20/07/18

I Racconti di Mauritius: LA STAZIONE

Per la serie "cambiano i tempi, ma non le emozioni"...

 

Nel quartiere dove sono nato, proprio all'inizio della Pace, o meglio, alla fine della Guerra, c'erano stazioni ferroviarie di tutti i tipi. Da quelle ampiamente bombardate, perché strategiche per il trasporto dei materiali bellici, prodotti dalle vicine officine Breda,  alla Stazione per antonomasia, la Stazione Centrale, ad altre sussidiarie come la Stazione Garibaldi o quella delle “Varesine”, le linee di collegamento tra Milano e Varese.

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Stazione di Porta Garibaldi (Milano) negli anni '60

La mia casa era pressoché baricentrica rispetto a tutte queste stazioni.

Fu mia nonna a scoprire per prima la mia inclinazione, o forse ne fu, proprio lei,  l'ispiratrice.

Fatto sta che, a cinque anni, in assenza di televisione e carenza di svaghi come il cinema o il circo,  che erano considerati lussi da “signori” , il mio massimo divertimento consisteva nell'assistere agli arrivi e alle partenze dei treni.

Nonna Tina, che mi accudiva durante la giornata, per tenermi buono aveva scoperto che bastava una passeggiata di poche centinaia di metri per raggiungere la Stazione delle Varesine, salire un paio di rampe di scalini, che ricordo, curiosamente,  molto bassi,  e sbucare sul piano delle banchine dei treni, dove l'accesso era consentito senza biglietti, senza tornelle e senza controlli antiterrorismo e cani antidroga, per poter assistere al “Movimento” .

C'erano treni merci di ogni tipo,  vaporiere fumanti,  qualche elettrotreno con il pantografo che suscitava la mia ammirazione (il pantografo), ma soprattutto c'era l'atmosfera delle partenze che mi elettrizzava.

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Stazione centrale di Milano nel 1959

Amavo i rumori metallici dei martelli dei guardafreni, gli sbuffi del vapore, l'odore di fuliggine che permeava l'aria, i colori rugginosi dei carri, il balenio argenteo dei binari, le ruote, soprattutto le ruote con tutti i levismi che le collegavano, dei quali ammiravo l'effetto estetico, prima e invece di quello funzionale.

Ah, la Stazione ! Che meraviglia.

Non c'erano molti altri bambini, così fortunati da avere una Nonna che li portasse alla Stazione, solo per vedere i treni. Gli unici coetanei che  vedevo in giro erano quelli in viaggio con la famiglia. Erano lì per necessità, non per divertimento. Certo mi facevano un po' pena, tutti presi a salire e scendere dai vagoni con quei gradini così alti e approssimativi, magari con un piccolo fardello da portarsi dietro, invece di starsene comodi, come me, seduto su una bella panchina, con di fianco la Nonna, ad ammirare il Movimento.

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Stazione delle "Varesine" a Milano negli anni '50. Venne smantellata all'inizio degli anni '60.

Era come essere alla stadio (non che io ci fossi mai stato, naturalmente, ma per dire...), io ero lo spettatore , il pubblico di questa rappresentazione che vedeva i passeggeri-attori alle prese con l'evento della partenza. Gli arrivi non mi interessavano. Il momento dell'arrivo non ha pathos, se non nell'incontro tra chi arriva e chi, eventualmente, è andato ad aspettarlo, ma è una faccenda privata. No, la grande emozione, come alle corse dei cavalli (non che io ci fossi mai stato, naturalmente, ma per dire...), era vedere se il signore che arrivava all'ultimo momento prendeva o perdeva il suo treno, se riusciva, magari, a rincorrerlo lungo i binari e saltarci sopra, come nei film western con i banditi che assaltano il treno postale, quei film che si vedevano al cine (non che io ci fossi mai stato...).

Facevo il tifo, a volte per il passeggero, a volte per il treno, secondo come mi girava. Però facevo sempre credere che tenessi al passeggero. Così, nei secondi cruciali, incitavo, battendo le mani, i ritardatari “dai, corri, corri che lo prendi ! “ e,  nel caso in cui restavano a terra, “Peccato, signore, l'ha perso...”.

Credo di essere stato per un certo periodo l'incubo di molti pendolari.

Comunque questo antefatto aveva solo lo scopo di far capire come, ancora oggi, sia profondamente affezionato alle Stazioni.

 

 

La più recente che mi ha catturato si chiama SSI (Stazione Spaziale Internazionale) e vola, da quasi vent'anni, a 400 km sopra le nostre teste, alla ragguardevole velocità di 27.000 Km/ora.

Su alcuni siti , come questo  vi danno, per le principali città, gli orari del passaggio in cielo, la magnitudine e la mappa della traiettoria, così potete ammirare per una decina di minuti questo puntino luminoso che solca il firmamento sopra la vostra casa, sapendo di cosa si tratta. C'è anche questo sito della NASA in cui basta inserire il nome della località nella quale vi trovate, per conoscere gli orari dei prossimi passaggi.

Su un altro sito,  questo, potete vedere cosa vedono “loro”, dalla Stazione, ed è uno spettacolo incredibile. Se vi piace l'alba ma non vi piace alzarvi all'alba, potete vederne sedici in una sola giornata, da 400 Km di altezza, sull'oceano o sulle coste illuminate dei continenti o su paesaggi di ogni genere.

Ne parlo con gli amici, al bar della spiaggia, e subito nasce la proposta “Perché non ce la fai vedere questa notte , quando passa?”

My beautiful picture

 

Facile, basta aprire la pagina con la mappa che mostra la curva tra le costellazioni, osservare bene l'azimut da cui sorgerà e aspettare il minuto preciso. Sì, perché,  se a volte accade che i treni arrivino nelle stazioni in ritardo, le stazioni come questa  SSI  arrivano all'orizzonte sempre puntuali.

Eccola infatti, muoversi con determinazione lungo invisibili binari tra le stelle, apparentemente più veloce nel tratto vicino all'orizzonte, poi più placida in corrispondenza  alla culminazione, e di nuovo veloce, nella discesa finale, prima di scomparire all'orizzonte. Il tutto in dieci minuti.

“Non è vero che va a 27.000 km all'ora !“ Due occhietti a spillo e una vocina petulante, il figlio undicenne degli amici, rompe l'incantesimo della osservazione.

 

“Ma dai, se fa sedici giri al giorno, significa che per ogni giro impiega un'ora e mezza. Dato che un giro è 40.000 Km, si fa presto a fare il conto, viene proprio 27.000 km all'ora, più o meno.”

“Assolutamente No!  Se ci ha messo 10 minuti per attraversare tutto il cielo da Nord Ovest a Sud Est, vuol dire che per fare il percorso che non vediamo, da Sud Est a Nord Ovest, impiegherà altri 10 minuti, in totale 20 minuti, per fare 40.000 Km, alla velocità incredibile di 120.000 Km all'ora.”

“Ecco, carino, hai detto bene -incredibile-  perché, se fosse come dici tu, tra 10 minuti dovremmo rivederla comparire, invece non la vedremo che tra un'ora e 20 minuti.”

“E allora come si spiega ?  Come fa ad attraversare metà percorso in 10 minuti? Forse che si ferma un'ora dall'altra parte a riposarsi, prima di riprendere il giro?”

“Fermarsi, non si ferma di certo. La spiegazione è semplice e ci puoi arrivare anche da solo, magari con l'aiuto di un disegnino della Terra, che ha un raggio di 6378 km, della stazione che si trova sopra di noi a 400 km e del suo percorso che puoi pensare circolare...  Così, già che ci sei, ti fai anche un'idea di quanto distante si trova da noi, nei momenti in cui sorge e tramonta”.

Può interessare anche a voi? Pensateci!

SSI

Bella immagine, vero?

Dimenticavo… ecco il disegno della piccola peste,  non male.

STAZIONEbis
Calcolo approssimativo del tempo che impiega la SSI a compiere un giro della Terra, conoscendo il raggio terrestre, l'altezza della sua orbita e il tempo in cui rimane visibile per l'osservatore.

 

Chi non conosce la trigonometria può arrivare allo stesso risultato raggiunto dalla piccola (e precoce) peste lavorando in modo empirico con goniometro e compasso, oppure utilizzare il triangolo di Pitagora per limitarsi a trovare OB = OA, ma può anche decidere di imparare quelle poche e semplici regole spiegate QUI.

E se volete comprendere cos'è l'azimut (e tante altre cose), QUI avete a disposizione la spiegazione dei sistemi di coordinate celesti.

Ma quanta Terra si vede dalla Stazione spaziale? Ne parliamo QUI

E sarà vero che è possibile inserire in orbita un nano satellite lanciandolo con la semplice forza di un braccio dalla Stazione spaziale internazionale? Guardate QUI!

QUI, invece, scoprirete come raggiugere la Iss in modo economico ed ecologico imitando una supernova. 

4 commenti

  1. Massimo

    Scusa ma per precisione, la prima foto che hai pubblicato, della Stazione Garibaldi non è degli anni '50 ma del 1963. Ciao

     

  2. Daniela

    Ciao Massimo,

    rispondo io perché il racconto è di Maurizio, ma l'editing (quindi anche la scelta delle immagini) è mio.

    Non ricordo se, quando ho pubblicato il racconto, ho trovato quell'immagine accanto alla sua collocazione storica, ma penso di sì, visto che sono solita porre molta attenzione prima di scrivere un dato di cui non sono a conoscenza. Ho provato a compiere ora la ricerca, ma ho trovato un unico risultato nel quale non si parla dell'anno in cui è stata scattata la foto.

    A questo punto, nel dubbio, ho preferito modificare l'articolo togliendo dalla didascalia dell'immagine l'anno a cui si riferisce, tanto non è fondamentale nel contesto del racconto. Tuttavia, se hai tu una fonte da indicarmi dalla quale si evinca che quella foto è del '63, sarò lieta di inserirla e di citare il tuo contributo nell'articolo.

    Ti ringrazio per l'attenzione, per il costruttivo spirito critico e per la collaborazione.

    :-D

     

  3. maurizio bernardi

    Caro Massimo, grazie per la tua attenzione. Sembra proprio che la foto incriminata non possa essere stata scattata prima del 1961, per la presenza del cavalcavia Bussa, che fu iniziato nel 1961, come riportato  in questo sito https://bussamilano.wordpress.com/tag/porta-garibaldi/
    La didascalia dice 1962.
    Stiamo cercando di rintracciare le persone che si vedono nella immagine per chiedere a loro se si ricordano la data esatta.

  4. Daniela

    Perfetto Mau!

    Visto che l'anno preciso rimane dubbio e che la ricerca dei fotografati non si annuncia breve, tagliamo la testa al toro (*)  e scriviamo anni '60 nella didascalia della foto! OK?

     

    (*) è solo un modo di dire, Enzone, non ti arrabbiare...   :mrgreen: 

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