22/08/20

Sul Paradosso di Fermi (di Fiorentino Bevilacqua) *

Tre semplici ed apparentemente insignificanti parole che, pronunciate nel posto giusto e al momento giusto dallo scienziato giusto, hanno generato fiumi di altre parole (libri, interviste, video, riflessioni, discussioni...). Non è facile, in questo fiume impetuoso di parole, trovare un modo originale per riflettere sul Paradosso di Fermi, ma il nostro amico Fiorentino, grazie alla lucidità di pensiero che gli è propria, lo ha trovato. Vediamo come ha fatto...

 

Sul paradosso di Fermi

(di Fiorentino Bevilacqua)

TACCUINO DI VIAGGIO (1)

Durante una chiacchierata svoltasi nella mensa del laboratorio di Los Alamos, chiacchierata nel corso della quale si discuteva dell’avvistamento di un UFO, Enrico Fermi, riferendosi a presunte civiltà extraterrestri, disse... «Dove sono tutti?» («Where is everybody?») (1).

Enrico Fermi (1901-1954), premio Nobel per la Fisica nel 1938

La frase è sicuramente estrapolata dal contesto in cui fu pronunciata: Fermi non era Dirac (2), ed è probabile che abbia detto dell’altro non riportato, altro che è necessario per fare di quella frase un paradosso (3). Essa, infatti , così come riportata è semplicemente una domanda, come lo è l’altra versione, quella più esplicita e diretta: “perché non sono qui?” (‘gli altri abitanti del cosmo’ è sottinteso). Diventa un paradosso se si aggiunge ciò che sembra sottintendere ... “Esistono civiltà extraterrestri” e poi (scegliendo di... negare o ignorare) si aggiunge ancora... ”Nessuna di esse è qui a farci visita”.

Ecco il paradosso: “Esistono civiltà extraterrestri e nessuna di esse è qui a farci visita”. Più correttamente (Fermi era uno scienziato...) in forma dubitativa ed ipotetica: Se ci sono civiltà extraterrestri, perché nessuna di esse si fa vedere, si mostra a noi?”. Da cui nasce la versione sintetica “Perché non sono qui?” (4)

L’aspetto paradossale, incredibile, è che, se esistono, nessuna si mostra a noi. Come può essere?

Le spiegazioni finora proposte, finiscono per dare, alla frase pronunciata in quella mensa, un significato che può essere usato (e viene usato) per dare sostegno a due tesi:

1) La vita nello spazio è rara (5)

2) I contatti sono pressoché impossibili

Per definizione, un paradosso, per quanto incredibile, deve essere vero. Cosa rende vero quello di Fermi (il Paradosso) (6)?

Una, o più di una, delle seguenti soluzioni proposte:

a) Siamo l’unica forma di vita nell’universo;

b) Siamo una delle poche forme di vita intelligenti dell’universo (7);

c) Siamo l’unica civiltà tecnologicamente avanzata, esistente in un raggio raggiungibile, “in entrata”, in ricezione, dai nostri attuali mezzi di comunicazione;

d) Esistono diverse civiltà nella Galassia, ma queste possono non essere contemporanee: quando una raggiunge la maturità scientifica e tecnologica che le consente di entrare in “contatto” (comunicazione a distanza o ‘visita’ diretta) con un’altra, quest’altra ancora deve comparire (sul pianeta ci sono ancora i “dinosauri”), è comparsa ma non ha la tecnologia giusta (ha da poco cominciato a lavorare i metalli...), oppure ha cessato di esistere;

e) C’è contemporaneità, ma le distanze sono tali che, comunque, non ci può essere il contatto (8).

Ad ogni argomentazione che si introduce per spiegare, per dare una base fisica al Paradosso, si aggiungono variabili che non sono ben definite se non nell’ambito delle nostre conoscenze e “scelte” attuali dalle quali nascono, trovano fondamento ma anche inevitabili limiti.

Così facendo la conclusione raggiunta si allontana sempre più da ciò che, più realisticamente, può essere e a cui ci si può avvicinare usando il “rasoio di Occam” (9).

Il primo dei colpi di un tale rasoio, può essere rivolto proprio al Paradosso in sé (10). Esso, infatti, per essere tale, necessita di un postulato non dichiarato (11):

- nella Galassia (o, se si preferisce, nell’Universo) una civiltà che ne scopre un’altra, si mette in contatto con essa.

Da qui ne discende che, se ci sono, si mettono in contatto e, dunque, se contatto non c’è, ricadiamo nei punti a,...,e ma resta comunque valido il Paradosso di Fermi.

Questo postulato, però, può logicamente cadere e, se cade esso, cade il Paradosso.

Se una civiltà scientifica e tecnologica fosse vecchia di milioni di anni, potrebbe aver scoperto, per esempio, l’elettricità, il magnetismo, la struttura dell’atomo, la Relatività e la Meccanica Quantistica, il DNA – e chissà cos’altro e quant’altro! – non qualche centinaio di anni fa, ma centomila, un milione o più anni fa.

Se così fosse, essa potrebbe disporre di mezzi tecnologici molto superiori ai nostri tra cui, per esempio, oggi fantasticando, “ricetrasmittenti intrecciate”, entangled (12) cioè. Questo sarebbe un altro colpo di rasoio (13): mentre noi ci affanniamo a catturarne i segnali radio (14) condannandoci, così, ad un inevitabile insuccesso, “loro” pigiando un tasto su M31 (15) avrebbero un riscontro istantaneo su M101 ...senza alcuna possibilità, per noi, di intercettare i loro “segnali”, neanche se ci passassero sotto i baffi.

Capace di viaggi tra le stelle (16), una simile civiltà potrebbe anche aver vissuto molte volte la “scoperta dell’America”, “l’esplorazione dell’Oceania” (sia sul proprio pianeta che su altri pianeti), i disastri conseguenti per i “nativi” e i sensi di colpa e i ripensamenti relativi (17). E’ ragionevole pensarlo. Anche se nessun nativo fosse mai morto per azioni violente, malattie o stenti, la civiltà meno evoluta avrebbe potuto cessare il suo naturale sviluppo fino ad arrivare a scomparire del tutto per acquisizione di mezzi, strumenti, valori e modelli di quella arrivata dallo spazio.

Molte volte, quindi, quella civiltà più sviluppata avrebbe vissuto i drammi dei danni, da essa stessa causati, alle civiltà tecnologicamente, scientificamente e socialmente meno avanzate con cui sarebbe venuta in contatto... Grazie a queste esperienze, potrebbe aver scelto, quindi, di cambiare strategia: scoprire sì, ma non mostrarsi. La salvaguardia delle civiltà meno sviluppate e il rispetto della loro naturale evoluzione e sviluppo, sarebbe, per questa civiltà molto più progredita , un valore apprezzato e ricercato.

E’ logico, quindi, che, per una simile civiltà, capace di viaggiare tra le stelle della Galassia, o da una galassia all’altra, varrebbe l’opposto del postulato necessario alla sussistenza del Paradosso di Fermi: una civiltà evoluta che ne scopre un’altra meno progredita, allo scopo di non turbarne la naturale evoluzione scientifica, tecnologica, culturale e sociale, non si mostra ad essa (18).

Operante questo ragionevole principio, il postulato di Fermi non ha più ragione di essere (il Paradosso ha bisogno di un postulato; se cade il postulato, cade il Paradosso) sia altrove nello spazio che qui, in casa nostra...

Noi terrestri, infatti, non essendo in grado di fare viaggi interstellari perché non in possesso delle necessarie conoscenze scientifiche e tecnologiche, saremmo, in un qualsiasi contatto con civiltà provenienti da un’altra stella, la componente meno progredita dell’interazione.

Nel nostro caso, quindi, il principio del rispetto delle civiltà meno sviluppate sarebbe pienamente operante, avrebbe il suo naturale campo di applicazione (19).

In base ad esso, quindi, una civiltà più progredita che fosse arrivata qui, non si farebbe vedere, ma aspetterebbe di essere “vista”... aspetterebbe che le nostre conoscenze fossero giunte al punto tale da farci considerare la scoperta di una civiltà extraterrestre tanto ovvia e naturale quanto quella di scoprire, sulla nostra Terra, una nuova isola, una nuova specie di pappagalli o un’altra varietà di salamandra pezzata. Il contatto, in questo caso, avverrebbe quasi tra pari. Il principio, dunque, facendo venire meno il postulato che sorregge il Paradosso, fa cadere il Paradosso.

Esso, inoltre, è anche un perché, se ci sono, esistono e sono in grado di fare viaggi interstellari, potrebbero “non essere qui” (20).

Fiorentino Bevilacqua, giugno 2020

Il taccuino di viaggio n°2 lo Trovate QUI

 

Postilla (di Fiorentino)

Non sono sicuro che il cane non sia sia morso la coda, ma valeva la pena pensarci a margine delle tante evocazioni e dei tanti ricorsi al Paradosso del fisico italiano che, sui mezzi oggi diffusissimi e frequentatissimi, vedono impegnati, e spesso “contrapposti”, persone comuni e specialisti veri dei vari settori di volta in volta interessati.

Non condivido tutto quello che ho riportato, e non ho riportato tutto quello che penso.

Ho anche cercato di evitare espressioni che potessero apparire polemiche, ma non so se ci sono riuscito sempre.

 

Postilla (di PapalScherzone)

Se l'argomento vi appassiona, non potete perdervi le altre riflessioni presenti sul blog (molte serie, alcune un po' meno... :mrgreen: )

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Note
1. Il Paradosso di Fermi QUI e QUI
2. Paul Dirac, premio Nobel per la fisica nel 1933, aveva una “estrema riluttanza a parlare. I suoi colleghi a Cambridge avevano istituito ironicamente il "dirac", come unità di misura della loquacità: un dirac valeva l'emissione di una parola all'oraQUI
3. Il "paradosso" nell'enciclopedia Treccani QUI
4. Ciò implica la negazione totale di certi fenomeni, negazione che si realizza riconducendoli ad un’origine che ha a che fare con la Terra, la nostra civiltà e la natura umana o, più semplicemente, ignorando la cosa in sé e le sue correlazioni. Potrebbe entrare in gioco anche la natura umana di chi “nega”, ma si assume che chi nega sia obiettivo. Talvolta si chiama in causa la categoria “coincidenze”; ma l’impressione è che il suo uso, in questo contesto e in altri analoghi, sia qualcosa di molto simile all’hic sunt leones degli antichi cartografi.
5. Cosa su cui avrebbero da ridire S.J.Gould (“La vita è un fenomeno inevitabile, come il quarzo e il feldspato), Tito Lucrezio Caro (“Se gli elementi sono in quantità tale che tutta la vita degli esseri viventi non sarebbe sufficiente ad enumerarli, se la stessa forza, la stessa natura sussistono per poter riunire tutti in tutti i luoghi questi elementi nello stesso ordine in cui sono stati riuniti in questo nostro mondo, devi confessare che in altre regioni dello spazio esistono altre terre oltre alla nostra, altre razze di uomini differenti e altre specie selvagge” citato in Feminò F., La pluralità dei mondi nel pensiero degli antichi, L’astronomia, numero 103, ottobre 1990) e molti altri ancora;
6. Quella frase, così isolata dal contesto, potrebbe anche essere letta come ... “Se nell’universo ci sono civiltà evolute, è normale che ci facciano visita” e, quindi, quel «Where is everybody?» andrebbe considerato come una affermazione, come un suggerimento in forma dubitativa, ironica, della veridicità dell’avvistamento di cui si discuteva e della sua origine extraterrestre. Come a dire “ce ne sono tante di civiltà e ci meravigliamo se nei nostri cieli vediamo un velivolo evoluto, non dei nostri mezzi aerei, ma probabilmente dei “loro”!?”;
7. Nell’universo, secondo alcuni, la vita potrebbe essere comune; quella intelligente molto meno... QUI
8. “Nuova soluzione del Paradosso di Fermi” QUI
9. Il Rasoio di Occam QUI
10. Se Fermi, con quella frase, avesse voluto semplicemente suggerire ai presenti, molto alla larga, che che ci sono limitazioni fisiche insormontabili ai viaggi interstellari, il Paradosso non esisterebbe: sarebbe stato solo una gran montatura chiamarlo così e usarlo qua e là. Usato, invece, come paradosso, esso “apre” alla possibilità dei viaggi interstellari, ma ciò “apre” anche a considerazioni di altro segno, accettabili purché logiche e coerenti.
11. Il fatto stesso che il Paradosso, per essere tale, abbia bisogno di un postulato, lo mette in contrasto con la logica di Occam che “implicitamente favorisce la partenza da principi dimostrati” (nota 4). Ma, allora, postulato per postulato...
12. L’entanglement raccontato facile QUI
13. Cercare i segnali di una eventuale civiltà intelligente ed evoluta nelle onde radio, in segnali di una certa lunghezza d’onda visibile o altro a noi noto, equivale a postulare che esse usino ciò che noi usiamo o possiamo usare per comunicare. Ipotizzare che usino altri mezzi che noi ancora non conosciamo e che, perciò, usino segnali per noi non percepibili, è anch’esso un postulato, è vero, ma il campo è quello che è e, diversamente, non si può fare.
14. Il Progetto SETI (SETI, Search for Extra-Terrestrial Intelligence - Ricerca di Intelligenza Extraterrestre nelle onde radio e nel visibile) QUI
15. Catalogo di Messier (i più famosi oggetti del cielo catalogati da Charles Messier) QUI
16. Dire che sono impossibili in tempi ragionevoli e utili vista l’enormità delle distanze coinvolte e la finitezza, per altro non raggiungibile, della massima velocità registrata, quella della luce, equivale a postulare che la fisica e, più in generale la Scienza, sia ormai conclusa, almeno per quanto riguarda questo aspetto. Per evitare questa trappola, basterebbe aggiungere, dopo quell’”impossibili”, “per quanto ne sappiamo noi oggi”. Non ci sarebbe nulla di male e ci si rifarebbe ad un illustre precedente: Darwin. A proposito dell’origine della vita, questi ebbe infatti a dire che “parlare dell’origine della vita ‘oggi’ è assurdo: sarebbe come voler parlare dell’origine della materia” (si era nella seconda metà dell’800!). Il discorso, qualsiasi discorso, con una affermazione non assoluta ma relativizzata alle conoscenze del momento (non basta sottintenderlo), rimarrebbe aperto: irrisolto sì, non affrontato perché non affrontabile – con le conoscenze del momento – ma comunque non chiuso, non escluso dal campo delle possibili ricerche future. Questo è coraggio scientifico che, oltretutto, darebbe della Scienza una migliore immagine a chi di Scienza non si occupa.
17. Genocidio dei nativi americani QUI
18. Anche questo, come l’altro, è un postulato che trae origine dalla nostra esperienza umana; a differenza dell’altro, però, ha un fondamento storico più ampio, anche se, come l’altro, ha i suoi limiti nella sua origine.
19. Parafrasando Lorenz, il principio del rispetto sarebbe un “postulato”, un a priori da una certa generazione in poi proprio in quanto frutto, proprio in quanto a posteriori di tante, drammatiche esperienze vissute, sulla pelle di altre civiltà, dalle generazioni precedenti.
20. Esso, oltretutto, integra la spiegazione al punto d: civiltà coeve, possono non essere “contemporanee” in quanto a stadio di evoluzione raggiunto. Esso, ancora, è anche più semplice ed economico: per esistere non ha bisogno di negazioni e nemmeno delle conseguenze che da esse nascono e che sono sintetizzate dalle tesi 1 e 2.

1 commento

  1. Sandro

    Finalmente considerazioni diverse da tutte le altre che si leggono in giro. Complimenti all'autore.

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