas, dedicandosi a trasferire energia alle molecole e a farle scappare. Quando l’operazione si è completata, il fornello può nuovamente far risalire la temperatura (anche se non c’è più niente nella pentola, ma provate a toccare il fondo e ve ne accorgerete…).

Nel caso del RHIC non illudiamoci, però, di vedere le cose in condizioni così semplici. Si stabilisce il cambiamento di fase del primo ordine attraverso una temporanea sparizione di un certo tipo di particelle che nascono dalla collisione.

Lasciamo un attimo da parte i paragoni fino troppo semplificati e vediamo cosa si osserva realmente nel RHIC. Quando due nuclei d’oro collidono tra loro si osservano particelle che si disperdono in tutte le direzioni, ognuna con le sue caratteristiche intrinseche. Si focalizza l’interesse su un particolare flusso di particelle, quello detto “directed”, ossia  “indirizzato” o “ordinato”. Esso è dovuto a ciò che rimane del moto residuo delle particelle che formavano i due nuclei scontratisi. Non entriamo nei dettagli, perché le cose si complicherebbero troppo. Ci può bastare quanto detto per capire che i risultati sono sempre in qualche modo indiretti, ossia derivano da particolari condizioni che ne implicano altre e così via fino al’informazione veramente utile.

Questa analisi continua sui bordi della trasformazioni di fase, quella del primo ordine, dovrebbe prima o poi condurci fino a un punto critico che si può definire in vari modi. Ad esempio, lo si può pensare come una situazione tale che nei suoi dintorni più prossimi il comportamento della materia diventa irregolare e imprevedibile. Nell’acqua siamo nella ristrettissima zona dove si può avere sia gas che liquido che ghiaccio. Nel caso del RHIC questo vuol dire assistere a fluttuazioni crescenti che non corrispondono a quelle più stabili e prevedibili che si avevano nelle trasformazioni di fase del primo ordine. In altre parole, un’irregolare fluttuazione delle particelle dallo stato di quark a quello di adrone e viceversa.

Fortunatamente, queste condizioni “critiche” sono quelle che si riescono meglio a riprodurre nel RHIC. Ossia sono le condizioni in cui si possono ottenere moltissime collisioni. Più collisioni si riescono ad ottenere e più è facile capire cosa sta succedendo. Se non posso usare il rallentatore è meglio osservare un’azione ripetute volte. Ogni volta noterò un certo particolare e alla fine spero di ricostruire tutta l’azione.

La direzione operativa sembra quella giusta e si sta migliorando sempre di più sia l’acceleratore che l’analizzatore dei dati, in modo da estrarre le informazioni veramente fondamentali, in mezzo a una nube di particelle che non potrebbero essere seguite tutte assieme. Insomma, si cerca di segnare con l’evidenziatore il flusso più indicativo e di migliorarne la produzione e l’osservazione.

Non aspettatevi dati esatti e precisi. Si è ancora in una “fase” iniziale. Tuttavia, si sa dove guardare e come guardare. Riuscire a tracciare quantitativamente il diagramma di fase della zuppa primordiale sarebbe una conquista forse risolutiva e una vera finestra sulle fasi veramente iniziali dell’Universo.

Chi vuole cimentarsi, QUI trova il primo lavoro in corso di pubblicazione.

15 commenti

  1. In effetti, la prima cosa che mi è venuta in mente guardando il grafico è stata proprio il diagramma di fase dell'acqua, col suo punto triplo. 
    Questa similitudine mi fa pensare ad un sistema termodinamico, ma a ben guardare il fatto che a certi livelli la transizione di fase non sia netta fa pensare all'esistenza di qualcosa di nuovo, tipo un nuovo stato della materia o una particella nuova.
    Per l'acqua, la transizione di fase netta ed il calore latente dipendono dai legami ad idrogeno e dalla conseguente tensione di vapore da superare.
    Ma qui, il doppio passaggio lascia intendere la nascita di qualcosa di nuovo nel mezzo....
    Che ne pensi Enzo? Sono solo fantasie, le mie? 

  2. caro Red,
    no saprei proprio... c'è da dire che gli esperimenti con grandi temperature sono più difficili da analizzare (almeno così mi pare di leggere tra le righe). Vediamo come avanzeranno gli esperimenti... tutto è sempre possibile nel microcosmo, questo sconosciuto! :wink:

  3. caro Red,
    sarebbe interessante leggere l'articolo su cui in pratica si basa tutta la ricerca. Lì sembra riferirsi a un fluido perfetto che necessiterebbe di una quinta dimensione... Ahi ahi ahi...  8-O
    http://www.sciencemag.org/content/337/6092/310
     

  4. gioyhofer

    Già ho problemi a capire la quarta dimensione.. adesso se ne aggiunge anche una quinta??? 

  5. Pier Francesco

    Caro Enzo,
    Ricapitolando, se ho capito bene: hanno preso gli atomi di oro (io lo userei in altro modo... :mrgreen: ), li hanno fatti scontrare ad altissima velocità, hanno ottenuto la zuppa di gluoni e quark che si è poi raffreddata ed è diminuita di pressione, generando i nostri cari vecchi adroni. Si è però visto che non esiste un confine di T e P preciso nel quale avviene la transizione ma è tutto un po' sfumato. Se, invece, la collisione avviene a velocità più bassa, il comportamento delle particelle fa supporre l'esistenza di questo limite (non ancora trovato, va da sé).
    Ammesso di aver capito un po' la faccenda (l'articolo era complicato :-P ), mi pongo prima di tutto un quesito tecnologico: come è possibile realizzare artificialmente le temperature del plasma del Big Bang? 8-O Va bene che sarà anche solo per frazioni infinitesime di secondo ma, per quanto infinitesime, come riesce il RHIC (e tutto il resto) a sopportare queste temperature senza distruggersi?
    Il secondo quesito: perché si è osservato un comportamento "simile" all'acqua nel caso delle collisioni alle basse energie e uno simile al miele in quello delle alte energie? In teoria, gluoni e quark dell'oro sono sempre gli stessi e, a prescindere dall'energia che hai scatenato per liberarli, e quindi il processo per ritornare a formare gli adroni dovrebbe essere lo stesso, o no? :?:

  6. Caro Enzo, grazie del link e della dritta! Una quinta dimensione?
    Non è la prima volta che salta fuori.... Spero che ci sia dietro qualcosa di reale e che non sia la solita moda...  :-|
    Comunque, visto che il tuo link è a pagamento, QUI se ne può trovare uno gratis. Io l'ho già scaricato e provo a leggerlo. Chissà che ne capisca qualcosa.... :wink:  

  7. beppe

    Transizione vetrosa, sempre detto che il nostro Universo è fragile!
    Potrebbe essere incertezza delle misure, se avessi una sola molecola d'acqua voglio vedere come si stabilisce il punto triplo! (ma anche 10, 100 o 1000 molecole)
    Quello che mi spaventa è la voglia di pubblicare a qualsiasi costo, anche con dati parziali da confermare.
    Non sono più i tempi di Copernico, Retico, Keplero e Galileo (per fortuna!) che a causa dei loro studi rischiarono la vita, quindi erano più che sicuri di quello che facevano pubblicare!
     

  8. alexander

    solo per mettere i brividi, se non mi sono informato male, questa transizione di fase dovrebbe essere iniziata e conclusa a circa 10-4 s dal big bang....
    Andare a beccare il punto critico credo proprio sia difficile difficile!   :-P

  9. cari tutti,
    innanzitutto grazie a Red che ha trovato copia gratis del lavoro di qualche anno fa. Me lo leggerò...  Che dire agli altri: aspettiamo e speriamo, con un po' di fiducia. E' vero che questa serie di esperimenti sono partiti già da qualche anno e si continuano a dire più o meno sempre le stesse cose. Ma, chissà... Ambasciator non porta pena. Posso solo dire che non vedo grande differenza nel plasma di quark tra fase "gassosa" e "liquida", quindi il passaggio continuo ci può anche stare. In realtà dovrebbe esistere solo il confine  in basso, lungo il quale si dovrebbe prima o poi arrivare al punto critico (non è detto che debba essere triplo...). Come dice Red, potrebbero fare la loro comparsa particelle diverse e situazioni diverse. Il problema da risolvere starebbe proprio lì, riuscire a capire la popolazione iniziale prima che il tutto si raffreddi. Sulla parte tecnologia me ne intendo poco. Penso che l'altissima temperatura sia così localizzata entro un sistema chiuso che non riesca a espandersi al resto della macchina... Forse qualcuno ne sa più di me... come tecnologo sono proprio una frana!

  10. Credo che la temperatura sia solo "teorica", calcolata in base all'energia cinetica delle particelle e localizzata in tempi e volumi piccolissimi. 
    In questo caso, dobbiamo tenere conto che si parla di un numero esiguo di particelle e quindi, se si rapporta l'energia sprigionata al volume complessivo della macchina, parliamo di energie non impossibili da controllare. 
    E comunque, ci sarà il solito confinamento magnetico a tenere a bada le particelle e ad impedire che l'energia si scarichi dove vuole a far danni (si fa lo stesso negli esperimenti che mirano alla fusione nucleare, anche se si parla di temperature più basse, son sempre milioni di gradi.... 8-O ).
    Ed anche con tutto questo, qualche minimo danno penso non si possa evitare... :wink:  

  11. dici bene Red, ma...d'altra parte la temperatura è energia cinetica per definizione! :roll:

  12. Vediamo se riesco a scovare da qualche parte una spiegazione..... Se mi va bene, stasera ve la giro in qualche modo...  :wink:

  13. Se andate a vedere QUI, scoprirete che l'energia sviluppata da ogni scontro è pari a... Quella di una zanzara che d'estate va a sbattere contro una zanzariera (parole loro)...  8-O
    Le temperature elevatissime dichiarate si raggiungono molto localmente, appena nella ristretta area di impatto degli atomi e solo per miliardesimi di secondo. Ma tanto basta. 
    Quindi, nessun pericolo di surriscaldamento. Anche perchè una buona parte della macchina e dei rilevatori lavorano a temperature di pochi kelvin (per essere più sensibili)... :wink:

  14. Lampo

    Beh peró pensa all'energia che verrebbe rilasciata dall'impatto di una zanzara sul muro ma con la zanzara che voli alla velocità degli atomi d'oro...mi fai il calcolo Red...?  :mrgreen:

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:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

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