12/02/17

Raccontiamo i corpi planetari. 6: Lo strano caso del Dottor Titano e di Mister Iperione **

Questo articolo è stato inserito nella sezione d'archivio "Raccontiamo i corpi planetari", compresa in "Sistema Solare"

 

Siamo giunti a Iperione, un corpo di dimensioni non certo trascurabili, ma dalla forma del tutto irregolare (360 x 266 x 205 km). Un unicum tra i satelliti di certe dimensioni (o quasi), anche perché la sua rotazione attorno all’asse è del tutto caotica. Inoltre, è un satellite che conosco molto bene…

Guardando le fantastiche immagini riprese da Cassini, a distanza molto ravvicinata, Iperione sembra una spugna, ultra satura di innumerevoli crateri da impatto. Questa strana apparenza si deve soprattutto dalla bassa densità del corpo celeste (circa  la metà di quella dell’acqua!). Tuttavia, il colore scuro che si nota in superficie fa pensare a una composizione ricca di sostanze organiche. Una specie di piccola assurdità. La ragione è probabilmente un’interazione pesante con gli altri satelliti. Quasi sicuramente la polvere proveniente da Giapeto e da Febe hanno sporcato del ghiaccio quasi puro.

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Tuttavia, la sua vita avventurosa non si limita solo a questo… Probabilmente esso era ben più grande in origine, ma un impatto violentissimo con una cometa gli ha strappato gran parte della massa, lasciando un piccolo nucleo di ghiaccio. Chissà che composizione poteva avere l’oggetto originario? “Impossibile da sapere” -si potrebbe dire- e invece Titano potrebbe mostrarcelo chiaramente. Insomma un mister Hyde-Iperione, colpito nel profondo, sembrerebbe aver dominato il  gigante buono dottor Jekyll-Titano, rendendolo un satellite veramente speciale. Ma andiamo con ordine…

Innanzitutto, ricordiamo che la densità così bassa fa pensare a un corpo pieno di “vuoti”, ossia il tipico ammasso di blocchi di ghiaccio (pile of rubble) che si ritrova con grande facilità nella fascia asteroidale a causa dei continui impatti mutui. Iperione si sarebbe in qualche modo ricostruito con quello che era riuscito a riprendersi attraverso la sua gravità. Il resto è stato trascinato via, comandato –forse- da una non sopita voglia di vendetta (o  -preferisco- dalla voglia di essere ancora utile a qualcuno).

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Le condizioni orbitali di Iperione non sono tranquillissime, trovandosi in risonanza 4/3 con Titano, come mostra la figura che segue, in cui si nota anche bene l’eccentricità dell’orbita di Iperione.

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Con una simile eccentricità la risonanza può essere molto critica e favorire la mancata stabilizzazione del suo periodo di rotazione. Anche se ha preso qualche contromisura (Iperione orbita attorno a Saturno su un’orbita ellittica in modo da trovarsi all’apoastro quando è in congiunzione con Titano) per sopravvivere, esso rimane comunque ai bordi del caos. Una situazione viva e ricca di inaspettati risvolti, come è stato spiegato molto bene nel celebre Jurassic Park e nel suo seguito (nei libri però… non nei film…) di Michael Crichton.

Iperione e Titano, un binomio di amore-odio che ha prodotto questa strana doppia faccia di Iperione (all’inizio, probabilmente, un normale satellite di dimensioni ben superiori; alla fine una scheggia spugnosa, simile a una roccia di pietra pomice profondamente craterizzata) e una rivoluzione totale su Titano.

A questo punto, permettetemi di entrare in ballo in prima persona, insieme ai colleghi di Pisa e a un personaggio a dir poco fantastico, Bob Strom, del Lunar and Planetary Laboratory di Tuscon.  Siamo nel 1981, dopo il passaggio delle sonde Voyager 1 e 2 nei pressi di Saturno. Immagini fantastiche, anche se ben poco potevano dire su Titano e sul piccolo Iperione. Tuttavia, la sua apparenza irregolare si notava chiaramente.

Il fatto che Iperione sia stato impattato da una cometa vagante non è assolutamente peculiare. Lo stesso è sicuramente accaduto anche ai suoi fratelli di dimensioni più o meno analoghe (Mimas, ad esempio), dove la collisione ha distrutto completamente l’oggetto originario. Tuttavia, normalmente, i frammenti espulsi rimangono su un disco attorno al nucleo e in breve tempo (decine di migliaia di anni) ricadono su di esso, riformando qualcosa di molto simile al corpo primigenio. Un processo piuttosto analogo a ciò che è capitato per la creazione del sistema Terra-Luna.

Perché Iperione non ha subito la stessa sorte? Abbastanza facile da spiegare. Iperione si trova nella risonanza di moto medio 4/3 con Titano. Questo fatto determina un’orbita tranquilla per l’oggetto in sé, ma lascia poco spazio ai suoi eventuali frammenti. Come già detto, siamo ai bordi del caos… Essi subiscono perturbazioni violente da parte del gigantesco satellite: la risonanza è un luogo riparato, ma non certo la zona che la circonda.

Questa era l’idea originale che cominciò a girarci in testa: dov’erano finiti i frammenti di Iperione? La verificammo effettuando esperimenti numerici su un certo numero di frammenti simulati, in modo abbastanza semplificato (tanto per avere un’idea della capacità di Mister Hyde-Iperione…). Scoprimmo che se essi venivano scagliati con velocità maggiori di 100 metri al secondo, rispetto al corpo originario, erano immessi in traiettorie caotiche aventi per la maggior parte rapidi incontri ripetuti con Titano.

Velocità di quell’ordine di grandezza sono più che probabili a seguito di un urto con un oggetto di massa pari a un millesimo di quella del proto-Iperione che l’avesse urtato a una velocità di circa 10 km/sec. Un urto di quel genere non può spostare il nucleo più massiccio, l’odierno Iperione, ma può creare una nuvola di frammenti, alcuni capaci di ricadere sul genitore e molti altri liberi di scappare verso il sistema di Saturno e Titano, in particolare.

Questi risultati preliminari furono pubblicati in un primo lavoro apparso sulla rivista americana Icarus nel 1983 (qui).

L’appetito, però, viene mangiando. Per potere approfondire l’ipotesi bisognava avere a disposizione i dati dei Voyager che erano ancora nelle mani dei responsabili americani e che sarebbero stati presentati solo dopo averli analizzati ed elaborati per non farsi “fregare” dagli europei e italiani, in particolare, ben noti per avere meno tecnologia, ma molta più intuizione, fantasia e cultura di base (a quei tempi, almeno… ve l’ho raccontato anche QUI).

Stavamo assistendo proprio al grande Congresso su Saturno di Tucson e decidemmo di andare a parlare con il  Prof. Bob Strom, responsabile dell’imaging delle sonde Voyager. Abituati ai nostri “baroni” pensavamo di sprecare il tempo. E, invece, ci trovammo di fronte una persona modesta, straordinariamente cordiale e onesta che si rese subito conto di ciò che il nostro studio poteva comportare. Perché non collaborare? E ci mise a disposizione non solo i dati più o meno grezzi, ma anche un suo laureando.

Ricordo ancora che celebrammo la collaborazione con una magnifica cena a base di bistecche enormi (peso minimo mezzo chilo, ma mediamente di un chilo) cotte alla brace in un ranch nei dintorni di Tucson: da leccarsi ancora i baffi (oltretutto pagava Bob…). Come ho detto varie volte… la ricerca e la carriera sono cose molto importanti, ma la semplicità e l’umiltà di quell’incontro, il suo lato umano, finito a pacche sulle spalle con una bella birra in mano, sono spesso i momenti più belli e ricchi di stimoli di una vita dedicata alla Scienza (quella vera, ovviamente…).

L’idea di base era questa: quanto materiale, proveniente da Iperione, sarebbe finito su Titano? A che velocità media lo avrebbe impattato? E in quanto tempo?

Ulteriori simulazioni, molto più accurate  con dati molto più precisi, portarono a dimostrare che una vera pioggia di detriti avrebbe investito Titano nel giro di un migliaio di anni, con velocità d’impatto di poco inferiori ai 4 km/sec. I frammenti avrebbero potuto tranquillamente alterare l’atmosfera primordiale del grande satellite e per effetto dell’urto creare azoto libero spezzando l’ammoniaca e, nel contempo, depositare materiale organico anche complesso. Anzi, se il proto-Iperione fosse stato di un migliaio di chilometri di diametro, i soli frammenti avrebbero potuto formare l’intera atmosfera titaniana.

In entrambi i casi, l’atmosfera che vediamo oggi sarebbe stata pesantemente influenzata, se non completamente creata, dai detriti di Iperione e il terreno sottostante sicuramente alterato nella sua composizione. Titano figlio di Iperione, allora?  O meglio, Titano-Jekyll trasformato da Iperione-Hyde.

L’articolo finale apparve su Icarus nel 1990 (qui) ed ebbe un grosso impatto sui colleghi internazionali. Poi, però, se ne parlò sempre meno, in attesa di Cassini, anche se noi restammo convinti che descrivesse un processo più che probabile.

Le immagini di Cassini non potevano che dimostrare quanto l’ipotesi della distruzione e della perdita di massa fosse più che plausibile. L’ipotesi Iperione, creatore di Titano, sembrava confermata. Ma i tempi erano cambiati… e io ero già in pensione.

Ed ecco la “sorpresa”. Nel 2011, ricercatori giapponesi dell’Università di Tokio  hanno comunicato di aver formulato una “nuova” teoria sull’origine dell’atmosfera di Titano. Essi dicono che vari test e simulazioni indicano  che essa si creò a seguito di impatti con sciami di meteoriti. I ricercatori hanno simulato collisioni di vario materiale su uno strato di ammoniaca e hanno verificato direttamente la creazione di azoto libero. Inoltre la pioggia di detriti cosmici avrebbe prodotto notevoli cambiamenti nei composti organici presenti al suolo. Sono fermamente convinti di aver risolto un mistero rimasto tale e quale anche dopo la missione Cassini.

Ovviamente non fanno alcun riferimento al nostro lavoro di vent’anni prima… E’ inutile dire che tra detriti cosmici di incerta provenienza e i frammenti di Iperione il passo è molto breve. Anzi, basta collegare due fatti legati strettamente da un po’ di Meccanica Celeste. E, invece, i nuovi giovani si sono fermati a meteoriti senza pensare di collegarle a quello strano Mister Hyde. Una ovvia perdita di visione globale del fenomeno, accentrando tutto sull’effetto senza pensare alla causa che era lì, a portata di mano.

Che dire? Anche questa è Scienza. D’altra parte, il numero di articoli che appaiono quotidianamente sulle riviste specializzate è altissimo e non è facile stare dietro a tutto, soprattutto cercare su pubblicazioni ormai “datate”, anche se si è in buona fede.

Dovremmo scrivere qualcosa, fare polemica? No, non importa. I nostri lavori restano e qualcuno prima o poi li riporterà allo scoperto.

A me (e ai colleghi italiani e americani con cui ho collaborato) resta, comunque, il piacere di averci visto (probabilmente) giusto… e di poter affermare la verità su queste pagine senza paura di essere smentito.

Intanto, divertiamoci ed emozioniamoci nel vedere il passaggio ravvicinato che segue:

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La serie completa degli articoli sui corpi planetari la trovate QUI

4 commenti

  1. Gianni Bolzonella

    Deve essere fonte di grande orgoglio,essere stato protagonista di ricerche al limite,collaborando in prima persona con grandi menti.Molti dicono che lo hanno fatto per l'umanità,ma io credo che il fuoco sia lo stesso che accompagna l'esploratore,una sfida anche con se stessi.Quando si ha coscienza di avere un buon cervello, sarebbe grande spreco usarlo per cose che possono essere fatte da altri,che non hanno quel dono.

  2. Sai, Gianni, queste sono ricerche "piccole" che necessitano di "piccole menti". Comunque, la soddisfazione di mettere un altro tassellino al suo posto c'è sempre...

  3. Mario Fiori

    Non proprio piccole , caro Enzo, umiltà si e polemicadi certo no, ma non sminuire troppo la tua mente e la mente di chi al momento era con te.

    Comunque sia carissimo, e scusa se questi giorni non ero presente causa un piccolo intervento di mia mamma,

    comunque sia i tuoi studi sui cosiddetti corpi minori del Sistema Solare ( Asterodi, Comete, Satelliti, Pianetini vari) sono estremamente coinvolgenti e sono una continua scoperta e meraviglia.

  4. troppo buono Mario...

    comunque, tanti auguri e un abbraccio a tua mamma! :-P

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