01/05/16

Da Newton a Keplero. 1 **

Per una trattazione completa dell’argomento affrontato in questo articolo, si consiglia di leggere il relativo approfondimento

Conosciamo tutti le tre leggi di Keplero. E se non fosse vero, le richiameremo, comunque, tra non molto. Tuttavia, sappiamo che esse sono state ricavate attraverso le osservazioni dirette, senza preoccuparsi di quale fosse la legge fisica che le originava.

D’altra parte, però, sappiamo anche che la legge di gravitazione universale descritta da Newton ha come ricaduta proprio il moto di un corpo attorno a un altro (o -se preferite- attorno al comune baricentro).

E’, quindi, più che ovvio che uno sia convinto che le leggi di Keplero debbano poter essere ricavate dalla legge di Newton. A prima vista, sembrerebbe una derivazione semplice e, invece, non lo è affatto! Ad esempio, assumendo un moto circolare uniforme, è possibile ricavare quasi immediatamente la terza legge di Keplero, ma ben diversa è la situazione, se ammettiamo orbite ellittiche.

Abbiamo ormai le conoscenze, sia matematiche che fisiche, sufficienti per affrontare analiticamente il moto di due corpi. Ricordiamoci che, se già passassimo ai tre corpi, non avremmo più una soluzione analitica (se non per casi molto particolari). Il problema di due corpi è quindi tutt’altro che una semplice ovvietà.

Conosciamo anche gli integrali e quindi non dovremmo avere alcun intoppo. In realtà, la faccenda è un po’ più complicata, nel senso che per riuscire a svolgere completamente il nostro esercizio è necessario introdurre un’equazione differenziale e risolverla.

Senza spaventarsi troppo, questo vuole anche dire calcolare integrali ben più complessi di quanto visto nei capitoli a loro dedicati nella matematica. Continuare nel calcolo integrale, per riuscire a risolvere quello di cui avremmo bisogno, sarebbe, però, una fatica enorme e necessiterebbe di nozioni sui numeri complessi e altro ancora. Non penso sia il caso di spingersi così avanti con la matematica. Ho deciso, perciò, di accettare come dato di fatto la soluzione di un integrale non certo banale. E’ solo un passaggio, perché tutto il resto è alla nostra portata, ve lo assicuro!

In ogni modo, per i più esperti e/o volenterosi, cercherò un sito dove sia descritta completamente la descrizione della soluzione.

Comunque, per adesso, non pensiamoci, e cominciamo ad affrontare il problema che ci deve portare da Newton a Keplero.

Per fare ciò è necessario richiamare due concetti, uno già conosciuto e uno del tutto nuovo, ma che si collega facilmente a quanto abbiamo appena discusso sul moto uniformemente accelerato. Il primo è l’utilizzo delle coordinate polari, estremamente più utili per il nostro scopo; il secondo è la definizione di un’equazione differenziale (non la sua soluzione…) e una sua immediata applicazione al moto con accelerazione costante.

Iniziamo, quindi, con questi due preliminari, limitati a quanto ci sarà veramente utile.

Vorrei aggiungere che non è facile trovare questa trattazione a livello divulgativo, anche se sembrerebbe di un’importanza enorme. Noi cercheremo di fare delle piccole approssimazioni, del tutto trascurabili, che ci aiuteranno a tenerci sempre su un livello comprensibile a tutti coloro che hanno seguito le lezioni di matematica e un po’ di fisica classica, a livello velocità, accelerazione e momento angolare o poco più.

Coordinate polari: un richiamo e qualche esercizio

Anche se le abbiamo usate spesso, non sono mai state introdotte in modo specifico. Lo facciamo adesso, anche se risultano del tutto ovvie, conoscendo le funzioni trigonometriche più semplici (QUI).

Consideriamo un punto P in un sistema di assi cartesiani. Esso viene individuato dalle due coordinate x e y, come rappresentato in Fig. 1.

Figura 1
Figura 1

Lo stesso punto, però, può anche essere individuato con altre due coordinate: la distanza dall’origine r e l’angolo ϑ tra asse x e segmento r. Il passaggio da un sistema all’altro è banale, ricordando le funzioni trigonometriche di base.

x = r cos ϑ

y = r sin ϑ

Ne deriva che una funzione in coordinate cartesiane y = f(x) diventa in coordinate polari r = g(ϑ).

Facciamo qualche semplice esempio.

Consideriamo la retta passante per l’origine:

y = mx

In coordinate polari diventa semplicemente:

ϑ = c                      (c costante)

Ovviamente l’angolo costante c non è altro che l’angolo la cui tangente vale m (coefficiente angolare)

La circonferenza con centro nell’origine e raggio R, in coordinate cartesiane, è:

x2 + y2 = R

In coordinate polari non è altro che:

r = R

Infatti, per qualsiasi valore di ϑ, la distanza r rimane sempre la stessa ed è uguale al raggio.

Consideriamo una generica retta non passante per l’origine (y = mx + n). Utilizziamo la Fig. 2.

Figura 2
Figura 2

Tracciamo dall’origine la perpendicolare alla retta e sia N il punto d’intersezione. Le coordinate polari di N sono d e α. Consideriamo un punto P qualsiasi della retta che ha coordinate r e ϑ. Dal triangolo rettangolo ONP si ha subito:

d = r cos (ϑ – α)

e, quindi:

r = d/cos (ϑ – α)        dove d e α sono, ovviamente, costanti.

Insomma, è facile capire che in alcuni casi è più semplice usare le coordinate cartesiane e in altri le coordinate polari.

A noi interessa scrivere l’equazione di un ellisse considerando come origine uno dei fuochi. In questo caso sono decisamente più utili le coordinate polari, anche se dobbiamo fare qualche “noioso” passaggio per determinarle. Poi, però, tutto sarà più semplice.

Coordinate polari: l’equazione dell’ellisse

Partiamo dall’equazione in coordinate cartesiane riferite al centro dell’ellisse (Fig. 3):

Figura 3
Figura 3

x2/a2 + y2/b2 = 1        …. (1)

Per questa formula e per la definizione di altri parametri potete andare QUI.

Spostando l’origine delle coordinate polari nel fuoco F, si ha:

x = c + r cos(ϑ)

y = r sin(ϑ)

Per cui, la (1) diventa:

(c2 + r2 cos2(ϑ) + 2rc cos(ϑ))/a2 + r2sin2(ϑ)/b2 = 1

b2c2 + b2r2cos2(ϑ) + 2rcb2cos(ϑ) + a2r2sin2(ϑ) = a2b2

sappiamo, però, che sin2(ϑ) = 1 - cos2(ϑ), dato che:

sin2(ϑ) + cos2(ϑ) = 1

e, quindi:

b2c2 + b2r2cos2(ϑ) + 2rcb2cos(ϑ) + a2r2 - a2r2cos2(ϑ) = a2b2

Scriviamo c e b in funzione dell’eccentricità “e” e del semiasse maggiore a:

b = a(1 - e2)1/2

c = ae

(1- e2)a4e2 + a2(1- e2) r2cos2(ϑ) + 2rea3(1- e2) cos(ϑ) + a2r2 - a2r2cos2(ϑ) = a4(1-e2)

dividiamo per a2

(1- e2)a2e2 + (1- e2)r2cos2(ϑ) + 2rae(1- e2)cos(ϑ) + r2 - r2cos2(ϑ) = a2(1- e2)

a2e2 - a2e4 + r2cos2(ϑ) - e2r2cos2(ϑ) + 2raecos(ϑ) - 2rae3cos(ϑ) + r2 - r2cos2(ϑ) = a2 – a2e2

semplifichiamo i termini uguali e di segno opposto e raccogliamo quelli uguali:

2a2e2 - a2e4 - e2 r2cos2(ϑ) + 2raecos(ϑ) - 2rae3cos(ϑ) + r2 - a2 = 0

Cambiamo di segno e spostiamo qualche termine:

- 2a2e2 + a2e4 + a2 + e2r2cos2(ϑ)  - 2raecos(ϑ) + 2rae3cos(ϑ) = r2

Lavoriamo sui primi tre termini, mettendo in evidenza a2

a2(- 2e2 + e4 +1) + e2r2cos2(ϑ)  - 2raecos(ϑ) + 2rae3cos(ϑ) = r2

a2 moltiplica un trinomio che non è altro che il quadrato di (1 - e2)

a2(1 - e2)2 + e2r2cos2(ϑ)  - 2raecos(ϑ) + 2rae3cos(ϑ) = r2

Mettiamo in evidenza 2raecos(ϑ) negli ultimi due termini del primo membro:

a2(1 - e2)2 + e2r2cos2(ϑ) - 2rae(1 - e2)cos(ϑ) = r2

 Attenzione al primo membro! Non è altro che un quadrato.

Sostituendo, abbiamo:

(ercos(ϑ) - a(1-e2))2 = r2

r = +/- (ercos(ϑ) - a(1-e2))          …. (2)

Quale segno dobbiamo prendere?

Sappiamo che r deve essere positivo. Consideriamo il caso particolare in cui e = 0. La (2) diventa:

r = +/- (-a)

a è, ovviamente, una quantità positiva, per cui, per ottenere una r positiva, dobbiamo prendere il segno meno. E questo deve valere anche nel caso generale, perciò:

r = - (ercos(ϑ) - a(1-e2))

r =  a(1- e2) - ercos(ϑ)

r(1 + ecos(ϑ)) = a(1- e2)

r = a(1- e2)/(1 + e cos(ϑ))    …. (3)

La (3) descrive un’ellisse in coordinate polari, riferita a un fuoco, al variare dell’angolo ϑ.

Il che vuole anche dire che un pianeta che orbita attorno al Sole deve descrivere l’ellisse (3), in cui a è il semiasse orbitale, “e” l’eccentricità, r la distanza del pianeta dal Sole e ϑ l’anomalia vera.

Questa non è altro che la prima legge di Keplero e quindi si dovrà arrivare a questo risultato partendo dalla legge di Newton.

Equazioni differenziali

Si fa in fretta a definire cos’è un’equazione differenziale: un’equazione che contiene le derivate di una variabile.

Qualcosa del tipo:

k d2y/dx2 + h dy/dx + m y = n

L’equazione precedente descrive un’equazione differenziale del secondo ordine, lineare a coefficienti costanti. Ovviamente, si possono avere equazioni molto più complicate. Quella che abbiamo considerato, però, ci introduce al nostro problema di fondo.

Immaginiamo che y sia la posizione s di un punto e x sia il tempo t. L’equazione diventa:

k d2s/dt2 + h ds/dt + m s = n

In questo caso, sappiamo molto bene cosa rappresentano le derivate: quella seconda è l’accelerazione e la prima è la velocità. Essa è un’equazione differenziale che descrive il moto di un oggetto. La soluzione, che necessita di integrali dovendo passare dalle derivate alla s, in funzione di t, descrive la legge oraria.

Facciamo due casi ancora più semplici per meglio inquadrare il concetto:

Poniamo che a (accelerazione) sia costante, si ha subito una prima equazione differenziale:

a  = dv/dt

dv = adt

Integrando ambo i membri, il primo tra v0 e v e il secondo tra t0 e t, si ha (vedi QUI):

v0v(dv) = ∫t0t (adt) = a ∫t0t dt

v  - v0 = at - at0

Ponendo t0 = 0 si ha:

v  = v0 + at

Che esprime la legge oraria della velocità in un moto uniformemente accelerato

La seconda equazione differenziale che prendiamo in considerazione è la seguente:

v = ds/dt

da cui:

ds = vdt

Ma conosciamo già il valore di v, dato da:

v = v0 + at

Sostituiamo e otteniamo:

ds = (v0 + at)dt

Possiamo integrare entrambi i membri

s0s(ds) = v0t0t dt + a ∫t0t t dt

s – s0 = v0(t – t0) + ½ a (t2-t02)

Ponendo t0 = 0, si ha, infine:

s = s0 + v0t + ½ at2

che è la ben nota legge oraria del moto uniformemente accelerato.

Come già detto, però, le equazioni differenziali del moto possono essere ben più complicate e la prima legge di Keplero è proprio uno di quei casi… Noi, comunque cercheremo di arrivarci il più vicino possibile.

7 commenti

  1. Umberto

    Bellissimo.Copernico e Keplero, prepararono il terreno a Newton
    il quale completò il lavoro da loro iniziato. Le “spalle
    dei giganti” sulle quali Newton affermò di essere
    salito erano appunto le loro.

  2. non dimentichiamoci di Galileo... e della sua relatività :wink:

  3. Gianni Mastropaolo

    Bene e grazie! è quello che ci voleva dopo che ho lavorato in direzione opposta per produrre una simulazione utilizzando Scratch in cui si ricostruisce il moto di un satellite a partire dall'equazione di Newton che viene integrata numericamente nel tempo fissate alcune condizioni iniziali di posizione e velocità.

     

  4. Arturo Lorenzo

    In merito alla equazione dell'ellisse in coordinate polari riferite ad uno dei fuochi, personalmente trovo più facile il seguente percorso, sul quale chiedo a Vincenzo se è altrettanto corretto o contiene qualche errore concettuale.

    Considero l'ellisse canonica, centrata nell'origine degli assi e con i suoi bei due fuochi F1 e F2. Faccio riferimento alla seguente figura (da me come al solito disegnata a mano , tra l'altro su un quaderno a quadrettoni sgraffignato a mia figlia piccola  :-D )

    L'ellisse è il luogo geometrico dei punti P per i quali resta costante la somma delle distanze dai due fuochi F1 e F2.

    Vale cioè la relazione, per il generico punto P dell'ellisse:

    F1P + F2P = 2a                         (1)

    Il punto P , se visto nel riferimento x0y, ha le coordinate che soddisfano l'equazione dell'ellisse. Ma, introducendo r (distanza di P dal fuoco F2) e \theta (angolo compreso l'asse x ed r), il punto P viene individuato anche dalle coordinate polari r e \theta. Tra le coordinate cartesiane x e y e le suddette coordinate polari di P valgono le relazioni:

    x=r cos \theta (lunghezza del segmento F2H)

    y=r sen \theta  (lunghezza del segmento PH)

    Restando ora nel sistema di riferimento xoy, considero il triangolo rettangolo F1PH. Per il teorema di Pitagora, risulta:

    F_{1}P=\sqrt{(F_{1}F_{2}+F_{2}H)^{2}+PH^{2}}

    ma F1F2 = 2c , quindi:

    F_{1}P=\sqrt{(2c+rcos\theta )^{2}+(rsen\theta)^{2}}

    La (1), quindi, diventa:

    \sqrt{(2c+rcos\theta )^{2}+(rsen\theta)^{2}}+r=2a

    cioè:

    \sqrt{(2c+rcos\theta )^{2}+(rsen\theta)^{2}}=2a-r

    elevo al quadrato primo e secondo membro:

    (2c+rcos\theta )^{2}+(rsen\theta)^{2}=(2a-r)^{2}

    cioè:

    4c^{2}+r^{2}cos^{2}\theta+4rc\cdot cos\theta+r^{2}sen^{2}\theta=4a^{2}+r^{2}-4ar

    cioè:

    4c^{2}+r^{2}(cos^{2}\theta+sen^{2}\theta)+4rc\cdot cos\theta=4a^{2}+r^{2}-4ar

    cioè, ricordando la relazione fondamentale della trigonometria

    (sen^{2}\theta +cos^{2}\theta=1),

    4c^{2}+r^{2}+4rc\cdot cos\theta=4a^{2}+r^{2}-4ar

    sommando i termini simili e dividento primo e secondo membro per 4, ottengo:

    c^{2}+rc\cdot cos\theta=a^{2}-ar

    porto tutti i termini con la r al primo membro e gli altri al secondo membro:

    rc\cdot cos\theta+ar=a^{2}-c^{2}

    metto in evidenza  r al primo membro

    r(c\cdot cos\theta+a)=a^{2}-c^{2}            (2)

    ma , per le proprietà dell'ellisse:

    c=\sqrt{a^2-b^2}    (distanza dei fuochi dall'origine)

    e=\frac{c}{a}    (eccentricità)

    quindi la (2) diventa:

    r(ea\cdot cos\theta+a)=a^{2}-a^{2}+b^{2}

    cioè, mettendo in evidenza la a al primo membro e sommando i termini simili al secondo membro:

    ra(e\cdot cos\theta+1)=b^{2}

    e, divindendo primo e secondo membro per a:

    r(e\cdot cos\theta+1)=\frac{b^{2}}{a}

    che è proprio l'equazione dell'ellisse in coordinate polari riferite al fuoco F2.

     

     

     

     

  5. bravo Arturo,

    direi che va benissimo... D'altra parte è il bello della matematica che ti permette sempre variazioni sul tema.

    Ottimo procedimento!!!! :-P  :-P

  6. Arturo Lorenzo

    grazie Vincenzo, detto da te vale il doppio  :wink:

     

  7. figurati Arturo... abbiamo solo la stessa passione! :wink:

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