23/03/23

I quattro angoli del mondo

In questo articolo abbiamo visto le conseguenze di una improvvisa frenata della Terra nella sua rotazione orbitale e in quest'altro abbiamo anche visto cosa accadrebbe se la Terra smettesse “semplicemente” di girare su sé stessa.

Oggi, grazie alla testimonianza di chi ha vissuto l'evento descritto in quel secondo articolo, possiamo fornire ai lettori una informazione più completa sull'impatto che esso ha prodotto sulla vita del genere umano.

N.B. Se non lo avete ancora fatto, prima di proseguire con la lettura del presente articolo, è altamente consigliata (per non dire obbligatoria) la lettura di questo!

 

I quattro angoli del mondo

(Nel racconto di un sopravvissuto)

 

Nel terzo millennio avevano previsto che il progredire del rallentamento della rotazione si sarebbe manifestato molto lentamente. Dicevano:

il nostro pianeta sta effettivamente rallentando il suo moto. Secondo i ricercatori 400 milioni di anni fa, la Terra durante una rivoluzione attorno al Sole compiva 40 rotazioni su stessa in più: l’anno solare era quindi 40 giorni più lungo. Cosa la sta rallentando? Secondo gli scienziati le frizioni mareali, cioè l’attrito tra le gli oceani e i litorali provocato dall’andamento delle maree.

Con scientifica faciloneria promettevano che ci sarebbero voluti quattro miliardi di anni perché si fermasse...

Invece nel corso di pochi secoli la durata del giorno si era allungata sempre di più, con ritmo esponenziale. Dal giorno che durava proprio un giorno, si era passati a quello che ne durava tre, e poi due settimane e poi sei mesi e, alla fine, potendo contare unicamente sul moto di rivoluzione attorno al Sole, la durata di un giorno era venuta a coincidere con quella di un anno.

Questo fatto comportava cambiamenti epocali.

Giusto per fare un paio di esempi, dava adito ai disonesti di abusare della formula “te li rendo domani” quando si facevano prestare denaro da parenti o amici e svuotava di qualsiasi pressione emotiva la minaccia “domani vi interrogo tutti” che gli insegnanti più severi utilizzavano ancora per indurre i ragazzi a studiare.

Già durante la fase di rallentamento tutti i mari erano confluiti ai poli, formando due enormi calotte liquide a nord e a sud e lasciando una cintura di terre emerse, larga poco più di una trentina di gradi di latitudine, a cavallo dell'equatore.

La Terra-ferma vista dallo spazio

Una situazione ben diversa da quella a cui l'umanità era abituata.

Le zone abitabili (chiamarle continenti sarebbe di certo una esagerazione) erano quattro: ciascuna era costituita da una striscia larga cinquecento chilometri che si affacciava sul bordo di uno dei due oceani, il boreale a nord o l'australe a sud, e si inoltrava per mille chilometri lungo la linea di separazione luce-ombra verso l'equatore. Il resto era deserto e ghiaccio.

Quattro città galleggianti, quattro arcipelaghi di grandi isole artificiali, abitati ciascuno da quasi un miliardo di individui, raggrumati con una densità doppia del massimo mai raggiunto nel Bangladesh nei lontani tempi in cui la Terra ruotava ancora su sé stessa. I quattro angoli del mondo.

Le due città più vicine erano separate da tremila chilometri, ma per raggiungere le altre due città, quelle al di là della curvatura del pianeta, si dovevano coprire quasi ventimila chilometri bordeggiando la costa dell'oceano, tra i vapori ribollenti che scaturivano da burrascose acque surriscaldate, se si sceglieva di andare verso il sole, oppure addentrandosi in una distesa glaciale di banchise che si coagulavano a formare un impenetrabile pack, se si andava nel verso opposto.

In alternativa si poteva scegliere un percorso che fiancheggiasse il meridiano, navigando lungo la linea del terminatore, col rischio di perdersi in un oceano infinito nel tentativo di scavalcare il polo e calare di nuovo verso l'equatore sull'altro lato del globo.

Gli aerei non erano in grado di volare per distanze così lunghe senza alcun scalo e comunque un tale viaggio avrebbero imposto di affrontare condizioni meteorologiche estreme, le ali si sarebbero ricoperte ben presto di ghiaccio in un caso, o il carburante si sarebbe incendiato improvvisamente, nell'altro.

Così, i contatti tra gli abitanti dei quattro angoli del mondo erano possibili solo grazie alle comunicazioni satellitari. Ognuno a casa propria.

Ma c'erano anche lati positivi.

Se a uno piaceva pescare, ad esempio, aveva l'opportunità di prendere pesci tropicali e crostacei giganteschi nella zona verso il sole, dove la barriera corallina creava un habitat ideale, ma anche sogliole, rombi, razze, merluzzi artici e via discorrendo se, invece, gettava l'amo nella direzione opposta, con la possibilità di prepararsi un sushi ben più variegato di quello classico.

E anche se, con tutta quella abbondanza, si fosse avanzato qualcosa, gli avanzi si potevano sempre conservare tranquillamente in spiaggia (nella parte fredda) senza bisogno di surgelarli nel freezer.

Le isole galleggianti, poi erano di per sé una vera attrazione.

Non a caso tutte le quattro megalopoli avevano scelto di chiamarsi “Venezia”.

La “Marco Polo” in navigazione sulla rotta calda Venezia 1 - Venezia 3

Un labirintico reticolo di canali che si intrecciavano in tutti i modi disegnava un immenso frattale sulla superficie dell'oceano.

Sulle isole più calde si era sviluppata una rigogliosa vegetazione tropicale, palme, banani, mangrovie, baobab, felci, chycas e ogni genere di piante succulente.

Sulle altre isole, fredde o freddissime, si elevavano betulle, ontani, conifere costiere, aceri, fino ai muschi e licheni che tappezzavano le isole più lontane dal terminatore, verso la zona in ombra.

Notte di plenilunio sulla spiaggia di Venezia 3        (occhio sinistro – occhio destro)

Invece che su strade si circolava sui canali, a bordo di barche, motoscafi e, naturalmente , gondole. C'erano milioni di gondole.

Parcheggio di gondole sotto il sole di mezzogiorno a Venezia 2

Le città galleggianti erano state la soluzione più logica.

Dato che che nessuno sarebbe mai stato in grado di prevedere dove si sarebbe trovato il terminatore nel momento dello stop definitivo, era necessario progettare città che potessero “spostarsi “ anche di migliaia di chilometri per raggiungere la giusta posizione. E fu così che la immensa flotta di isole galleggianti si mosse con perfetto sincronismo e in pochi giorni di navigazione si portò esattamente sulla linea di separazione tra luce e ombra

Nucleo in costruzione di una città galleggiante cinese confluita in Venezia 4

Nel complesso non si può dire che si vivesse male, a parte la calca, ma alcune cose importanti erano andate perdute per sempre.

Per quanto alba e tramonto siano spettacolari, vivere in una perenne luce crepuscolare non può che venire a noia e spingere verso la depressione.

La luna si vede inchiodata nello stesso posto giorno dopo giorno, dato che ci mette un paio di settimane per girare da un lato all'altro. Poi per le due settimane seguenti non si vede più.

Anche l'osservazione delle stelle è estremamente problematica data la luce soffusa sempre presente.

Nei primi tempi c'erano anche stati parecchi suicidi tra i progettisti e costruttori di meridiane e tutte le ditte che producevano creme e oli protettivi, occhiali da sole, tende solari, ombrelloni, pannelli fotovoltaici erano fallite miseramente.

Non mancarono i nostalgici della rotazione che si lanciarono alla ricerca di un modo per rimettere in carreggiata il pianeta. Dicevano: « Una volta che si sblocca e comincia a muoversi, poi accelera da solo, vedrete. Tutto sta a dargli la spinta iniziale.»

 

Furono studiate complesse pariglie di razzi da far sparare contemporaneamente in direzioni opposte affinché si creasse la giusta “coppia” di rotazione.

Uno scienziato cinese propose di far camminare contemporaneamente tutta la popolazione lungo le coste della cintura equatoriale in direzione Ovest (come si diceva una volta) in modo che la Terra , per reazione, fosse indotta a spostarsi verso Est.

Rendering del progetto dell'astronomo cinese Ghe Pen Xi Mi (mai realizzato)

 

Ma nessun sistema si rivelò efficace e alla fine tutti dovettero rassegnarsi, serenamente.

 

 

2 commenti

  1. alberto salvagno

    Scusa, ma perché tutti i mari erano confluiti ai poli?

  2. Maurizio

    Cito dal secondo articolo referenziato nella introduzione...

    Se si fermasse la rotazione, Papalla tenderebbe a diventare perfettamente sferica. Tuttavia, lungo la zona equatoriale gli oceani odierni si "prolungano" di qualche chilometro rispetto a una sfera perfetta. Quest’acqua tenderebbe, perciò, a ridistribuirsi sulla superficie e si creerebbe una zona emersa equatoriale simile a un unico enorme continente. I poli verrebbero sommersi e anche il nostro papallino finirebbe male…

    Questa conseguenza è decisamente più “fisica”, perché si verificherebbe anche se Papalla si fermasse lentamente. QUI potete trovare informazioni più accurate.

    Visita anche il link due righe qui sopra.

     

     

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