21/11/15

Giove sta mangiando idrogeno *

Il numero di esopianeti cresce sempre di più e la loro scoperta non fa quasi più notizia. Normalmente si pone l’accento su nuove terre, ognuna più simile alla nostra di quella precedente. Purtroppo, la tecnologia attuale non è ancora in grado di definire sufficientemente bene le caratteristiche di questi pianeti, sia per quanto riguarda la loro superficie sia la loro atmosfera. Ne derivano molti “falsi” allarmi.

Proprio per questa altalena di notizie che tendono al sensazionalismo a tutti i costi, non parliamo molto spesso di questo tipo di scoperte, restando in attesa di effettive novità. Tuttavia, la scoperta di nuovi sistemi planetari è di interesse eccezionale per quanto riguarda la possibile comprensione dei processi fisici e dinamici che portano alla costruzione dei pianeti in giro per la galassia.

Più cresce il numero e più speriamo di avere immagini relative a istanti diversi della vita che trascorre a partire dal disco proto planetario appena nato fino ad arrivare a un sistema stabile e definitivo. Un album di famiglia che si spera di poter completare del tutto e che rappresenterebbe il film dell’intera avventura planetaria. Finora si sono viste caratteristiche che chiaramente indicano fasi diverse della costruzione.

Ad esempio, il disco originario ancora intero; il disco con “macchie” che potrebbero far pensare a zone di instabilità dovute alla presenza di masse in fase di accrescimento preliminare; il disco con chiare lacune che farebbero pensare all’opera di “pulizia” effettuata dai proto pianeti; lacune al cui interno sono più o meno chiari oggetti planetari; sistemi con i pianeti formati e stabili, mentre la polvere del disco è confinata in zone ben delimitate (come i nostri asteroidi o gli oggetti trans nettuniani).

Insomma, di tutto e di più, ma mancava ancora una fase molto particolare: quella dell’accrescimento impetuoso vero e proprio, ossia la fase in cui un pianeta di tipo gioviano riesce a “succhiare” idrogeno e diventare un gigante gassoso.  Bene, sembra che oggi anche questa foto di famiglia sia stata recuperata e messa nell’album.

L’oggetto in questione prende il nome di LkCa 15b ed è accompagnato dai fratelli 15c e 15d. Gli ultimi due non mostrano particolari caratteristiche e potrebbero già essere in un punto più avanzato della loro evoluzione o avere massa diversa, ma il primo si evidenzia per una temperatura estremamente alta (circa 10 000 K), come si rileva dalla forte emissione nella linea Hα dell’idrogeno. Temperatura elevata vuol dire atomi ionizzati, ossia in rapida caduta verso il nucleo.

A sinistra il giovane sistema planetario della stella LkCa 15. A destra uno zoom, dove si identificano molto bene i pianeti 15b, 15c e 15 d (un po’ meno…). Il primo di questi mostra la fase di rapido accrescimento di idrogeno. Fonte: Stephanie Sallum et al.
A sinistra il giovane sistema planetario della stella LkCa 15. A destra uno zoom, dove si identificano molto bene i pianeti 15b, 15c e 15 d (un po’ meno…). Il primo di questi mostra la fase di rapido accrescimento di idrogeno. Fonte: Stephanie Sallum et al.

Sembra proprio di vedere il gas che precipita verso il centro come in una cascata circolare. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a un’ottica adattiva estremamente accurata, utilizzando il telescopio binoculare da 8.4 metri di Monte Graham e il Magellan in Cile.

Articolo originale QUI

Le orbite di 15b e 15c. Fonte: Stephanie Sallum et al.
Le orbite di 15b e 15c. Fonte: Stephanie Sallum et al.

4 commenti

  1. Mario Fiori

    Stupendo, pian pianino rivediamo un po' il film del nostro Sistema Solare.
    La curiosità grandissima è anche pensare come saranno realmente adesso quei pianeti? Ma io penso troppo in avanti e sono troppo sognatore, godiamoci via via le varie fasi evolutive naturalmente ed obbligatoriamente i luoghi e stelle diverse

  2. Daniela

    Ero convinta che gli esopianeti fossero per noi solo delle linee su un grafico rappresentative della riduzione di luminosità della stella in concomitanza con il loro passaggio davanti ad essa, non pensavo che alcuni di loro potessero essere fisicamente visibili!
    Si sa a quale distanza da noi si trova questo sistema planetario?

  3. cara Dani,
    in alcuni casi ci sono riusciti... certo con ottiche adattive, con lunghezze d'onda giuste e con maschere adeguate per la stella. In questo caso ci sono voluti gli 8 metri binoculare... La distanza dovrebbe essere intorno ai 500 AL. :wink:

  4. Daniela

    Non me intendo, ma mi sembra che sia un risultato eccezionale, specialmente se si tiene conto che non è stato ottenuto da un telescopio spaziale, ma dal nostro "Pallido Puntino Blu"!

    P.S.
    Barbara è stata operata?
    Come sta?

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