28/06/23

Il pavone planò, e cosa vide?

Questo articolo è inserito in "Disegnare in tre dimensioni: tra storia e pratica"

 

Il pavone planò, e cosa vide?

Il titolo di questo articolo, che fa seguito a “Uomini e gatti; una prospettiva, anzi due “ si ispira ad una celebre composizione di Zoltan Kodalay: “Il pavone volò” scritta nel 1939, la cui esecuzione venne immediatamente vietata dai nazisti già indaffarati da tempo a bruciare libri.

A proposito, se leggete a questo link  l'elenco degli autori dei libri bruciati, giusto novant'anni fa, troverete al primo posto un nome che conoscete bene, e molti altri che vi sono noti nel seguito della lista.

Ma torniamo al pavone.

Molti credono che non voli affatto. Invece vola, come potete constatare in questo video  e  mentre vola, proprio come faremmo noi al suo posto, guarda avanti, magari in basso per scegliere dove atterrare.

No, il pavone non ha fasci laser che escono dagli occhi e… no, i due pavoni raffigurati non sono disegni di Leonardo trovati sul web, ma sono usciti dalla mano dell’autore (mano che impugnava una matita, s’intende, mica è un mago l’autore!). Tanto dovevamo per fare chiarezza ed evitare la diffusione di bufale sui social.

Quasi inevitabile la domanda: cosa mai vedrà il pavone durante il percorso di discesa verso l'obiettivo?

La proiezione della linea di planata sul piano geometrale individua la retta perpendicolare al “quadro” lungo la quale misurare la distanza D in un certo istante. Scendendo perpendicolarmente dall'occhio del pavone su questa linea misureremo la quota H a cui si trova la sua testa in quel medesimo istante.

Immaginiamo ora che al di là del quadro prospettico, anziché una piastrella messa storta (come avevamo visto nel precedente articolo già citato), questa volta ci sia una mini-pista di atterraggio di forma rettangolare larga un metro e lunga 4 con il lato minore a contatto con il piano del quadro.

Questa è la piattaforma su cui il pavone si poserà, concludendo un volo iniziato dal tetto della mansarda di casa, alto circa 7 metri e distante 21 metri dalla pista.

Imitando la manovra di un aereo che scende lungo un “sentiero” ad angolo costante con il suolo, anch'esso procederà lungo un percorso discendente lineare ma, mentre per un aereo di linea l'angolo è di 3 gradi o meno, e per un piccolo aereo da turismo è di circa 6 gradi, il pavone si permetterà un angolo di discesa di oltre 18 gradi, quasi una picchiata degna di un'aquila americana.

Tutte queste cose sugli angoli di atterraggio (tranne l'aquila americana) le ho imparate da Alberto, che per decenni ha solcato i cieli pilotando quasi tutto ciò che è in grado di sostenersi in aria.

Forse qualcuno si ricorda del viaggio di Alberto nel buco nero, chissà con quale mezzo avrà solcato il cosmo per raggiungerlo!

 

In ogni caso, capire come disegnare la sequenza delle viste soggettive del volatore e ricavarne una animazione è risultato meno facile del previsto.

L'ispirazione giusta è arrivata considerando un precedente storico su cui meditare: gli studi di Leonardo da Vinci sul volo.

Leonardo, allo scopo di progettare una macchina volante, studiava il volo degli uccelli. Ebbene, ai nostri giorni di macchine volanti ne abbiamo in circolazione di diversi tipi, e sapendo cosa si vede standoci a bordo, possiamo immaginare cosa vedrebbe un pavone.

Così Alberto ha recuperato video di atterraggi reali e su quelle immagini abbiamo ragionato anche con l'aiuto di Daniela che ha subito sottolineato come “da lontano la pista è piccolissima”.

Osservazione solo in apparenza banale, perché ha innescato una serie di ipotesi su come collegare la realtà fisica dell'oggetto con la sua immagine.

Se mai ne avrà, è più o meno così che Daniela racconterà questa storia a nipoti e pronipoti.

 

Ma non basta la prospettiva per risolvere il problema? Ebbene, la risposta è si, ma anche no.

Osservate questo disegno:

in esso sono raffigurate le prospettive centrali   ( con quadro prospettico in posizione fissa) viste da un osservatore in avvicinamento all'obiettivo (pista di atterraggio).

Inizialmente la distanza è di 9 metri e la quota di 3 m, poi distanza 6 metri a quota 3 m, poi 3 metri a quota 1 m e infine 1 metro a quota 0,33m.

Le forme delle figure corrispondono a quanto si osserva nella realtà ma... le dimensioni?

Paradossalmente quanto più ci si avvicina al punto di atterraggio, tanto più la pista appare piccola, cosa che non può non sconcertare chiunque, anche coloro che non hanno mai volato ma, magari, hanno utilizzato una funivia: tanto più la cabina scende avvicinandosi alla stazione, tanto più questa appare di maggiori dimensioni.

Quindi se volessimo utilizzare queste immagini, senza fare inquietare la nostra Dany, come dovremmo ridimensionarle?

A questo punto prendiamocela comoda e facciamo una piccola digressione.

Valutazione della dimensione apparente di un oggetto in funzione della distanza

Durante una eclissi totale di Sole, vediamo la Luna sovrapporsi al disco solare coprendolo completamente

Eppure la Luna è molto più piccola del Sole, il suo diametro è circa 3.500 km mentre quello del sole è di 1.400.000 km, circa 400 volte più grande.

Ma dobbiamo anche considerare il fatto che la distanza di Luna e Sole dalla Terra è rispettivamente di 380.000 km e 150.000.000 di km. Il rapporto tra queste due distanze è molto vicino a 400, come per i diametri.

Si tratta di una pura coincidenza, ma il risultato è che l'angolo visivo sotto cui vediamo il Sole è il medesimo di quello sotto cui vediamo la Luna.

Fatta questa premessa, apparentemente fuori tema, o come si dice oggi O.T. (Off Topic), veniamo al dunque: prendiamo un foglio della stampante e arrotoliamolo sul lato corto per farne un tubo, tipo cannocchiale, del diametro di circa 3,5 cm. (magari fissiamo il margine con un po' di nastro adesivo per tenerlo in forma.

Teniamo ora questo tubo, lungo circa 20 cm davanti ad un occhio (chiudendo l'altro) e leggiamo su un metro, in corrispondenza dell'estremità del tubo, la misura del suo diametro (che sarà ovviamente 3,5 cm).

Fissiamo la fettuccia di un metro di carta, di quelli che si usano nei Brico center, orizzontalmente e all' altezza del nostro occhio ad una porta di casa e posizioniamoci a due metri di distanza.

Ora prendiamo il nostro cannocchiale di carta e guardiamo il metro per verificare quanti cm ne riusciamo a vedere da quella posizione. Saranno certo molti di più dei 3,5 cm del diametro del tubo.

Ebbene, dovreste riuscire a leggere la misura di 35 cm.

A 20 cm dall'occhio vedo 3,5 cm, a 2 metri vedo 35 cm, verrebbe da dire che la misura del diametro visibile aumenta in proporzione alla distanza o, viceversa, che un oggetto di una certa dimensione viene visto con una dimensione ridotta osservandolo da una certa distanza e che tale dimensione apparente la ottengo dividendo la dimensione “reale” (che posso valutare ad una distanza che è la mia unità di misura) per la distanza effettiva, espressa in multipli dell'unità di misura.

Ad esempio: osservo una pista di atterraggio larga 30 metri standole a un metro di distanza. Poi la osservo da un aeroplano alla distanza di 2 km: in quel momento mi apparirà larga solo 30/2000 metri = 1,5 cm (come dice Dany... piccolissima).

Questo significa che la apparente riduzione della dimensione è rappresentabile con una curva iperbolica.

L'oggetto che appare di misura 30 a distanza 1 appare di dimensioni 30/x a distanza x.

Disegno prospettico alle diverse distanze

Una semplice costruzione di prospettiva centrale, il cui disegno preparatorio si basi su valori della distanza e della quota dell'osservatore, dovrà avere come elemento di partenza un oggetto virtuale la cui misura è data da: dimensione apparente = Dimensione / (distanza 2 + quota 2)

Esempio di pista di atterraggio di un aeroporto: larga 30 m.

A distanza di 3 km, alla quota di 300 m inizia la discesa.

Il fattore di riduzione delle misure in questo momento è 1/(30002 + 300 2) = 1/3014

Quindi i 30 metri di larghezza vanno divisi per 3014 e vengono percepiti come 9,95 cm (10 cm).

Avvicinandoci a 2. km dall'obiettivo, alla quota di 200 m, avremo: 30* 1/(20002 + 200 2) = 14,93 cm (15 cm).

A 1 Km, alla quota di 100 m, avremo: 30 * 1/(10002 + 100 2) = 29,85 cm (30 cm)

A 300 m, alla quota di 30 m : 30 *1/(3002 + 30 2) = 99,5 cm (100 cm)

A 100 m, alla quota di 10 m: 30* 1/(1002 + 10 2) = 298,5 cm (300 cm)

Siamo ormai davanti alla recinzione della pista, quasi atterrati.

I cinque disegni andranno eseguiti con la scala più conveniente per restare nel foglio e poi ridimensionati opportunamente per rispettare la proporzionalità delle misure apparenti.

Scegliamo di realizzare solo due di queste prospettive, per le distanze di 300 m e di 2 km.

Lo schema da seguire è sempre il medesimo, questo:

Cambiano i valori dei dati, ossia la dimensione AB, la distanza e l'altezza.

Per quanto riguarda i lati verticali AD e BC (in pianta) il loro valore è sempre AB * 40, ossia la lunghezza della pista è 40 volte la sua larghezza.

Invece di procedere alla esecuzione fisica del disegno, difficoltosa a causa del grande sbilanciamento tra altezza e larghezza del rettangolo, si può eseguire il calcolo delle coordinate dei punti finali ABCD a partire dalle coordinate corrispondenti in pianta, con alcune osservazioni geometriche.

Assumiamo come origine degli assi il punto principale P nella vista in pianta, sulla parte di destra della figura soprastante.

Valutiamo per prima cosa il fattore di riduzione delle dimensioni da applicare in ciascuno dei due casi: distanza 300 metri e distanza 3 Km.

Come abbiamo visto, il fattore di riduzione del segmento AB (larghezza pista) alla distanza di 3 Km è 1/3000 mentre quello a 300 metri è 1/300. Pertanto dovremo moltiplicare la dimensione reale di AB per l'uno o per l'altro quando eseguiremo i calcoli.

Troviamo le coordinate dei vertici del rettangolo e della diagonale.

A( - AB/2, 0 ) B( AB/2,0).

Il punto C ha la stessa ascissa di B e ordinata AB*40

C(AB/2, AB*40)

Il punto D ha la stessa ascissa di A e la stessa ordinata di C

D(-AB/2, AB*40)

Occupiamoci ora della diagonale

Considerando che i segmenti AC e VE sono paralleli per costruzione, vale la proporzione seguente:

PE/PV = AB/BC da cui PE = PV * AB/BC

La ascissa di E risulta perciò = distanza * AB /AB*40 mentre la sua ordinata è nulla.

E (distanza/40, 0)

Trasferiamoci quindi sulla parte sinistra della figura, riferita alla vista sul quadro prospettico.

Ora assumeremo come origine degli assi il punto P' (intermedio tra A e B sulla linea di terra).

Scriviamo subito le coordinate dei punti A, B, E che non presentano difficoltà.

A(-AB/2, 0) B((AB/2, 0) E( distanza/40, altezza)

Per trovare l'ordinata del punto C basta osservare che valgono queste due proporzioni

Yc : (Xc +AB/2) = altezza : ( distanza/40 + AB/2)          per l'allineamento di A,C,E

Yc : (AB/2 - Xc) = altezza : (AB/2)                per l'allineamento di B,C,P

con passaggi immediati si ottiene questa uguaglianza da cui ricavo Xc :

(Xc + AB/2) / (distanza/40 + AB/2) = (AB/2 – Xc) / AB/2

Xc / (distanza/40 + AB/2) + Xc/(AB/2) = 1 – AB/2 / (distanza/40 + AB/2) Denom. Comune...

Xc (AB/2) + Xc(distanza/40 + AB/2) = (AB/2)(distanza/40 + AB/2) – AB/2 * AB/2

Xc = [ (AB/2)(distanza/40 + AB/2) – AB/2 * AB/2 ] / ( distanza/40 + AB)

e infine ricavo Yc

Yc = altezza * (AB/2 -Xc) / AB/2 = altezza - Xc *altezza/AB/2

Yc = altezza – 2 Xc * altezza/AB

Nel calcolo andrà prima ricavato il valore di Xc che verrà utilizzato per trovare Yc. Per quanto riguarda il punto D le sue coordinate sono D(-Xc, Yc)

Con l'accorgimento di impostare in ciascuno dei due calcoli la appropriata dimensione “apparente” di AB, otteniamo questi grafici nella medesima scala:

Ed ecco che oltre ad avere le corrette forme prospettiche, vediamo emergere le proporzioni che ad intuito ci si aspetta: più lontano = più piccolo e più vicino = più grande.

Sul bordo alto delle immagini sottostanti, ottenute da Google Earth,  potete individuare la pista dell'aeroporto Allegri di Padova a distanze e quote progressivamente decrescenti.

Questa è una sequenza di fotogrammi estratti dal video ripreso da Alberto:

Ora possiamo tornare al pavone.

Dopo avere ridimensionato i disegni prospettici in funzione delle rispettive distanze, non resta che presentare i quattro fotogrammi in sequenza animata.

Ed ecco finalmente cosa appare all'occhio del pavone, osservando la pista durante la sua discesa.

Oppure, se spinge lo sguardo un po' più lontano, vedendo anche un po' di cielo …

In realtà il pavone vede qualcosa di più di noi perché il pennuto, oltre a percepire tutti i colori che vedono gli umani,  vede anche nell'ultravioletto.

Conscio di questo privilegio, si pavoneggia facendo la ruota.

Sottolineo che la differenza principale con le visuali dell'uomo e del gatto nel precedente articolo sta nel fatto che in quel caso gli osservatori si spostavano ad altezza costante mentre nel caso della planata del pavone l'altezza varia continuamente. Ad essere costante è il rapporto altezza/distanza, cioè l'angolo di discesa.

Lascio volentieri ad Alberto l'analisi delle conseguenze prospettiche di manovre acrobatiche del pavone (che però non mi sembra un tipo da cabrate, picchiate e tonneau).

Ecco il suo contributo:

Sfatiamo prima di tutto le bufale.

Negli aeroclub si dice che i piloti si dividono in due categorie, i bravi e i longevi. Ho volato per 50 anni, ho smesso a 70 anni e quindi appartengo alla seconda categoria. Anche perché mi sono mantenuto il brevetto di secondo grado (poi chiamato licenza di pilota privato) scattando foto per conto di una società di lavoro aereo, da cui capite subito che le mie condizioni meteo preferite erano: tempesta di sereno! Né ho "solcato i cieli pilotando quasi tutto ciò che è in grado di sostenersi in aria", ma su una dozzina di velivoli diversi, tutti ben collaudati e sicuri.

Buona regola per ritrovarsi longevi è quella che io ho sempre rispettato: tenersi un margine di sicurezza del 50% sulle possibili prestazioni del mezzo che già i costruttori - per sicurezza - dichiarano inferiori a quelle reali. Ciò nonostante, vi assicuro che mi è capitato più di qualche volta di ritrovarmi in volo con tutti i margini già mangiati, solitamente per una serie di concause singolarmente sottovalutate.

Lasciatemi chiudere questa premessa maledendo i droni che mi hanno tagliato le entrate per continuare a volare. Un Cessna 150 usato lo puoi trovare anche a 30 mila euro se è vicino alla "scadenza delle ore", ma ciò che costa è la manutenzione obbligatoria cui è soggetto. Tutti i componenti del velivolo vanno giustamente cambiati - prima che si rompano - sulla base di precisi calendari. Regola alla quale credevano di sfuggire i possessori degli ultraleggeri, pagata agli albori di questa nuova moda con un morto alla settimana. Ora un ultraleggero costa più dei nostri vecchi Cessna o Piper. In pratica hanno ripercorso la storia del'aviazione con tutte le sue stragi.

Quanto all'ammirevole studio di Maurizio, molto intrigante, è inutile che vi dica che in atterraggio, né io, né tantomeno il pavone, a tutte queste prospettive ci abbiamo mai pensato.

Come alla guida di un'automobile, tutte le manovre devono diventare istintive. La pista è là e io ci atterro. Punto. Si impara a farlo dopo una manciata di ore di volo, finché l'istruttore ti dice che è giunta la tua ora e in un tardo pomeriggio, con aria calma e tempesta di sereno, scende dall'aereo e ti dice "prova da solo un giro del circuito". Decollo, virata a sinistra, sottovento parallelo alla pista a mille piedi, una tacca di flap, virata base ancora a sinistra e finale. La pista è là, di fronte a te, dai un'occhiata istintiva all'anemometro che segna circa 55 nodi, sei pronto a correggere istintivamente il disturbo di un colpo di vento, senti che i comandi a causa della bassa velocità sono diventati molli, prima di toccare, anzi, ti accorgi che il volantino o la cloche non compensano più e per le ultime correzioni devi affidarti solo alla pedaliera che comanda il timone di coda. In pratica, a pochi centimetri dalla toccata, arrivi quasi allo stallo, a 45 nodi, magari con la velocità ulteriormente rallentata da altre 2 tacche di flap, che rendono però la discesa un po' più ripida. Sei così preso dalla procedura che non provi un minimo di paura. In compenso l'istruttore a terra ti osserva con il cuore che gli batte forte, forte e pure il controllore in torre mentre cerca di evitarti qualsiasi disturbo di traffico. Piano, piano diventa istintivo come - se non sei scemo - quello di mettere la freccia per indicare il cambiamento di direzione con l'auto. Ma ormai le strade sono piene di scemi...

Sfatiamo un'altra credenza comune: non è l'atterraggio il momento più pericoloso del volo, ma il decollo. In atterraggio, se lo hai impostato correttamente, anche se il motore ti piantasse riesci a planare fino alla pista; in decollo, invece, se pianta, non puoi che scendere dritto dritto verso terra. "Hai troppo poca velocità, non sognarti di virare per tornare in pista, stalleresti sicuramente prima!!!", ti insegnano subito. Da cui tutte le prove motore prima di allinearsi.

Sto comunque parlando dei miei aeroplanini monomotore (volo a vista) che comunque puoi fermare dopo 150 metri di corsa a terra; quelli di linea (volo strumentale) non arriverebbero planando sulla pista, visto che con il loro Ils, per motivi elettronici credo, devono seguire un sentiero di discesa di solo 3 gradi. Ma hanno due o più motori e uno è già sufficiente per salvarsi anche nel caso di una eventuale piantata in fase di decollo.

Raccontatovi tutto ciò, volevo dire che una cosa però mi dispiace: Maurizio, per raggiungere il suo punto di atterraggio, si è sobbarcato un ricco lavoro di documentazione, di esperimenti, di prova e riprova, come è normale nella ricerca scientifica. Ha scambiato un sacco di e-mail con Daniela e me, e trovo ora un peccato che tutto questo lavoro scompaia dietro un "semplice" risultato finale che rischia di banalizzare tutto il lavoro alle spalle. Forza Mau, raccontaci il tuo circuito per arrivare al finale!!

Se lo farai, ti prometto che studieremo insieme come far ammarare un gabbiano su uno specchio d'acqua, senza la segnalazione di nessuna boa.

 

Per chi ama la musica classica è possibile ascoltare qui una esecuzione delle 16 variazioni di Kodalay su un tema popolare ungherese “ Il pavone volò” citato all'inizio dell'articolo.

 

P.S.

Ringrazio Alberto, Daniela, Clyde Vernon Cessna e Leonardo d Vinci  per il loro contributo alla realizzazione di questo testo. Senza il loro aiuto il pavone sarebbe ancora sul tetto della mansarda.

Per chi covasse il sogno di volare, sappia che un Cessna 150 di seconda mano non costa più di una Tesla y. Poi, ovviamente, occorre imparare a pilotarlo.

P.P.S

In un successivo articolo (QUESTO) vedremo come, utilizzando un quadro prospettico in posizione mobile (a distanza costante dall'osservatore), si possano evitare tutte le complicazioni che abbiamo visto e  disegnare la prospettiva centrale basandosi su semplici relazioni che legano le variabili.

Naturalmente è un modo meno divertente per arrivare al risultato.

 

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.