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RELATIVISTI 6 : POINCARE' LORENTZ EINSTEIN

Questo articolo fa parte della serie Relativisti 

 

RELATIVISTI 6: POINCARE’, LORENTZ, EINSTEIN                                           9 febbraio 2021

L’immagine in evidenza è frutto di una abile rielaborazione di Umberto, un esempio di come la barriera del tempo non sia infrangibile e con arte e fantasia si possa ricostruire il passato in tutta la sua ricchezza cromatica.

L’inquietante enigma dell’ Etere sullo sfondo dello sviluppo di una nuova fisica ad opera di tre grandi protagonisti della relatività

 

Poincarè, Lorentz e Einstein

Le leggi del moto dei pianeti, enunciate da Keplero, in Astronomia Nova, nel 1609, completate con la pubblicazione di Harmonices Mundi, nel 1618, descrivono la fisionomia geometrica delle orbite dei pianeti, mettendo in relazione tra loro la forma delle orbite, le velocità di percorrenza, le distanze dei pianeti dal sole, i periodi di rivoluzione. Quello che non dicono queste leggi puramente descrittive è quale sia la natura del moto che produce queste evidenze. Lo spiegherà molto bene, mezzo secolo dopo, Newton, nei primi due volumi della sua opera principale: Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Le leggi della dinamica di Newton conducono matematicamente ai risultati geometrici descritti da Keplero.

A distanza di tre secoli da quei giorni, Lorentz propone un preciso meccanismo che consente di trasformare le coordinate di un sistema di riferimento in quelle di un altro sistema di riferimento, in moto rispetto al primo, in modo tale da dare una spiegazione al risultato negativo ottenuto dall’esperimento di Michelson Morley, che non ha raggiunto lo scopo prefissato di fornire la prova dell’esistenza dell’ Etere

La cosa più sorprendente è che le coordinate coinvolte nella trasformazione proposta da Lorentz non sono solo le tre coordinate spaziali, ma anche quella temporale.

Apparentemente, il fatto di passare da un sistema di riferimento all’altro deve tenere conto di una distorsione temporale, oltre che geometrica. Le trasformazioni classiche galileiane devono cedere il passo ad una regola più generale che le ingloba come caso particolare, una semplice approssimazione, valida per velocità molto inferiori a quella della luce.

 

La motivazione di Lorentz

Lorentz è mosso, nel 1904, dalla necessità di creare un contesto in cui l’Etere trovi posto.

Le sue trasformazioni sono la descrizione di come procedere per legittimarne la presenza, piuttosto che la conseguenza di una teoria.  Per un approfondimento si veda questo articolo di Umberto Cibien

Ma questa volta non è necessario aspettare mezzo secolo per il passaggio successivo, dalla descrizione di un meccanismo alla teoria che è sottesa. Solo un anno più tardi, nel 1905, Einstein formula la sua teoria della relatività speciale, partendo da questi due semplici postulati:

  • Tutte le leggi fisiche, quindi anche quelle dell’elettromagnetismo, restano invariate qualsiasi sia il sistema di riferimento in cui vengono descritte.
  • La luce si muove ad una velocità che è sempre la stessa, indipendentemente dal sistema di riferimento in cui viene osservata.

Tutto il resto discende di conseguenza: le leggi di trasformazione di Lorentz sono ora indispensabili, non per legittimare l’esistenza dell’etere a dispetto dei risultati delle misure (che non lo rilevano), bensì per non compromettere il principio di invarianza di tutte le leggi fisiche, anche quelle elettromagnetiche, non solo quelle della meccanica.

Un salto concettuale

Secondo Einstein “ La teoria della relatività è il prolungamento della elettrodinamica di Maxwell e Lorentz”.

E Lorentz cita le esatte parole con cui Einstein descrive l’origine della sua teoria:

…” The term relativity refers to time and space. According to Galileo and Newton, time and space were absolute entities, and the moving systems of the universe were dependent on this absolute time and space. On this conception was built the science of mechanics. The resulting formulas sufficed for all motions of a slow nature; it was found, however, that they would not conform to the rapid motions apparent in electrodynamics.

This led the Dutch professor, Lorentz, and myself to develop the theory of special relativity. Briefly, it discards absolute time and space and makes them in every instance relative to moving systems. By this theory all phenomena in electro-dynamics, as well as mechanics, hitherto irreducible by the old formulae — and there are multitudes — were satisfactorily explained.

Till now it was believed that time and space existed by themselves, even if there was nothing else — no sun, no earth, no stars — while now we know that time and space are not the vessel for the universe, but could not exist at all if there were no contents, namely, no sun, earth and other celestial bodies.

This special relativity, forming the first part of my theory, relates to all systems moving with uniform motion; that is, moving in a straight line with equal velocity.

Gradually I was led to the idea, seeming a very paradox in science, that it might apply equally to all moving systems, even of difform motion, and thus I developed the conception of general relativity which forms the second part of my theory.”

 

con parole nostre:

… “Il termine relatività si riferisce al tempo e allo spazio. Secondo Galileo e Newton, tempo e spazio erano entità assolute, e i sistemi in moto nell’universo erano dipendenti da questo spazio e questo tempo assoluti. La scienza della meccanica era basata su questa visione. Le conseguenti formule erano adeguate per spiegare tutti i moti a bassa velocità; ma risultarono non adatte per i moti ad alta velocità dei fenomeni elettrodinamici.

Questa considerazione ha spinto il Prof. Lorentz e me a sviluppare la teoria della relatività speciale.

In sintesi, essa rifiuta lo spazio e il tempo assoluti e li considera in ogni istante in relazione ai sistemi in moto. Grazie a questa teoria tutti i fenomeni elettrodinamici, nonché meccanici, fino ad allora non rappresentabili con le vecchie formule, ed erano una moltitudine, sono stati spiegati in modo soddisfacente.

Fino ad ora si pensava che tempo e spazio esistessero indipendentemente, anche in assenza di materia: né Sole, né Terra, né stelle, mentre ora sappiamo che il tempo e lo spazio non sono un contenitore dell’universo, bensì non potrebbero esistere del tutto senza un contenuto, come appunto il Sole, la Terra e gli altri corpi celesti.

Questa relatività speciale, che costituisce la prima parte della mia teoria, si riferisce a tutti i sistemi in moto uniforme, ossia rettilineo a velocità costante.

Gradualmente ho maturato l’ìdea, in apparenza del tutto paradossale, che possa essere applicata a qualsiasi sistema in moto, comunque vario, e di conseguenza ho sviluppato il concetto di relatività generale che costituisce la seconda parte della mia teoria.”

 

Nella limpida prosa di Lorentz...

Troviamo poi l’affermazione di come Einstein non riconosca l’esistenza dell’etere, muovendo il suo pensiero verso una spiegazione differente del motivo per cui si debba ricorrere alle nuove trasformazioni di coordinate, in sostituzione di quelle galileiane.

Tuttavia, concludendo l’articolo, Lorentz lascia intendere che l’ipotesi della esistenza dell’Etere non sia del tutto tramontata…

La sua opinione è che in futuro questa via possa essere nuovamente intrapresa, pur non essendo necessaria alla teoria di Einstein, a patto che si armonizzi con essa.

Ma subito dopo, afferma che la mirabile sintesi raggiunta da Einstein nasce proprio dalla sua scelta di ignorare l’esistenza di qualsiasi mezzo intermedio, distaccandosi completamente dal concetto di etere.

Probabilmente, scrive Lorentz, se Einstein non avesse operato felicemente questa scelta, non sarebbe approdato all’idea che sta alla base di tutta la sua teoria.

 

L'invisibile ma ingombrante presenza dell'etere

L’etere si affaccia sulla scena nei lontani tempi del naturalismo greco. Un riempitivo universale, quinto elemento dopo aria acqua terra e fuoco.

In tempi più recenti troviamo Cartesio che attribuisce ai vortici dell’etere il fenomeno della gravità.

Dopo Newton, l’ipotesi più accreditata sulla natura della luce è quella corpuscolare, ma la teoria ondulatoria della luce all’inizio del 1800 (Young e Fresnel) rende imprescindibile la presenza di un mezzo di propagazione, l’etere luminifero.

Numerosi esperimenti ed ipotesi si susseguirono per tutto il secolo e oltre, immaginando un etere immobile, o parzialmente mobile, trascinato dalla materia più a diretto contatto, sia ferma o in rotazione. Nessuno di questi modelli trovò mai una conferma definitiva.

Lorentz, nel 1902, ipotizzò un etere immobile, in totale contraddizione con l’esperimento di Michelson Morley, e per superare tale contraddizione, giunse alla medesima spiegazione offerta da Fitzgerald, di un meccanismo di alterazione delle dimensioni dei corpi nella direzione del moto, una contrazione nella misura di √ 1-v2/c2 che andava a interferire con la legge di trasformazione galileiana.

L’alterazione della materia per effetto del moto deforma quindi “realmente” gli strumenti, in misura differente, a seconda della sostanza che li compone, e influisce sui risultati, rendendo invisibile la presenza dell’etere.

 

Il tempo locale

Accanto a questa contrazione, Lorentz aveva introdotto il concetto di “tempo locale”, una concomitante alterazione della misura del tempo. A differenza delle reali alterazioni spaziali, questa era solo un espediente matematico per semplificare le equazioni di Maxwell nella esecuzione dei calcoli per gli oggetti materiali in movimento.

Un paio di anni dopo, nel 1904, nel Convegno di Scienze e Arti di Saint Louis, organizzato in occasione della esposizione universale, Poincaré definisce la relatività con queste parole :

Il principio di relatività è quello secondo cui le leggi dei fenomeni fisici dovrebbero essere le stesse sia per un osservatore fisso sia per un osservatore trasportato in un movimento uniforme di traslazione, così che non abbiamo e non potremmo avere, il modo di capire se siano o no trasportati da questo moto“.

Riferisce sull’esperimento di Michelson che ha portato la precisione ai limiti estremi e ribadisce che il principio di relatività può essere spiegato sulla base del lavoro di Lorentz, benché in esso molte ipotesi appaiano arbitrarie.

 

La relazione massa-energia

Nel medesimo convegno torna sull’argomento della relazione tra massa ed energia, che aveva affrontato fin dal 1900. In quegli anni, sulla base di una assunzione matematica aveva ipotizzato l’esistenza di una energia distribuita nello spazio, associata ad una massa ad essa proporzionale e la possibilità di convertire in tale massa l’energia elettromagnetica.

Tuttavia ciò avrebbe comportato, nel caso di sistemi di riferimento in moto relativo, la violazione delle leggi di conservazione della quantità di moto, un problema che avrebbe potuto essere superato solo se fosse stato introdotto un meccanismo di compensazione dovuto alla presenza dell’etere.

Ma nella conferenza di Saint Louis Poincaré rivede la sua posizione e nega che l’energia possa avere una massa e, conseguentemente, sia necessario alcun meccanismo di compensazione da parte dell’etere.

 

Un difficile dialogo

Ribadirà queste posizioni anche nel 1908, in contrasto con il contenuto del famoso articolo di Einstein del settembre 1905 in cui viene affermata l’equivalenza massa energia, secondo cui un corpo che irradia energia o calore perde una quantità di massa pari a m=E / c2 , fornendo in tal modo la soluzione dell’apparente paradosso di Poincaré.

Nonostante il concetto di simultaneità, enunciato da Poincaré, e quello utilizzato da Einstein nel definire la relatività, siano estremamente vicini, la concezione di Poincaré era che il tempo “vero” fosse quello del sistema in quiete rispetto all’etere, mentre per Einstein l’etere non esisteva affatto e non esisteva neppure un tempo che si potesse definire “vero”.

Mentre tra Lorentz e Poincaré si sviluppo nel corso di molti anni un reciproco interesse e coinvolgimento sui rispettivi punti di vista e sui risultati dei lavori e delle pubblicazioni, tra Poincaré ed Einstein il rapporto fu molto più indiretto per non dire del tutto assente.

Poincaré non citò mai il lavoro di Einstein sulla relatività ristretta, d’altro canto neppure Einstein, pur ricorrendo nei suoi scritti al concetto di simultaneità, non fece alcun riferimento a Poincaré.

Solo qualche anno prima della sua morte, Einstein dichiarò che Poincaré era stato uno dei pionieri della relatività, riconoscendo che:

la trasformazione di Lorentz è essenziale per l’analisi delle equazioni di Maxwell, e Poincaré aveva ulteriormente approfondito questo punto di vista…”

 

Uno, cento, mille proficui dialoghi

Di tutt’altra natura il rapporto con Lorentz, come testimoniano le parole dello stesso Einstein:

“La gente non si rende conto di quale grande influenza abbia avuto Lorentz sullo sviluppo della fisica. Non possiamo immaginare come sarebbe andata se egli non avesse dato tanti contributi impareggiabili”

“La sua immancabile gentilezza, la magnanimità e il suo senso della giustizia, uniti ad una comprensione intuitiva della gente e delle cose, lo portavano a essere guida in ogni suo campo. Tutti erano contenti di seguirlo perché sentivano che non si esponeva mai per dominare, ma semplicemente per essere utile”

Hendrik Antoon Lorentz (1858-1928 Premio Nobel nel 1902). In suo onore, nel 1925, è stata istituita la Medaglia Lorentz, uno dei riconoscimenti più ambiti. Tuttora viene assegnata ogni quattro anni a fisici teorici che si distinguono non solo per l’importanza dei contributi dati a varie discipline scientifiche, ma anche per le loro qualità umane (Fonte)

Egli, infatti, ha contribuito al progresso di molti campi del sapere: i più conosciuti sono quelli sull’elettromagnetismo e l’elettrodinamica, oltre a quelli sulla relatività, ma non possiamo dimenticare ciò che ha fatto per lo studio degli elettroni, la termodinamica, l’idrodinamica, la teoria cinetica e quella sullo stato stazionario, lo studio della luce la sua propagazione.

E ultimo, ma non per importanza, l’impegno profuso negli ultimi anni di vita per dare impulso alla nascente Fisica Quantistica che fu protagonista del V Congresso Solvay del 1927, poche settimane prima della sua morte. Aveva un’apertura mentale invidiabile e, facendo di tutto per favorire ed organizzare gli incontri tra gli scienziati, rendeva di fatto più facile la libera circolazione delle idee, quindi il nascere di nuove teorie.

Una curiosità: fu dopo un’accesa discussione con Einstein, incontrato in occasione della festa organizzata da Lorentz per celebrare il cinquantenario del proprio dottorato (11 dicembre 1925), che Wolfgang Pauli partorì il fondamentale (per la meccanica quantistica) Principio di Esclusione che porta il suo nome.

Questa foto è stata scattata al V Congresso Solvay su “Elettroni e Fotoni” tenutosi a Bruxelles nell’ottobre del 1927. Dei ventinove personaggi raffigurati, diciassette erano o sarebbero diventati premi Nobel, ciò a dimostrazione dell’irripetibile periodo che per la Fisica furono gli Anni Venti del secolo scorso.

 

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