05/03/15

Metallo liquido e sbuffi di magnesio *

Mentre i meteorologi si arrabattano come possono per prevedere il tempo terrestre, ci sono scienziati che stanno già studiando i sistemi nuvolosi di esopianeti. E, magari, sanno anche dire quando pioverà… veramente. Il problema è che invece di acqua, più o meno sporca, potrebbero cadere gocce di … magnesio.

Parliamo più seriamente e scientificamente. I ricercatori del MIT hanno utilizzato una nuova tecnica per analizzare i dati di Kepler e determinare il tipo di nuvole che circondano i pianeti di altre stelle.

Essa è stata applicata al “giove caldo” Kepler-7b. La temperatura del pianeta si aggira intorno ai 1700 K.

Come possono i dati di Kepler fornire informazioni anche sull’atmosfera di pianeti così lontani? Basta studiare attentamente la perdita di luce della stella che viene “eclissata” dal suo figliolo (e viceversa). Bene o male quella luce è influenzata dalla presenza degli elementi che sono contenuti nelle nuvole del pianeta. Le risposte in varie lunghezze d’onda individuano i composti atmosferici e le eventuali nuvole. I momenti più importanti sono l’entrata e l’uscita dalle mutue eclissi.

Un lavoro non certo facile che ha bisogno di qualche aiuto da parte di modelli predisposti “ad hoc”. Questi simulano temperature e pressione di vari tipi di atmosfere. Variando i parametri, si cerca di trovare la migliore somiglianza con le osservazioni e, un po’ alla volta, tra modifiche e arrangiamenti, si arriva a una soluzione statisticamente valida.

Anche se con le dovute incertezze, si è trovato che Kepler-7b mostra nuvole formate da vapori di silicio e magnesio, proprio gli elementi che sono molto abbondanti sulla superficie terrestre. L’unica differenza è che questi sono vaporizzati e condensano, formando nuvole piuttosto ”strane”  per noi. La causa di tutto ciò è la vicinanza del pianeta alla sua stella e il blocco mareale tra periodo di rivoluzione e rotazione. In altre parole, il giove caldo mostra sempre la stessa faccia alla stella. L’emisfero verso la “mamma” è quello maggiormente coperto dalle nuvole di silicati di magnesio (più esattamente da enstatite).

I ricercatori minimizzano la loro ricerca, dicendo che in fondo tutto è molto semplice: “Non stiamo facendo niente di speciale. Utilizziamo ciò che sappiamo sulla temperatura e la pressione; descriviamo come si possono combinare i vari elementi, come possano stratificarsi in un’atmosfera; simuliamo come apparirebbero al telescopio e, infine, confrontiamo i vari risultati con quelli realmente osservati”.

In realtà, conoscere la composizione delle atmosfere esoplanetarie, e le dimensioni medie delle particelle sospese,  è un passo decisivo sulla conoscenza intrinseca dei pianeti extra solari.

Una copertura nuvolosa e la sua composizione, ad esempio, possono stabilire quanta energia stellare riesce a riflettere l’atmosfera. Questo dato si ripercuote immediatamente sul clima planetario e sulla sua “abitabilità”.

Al momento ci si deve limitare a giganti caldi e gassosi, dato che sono quelli che mandano i segnali più forti. Tuttavia, la stessa metodologia potrà essere usata su pianeti sempre più piccoli. Molte speranze si affidano alla nuova missione TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), sempre predisposta dal MIT.

Per adesso accontentiamoci di un pianeta formato, molto probabilmente, di roccia liquida con i suoi sbuffi di silicato di magnesio. Se non è fantascienza REALE questa…

Un’immagine artistica di Kepler-7b. Questo enorme giove caldo è ccoperto di nuvole. Simulazioni basate su più di 1000 modelli atmosferici mostrano che queste nuvole sono formate da enstatite, un minerale commune sulla Terra, che si trasforma in vapour nell’infuocato esopèianeta. I modelli variano parametri come l’altezza delle nuole, la composizione, la condensazione, le dimensioni delle particelle in modo da trovare la riflettività e le proprietà di colore e riflettività che meglio concordano cone le osservazioni.. fonte: Courtesy of NASA/Jose-Luis Olivares/MIT.
Un’immagine artistica di Kepler-7b. Questo enorme giove caldo è coperto di nuvole. Simulazioni basate su più di 1000 modelli atmosferici mostrano che queste nuvole sono formate da enstatite, un minerale comune sulla Terra, che si trasforma in vapore nell’infuocato esopianeta. I modelli variano parametri come l’altezza delle nuvole, la composizione, la condensazione, le dimensioni delle particelle, in modo da ricavare le proprietà di colore e riflettività che meglio concordano con le osservazioni. Fonte: NASA/Jose-Luis Olivares/MIT.

E qui potete trovare la composizione dell'atmosfera del pianeta diamante
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2016/02/17/respirate-acido-prussico-abbiamo-il-pianeta-che-fa-per-voi

3 commenti

  1. peppe

    caro enzo, i metodi servono a capire la presenza di eventuali elementi.
    La dimensione del pianeta influisce di molto sulle rilevazioni? cioè saremmo in grado di analizare esopianeti delle dimensioni della Terra?

  2. sicuramente sì, Peppe... ma bisogna solo riuscire a catturare più luce per analizzare le variazioni degli spettri.

  3. Mario Fiori

    Bellissimo Enzo, attendiamo TESS ed altri ulteriori futuri sviluppi. Mi ha colpito il buon lavoro degli Scienziati del MIT e sopratttutto la Loro modestia che, di questi media-tempi, no guasta proprio: Onore e Meriti veramente.

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