02/03/15

Segnali alieni, nubi notturne e cambiamenti climatici… **

Il satellite AIM (Aeronomy of Ice in the Mesosphere) è stato lanciato nel 2007, ma il suo scopo recondito non è mai stato divulgato ai media, per cui la conferma dei risultati delle sue rilevazioni è giunta praticamente inaspettata.

Sorgenti SICURAMENTE aliene sono state osservate direttamente e lasciano ben pochi dubbi sulla loro identificazione. Anche l’intero meccanismo di formazione dei segnali luminosi è ormai quasi completamente compreso. I visitatori dello spazio hanno dimensioni estremamente ridotte (meno di un milionesimo di millimetro), ma talmente numerosi che ogni giorno arrivano sul nostro pianeta tonnellate di corpi alieni. Il loro numero è sufficiente per stabilire stretti contatti con materiale di origine terrestre, soprattutto l’acqua.

Beh…, tornando seri, non ho certo parlato di UFO e ho anche detto cose essenzialmente vere. Gli amici di cui parlo sono veramente alieni, ma non sono altro che i grani della polvere interplanetaria, il residuo dei meteoroidi che impattano continuamente la nostra atmosfera e rilasciano minutissimi frammenti solidi anche nei suoi strati più alti, come la mesosfera.

Prima di proseguire vediamo brevemente nella Fig. 1, uno schema della nostra atmosfera e della sua temperatura.

Figura 1
Figura 1

Come si vede bene, la mesosfera e la mesopausa sono le zone nettamente più fredde e questo è il primo punto da tenere in considerazione. Quando e dove questo strato molto rarefatto raggiunge la temperatura minore? Sembrerebbe un assurdo (a prima vista) ma la stagione migliore è a cavallo del solstizio d’estate o d’inverno, a seconda che si consideri l’emisfero nord o sud. Sì, fa più freddo durante l’inizio dell’estate e non è un controsenso, in quanto esistono ragioni di tipo geometrico e di bilanciamento di temperatura e correnti che giocano in tale direzione.

Non andiamo per il sottile e crediamoci (non possiamo sconfinare troppo nella fisica dell’atmosfera…). Inoltre, la zona più influenzata da questo minimo di temperatura è quella compresa grosso modo tra i 50 e i 70 gradi di latitudine (nord e sud). Le zone più a nord (o più a sud) sono sfavorite dato che i raggi di taglio del Sole giungono continuamente. Quelle più  a sud (o a nord) non raggiungono temperature sufficientemente basse nella loro mesosfera. Primo punto quindi è che ci si trovi nel punto e nel momento giusto. Sì, ma per vedere cosa? Il favoloso e irreale spettacolo delle nubi nottilucenti.

Esse, perciò, si originano nella fredda mesosfera (si arriva fino a -120°C) e sono legate a un certo periodo dell’anno e a certe latitudini. Come dice lo stesso loro nome sono “nuvole” e quindi devono seguire i processi formativi di quelle ben più note e ben più basse. Come si formano le nuvole? In modo molto simile alle perle! E’ necessario che una qualche impurità entri nel mollusco e intorno a questa venga costruita la struttura sferica tanto luminosa e tanto ricercata. Un’autodifesa o qualcosa del genere; ai gioiellieri interessa poco: preferiscono il risultato.

Per le nuvole è lo stesso. E’ necessaria una qualche impurità sospesa nell’aria (in genere polvere, ma anche microrganismi) e immediatamente questa funge da catalizzatore e cattura goccioline d’acqua che cristallizzano attorno a lei, proprio come avviene nell’ostrica. Questo meccanismo prende il nome di nucleazione e permette di creare strutture cristalline sempre più estese.

In Fig. 2 riportiamo uno schema delle nuvole “normali”.

Figura 2
Figura 2

Esse, generalmente, non superano i 12-14 000 metri d’altezza e assumono forme diverse e ben conosciute. A seconda delle condizione di formazione, i nuclei cristallizzati possono diventare troppo pesanti e cadere al suolo sotto forma di neve, pioggia e grandine. Le nuvole più alte sono normalmente i cirri, simili a pennellate bianche molto sottili e allungate. Ovviamente, per le altezze a cui si formano, sono visibili durante il giorno e poi spariscono con la prima oscurità.

E’ proprio in quel momento che iniziano ad apparire le nubi nottilucenti, incredibili drappeggi nuvolosi, estremamente sottili (le stelle si vedono perfettamente dietro di loro) dal colore normalmente blu elettrico: una visione davvero irreale e dall’apparenza aliena. Dopo circa un’ora dal tramonto del Sole raggiungono la massima luminosità.  In modo simile alla Stazione Spaziale che viene vista distintamente quando siamo già di notte, ma il Sole ancora la illumina. Così il Sole, già dietro all’orizzonte, riesce a illuminare ancora a lungo nuvole che si formano tra i 60 e i 100 chilometri d’altezza, come illustra la Fig. 3.

Figura 3
Figura 3

Perché sono blu e non bianche e grigie? Presto detto. I loro cristalli sono dalle 10 alle 100 volte più piccoli di quelli dei cirri e quindi permettono di essere “scavalcati” dalla luce a grandi lunghezze d’onda (arancione, rosso), mentre bloccano e rifrangono quelle a bassa lunghezza d’onda, proprio come il blu. Lo stesso motivo che ci fa vedere il cielo blu, a causa della rifrazione e diffusione della luce sui grani piccolissimi sospesi nella bassa atmosfera. Nelle nuvole più basse, i cristalli sono grandi e rifrangono tutte le lunghezze d’onda producendo luce bianca.

Torniamo ai nostri “alieni”. Beh, sicuramente esistono, dato che si vedono, soprattutto dalla stazione spaziale che non ha problemi di luminosità diffusa, ma anche nelle regioni sub-polari. La Fig. 4 mostra queste nubi viste proprio dal’ISS. Mentre la Fig. 5 è una foto scattata da terra.

Figura 4
Figura 4
Figura 5
Figura 5

Tutto bello, magnifico e abbastanza semplice da spiegare? Assolutamente no. I problemi erano duplici fino a poco tempo fa, ossia prima delle osservazioni dell’AIM. Innanzitutto ci voleva qualcosa che facesse da impurità per le nostre ”perle” atmosferiche e poi ci voleva dell’acqua. Entrambe cose ben difficili da trovare a quelle altezze.

Va ricordato che il fenomeno delle nubi nottilucenti non è sempre esistito, o almeno così si dice. Esse apparvero in modo macroscopico dopo l’eruzione del vulcano Krakatoa, a fine ottocento. Insieme a stupefacenti colori di tutta l’atmosfera permeata dalle ceneri del vulcano trasportate a grandi altezze, apparvero chiarissime queste nubi azzurre.  L’impurità era ovviamente la cenere, mancava solo da spiegare la presenza di acqua. Ma, in fondo, un po’ di vapore poteva anche spingersi fino a quelle quote, dove solo temperature prossime ai -100°C potevano trasformarlo in ghiaccio.

Il vero problema apparve dopo molti anni dalla fine dell’eruzione: le nubi continuarono a ripetersi e lo fanno tuttora, anzi sono aumentate in estensione e frequenza. Vi doveva e vi deve essere un’altra fonte di impurità che ha preso il posto della cenere. Si era già pensato alla polvere interplanetaria, ma perché solo dopo la fine del XIX secolo?

Più recentemente, molti hanno cominciato a dirigersi (tanto per cambiare) verso il riscaldamento globale e l’inquinamento crescente. Le impurità dovevano essere di origine umana e ovviamente un presagio nefasto.

Le osservazioni di AIM tagliano la testa al toro. Altro che umane, sono proprio aliene! Resta tuttavia aperto un problema, anche se ribaltato: perché la polvere portata dai meteoroidi sembra aver creato queste splendide nuvole solo negli ultimi due secoli? Le risposte possono essere due: o prima non erano state notate e/o erano state confuse con i normali cirri, oppure perché qualcosa di “biologico” aveva trasportato in mesosfera ciò che mancava prima, ossia l’acqua. La prima spiegazione non sembra stare in piedi e allora si è studiata la seconda possibilità.

Il vapor d’acqua può difficilmente raggiungere altezze così grandi, dove l’aria risulta estremamente secca. Può riuscirci però il metano, sottoprodotto della vita biologica e in aumento considerevole per le varie azioni dell’uomo sia industriali che fisiche, legate entrambe alla sua proliferazione esponenziale. Il metano, però, non è acqua. Tuttavia, contiene quattro atomi di idrogeno che non vedono l’ora di essere ossidati. A quelle altezze non vi è acqua, o al limite pochissima, ma esiste il radicale OH, ansioso di catturare un atomo di idrogeno in più. Il gioco è fatto: il metano regala i suoi atomi di idrogeno e crea molecole d’acqua che nella polvere interplanetaria trovano la “casa” ideale per cristallizzarsi (Fig. 6).

Figura 6
Figura 6

Funziona proprio così? Forse sì, ma altri studi sono ancora necessari. Per il momento godiamoci (soprattutto se facciamo le vacanze nel nord Europa) queste fantastiche presenze aliene. Non scordiamoci, però, che potrebbero rappresentare un’ottima cartina di tornasole per lo studio dell’alta atmosfera.

Prima di proseguire verso i risultati più recenti, parliamo un po’ più estesamente della polvere aliena.

Figura 7. La luce originata dalla polvere zodiacale vista da Paranal in Cile. Fonte: ESO/Y.Beletsky
Figura 7. La luce originata dalla polvere zodiacale vista da Paranal in Cile. Fonte: ESO/Y.Beletsky

Se tutto il materiale contenuto tra il Sole e Giove fosse raccolto e compresso, si formerebbe un corpo celeste di 25 km di diametro. La maggiore sorgente di polvere nel Sistema Solare sono le collisioni mutue tra gli asteroidi e il materiale che evapora dalle comete in prossimità del Sole. Le particelle che impattano la Terra hanno un “range” di velocità che va da 30 000 a 248 000 km/h, in funzione della direzione dell’impatto rispetto a quella di rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole.

Le particelle subiscono un rapidissimo riscaldamento nello scontro con le molecole dell’atmosfera e raggiungono temperature superiori ai 1600 °C. A questo punto fondono ed evaporano. Corpuscoli con diametri superiori ai due millimetri bruciano producendo meteore visibili. Tuttavia, la maggior parte delle particelle che attraversano l’atmosfera sono decisamente più piccole e possono essere individuate solo attraverso radar speciali. Fatto sta che la valutazione della massa giornaliera di polvere impattante la Terra è ancora ben poco conosciuta, con enormi differenze tra le varie ipotesi.

Le osservazioni da satellite suggeriscono che ogni giorno entrino in atmosfera dalle 100 alle 300 tonnellate di polvere cosmica. Questi valori sono confermati dai depositi di elementi rari, come l’osmio e l’iridio, nei fondali oceanici e nelle calotte polari. Tuttavia, altre misure (osservazioni radar delle meteore, osservazioni laser degli atomi del sodio e del ferro, misure del ferro nella stratosfera) forniscono un valore nettamente più basso, non più di 5 tonnellate al giorno.

Se il valore si aggirasse intorno alle 200 tonnellate, se ne dedurrebbe che le particelle sono trasportate attraverso l’atmosfera in modo più rapido di quanto previsto. Se, invece, fosse intorno alle 5 tonnellate, si dovrebbero rivedere sostanzialmente le nostre conoscenze sull’evoluzione e sul trasporto della polvere nella bassa atmosfera.

I metalli inseriti nell’atmosfera dall’evaporazione della polvere, sono fortemente legati a molti fenomeni connessi ai cambiamenti climatici.

Riassumiamo ancora i concetti di base: la polvere cosmica è associata alla formazione delle nubi “nottilucenti”, le più alte nuvole atmosferiche, fornendo una superficie di appoggio per la creazione dei cristalli di ghiaccio. Queste nubi sono frequenti durante l’estate nelle regioni polari e sembrano essere ottimi indicatori del cambiamento del clima.

I risultati delle ricerche su polvere e nubi nottilucenti sono fondamentali per qualsiasi modello atmosferico, date le importanti ricadute sulla sua chimica  e quindi sulla climatologia. Come si vede, la scienza vera conosce i propri limiti e invece di gridare “al lupo, al lupo” cerca di migliorare le conoscenze troppo scarse per poter imporre qualsiasi tipo di previsione a medio termine. Peccato che spesso e volentieri non viene finanziata… Ovviamente, nessun modello catastrofico ufficiale si è mai occupato di questo risvolto.

Ed eccoci al risultato più recente…

La stagione meridionale delle nubi nottilucenti è terminata. AIM ha scritto la parola fine intorno al 20 febbraio. Nessuna sorpresa: tutto secondo previsto? No, non proprio. Guardando l’intera stagione 2014-15 (Fig. 8) si nota facilmente qualcosa di diverso nella frequenza delle nubi rispetto a quella degli ultimi otto anni.

Figura 8
Figura 8.  Fonte: AIM.

La frequenza è decisamente diminuita, soprattutto nel periodo in cui le nubi sono normalmente più abbondanti (da 15 a 25 giorni dopo il solstizio). Le ricadute non sono ancora chiare, ma vi è sicuramente un legame tra nubi nottilucenti e circolazione atmosferica globale, che, a sua volta, gestisce il clima. Si è in trepida attesa per il nuovo periodo settentrionale che inizierà a maggio: La situazione sarà identica? Il gennaio scorso, come appena detto, ci si è accorti di una loro improvvisa diminuzione. Due settimane prima vi era stato un drastico cambiamento nei venti stratosferici dell’artico che aveva causato un  vortice polare distorto. Lo stesso vortice che ha investito gli USA portando un periodo di freddo polare. Controllando i dati si è vista la stretta correlazione tra temperature americane e nubi antartiche, come mostra la Fig. 9.

Fig. 9. I cambiamenti della temperatura nei pressi di Indianapolis (linea blu e scale a sinistra e in basso) sono collegati ai cambiamenti nella stratosfera artica ( linea arancione e scale a destra e in alto) e alle variazioni di frequenza delle nubi nottilucenti a 77° di latitudine sud, due settimane dopo (linea rossa e scale a sinistra e in alto). Fonte: NASA
Figura 9. I cambiamenti della temperatura nei pressi di Indianapolis (linea blu e scale a sinistra e in basso) sono collegati ai cambiamenti nella stratosfera artica (linea arancione e scale a destra e in alto) e alle variazioni di frequenza delle nubi nottilucenti a 77° di latitudine sud, due settimane dopo (linea rossa e scale a sinistra e in alto). Fonte: NASA

Il fenomeno sembra essere ben più generale. Benché i poli della Terra siano separati da quattro oceani, sei continenti e più di 12 000 miglia nautiche, sembra che per l’atmosfera tutto ciò non sia affatto un problema  di “comunicazione”. L’AIM della NASA ha mostrato che vi sono strette connessioni tra i due poli. In particolare, si è stabilito, con ottima attendibilità, che la temperature dell’aria negli USA è correlata con la frequenza delle nubi nottilucenti dell’Antartico!

Più in generale, le nubi manifestano uno stretto legame tra la stratosfera artica e la mesosfera antartica. I venti della stratosfera artica controllano la circolazione della mesosfera. Quando i venti stratosferici diminuiscono si crea un effetto di “increspatura” che si propaga per tutto il globo e genera un riscaldamento della mesosfera antartica con conseguente diminuzione dell’umidità e una netta diminuzione delle nubi nottilucenti. Quando i venti riprendono ad aumentare, avviene il viceversa. Le due settimane di ritardo sembrano proprio il tempo necessario per trasportare l’informazione atmosferica dalla troposfera alla stratosfera e infine alla mesosfera, da un polo all’altro.

E’ un argomento estremamente complicato che deve essere studiato e analizzato adeguatamente, ma risulta, ancora una volta, molto chiaro che il clima è strettamente legato a fenomeni quasi del tutto sconosciuti. Le nuvole nottilucenti potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella climatologia futura. E siamo solo all’inizio.

Come poter mai pensare di essere in grado di prevedere il clima tra decenni? L’arroganza, l’ignoranza, la superbia e … il denaro sono gli unici parametri che possono convincerci di essere in grado di creare modelli attendibili. Qualsiasi commento è superfluo.

Tutti i soldi spesi per tenere viva una verità fittizia, potrebbero essere indirizzati verso uno studio davvero scientifico della nostra atmosfera, ancora un vero mistero per chiunque, IPCC compreso (anzi per primo!)

QUI parliamo delle nubi iridescenti o nubi polari stratosferiche

3 commenti

  1. Mario Fiori

    Enzo, lasciami dire che questo articolo è stupendo, per la scorrevolezza e semplicità ed il mio non vuole essere assolutamente un complimento tanto per...Mi è piaciuto molto anche perchè si scopre, finalmente, che si fanno (almeno speriamo) anche ricerche serie sul clima e , come previsto, ci sono tantissime scoperte nuove da fare. Ovviamente meravigliose la nubi nottilucenti. Una domanda, se posso: ma il metano, uno dei veri danni che si possono fare al clima, se a quelle altezze, incontrando l'ossidrile (OH mi sembra si chiami così nei miei ricordi della chimica) si trasforma in acqua, può essere un modo, forse limitato, di eliminarlo dall'atmosfera?

  2. grazie Mario... troppo buono, come sempre... :)

    Il metano potrebbe far danno ad altezze inferiori. Se arriva fino alla mesosfera non penso sia più un vero pericolo. Tuttavia, il metano è soprattutto di tipo biologico e come tale sono sicuro che la Terra sappia benissimo come trattarlo. Una volta ce n'era molto di più...

  3. foscoul

    Ottimo e piacevole articolo, si aprono nuovi orizzonti sulla conoscenza della nostra atmosfera.
    Di interesse le ipotesi di correlazione formulate tra la stratosfera artica e la mesosfera antartica. :)

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