24/01/16

Solo un fotone solare che è rimbalzato nel punto giusto darà la conferma del nono pianeta **

Tutto è cominciato nel 2003, con la scoperta di Sedna. Esso è stato il primo KB a dare seri problemi  relativi alla sua origine, dato che era l’unico la cui orbita, così staccata da tutti gli altri, non poteva essere spiegata attraverso le perturbazioni  dei pianeti giganti. Nettuno non era in grado di influenzarlo più di tanto, anzi quasi niente. Si concluse che si era di fronte a un  oggetto che doveva la sua orbita a meccanismi risalenti all’origine del Sistema Solare e, perciò, del tutto impossibili da valutare oggi.

Le cose “precipitarono” nel 2012 con la scoperta di 2012 VP113, un altro oggetto simile a Sedna.  Ovviamente, non c’era niente di male in tutto ciò, dato che ci si potevano benissimo aspettare altri casi del genere, ma Trujillo e Sheppard  fecero in fretta a concludere che TUTTI gli oggetti che si mantenevano a debita distanza dai pianeti ufficiali e che avevano periodi orbitali superiori ai 2000 anni, circa, mostravano una caratteristica veramente strana: l’argomento del loro perielio era quasi uguale per tutti. E questo era un qualcosa che difficilmente poteva essere dovuto al caso. Proprio il lavoro dei due ricercatori sopracitati convinse Mike Brown ad andare nell’ufficio di Batygin nel 2014, con un’espressione tra l’emozione e l’ansietà. E l’articolo in mano…

La stranezza della faccenda non si limitava solo agli argomenti del perielio, ma a un allineamento ben marcato delle orbite che, oltretutto, stavano su un piano approssimativamente identico. D’accordo gli oggetti erano solo sei (gli unici, però, con quelle caratteristiche di isolamento e raggruppamento), ma quel gruppetto orbitale che sembrava quasi annodato in un punto e disposto su un piano, sembrava uno scherzo di… qualcuno…  I due colleghi  rimasero piuttosto perplessi.

Poteva veramente dipendere tutto solo da un caso fortuito? In fondo gli oggetti rimanevano solo sei e non certo una popolazione significativa. Bisognava, innanzitutto, fare un’analisi statistica accurata e vedere qual’era la percentuale, dovuta al caso, di ottenere orbite con così tante somiglianze. Il risultato fu di solo lo 0.007%. La cosa si faceva molto interessante.

Ancora più importati furono i modelli dinamici, basati sulle perturbazioni di tutti i pianeti “conosciuti”, che dovevano descrivere l’evoluzione di una situazione così peculiare. Niente da fare, le orbite di simili oggetti si sarebbero comunque sparpagliate completamente durante l’età del Sistema Solare. Un po’ come capita per le famiglie di asteroidi. Se si vuole ritrovare una reale e fisica agglomerazione di orbite si deve tornare al momento dell’impatto che le ha causate. Basta farle evolvere e in breve tempo tutti gli angoli si disperdono. In questo caso non si trattava di un urto fisico, ma di un urto “perturbativo”. Tuttavia, lo strano raggruppamento orbitale dei magnifici sei doveva dipendere da qualcosa di ben più giovane, sicuramente ancora attivo e presente al suo posto.

A quel punto lo studio andò terribilmente a rilento, sia perché i due colleghi avevano idee diverse su che tipo di cause introdurre sia sulle modalità delle simulazioni. Comunque, tutti i tentativi che facevano ricorso a configurazioni geometriche particolari a grande scala e/o a intrusi esterni fallirono miseramente (e fortunatamente aggiungerei io…).

In tal modo, tra speranze, delusioni e ipotesi più o meno azzardate, si arrivò all’estate scorsa, quando si iniziarono le simulazioni dirette alla presenza di qualche perturbatore ancora sconosciuto, ma residente in loco.

Prova e riprova, l’unica soluzione per creare quel gruppetto di strani oggetti era di inserire, nei calcoli, un pianeta di massa decisamente maggiore di quella terrestre (circa dieci volte), che fosse su un’orbita molto eccentrica e che si trovasse in questo momento in direzione opposta a quella dei sei amici fraterni, in prossimità del suo afelio. Una configurazione che mostrava elegantemente (quando la meccanica diventa “elegante” si comincia a pensare di essere nel giusto…) come l’allineamento delle orbite allacciate sopravvivesse proprio per un gioco di risonanza, come se i sei (per ora) naufraghi dicessero: “Ci raggruppiamo nel punto più lontano, fuori dall’influenza di quel tempestoso rompiscatole!”. Qualcosa di un po’ più complicato, ma simile al confinamento dei Troiani di Giove, del gruppo di Hilda e di molti altri casi legati puramente alle risonanze di moto medio.

Nel campo della ricerca seria e non mirata, quando si cerca di far tornare una certa ipotesi e ci si riesce è sempre una bella conquista, anche se lascia sempre un po’ di amaro in bocca. In fondo, hai ottenuto proprio ciò che cercavi… Non è che te lo sei cercato e voluto, magari inconsciamente?

L’ideale sarebbe che insieme alla conferma dell’ipotesi di partenza si confermassero anche altre “cose” a cui non avevi pensato. E’ questo è stato proprio il caso del nono pianeta.

Le simulazioni atte a verificare gli effetti del nuovo arrivato mostravano una situazione di tipo non definitivo. Il pianeta perturbatore faceva danzare (librare) su tempi scala abbastanza lunghi (un centinaio di milioni di anni) la distanza perielica dei normali Kuiper Belt. In altre parole, quelli che oggi sono nel gruppo dei “rintanati”, diventeranno in futuro dei normali KB, mentre altri normali KB prenderanno il loro posto. In qualche modo si spiegava la strana situazione di Sedna e della sua orbita intoccabile da Nettuno e soci, ma non da parte del nuovo arrivato.

Le coincidenze, però, non finirono lì. Tra i Centauri a grande semiasse maggiore, oggetti disposti grosso modo tra Giove e Nettuno, ma sicuramente provenienti da zone più esterne, si erano scoperte orbite veramente rivoluzionarie, inclinate rispetto al piano dei KB di circa 90°. Un bel problema da risolvere.

Durante le simulazioni sugli effetti causati dal nono pianeta, si è visto che una delle conseguenze era anche quella di far ruotare di 90° le orbite di oggetti posti in certe configurazione approfittando della risonanza di Kozai (che crea un legame tra eccentricità e inclinazione… se aumenta una diminuisce l’altra e viceversa), più o meno elaborata. Fantastico… non c’era nemmeno bisogno di andarli a cercare… si conoscevano già, erano proprio quei Centauri!

In conclusione, l’ipotesi del nono pianeta spiega tre caratteristiche a dir poco anomale: (1) l’allineamento fisico di orbite con caratteristiche ben definite (molto lontane dai normali KB); (2) la creazione di orbite “staccate” come Sedna, apparentemente intoccabili da Nettuno & co.; (3) la rotazione di 90° dei piani orbitali di una certa popolazione di oggetti molto disponibili ai cambiamenti. E il tutto ottenuto con una sola ipotesi da verificare. In poche parole, tre piccioni con una fava!

Ne viene anche fuori una serie di azioni perturbatrici tipiche di un oggetto che è quasi sicuramente riuscito a pulire la sua “zona” di influenza, confinando, mettendo in oscillazione, ribaltando, e chissà quali altre cose ancora da scoprire e verificare. Insomma, un vero pianeta!

I due ricercatori, persone abbastanza schive e poco favorevoli all’euforia sfrenata, hanno concluso la loro presentazione ufficiale confermando che tutto ciò è ancora una pura speculazione teorica e, com’era successo per Nettuno, è necessaria una prova osservativa. E questo non è molto facile da ottenere in tempi rapidi. Non tanto per la magnitudine, stimata in 22 (niente di eccezionale al giorno d’oggi), ma per il movimento praticamente insignificante per i tempi umani.

A meno di non sapere esattamente dove cercare tra quell’incredibile numero di stelline di pari luminosità. Trovare quella che si muove impercettibilmente è come cercare un ago nel pagliaio e sperare tanto nella fortuna. Ci vorrà tanta pazienza e tanto “metodo”, senza farsi prendere dalla fretta. Oltretutto se il moto proprio orbitale non è sufficiente, ci si deve ricordare che esiste anche la parallasse annua di un oggetto decisamente più vicino di qualsiasi altra stella di sfondo!

Forza ragazzi, non temete e andate avanti… sento uno strano profumo… nettuniano! Perfino gli astrofili con una buona strumentazione potrebbero darvi una mano, ma… sappiamo che per molti di loro lo scopo ultimo è una foto ripetitiva della solita galassia o dei crateri lunari, e non certo un debole puntino luminoso che -forse- si muove.

In ogni modo, pianificando bene le osservazioni e leggendo altrettanto bene gli archivi, si spera che in cinque anni ci si possa riuscire (sempre che il nono pianeta esista davvero).

Mi piace concludere, ricordando una frase di speranza dei due ricercatori. Una frase in qualche modo, perfetta anche per il nostro circolo: “Speriamo di svegliarci un giorno e accorgerci che un fotone, partito dal Sole e riflesso dalla fredda superficie del nono pianeta, è atterrato proprio sullo specchio di un telescopio terrestre”.

Che dirvi, siamo tutti con loro e con tutti gli altri che sono già partiti nella ricerca. Personalmente, per quel poco che posso capire di una meccanica celeste così sofisticata, mi sento piuttosto ottimista.

Aspettaci pianeta NOVE. stiamo arrivando. Ah... se New Horizons dovesse ancora partire... ma, chissà...Fonte: Caltech/R. Hurt (IPAC)
Aspettaci pianeta NOVE. stiamo arrivando. Ah... se New Horizons dovesse ancora partire... ma, chissà...Fonte: Caltech/R. Hurt (IPAC)

 

QUI trovate tutti gli articoli in cui si parla dell'ipotetico nono pianeta

Può un semplice appassionato di astronomia contribuire alla ricerca del Pianeta Nove? Ebbene sì, si può fare!

19 commenti

  1. peppe

    Enzo ma almeno la parte di cielo dove converrebbe guardare non è intuibile dalle perturbazioni che provocherebbe questo pianeta nono? cioè almeno il pagliaio è facile da intuire o no? o dobbiamo cercare anch'esso?

  2. Alvermag

    Ciao Peppe!!
    Credo che stabilire l'"area" in cui potrebbe trovarsi .... mister X non risolva il problema, se l'obiettivo è individuare la posizione del pianeta. Ho provato a fare un calcolo di larga massima, così per gioco.
    Fissando il raggio orbitale in 20 volte quello di Nettuno si ottiene un valore di circa 600 U.A.
    Se l'area da sondare fosse nell'ordine di 1' d'arco, la parte di orbita in cui si trova l'oggetto corrisponde ad una lunghezza di circa 0,17 U.A., ovvero circa 26.000.000 km.
    Assegnando al pianeta un diametro pari a 4 volte quello terrestre (quindi circa 48.000 km) si ottiene che in quel tratto di orbita possono stare oltre 500 di tali pianeti, l'uno affiancato all'altro.
    Le moderne modalità d'indagine sono sicuramente molto più sbrigative di quelle che ho posto alla base delle mie elucubrazioni , ma i numeri restano impressionanti ... è davvero molto lontano.

  3. si sa che sta in direzione opposta a quella delle orbite dei magnifici sei... Quindi, una zona di ricerca c'è, ma.... non sarà cosa facile. Altro che pochi gradi quadrati... molto, molto di più, vista l'incertezza nella posizione.

  4. Alvermag

    Si, beh, ho considerato un arco veramente piccolo proprio per evidenziare come, anche in quel caso, l'area sia veramente enorme data la distanza. Inoltre, ragionando su angoli semplici anzichè su angoli al quadrato, ho implicitamente ammesso che sia stato individuato il piano dell'orbita, cosa che penso si possa escludere.

    Insomma, come dice Enzo, ce ne vorrà ....

  5. Daniela

    Scusate, ma l'area di ricerca non è quell'immagine inserita nel sesto commento a questo articolo...

    http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2016/01/21/il-nono-pianeta-e-per-adesso-a-tavolino-ma-chissa/

  6. esattamente Dany... attorno all'afelio (molto attorno.... :cry: )

  7. Gaetano

    Enzo, qual'è più "impercettibile" il movimento proprio del pianeta o quello proiettato sulle stelle "fisse" della via lattea grazie al movimento della terra, per esempio, di un anno?

  8. caro Gaetano,

    questo è proprio un bel problemino che potete risolvere facilmente da soli! Data un'orbita è facile stabilire la velocità dell'oggetto (anche ponendola circolare), ossia l'angolo percorso nell'unità di tempo. Analogamente, considerando l'oggetto fisso, è possibile calcolare la sua parallasse annua e quindi lo spostamento per unità di tempo. Poi basta confrontare i due valori....

    Forza!!!!! :wink:

  9. Gaetano

    Volevo Enzo! Ma poi ho pensato che era più sicuro chiederlo a te. Ci provo :wink:

  10. Dai che è facile (in modo approssimato, ovviamente)... :roll:

  11. Fantastico articolo! Dici che la poca luminosità non è un problema, e che il problema sarebbe la variazione della posizione (movimento apparente giusto?) estremamente lenta. Bene allora perchè non confrontare magari delle lastre fotografiche di 50 o 60 anni fa, di qualche buon osservatorio astronomico, se ce ne sono e se questa magnitudo era alla portata degli strumenti dell'epoca, con delle osservazioni odierne? Basterebbe questo lasso di tempo per osservare uno spostamento? Grazie!

  12. Gaetano

    Enzo è sbagliato dire che la proiezione si sposta di due U.A. sullo sfondo delle stelle che è lo spostamento di un anno della terra, perchè, considerando le stelle all'infinito (per approssimazione) bisogna considerare le parallele.  Adesso, se è giusto, mi concentro sul movimento proprio.

  13. caro Spleen,

    E' proprio quello che si vorrebbe riuscire a fare... ma quali lastre confrontare??? Il problema è sempre quello... un sacco di tempo sperando di avere le lastre giuste. La zona plausibile è estremamente ampia. E sono lastre in cui sono presenti  moltissimi asteroidi, sicuramente, e quindi sono complicate anche le soluzioni più o meno automatiche... Si può fare, ovviamente, ma ci vuole molto tempo e ... fortuna! :-|

  14. caro Gaetano,

    sì, quella è la parallasse annua: l'angolo sotto cui una "stella" vicina vede il semiasse terrestre (o il doppio del semiasse in un anno). Vai pure... :wink:

  15. Gaetano

    Allora nell'ipotesi che:

    distanza 90 miliardi di di chilometri

    durata rivoluzione 15.000 anni terrestri

    mi verrebbe in un anno terrestre uno spostamento di 37 milioni di chilometri, molto meno di due unità astronomiche pari a 300 milioni di chilometri s.e.&o.

     

  16. caro Gaetano,

    poco importa la distanza in km... per poter fare il paragone tra parallasse e moto proprio devi trasformare entrambi in radianti o in secondi d'arco,  ossia ciò che si riesce a osservare sulla sfera celeste.

  17. caro Gaetano,

    ti dispiacerebbe spostare le risposte future nei commenti dell'ultimo quiz sul nono pianeta? L'ho aperto proprio a seguito della tua ottima domanda...

  18. Gaetano

    Per il moto proprio abbiamo rad= 360x37x10^6/90x10^9= 0,148,

    per la proiezione dovuto al movimento della terra abbiamo rad=360x300x10^6/90x10^9=1,200.

    Sicuramente ho sbagliato qualcosa, ma sembrerebbe più semplice vedere la proiezione dovuta al movimento della terra. Mapotrebbero anche sommarsi o sottrarsi a seconda dei mivimenti reciproci.

  19. caro Gaetano,

    coma hai visto ho aperto un post su questo ... quiz. Aspetto che risponda qualche altro anche là... :wink:

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