30/04/21

Maxwell in versione integrale. 1: Il campo elettrico e la prima equazione **

Questo articolo è inserito nella sezione d'archivio dedicata all'Elettromagnetismo

 

I campi si assomigliano

Ricordiamoci brevemente come si rappresenta il campo gravitazionale newtoniano (per gli scopi dell'elettromagnetismo lo possiamo considerare perfetto, dato che Maxwell non conosceva ancora la relatività). Data una certa massa M si crea un campo vettoriale, rappresentato da una forza F che punta verso di lei. Tale forza ha la stessa intensità a parità di distanza, ma diminuisce con il quadrato della distanza. Se poniamo un'altra massa m nel campo vettoriale, essa subirà, conseguentemente, una forza che è è data dalla relazione:

F = G M m/r2

dove G è una costante ben conosciuta.

Bene, il campo elettrico è estremamente simile e segue la forza di Coulomb. Tale forza fuoriesce da una carica positiva Q. Anch'essa diminuisce col quadrato della distanza e si può scrivere:

FC = (1/(4π ε0)) (Q q/r2)

Se q ha lo stesso segno di Q viene allontanata, se invece ha segno inverso viene attirata, proprio come la forza gravitazionale. Anche ε0 è una costante, che dipende dal mezzo in cui sono presenti le cariche. Essa ha un valore ben determinato e nel vuoto viene indicata con ε0; prende il nome di costante dielettrica o permettività e va pensata come  la resistenza del materiale a contrastare l'intensità del campo elettrico.

La forza elettrica è decisamente più "forte" della forza gravitazionale. Se un elettrone e un protone non avessero carica, l'elettrone subirebbe una forza gravitazionale da parte del gigantesco protone che sarebbe ben 1039 volte inferiore a quella che l'elettrone subisce in quanto di carica opposta al protone.

Riassumendo velocemente, due cariche di segno diverso si attraggono e due cariche dello stesso segno si respingono. Abbiamo detto cose banalissime, ma è sempre meglio rimanere con i piedi ben per terra quando si inizia una nuova avventura.

Lasciamo da parte le somiglianze tra le due forze (elettrica e gravitazionale) e pensiamo solo alla prima.

Le cariche elettriche vivono anche da sole

Come si fa normalmente per la forza gravitazionale, si può definire un  campo vettoriale, dividendo la forza per la massa che lo subisce. In poche parole, il campo è la forza agente in un punto dello spazio per unità di massa. Se la forza è quella elettrica FC, il campo elettrico E viene definito dividendo la forza per la carica che subisce la forza, ossia q. Segue, perciò:

E = Q/(4π ε0 r2)                       .... (1)

Definiamo anche il flusso del campo elettrico, moltiplicando  il campo per la superficie su cui agisce:

dΦ = E dA

In poche parole, il flusso ci dice l'ammontare del campo che attraversa la superficie infinitesima.

In realtà, però, la forma precedente andrebbe scritta:

dΦ = E x dA

Siamo infatti di fronte a un prodotto scalare tra il vettore campo e il vettore normale alla superficie. Basta pensare che se il campo fosse diretto in modo non ortogonale alla perpendicolare alla superficie (n) si dovrebbe considerare solo la sua componente lungo la normale, dato che la componente perpendicolare a quest'ultima non darebbe contributo. Più correttamente il campo è quello che è ed è la superficie che potrebbe essere normale o "piegata" (Fig. 10)

Figura 10

Utilizziamo, allora, la Fig. 11, in cui consideriamo proprio una sfera "virtuale" attorno alla carica Q. La nostra superficie infinitesima ha la sua normale coincidente con la direzione del campo, per cui possiamo scrivere nuovamente (senza bisogno di prodotto scalare, dato che sono vettori concordi e il modulo è il normale prodotto dei due moduli (E e dA)):

dΦ = E  dA

Figura 11

Quanto sarà il flusso su tutta la sfera virtuale? Facile... basta integrare su tutta la superficie, ossia

Φ = ∫dΦ = ∫E  dA

Non abbiamo fatto altro che sommare tutte le superfici infinitesime in modo da coprire l'intera superficie sferica di centro Q.

Ne segue che l'integrale del flusso è proprio il flusso totale uscente dalla sfera, mentre l'integrale è proprio l'area della sfera (il modulo del vettore E è costante dato che siamo a una certa distanza r dalla carica)

Φ = E(4π r2)

ma ricordando la  (1)

Φ = Q(4π r2)/(4π ε0r2)

semplificando

Φ = Q/ε0

Per generalizzare ancora di più la situazione, potremmo pensare che dentro la sfera vi siano altre cariche (dello stesso segno). Bene, la cosa cambia poco, dato che il risultato non sarebbe altro che.

Φ = ∑Q/ε0

dove compare la sommatoria di tutte le cariche.

Cosa abbiamo dimostrato, in breve? Che il flusso uscente dalla nostra sfera di raggio r non è altro che una quantità che dipende solo dalle cariche contenute all'interno e da una costante tipica del materiale.

Attenzione: Nel seguito ci troveremo di fronte a vari integrali che hanno un significato diverso tra loro. In parole semplici, ci saranno integrali che "sommano" lungo una linea, altri che sommano su una superficie e, nel caso, anche su tutto un volume. Normalmente si usano simboli diversi o si introducono integrali doppi e tripli, tanti quante sono le dimensioni coinvolte. Noi useremo sempre lo stesso simbolo, dato che il tipo di integrale si riconosce subito dal differenziale che contiene: se fosse un dl sarebbe un integrale di linea, se fosse un dA sarebbe un integrale di superficie e se fosse un dV sarebbe un integrale di volume. Non spaventiamoci, comunque, dato che l'operazione di integrale non è altro che la sommatoria di tante quantità infinitesime.

ΦE = ∫E x dA = Q/ε0                      (dove Q è la carica totale)

Questa non è altro che la legge di Gauss, che diventa la prima equazione di Maxwell.

Ripetendo il concetto fondamentale, generalizzato al massimo:

Il flusso  elettrico attraverso  una qualunque superficie chiusa  dipende solo dalle cariche in essa contenute ed è indipendente dalla posizione interna delle cariche che lo generano.

N.B.: Ricordando quanto detto nel primo capitolo riguardo al significato di DIVERGENZA, possiamo formalmente ribadire che la divergenza in un campo elettrico uscente da una qualsiasi superficie che contiene una o più cariche positive all'interno è sempre positiva. In parole ancora più semplici, il flusso che esce è maggiore del flusso che entra (in questo caso il secondo è nullo). La scrittura formale in termini di divergenza la rimandiamo, comunque, a un secondo tempo, dato che, per adesso, trattiamo solo il metodo integrale. Ovviamente, se le cariche presenti fossero di segno opposto la sommatoria dovrebbe tenere conto del segno. Ne segue che si vi fossero tante cariche positive quante negative il flusso uscente sarebbe nullo.

Vediamo subito due banali conseguenze della legge di Gauss.

Immaginiamo di prendere una sfera metallica e di distribuire la carica positiva Q su tutta la superficie. A questo punto cosa succede se mettiamo nel punto A una piccola carica negativa q? Consideriamo una sfera di raggio rA maggiore del raggio della sfera metallica : la formula che ne segue rimane sempre la stessa, per cui  il campo uscente dalla - o entrante nella - superficie virtuale sarebbe lo stesso di quello che otterremmo concentrando tutta la carica nel centro della sfera metallica. In qualche modo vale quanto detto per la massa gravitazionale che può essere considerata tutta concentrata nel baricentro. Ma c'è di più...

Cosa succede se pensiamo  a un punto B interno alla sfera metallica? Se applichiamo la legge di Gauss, dobbiamo considerare la carica interna alla sfera, ma questa carica non esiste, dato che è solo esterna. Ovviamente, se la somma delle cariche contenute all'interno di una sfera di raggio rB è nulla, per la legge di Gauss, lo è anche il campo elettrico nel punto B.

Cosa comporta tutto ciò? Se inseriamo una piccola carica elettrica negativa (elettrone) all'interno della sfera metallica essa non sente alcun flusso dato che al suo interno non vi è carica positiva, ossia, in  parole molto povere, l'elettrone sta fermo. Ma come può mai essere? Bene o male dovrebbe "sentire" la carica distribuita sulla superficie... E, invece no. Non è difficile spiegarlo: se l'elettrone fosse esattamente al centro della sfera si troverebbe in perfetto equilibrio. Se invece, fosse in qualsiasi altro punto, sarebbe attratto dalla parte di superficie più vicina, ma questa parte sarebbe meno estesa di quella più lontana. Il calo di intensità del campo sarebbe controbilanciata perfettamente dall'aumento della quantità di carica dovuta a una maggiore superficie. Gira e rigira l'elettrone non si muoverebbe. Il succo di tutto è che all'interno di una sfera in cui la carica è distribuita in superficie non esiste campo elettrico.

(continua...)

2 commenti

  1. Alberto Salvagno

    e questa considerazione finale, se non sbaglio, c'entra con la gabbia di Faraday che ci protegge dai fulmini. O no?

  2. direi proprio di sì, caro Albertone!

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