31/12/14

La relatività speciale disegnata da Minkowski. 4: grande confusione su un’astronave **

Questo articolo vuole introdurre concettualmente la rivoluzione operata da Einstein attraverso la relatività speciale o ristretta. Utilizza un approccio che può apparire diverso dal solito e oltremodo semplicistico. Tuttavia, spero che riesca a mettere tutti in grado di capire l’esigenza di un cambiamento drastico nella visione globale della realtà dell’Universo e dello spazio-tempo che ne è il suo palcoscenico.

Prima di procedere, riassumiamo brevemente la relatività galileiana che abbiamo spiegato a fondo e che ci ha permesso di disegnare i primi diagrammi spazio temporali. Nessun sistema di riferimento inerziale è favorito rispetto agli altri, poiché le leggi della meccanica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali. Quindi non c’è nessun riferimento in quiete assoluta fisicamente definibile.

Chi si sta muovendo con una certa velocità costante su una navicella spaziale e guarda un’altra astronave da un oblò, non può assolutamente dire se è lui che si sta muovendo o è il velivolo alieno. Non ha, quindi, senso parlare di sistema “fermo” in senso assoluto. Tutti i sistemi inerziali possono essere considerati fermi da chi ci vive all’interno. Ciò che si può osservare è solo il moto relativo.

Notiamo, però, un altro fatto fondamentale di questa rappresentazione: il tempo è separato dallo spazio. E’ vero che il loro legame ci permette di calcolare la velocità, ma nessuno dei due influisce sull’esistenza e sul comportamento dell’altro. Possono variare in modo indipendente. Nella relatività galileiana il tempo può essere considerato assoluto, ossia uguale per tutti gli osservatori. Un evento che capita all’astronauta O è osservato simultaneamente anche dall’alieno O’. Ricordiamoci, infatti, che t = t’. Ovviamente, in questa rappresentazione, le velocità si sommano e/o si sottraggono.

Se succedesse la stessa cosa anche per i fenomeni dell’elettromagnetismo potremmo dire che il principio di relatività galileiana è valido per tutta la fisica e non solo per la meccanica newtoniana. Non avremmo avuto bisogno di Einstein… In altre parole, qualsiasi esperimento di fisica facessimo a bordo della nostra astronave non potrebbe dirci se siamo in moto oppure no. O, ancora meglio, non potremmo sapere a che velocità stiamo, realmente, andando.

Fatemi ricapitolare il tutto attraverso un’avventura spaziale…

Immaginiamo, per assurdo, che l’astronave A sia stata inviata nello spazio tanto tempo fa. L’equipaggio è stato messo in ibernazione per decenni e decenni (magari secoli) e ora, finalmente, è giunta l’ora di svegliarsi. I processi di ibernazione hanno fatto dimenticare molte nozioni  e per un po’ i nostri eroi rimangono alquanto storditi. Tuttavia, il capitano è il capitano e, perciò, deve prendere in mano la situazione. Guarda dall’oblò e vede che vi è una’altra astronave sicuramente aliena che chiamiamo B.

Il comandante è convinto di muoversi (tanto tempo passato nello spazio sarà  servito a qualcosa!) e decide che l’astronave B è FERMA. Ne deduce immediatamente che il suo movimento apparente è dovuto solo e soltanto al moto di A. Se B gli appare muoversi con velocità v, calcola rapidamente che la sua astronave viaggia alla velocità assoluta uguale a –v.

Tuttavia, dall’oblò opposto, il capitano in seconda vede l’astronave C. Essa si muove con velocità u rispetto ad A. E’ pur sempre un ufficiale con molta responsabilità ed esegue i calcoli da solo. Anch’egli decide che l’astronave C è realmente FERMA. Ne deduce che la sua astronave sta viaggiando a velocità –u.

Quando il capitano e il suo vice si incontrano nasce una discussione molto accesa: ognuno è convinto di avere ragione e ne porta le prove strumentali. Prima che nasca un ammutinamento o qualcosa del genere, il vice-vice capitano risolve il problema, facendo ragionare i suoi superiori. Basta porgli la domanda: “Che prove avete che l’astronave B o C sia realmente ferma?”

Nessuno è in grado di rispondere e devono ammettere che non vi sono assolutamente prove concrete su cosa stiano veramente facendo B o C. Potrebbero benissimo muoversi anche loro e tutti i calcoli fatti andrebbero a farsi benedire. Sono costretti ad ammettere che le uniche velocità che possono determinare per la loro astronave sono velocità relative. In parole più tecniche: non esiste un sistema di riferimento assoluto.

Beh… abbiamo ripetuto quello che già sapevamo sulla relatività galileiana. Niente di più e niente di meno.

Tuttavia, mentre il capitano e i suoi secondi sembrano essersi ormai riappacificati, ecco che appare un’astronave molto strana che si chiama LUCE. Il capitano di questa astronave è l’ammiraglio Maxwell, ben noto nell’Universo per non dire mai bugie. Egli comunica a tutti gli equipaggi che incontra che sta viaggiando a una velocità costante c. Una velocità enorme, per cui bisogna stare molto attenti al suo passaggio.

L’astronave A deve, perciò, osservare una velocità di LUCE che può essere sia v + c o v – c, a seconda della direzione del movimento. Il capitano e tutto il suo equipaggio si guardano in faccia ed esultano: finalmente sanno esattamente a che velocità stanno muovendosi o, almeno, sanno come fare per poterla calcolare. Basta fare la differenza tra il valore fisso c e quello che osservano per determinare la loro velocità assoluta.

Tutto ciò che sembrava assurdo ottenere con le leggi della meccanica viene risolto brillantemente con l’elettromagnetismo (così si chiama il mezzo di propulsione di LUCE). Finalmente hanno trovato un sistema di riferimento assoluto!

Mentre nell’astronave si festeggia, il vive-vice-vice capitano si mette a fare quattro calcoli e ricava la loro velocità assoluta. Ha quasi paura a dirlo ai superiori: essa risulta essere uguale a zero. Sono fermi. Potrebbe anche essere vero, ma vale la pena provare… Accende per un attimo i motori  e poi li spegne in modo da essere sicuro di essere tornato su  un sistema inerziale, ma con velocità v diversa da zero… Riprova a calcolare la loro velocità assumendo sempre come costante quella dell’astronave LUCE.

Niente da fare continuano a essere fermi. Impossibile! Da qualche parte ci deve essere un baco. Si erano illusi di aver trovato un sistema di riferimento assoluto.  Quel Maxwell li ha presi in giro! Eppure sembra proprio convinto di ciò che dice. Quando riferisce il tutto al capitano, cala un triste silenzio a bordo…

Il vice-vice-vice-vice  capitano si schiarisce la voce e sussurra: “Potrebbe esserci una soluzione a tutto questo… basterebbe ammettere che la meccanica newtoniana non è esatta. Vale per velocità relativamente basse, ma non per valori troppo alti come quelli prossimi a c. In particolare, la velocità di LUCE è costante per tutti i sistemi di riferimento e non si può sommarle o sottrarle altre velocità… come abbiamo fatto con quelle delle altre astronavi. Ne consegue che può veramente esistere una relatività che vale sia per la meccanica che per l’elettromagnetismo, ma la trasformazione galileiana va rivista completamente”.

Potremmo concludere la “favola” dicendo che il nome del vice-vice-vice-vice capitano è Albert Einstein!

Qualcuno mi potrebbe dire: “E se Maxwell fosse veramente un terribile bugiardo?”. Beh… non chiedetemi di descrivere “semplicemente” le equazioni di Maxwell (sarebbe, però, una bella impresa ... chissà…). Tuttavia, la prossima volta utilizzeremo un metodo molto più intuitivo e “osservativo” per dimostrare la costanza della velocità della luce e l’impossibilità di sommarle o toglierle un’altra velocità. Adesso torniamo a noi…

Einstein ha riscritto la trasformazione galileiana attraverso la teoria della relatività. I suoi punti di partenza sono in pratica solo due, più che sufficienti:

1) Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali. Non esiste un sistema inerziale assoluto. (Principio di relatività)

2) La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore c in tutti i sistemi inerziali. (Principio della costanza della velocità della luce)

Il principio di relatività di Einstein va ben al di là del principio di relatività Newtoniana, che si riferiva solo alle leggi della meccanica, dato che include tutte le leggi della fisica. Esso afferma che è impossibile, per mezzo di qualsiasi misura fisica, definire un sistema inerziale come intrinsecamente in quiete o in movimento:  possiamo solo parlare del moto relativo dei due sistemi. Quindi, nessun esperimento fisico eseguito interamente all’interno di un solo sistema inerziale può dire all’osservatore qual è il moto del suo sistema rispetto ad un qualunque altro sistema inerziale.

Il secondo principio è, invece, in netta contraddizione con la trasformazione Galileiana delle velocità

Vale la pena riproporre poche frasi scritte da Einstein nella presentazione della sua teoria:

… per tutti i sistemi di coordinate per i quali valgono le equazioni della meccanica, valgono anche le equivalenti equazioni dell’elettrodinamica e dell’ottica. In quanto segue facciamo questa ipotesi (che chiameremo poi il principio di relatività) e introduciamo l’ulteriore postulato, un postulato che è a prima vista inconciliabile con le ipotesi precedenti, che la luce si propaga nello spazio vuoto con una velocità c che è indipendente dalla natura del moto del corpo che la emette. Queste due ipotesi sono del tutto sufficienti a darci una semplice e consistente teoria dell’elettrodinamica dei corpi in movimento basata sulla teoria di Maxwell per i corpi in riposo…”

L’intera teoria della relatività ristretta si deduce direttamente da due semplici principi o postulati. Il successo di una teoria si misura soltanto dal confronto con gli esperimenti, reali o di laboratorio che siano. Ebbene, la teoria della relatività ristretta (d’ora in poi RR) non solo è riuscita a spiegare tutti i risultati sperimentali esistenti ma ha predetto molti nuovi effetti che sono stati confermati da successivi esperimenti. Finora non si è trovata alcuna obiezione alla RR.

Ricordiamo, però, che la RR si occupa solo di sistemi inerziali e non considera sistemi accelerati e, quindi, non si può occupare di gravità.

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