14/03/14

I troiani cometari di Beta Pictoris **

Tutto nasce dalla scoperta di una grande quantità di ossido di carbonio, concentrato in una regione molto compatta, attorno a Beta Pictoris.

Le molecole di CO possono sopravvivere attorno a una stella per un tempo molto breve, non più di cento anni, prima di essere distrutte dai raggi ultravioletti. Ne consegue che o siamo stati enormemente fortunati nell’avere assistito ad un evento del tutto episodico oppure, molto più facilmente, il fenomeno deve continuare a ripetersi. Vi è “qualcosa” che rifornisce, continuamente, di nuovo CO la regione osservata .

Le comete, e altri oggetti ghiacciati, contengono notevoli quantità di CO e di altri gas. Quando una di esse si scontra con una sorella e si frantuma rilascia il gas contenuto al suo interno e anche l’ossido di carbonio viene liberato nello spazio. Partendo da questo scenario, si potrebbe concludere che in una regione molto compatta attorno alla stella si assiste a una frammentazione continua di oggetti cometari. Sotto questo punto di vista, la nube di CO si trova in una posizione abbastanza favorevole rispetto alla stella. Essa è, infatti, concentrata a una distanza di 13 miliardi di chilometri, circa tre volte la distanza di Nettuno dal Sole.

Beta Pictoris
L’immagine della nube(i) di CO ripresa da ALMA, attorno a Beta Pictoris (in alto). L’immagine può facilmente essere trasformata in una visione “polare” (in basso) che rende meglio l’idea di ciò che potrebbe esserci attorno alla stella. Fonte: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO) and NASA's Goddard Space Flight Center/F. Reddy.

Osservazioni precedenti di Beta Pictoris avevano già scoperto un disco di polvere, al cui interno stava “galleggiando” un probabile pianeta. Un  disco molto più vicino della nube di CO, solo a 1.2 miliardi di chilometri dall’astro. La nuvola di CO farebbe pensare che anche vicino a lei dovrebbe esistere un pianeta, in grado di confinare le comete che producono l’ossido di carbonio in una zona relativamente ristretta. Conosciamo molti meccanismi fisici in grado di eseguire questo confinamento, dai satelliti “pastori” di Saturno allo stesso Giove con i suoi “troiani”.

Ecco allora il modello proposto: un pianeta gioviano sarebbe accompagnato da due nuvole di detriti cometari in continua collisione tra loro. In particolare, per poter produrre il CO osservato, si è stimato che dovrebbe esserci la distruzione di un nucleo cometario ogni cinque minuti,. La massa del gas rivelato da ALMA è dell’ordine di un sesto della massa degli oceani terrestri. Ancora tutto da confermare, come  una seconda nube che sembrerebbe essere localizzata in posizione “simmetrica” rispetto all’ipotetico pianeta (proprio come i troiani gioviani). ALMA, però, non legge solo l’ossido di carbonio e in breve sarà capace di fornire osservazioni su altre molecole pre-organiche disperse dagli oggetti presenti nella nube e così … litigiosi!

Articolo originario QUI

troiani cometari
Visione artistica dell’ipotetico pianeta gioviano di Beta Pictoris, seguito nella sua orbita da nuvole di comete in continua collisione mutua. Fonte: NASA's Goddard Space Flight Center/F. Reddy

5 commenti

  1. gioyhofer

    Con tutte quelle comete che si scontrano, chissà che spettacolo nei cieli di quel pianeta...
    Altro che le nostre aurore boreali... 

  2. ti devo dare una brutta notizia... siamo troppo lontani dalla stella perché le comete diano spettacolo. Sarebbero solo pezzi di ghiaccio che si frantumano, ma troppo distanti dal pianeta per dare spettacolo. Pensa a Cassini... è vicino agli anelli, ma non vede nessuno scontro al loro interno, eppure ce ne sono a raffica...

  3. davide1334

    scusa enzo,ma come possiamo rilevare la nube di detriti che si scontrano e solo ipotizzare la presenza di un pianeta di tipo gioviano nella stessa orbita? non dovremmo prima riuscire ad individuare esso e poi eventualmente gli oggetti minori? è perchè magari ora si potrebbe trovare "dall'altra parte",eclissato dalla nostra visuale? o cosa?

  4. beh... caro Davide... ALMA ha lavorato solo sulla presenza di CO e non ha scandagliato la zona alla ricerca di un eventuale pianeta. Adesso, va fatta una ricerca nella lunghezza d'onda giusta, ma non è facile... Ricorda che spesso, in certe lunghezze d'onda, è molto più individuabile un disco di materia di piccole dimensioni che non un unico oggetto solido.

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