15/02/16

Un grande astronomo non professionista e un risultato molto… personale *

Questo articolo (il vero lavoro l’ha fatto Lorenzo Franco) riporta un’interessantissima serie di osservazioni con un risultato che è particolarmente significativo per il sottoscritto. Avrei potuto intitolarlo: “La pancia c’è e si vede…”, ma è meglio andare con ordine e dare la giusta considerazione alla parte scientifica.

Iniziamo con il riportare una parte di quanto ho scritto nella presentazione tecnica di questo “circolo”:

…Esistono poi gli astronomi dilettanti o -se preferite- gli astronomi non professionisti. Persone che non hanno potuto lavorare ufficialmente nell’ambito scientifico, ma che coltivano una grande passione per l’astronomia. Passione che li spinge sia a voler conoscere il significato dell’Universo e dei suoi attori, sia -addirittura- a dare il loro piccolo, ma sempre fondamentale, contributo alla Scienza. In un mondo dove ormai i telescopi e le strumentazioni sono diventate sofisticatissimi e le loro dimensioni gigantesche, vi sono ancora molti campi di ricerca che si trovano “sguarniti” proprio perché “snobbati” dai giganti tecnologici e/o perché necessitano di osservazioni e di dati costanti e continuativi nel tempo. Parlo delle posizioni e delle caratteristiche fisiche degli asteroidi e delle comete, dell’evoluzione successiva all’esplosione di una nova o  supernova, dello studio delle stelle variabili, e di molto altro ancora. Questi contributi sono studi e non osservazioni pure e semplici. Gli astronomi non professionisti aiutano e collaborano con i professionisti (in America moltissimo), pubblicano con loro e hanno ormai una cultura di base, magari specialistica, ma sempre di altro livello. Purtroppo in Italia ve ne sono pochissimi…”.

Bene, Lorenzo Franco, che forse alcuni di voi ricordano, è proprio uno di questi. Anzi, perfino qualcosa di più. Le sue osservazioni fotoelettriche hanno risolto molti casi peculiari relativi agli asteroidi, tra cui spicca un risultato veramente eclatante di cui avevamo parlato QUI,  relativo a un asteroide doppio. Collabora costantemente con grandi astronomi mondiali tra cui il grande amico Alan Harris, con il quale ho condiviso tante accese discussioni, tante proficue collaborazioni e –soprattutto- tante degustazioni di grandi cibi e di grandi vini sia in California che in Piemonte.

Facciamo un passo indietro e prendiamo un po’ in giro quel gruppo di astronomi che negli anni ’70 avevano deciso di dedicarsi a uno studio praticamente appena nato, quello delle caratteristiche fisiche degli asteroidi, tra cui non solo la determinazione dei parametri geometrici e fisici, quali periodo di rotazione, forma, asse di rotazione, riflettività superficiale, ecc., ma anche la loro evoluzione collisionale legata strettamente a una loro caratteristica veramente peculiare, quella di rappresentare una popolazione unica di oggetti cosmici che contenevano il passaggio da corpi dominati dalle forze di stato solido (schegge irregolari) a corpi dominati dall’autogravitazione. Da cui le celebri forme di equilibrio a tre assi e le altrettanto celebri “pile of rubble”("ammassi di macerie" di cui abbiamo parlato QUI) che ormai rappresentano un modello classico per i corpi minori del Sistema Solare, dagli asteroidi alle comete e perfino a parecchi satelliti.

Eravamo un piccolo gruppo di “pionieri” che lavoravano molto insieme e che discutevano altrettanto spesso anche in modo acceso. Erano tempi in cui non era facilissimo scoprire nuovi asteroidi e quelli numerati e classificati ufficialmente, con tanto di “nome proprio”, erano appena un paio di migliaia. Era, quindi, ovvio, che avere il numero più piccolo (a parità di età) era un segno di “anzianità” professionale. Mi ricordo molto bene quanto noi di  numero con il "2" davanti, come il sottoscritto (2813), Alan Harris (2929), Ed Tedesco (2882), prendevamo in giro bonariamente i colleghi del DPS di Tuscon, Stu Weidenschilling (3639) e Don Davis (3638) che avevano davanti il "3". Ragazzate o poco di più, che finivano con qualche bevuta e qualche brindisi tutti assieme(questo e altro l'ho raccontato in questa intervista).

Cosa c’entra questo antefatto con le osservazioni del nostro amico Lorenzo Franco. In realtà molto… Una cosa era avere il nome collegato a quello di un asteroide e il numero più piccolo, ma la vera “sciccheria” era avere a disposizione anche la propria curva di luce fotoelettrica, con tanto di periodo di rotazione. Gli oggetti erano piuttosto deboli e non era facile. Ci voleva molta fortuna e, in fondo, un asteroide di poche decine di chilometri di grandezza, non era certo una ricerca particolarmente interessante. Il tempo al telescopio si usava per “target” ben più significativi.

Un po’ alla volta, non solo il numero di asteroidi osservati è cresciuto in modo esponenziale, ma anche le tecniche per determinare la curva di luce di oggetti sempre più deboli è diventata alla portata di strumenti sempre più normali, molti dei quali a disposizione dei veri astrofili, ossia dei veri appassionati del cielo che non si limitavano a osservare le famose galassie più inventate che reali, ma mettevano le proprie capacità a disposizione della vera Scienza con tanta umiltà e dedizione.

E così ecco che proprio adesso, all’alba del 2016, ho avuto la fortuna di vedere come sono fatto! Il carissimo e bravissimo amico Lorenzo Franco è riuscito a “beccarmi” mentre ruoto (abbastanza lentamente) attorno al mio asse di rotazione. Ho, comunque, la conferma assoluta di essere proprio io… lo indica chiaramente il pancione che domina la curva di luce. A parte gli scherzi, lascio la parola a Lorenzo che ha avuto la gentilezza di mandarmi qualche riga di spiegazione e le figure relative.

Report osservativo sull'asteroide 2813 Zappala

Lorenzo Franco, Balzaretto Observatory (A81), Rome, Italy  (http://digilander.libero.it/A81_Observatory)

L'asteroide 2813 Zappala (1981 WZ) venne scoperto il 24 novembre del 1981 dall'astronomo americano Edward Bowell  presso il Lowell Observatory in Arizona (USA). Si tratta di un asteroide di fascia principale (collocato tra Marte e Giove) con un diametro stimato di 37 km, un'orbita con semiasse maggiore di 3.137 unità astronomiche, periodo di 5.56 anni, inclinazione di 14.74 gradi rispetto al piano dell'eclittica ed eccentricità di 0.15. L'asteroide prende il nome dall'astronomo italiano Vincenzo Zappalà in suo onore.

Verso la metà del mese di gennaio 2016, l'asteroide di trovava in opposizione ed era quindi in condizioni favorevoli per l'osservazione. Nella fase di opposizione gli asteroidi raggiungono la loro massima luminosità e nel nostro caso la luminosità stimata dell'asteroide era di 14.7 mag in banda V.  Luminosità sufficiente per poterlo osservare dal mio sito osservativo in Roma (il terrazzo di casa) e con la mia strumentazione (telescopio riflettore da 20 cm con una camera CCD raffreddata).

L'obiettivo era quello di riuscire a determinare il periodo di rotazione dell'asteroide e la sua curva di luce. Da notare che, nonostante l'asteroide fosse stato scoperto più di 34 anni fa, non era ancora stato oggetto di alcuna analisi fotometrica, quindi la mia sarebbe stata la prima indagine di questo tipo.

Mi sono messo al lavoro e così ho compiuto la prima osservazione la notte del 12 gennaio, approfittando delle condizioni meteo favorevoli. Nel corso della notte sono state acquisite più di 60 immagini, ciascuna con tempo di integrazione di 420 secondi. Al termine della sessione, dopo la fase di riduzione dei dati, mi sono subito accorto che il periodo di rotazione non sarebbe stato proprio breve e sarebbero state necessarie numerose notti di osservazione per completare l'intera curva di luce. Infatti, la curva di luce acquisita mostrava solo un pezzettino dell'andamento complessivo,  la variazione intorno ad un minimo di luminosità.  Gli asteroidi hanno spesso una forma allungata, per cui le variazioni di luminosità registrate durante una rotazione completa mostrano un andamento “bimodale” composto da due massimi e due minimi per ciclo.

Visto il meteo favorevole, ho continuato ad osservare l'asteroide anche per tutta la notte successiva (13 gennaio) ed anche in questo caso sono riuscito a registrare solo un altro pezzettino della curva di luce, questa volta intorno ad un massimo, come si può vedere dalla Fig. 1. 

Figura 1: Le curve di luce acquisite durante le notti del 12 e 13 gennaio 2016 mostrano rispettivamente un minimo ed un massimo di variazione.
Figura 1: Le curve di luce acquisite durante le notti del 12 e 13 gennaio 2016 mostrano rispettivamente un minimo ed un massimo di variazione.

La Fig. 2 mostra, invece, il percorso dell'asteroide nel corso della notte (il tratto al centro dell'immagine), lungo il quale si notano diverse stelle di campo più o meno luminose, di cui occorrerà tener conto nella fase di riduzione fotometrica per evitare grossolani errori.

Figura 2: Il campo stellare della notte del 13 gennaio 2016 dove si vede la traccia lasciata dall'asteroide nel suo movimento durante tutta la notte (0.54 arcsec/min). Immagine centrata sulle coordinate RA=07:15:18, DEC=+02:09:20.
Figura 2: Il campo stellare della notte del 13 gennaio 2016 dove si vede la traccia lasciata dall'asteroide nel suo movimento durante tutta la notte (0.54 arcsec/min). Immagine centrata sulle coordinate RA=07:15:18, DEC=+02:09:20.

Il meteo sfavorevole nella seconda metà di gennaio e il periodo di rotazione stimato di non meno di 15 ore mi hanno fatto ritenere fosse il caso di coinvolgere altri osservatori, per riuscire a completare l'intera curva di luce. In Astronomia, così come in altre discipline scientifiche, è di fondamentale importanza ogni forma di collaborazione.

Mi sono quindi rivolto ad Alessandro Marchini, che opera presso l'osservatorio dell'Univesità di Siena, ed a Daniel Klinglesmith (Magdalena Ridge Observatory) nel New Mexico (USA).

Le successive osservazioni effettuate nel mese di febbraio, prevalentemente da Daniel Klinglesmith, hanno finalmente permesso di determinate la curva di luce completa ed il periodo sinodico di rotazione dell'asteroide, corrispondente a 18.231 ± 0.001 ore (Fig. 3).

Figura 3: Curva di luce completa dell'asteroide 2813 Zappala. Il risultato di dieci notti osservative, dal 12 gennaio al 14 febbraio 2016.
Figura 3: Curva di luce completa dell'asteroide 2813 Zappala. Il risultato di dieci notti osservative, dal 12 gennaio al 14 febbraio 2016.

L'ampiezza delle variazioni di luminosità della curva di luce è risultata di 0.28  ± 0.03 magnitudini. Questo significa che tutto sommato l'asteroide ha un aspetto abbastanza sferico e non molto allungato. E' necessario tener presente che la curva di luce (profilo ed intensità delle variazioni) contiene delle informazioni utili per determinare la forma dell'asteroide, occorrono però numerose curve di luce (non meno di tre) acquisite in diverse opposizioni ed in diverse configurazioni geometriche.

Il risultato di questo studio sarà pubblicato prossimamente sul Minor Planet Bulletin e rappresenta un mio omaggio personale all'astronomo Vincenzo Zappalà.

 

Personalmente non posso che essere commosso per il tempo che Lorenzo e i suoi colleghi hanno dedicato per stabilire in quanto tempo giro intorno al mio asse (come vedete sono piuttosto vecchio e mi muovo lentamente…) e la mia forma piuttosto arrotondata (il massimo secondario mostra proprio un bel "pancione" che, ve lo assicuro, esiste realmente!).

Lo so, è una piccola notizia che, però, mi dà un grande piacere, non solo per avere la mia carta d’identità sul PC e probabilmente su un bel quadretto che metterò bene in vista, ma -soprattutto- per sapere che esistono ancora appassionati del Cosmo veri e che con mezzi nemmeno troppo sofisticati riescono a dare il proprio contributo alla Scienza. La S maiuscola non riguarda certo l’importanza del fenomeno in sé, quanto il modo, la dedizione e l’umiltà che ha portato al risultato acquisito. L’Universo ci ha insegnato che non esistono corpi di serie A o di serie B e nemmeno ricerche di serie A o di serie B. Sia i buchi neri che una nana bruna hanno il loro ruolo altrettanto importante nel Cosmo.

Che dire… grazie Lorenzo e i miei migliori auguri di future osservazioni sempre più brillanti e utili per la comunità scientifica internazionale.

Nel frattempo, andate a leggere due recenti lavori pubblicati da Lorenzo sul MPB,  QUI e QUI.

 

Il primo riguarda la soluzione di un problema di lunga data relativo all’asteroide Crocus, il secondo a un’analisi spettroscopica di un oggetto che sembra appartenere alla classe peculiare dei vestoidi, ossia potrebbe facilmente essere uno dei frammenti "lanciati" da Vesta verso la zona più interna del Sistema Solare.

Quanti astrofili, pieni di oculari, di sigle, di visioni in "distolta", dovrebbero imparare dal nostro caro amico che spero ci invierà sempre più spesso notizie del suo ottimo lavoro scientifico! Questo è amare veramente il Cosmo e penso proprio che Lorenzo si diverta anche lui ad ammirare quei puntini luminosi che riesce a vedere nascere e concretizzarsi  immagine dopo immagine.

 

Come si ottiene il periodo di rotazione, attorno al proprio asse, di un asteroide? E’ semplicissimo rispondere. Basta misurare il flusso di luce che riceviamo e costruire la relativa curva di luce in funzione del tempo... lo abbiamo spiegato QUI

3 commenti

  1. SuperMagoAlex

    Grazie Enzo e complimenti a Lorenzo!  :)

    Però non ho capito come funziona la numerazione, ad esempio nel 2813, il 2 indica l'anzianità dell'astronomo a cui è stato intitolato e l'813 è il numero progressivo dell'oggetto?

     

  2. No, no, SMA...

    sono tutti numeri progressivi, ma avere il due davanti voleva dire essere sicuramente più anziani di chi aveva il tre... E poi, vi erano state due ondate di "premiazione" degli addetti ai lavori, una quando ancora si era intorno ai 2000 e poi una nuova quando già si era nel 3000. Per cui un 2800 e un 2900 si sentivano più fratelli  che non un 2900 e un 3001.  In poche parole, avere un numero più basso del 3000, voleva dire di essere di una classe superiore...

    Buffonate da ragazzi un po' cresciuti, ma quante risate.... :mrgreen:

  3. givi

    Congratulazioni a Lorenzo Franco.

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