30/05/20

La parallasse serve anche agli animali **

Nessuno ha dato una risposta... pazienza. Il vero scopo del quiz era, comunque, duplice. Innanzitutto avvicinarsi a una strategia realmente seguita da alcuni animali per la loro caccia e, poi, cercare di definire nel modo migliore un gioco da tavola basato su questa strategia. Forza, siamo appena all'inizio. I lauti guadagni  saranno equamente divisi...

La curva "parallattica"

Guardiamo in volto la tigre e il daino... Così come i nostri (anche noi siamo predatori, sotto molti aspetti...) gli occhi del felino sono posti entrambi su davanti del muso, frontalmente.  Senza entrare nei dettagli della fisiologia dei mammiferi (e non solo), ciò riesce a regalare una  visione binoculare. In poche parole ogni occhio vede la stessa cosa, ma da un angolazione leggermente diversa. Ciò comporta la possibilità di valutare la distanza di un qualcosa rispetto ad un altra e, di conseguenza, anche il movimento verso di lei o viceversa. Si sta applicando, in qualche modo, il fenomeno della parallasse che, fin dall'antichità, l'uomo ha cercato di sfruttare anche per valutare le distanze degli astri (QUI la pagina d'archivio con i principali articoli dedicati alla parallasse)

Nel caso astronomico (parallasse annua, per esempio) è necessario che lo spostamento tra le due visioni avvenga a distanza di tempo, a meno di non riuscire a guardare contemporaneamente lo stesso oggetto da due posizioni lontanissime tra loro e poi unire le immagini come fossero viste da un unico punto (esperimento di New Horizons su due stelle vicine). Per ciò che riguarda il piccolo ambiente che ci circonda è sufficiente una leggera diversità di visione per avere immediatamente una immagine a tre dimensioni.

Ricordo l'estrema difficoltà di un grande sciatore come Fausto Radici (facente parte della celebre Valanga Azzurra) che riusciva a eccellere nello slalom speciale pur essendo cieco da un occhio. Riuscire a realizzare la distanza tra i paletti senza la visione binoculare è qualcosa di eccezionale. Con un occhio solo, infatti, tutto appare piatto e solo la conoscenza e l'abitudine permette di classificare abbastanza fedelmente gli oggetti come lontani o vicini.

Riassumendo, i predatori riescono a vedere chiaramente se qualcuno o qualcosa si avvicina o si allontana da loro.

Passiamo al nostro daino... Si vede subito che i suoi occhi hanno una posizione diversa: ognuno è localizzato lateralmente. Ne segue che essi possono coprire una grande estensione visiva sia a destra che a sinistra, ma hanno un limitato  intervallo frontale in cui riescono ad avere una visione binoculare. Se noi ci avvicinassimo o ci allontanassimo lateralmente rispetto a loro appariremmo come una presenza appiattita rispetto allo sfondo.

E' quello che succede con il moto proprio stellare. Possiamo chiaramente vedere una stella muoversi rispetto a quelle più lontane; possiamo anche intuire che sia, perciò, più vicina, ma niente potremmo veramente dire sulla sua distanza. La visione binoculare che noi abbiamo non può certo agire su un oggetto troppo lontano. Ci dobbiamo accontentare di rilevare il movimento su un piano perpendicolare rispetto alla nostra linea di vista.

Ciò è quello che capita a molte prede. I loro occhi laterali le permettono di scorgere qualsiasi piccolo movimento in senso trasversale su una zona di terreno molto ampia e addirittura completamente diversa da un occhio all'altro, ma hanno grandissime difficoltà a accorgersi se un qualcuno o qualcosa si avvicina o si allontana da loro. Riproponiamo la figura di copertina della presentazione del quiz, aggiungendo sotto le immagini dei due mammiferi, in modo molto qualitativo, la loro capacità visiva. In verde, la parte interessata dalla visione binoculare.

Facciamo un ulteriore esempio: guardando anche con un solo occhio al di fuori del finestrino di un treno vediamo gli oggetti scorrere uno rispetto all'altro per via della loro distanza: i più lontani sembrano fermi, i più vicini si riescono a malapena a scorgere mentre transitano a grande velocità a fianco del treno. Con questo tipo di situazione potremmo facilmente giudicare le distanze seguendo l'approccio delle prede. Tuttavia, se lungo il corridoio del treno si sta muovendo il controllore, ci accorgiamo subito che si sta dirigendo verso di noi (e magari scappiamo nel bagno se siamo senza biglietto...). In questo secondo caso ci comportiamo come predatori, (o al contrario), ossia usiamo la capacità binoculare per valutare l'avvicinamento o l'allontanamento e cercare di fuggire dalle grinfie del vero predatore-controllore.

Applichiamo allora quanto detto in un caso pratico anche se, in realtà, come già avevo detto nella presentazione del quiz, la tigre non usa esattamente questa strategia, ma preferisce utilizzare altre sue capacità. Ricordiamo, infatti, che abbiamo annullato tutti gli altri sensi oltre alla vista, ma in realtà olfatto e udito giocano ruoli importantissimi, così come il mascheramento dovuto alla colorazione (chiedete al camaleonte...).

Immaginiamo, in Fig. 1 (a sinistra), la nostra preda A1 mentre sta brucando tranquillamente nella savana, spostandosi a velocità costante lungo una direzione rettilinea.

Figura 1

La tigre B1 si trova, rispetto a lei, esattamente nella direzione dell'albero O. La preda la vede, ma giudica  la distanza ancora più che sufficiente per poter scappare a velocità più sostenuta di quella della tigre,  in caso di avvicinamento ulteriore. Continua, perciò, a brucare. La tigre inizia improvvisamente la caccia utilizzando la classica curva di inseguimento, quella la cui tangente è, punto per punto, diretta verso la preda. Passa perciò in B2, poi in B3, ecc. Cosa vede il daino? Vede chiaramente un movimento del predatore in senso trasversale (visione dal finestrino del treno) e si mette in allerta, valutando lo spostamento della tigre, ossia il suo moto proprio rispetto all'albero (Fig.1, a destra). E' ora di scappare e a parità di velocità non risulterà difficile alla preda lasciare la tigre con un palmo di naso.

Una strategia questa che, se non accompagnata da altri accorgimenti, farebbe rimanere sempre la tigre a bocca asciutta.

Cosa dovrebbe fare il predatore per cercare di ingannare visivamente la preda? Muoversi verso di lei, lentamente, ma costantemente, cercando di non mostrare alcun moto proprio. Se la preda fosse ferma, al predatore basterebbe continuare ad avvicinarsi, cercando di minimizzare la variazione delle sue dimensioni nel tempo, quel tanto che basta per compiere il balzo finale. Pensiamo, infatti, alla capacità di riconoscere l'avvicinamento o l'allontanamento di qualcuno attraverso l'aumento o la diminuzione delle  dimensioni. Se la velocità della tigre fosse troppo alta, la variazione violenta di dimensioni potrebbe mettere  in allarme la preda. Ne segue che sono vivamente consigliate velocità relativamente basse, ossia tali che l'aumento delle dimensioni apparenti nell'unità di tempo stia sempre al di sotto della variazione rivelabile dalla preda. Si potrebbero anche fare dei conti conoscendo esattamente, caso per caso, le caratteristiche fisiologiche degli animali presi in considerazione (studi, questi, che sono stati spesso eseguiti). Sicuramente. la capacità di rilevare la minima differenza di dimensione dei paletti dello slalom era fondamentale per il nostro grande campione Radici.

Più difficile sarebbe la strategia nel caso che la preda si stesse muovendo senza timore, ma con costanza, brucando sempre lungo una certa direzione, come nel caso precedente. In questo caso il predatore dovrebbe dirigersi non certo verso la preda che si accorgerebbe del suo moto proprio, ma costantemente lungo la congiungente preda-albero, in modo che entri in gioco solo la parallasse (la visione binoculare) che la preda non potrebbe valutare, dando il fianco alla tigre. La curva sarebbe quella descritta in Fig. 2. A sinistra la strategia operativa che permetterebbe alla tigre di rimanere sempre sovrapposta all'albero, a destra ciò che vedrebbe la preda: una tigre immobile che aumenta troppo lentamente le proprie dimensioni per riuscire a rendersene conto. Al momento opportuno, alla tigre basterebbe fare il balzo risolutivo.

Figura 2

Come costruire facilmente questa curva? Utilizziamo la Fig. 3.

Figura 3

Nella posizione A1 della preda, la tigre si trova in B1 e l'albero in O. Al tempo t2 la preda si sposta in A2. Il predatore deve perciò trovarsi anche in quel momento nella direzione dell'albero O. Basta tracciare da B1 una circonferenza pari alla sua velocità nell'unità di tempo t2-t1.  Il punto dove questa circonferenza interseca la retta A2O è la posizione B2 che deve raggiungere la tigre: si è leggermente avvicinata, ma non ha manifestato alcun moto proprio alla preda, che la tiene sotto controllo con il suo singolo occhio a grande campo visivo, ma senza alcuna capacità parallattica. Come la preda si muove in A3, nuova circonferenza di raggio pari alla velocità nell'intervallo di tempo t3-t2. La tigre continua ad avvicinarsi ma, per la preda, rimane sempre nella direzione dell'albero O. Inoltre, come già detto, la variazione di distanza molto bassa non permette alla preda di accorgersi della variazione in dimensioni. Una strategia sicuramente meno rapida, ma sicuramente più redditizia.

In realtà, i punti raggiungibili dal predatore sono due, B2 e B2' (Fig. 4).

Figura 4

Il secondo (in arancione) appartiene anch'esso a una curva simile a quella di caccia, che va, però, in senso contrario, ossia si allontana sempre più dalla preda. Potrebbe essere utile nel caso che il predatore si accorgesse che la preda è decisamente più pericolosa di quanto pensasse all'inizio: una bella inversione di manovra, ma sempre lentamente per non essere attaccato a sua volta.

Non è difficile descrivere anche con una semplice equazione il valore della distanza d2, rispetto all'albero, raggiunta dopo la partenza che distava d1; analogamente calcolare poi d3 , d4 e via dicendo, fino a raggiungere una distanza dalla preda sufficientemente piccola per il balzo finale. Il parametro fondamentale da conoscere è l'angolo θ (A1OA2), tra A1 e A2 visto dall'albero (origine degli assi).

Consideriamo il triangolo OB1B2 e applichiamo il teorema di Carnot:

B1B22 = d12 + d22 - 2 d1 d2 cosθ

Nel tempo unitario, B1B2 = vB

vB2 = d12 + d22 - 2 d1 d2 cosθ

d22 - 2 d1 d2 cosθ - vB2 + d12 = 0

d2 = d1 cosθ +/- √(d12cos2θ - (d1- vB2 )) 

Dove le due soluzioni si riferiscono proprio alle posizioni B2 e B2'.

Un gioco da tavola

Come giù ripetuto più volte, la tigre non usa questa strategia e preferisce avvicinarsi lentamente alla preda, nascondendosi tra la vegetazione e sfruttando la sua capacità di muoversi senza far rumore e la giusta direzione del vento. Tuttavia, molti rapaci usano questa tecnica con altri uccelli o con animali terrestri, come il coniglio, prendendo come punto di riferimento l'infinito, ossia volando in modo che la congiungente tra la preda e loro rimanga sempre parallela. Alcuni insetti, invece, seguono la strategia parallattica per filo e per segno.

Le strategie del falco le potete anche trovare QUI

Torniamo pure alla determinazione geometrica, dove in fondo basta solo avere un compasso e un righello. Abbiamo a disposizione vari parametri liberi: distanza iniziale tra preda e predatore, distanza tra predatore e albero di riferimento, velocità relativa, cambiamento di direzione della preda. Unendo tutti questi parametri e variandoli nel modo migliore si potrebbe costruire un gioco da tavola, in cui si dà, ad esempio, un numero massimo di mosse per arrivare a una distanza inferiore a un certo valore m. La preda sarebbe libera di cambiare la propria direzione in qualsiasi momento. Si potrebbe anche aggiungere un limite massimo alla differenza tra  di + 1 e di. Magari si potrebbe anche cambiare la velocità secondo certe regole. Chi vincerà?

Forza, visto che nessuno ha risposto al quiz, qualcuno potrebbe essere interessato a definire per bene il gioco di preda e predatore, aumentando le difficoltà e tenendo anche conto della possibilità di indietreggiare da parte del predatore. Via con la fantasia!!!

trentatré... trentatré... trentatré!!!

 

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