19/05/16

Approfittare dei più deboli o non sprecare mai niente? *

Conosciamo bene le Nane Brune, potenziali stelle la cui massa non è stata sufficiente a far sì che la temperatura e la pressione, al centro del corpo celeste, riuscissero a permettere la fusione dell’idrogeno. Quasi stelle o stelle mancate; l’Universo ne è pieno anche se, a causa della loro scarsa luminosità, sono difficilmente osservabili. Bene o male, sono oggetti delle dimensioni di Giove, contenenti una quantità di idrogeno ed elio non del tutto trascurabile, soprattutto se si pensa al loro numero totale. Abbiamo anche parlato della loro capacità di non collassare, grazie al Principio di Pauli, malgrado la mancanza di energia capace di contrastare la gravità

Il primo sentimento che si ha di fronte a questo tipo di astri è la “compassione”. Oggetti che ce l’hanno messa tutta ma che saranno obbligati a spegnersi lentamente senza poter dare alcun contributo al Teatro del Cosmo.

Non per niente, avevo scritto anni fa un racconto “strappa lacrime” sulla vita di una di queste stelle mancate (ve lo ripropongo alla fine, anche se è stato inserito nel libro Infinito Teatro del Cosmo).

Fatemi fare un minimo di fantascienza (ma chissà). Se la nana bruna appartenesse a un sistema stellare doppio, essa potrebbe essere addirittura sfruttata da una compagna nana bianca: la faccenda sembrerebbero assumere risvolti che rasentano la “cattiveria”. Già sappiamo che questa è, però, una parola prettamente “umana” e che l’Universo non conosce certamente.

Vediamo allora la situazione in modo diverso. Una nana bruna che è destinata a spegnersi lentamente e rendere inutilizzabile il suo idrogeno, potrebbe invece rendersi decisamente utile, dando alla sua compagna la possibilità di aumentare la massa e -magari- esplodere come supernova e inseminare di vita il Cosmo. Un gesto eroico e del tutto ammissibile nella meravigliosa strategia operativa dell’Universo. Niente andrebbe realmente perduto!

Al momento non siamo ancora arrivati a questo e probabilmente il carburante di una nana bruna sarebbe ben poca cosa per attivare la vita della compagna. Tuttavia, un passo in questa direzione è già stato fatto.

E’ stato scoperto, veramente, un sistema binario, composto da una nana bianca e da un nana bruna. Tuttavia, la nana bruna non è nata in queste condizioni. Essa era una stella a tutti gli effetti, ma ha donato circa il 90% del suo carburante alla compagna capace, forse, di raggiungere la massa critica.

Un’immagine artistica della nana bruna (a sinistra) e della nana bianca (a destra). Fonte: Rene Breton, University of Manchester.
Un’immagine artistica della nana bruna (a sinistra) e della nana bianca (a destra). Fonte: Rene Breton, University of Manchester.

La nana bruna attuale ha una massa pari a circa 60 pianeti come Giove e rivolve attorno alla nana bianca in soli 78 minuti. Una abbraccio strettissimo che permette alla nana bianca di “saccheggiare” a piacimento la materia della sua compagna.

Permettetemi di mantenere questa scoperta e questo articolo su un piano molto sentimentale. Tutte le stelle non vorrebbero mai diventare una nana bruna al termine del processo di accrescimento. Una vita sprecata (diremmo noi). Ebbene, malgrado ciò, esistono stelle che, pur avendo tutte le caratteristiche per vivere una vita da vera stella, si sacrificano per la compagna anche a costo di finire come una nana bruna,

Se non è un gesto d’amore assoluto questo!

Come al solito mi piace molto umanizzare i corpi celesti (o -forse- celestificare gli uomini…), tuttavia sono convinto che i lettori di questo circolo sappiano discriminare benissimo tra una fantasia molto sentimentale e la verità scientifica che la sostiene.

Articolo originale QUI

Approfondendo la conoscenza delle nane brune, scoprirete che  forse possono avere pianeti e che a volte sono state scambiate per esopianeti

QUI parliamo di un'altra strana coppia di nane: una rossa e una bruna che hanno attraversato la nube di Oort 70.000 anni fa

 

E ora, ecco il racconto… chi non lo conoscesse ancora lo legga, dato che può essere utile per una rinfrescata semplice semplice dei meccanismi di formazione stellare. Praticamente, è proprio il contrario di quanto ci racconta la recente scoperta

Il brutto anatroccolo

Come era stato bello il periodo in cui l’enorme nebulosa aveva cominciato ad agitarsi e si erano formati al suo interno nuclei ad alta densità che avrebbero dato origine a centinaia di stelle. Sarebbe stata una di quelle e, ovunque guardasse, vedeva altre condensazioni simili a lei.

Anche se era passato moltissimo tempo da quando la nebulosa era stata espulsa dall’esplosione di una supernova, ognuna di loro SAPEVA benissimo quale sarebbe stata la propria evoluzione e restava in trepida attesa di ripetere il ciclo di morte e nascita di una stella. Per milioni e milioni di anni avevano aspettato che la nube ricominciasse a vivere e ora finalmente toccava a loro.

Sentiva che il gas si contraeva e collassava verso il centro. Che emozione sentirlo ruotare ad alta velocità, avvertire la sua temperatura salire. Già pensava a quando il calore sarebbe stato abbastanza alto e la pressione sufficiente per cominciare a trasformare il suo idrogeno in elio e produrre l’energia necessaria a competere con la gravità che tendeva a schiacciarla. Che momento eccezionale sarebbe stato quello del raggiungimento dell’equilibrio tra le due forze in gioco: quella che tendeva a schiacciarla e quella creata dalla fusione dell’idrogeno che tendeva a dilatarla. A quel punto il suo motore sarebbe stato a regime e avrebbe continuato a funzionare per milioni o miliardi di anni.

Tutto ovviamente dipendeva da quanto era grande la massa di gas che aveva cominciato a contrarsi e da cui stava nascendo. Questo non lo poteva sapere, ma gli sembrava di essere enorme, sebbene non gigantesca come quella subito alla sua destra. In fondo era una grande fortuna. Quelle troppo grandi si sarebbero consumate in fretta e sarebbero esplose nel giro di pochi milioni di anni. Lei, invece, poteva probabilmente vivere per miliardi di anni e fornire luce e calore tutt’attorno. Forse avrebbe avuto anche dei pianeti tutti SUOI. Già si vedeva circondata da un bellissimo corteo di sudditi planetari che dipendevano completamente da lei.

Che bello essere una stella! Non vedeva l’ora che la vita scattasse. Le sembrava ormai di essere caldissima e di poter cominciare da un momento all’altro a fondere il suo idrogeno. Poi si accorgeva che ancora non succedeva niente. Pazienza, non doveva avere fretta. Vide molte stelle iniziare a bruciare intorno, ma si disse: “Sono le giganti, prima cominciano e meno vivono, meglio aspettare”.

Cominciò ad agitarsi quando il numero di stelle già formate crebbe sempre di più e ormai quasi tutte le concentrazioni di gas, dapprima scure come lei, stavano ormai brillando per l’accensione del loro motore.

E lei? Perché non riusciva ad iniziare la sua tanto agognata vita di stella? Poi, mentre l’angoscia era diventata quasi insopportabile, ecco i primi bagliori di luce. Finalmente! Si sentì bellissima ed importantissima. Ma la gioia durò poco. Si accorse in fretta che stava solo bruciando il deuterio ed il litio e che li avrebbe consumati molto lentamente. Ma niente accadeva al suo idrogeno più semplice. Rimaneva inerte. Forse era troppo piccola…

Oh no! Questo voleva dire una vita pressoché eterna, ma senza potere mai competere con le sue compagne. Aveva quasi paura di dire quella parola, ma sapeva benissimo ormai che quello era il suo destino: sarebbe rimasta una NANA BRUNA. Non c’era niente di peggio. Essere snobbata dalle altre stelle, ma essere troppo grande per essere accettata come un pianeta. Un destino atroce. Avrebbe continuato a contrarsi lentamente per tutta la vita, senza mai accendere il suo motore, mentre la temperatura sarebbe lentamente diminuita senza alcuna speranza.

La paura divenne certezza quando sentì le risate delle stelle che ormai brillavano attorno a lei; qualcuna lo fece con discrezione e sorrise appena, altre invece le sbandierarono con alterigia i loro sistemi planetari che si stavano formando. Addirittura sentì dire dalla più grande di quel paio di maledette ex-compagne alla sua sinistra “Pensa che io ho tre pianeti grandi quasi come lei!”.

Altre, poche in verità, mostrarono segni di pietà e sentì che la stavano compatendo. Era ancora peggio. Sentirsi così “diversa”, dopo aver sperato solo in un’esistenza normale. A quel punto doveva proprio rassegnarsi e smettere di illudersi. Ma era terribile sapere che questa sofferenza sarebbe stata lunghissima. Che avrebbe visto le sue compagne esplodere più o meno violentemente per poi diventare nane bianche, pulsar, buchi neri. E lei niente, sempre uguale, senza nemmeno sperare in una morte eclatante.

Passarono milioni e poi miliardi di anni. Molte delle sue ex-compagne erano già esplose, altre stavano diventando super-giganti e tra poco avrebbero espulso il loro gas sotto forma di fantastiche nebulose planetarie. Vedeva anche qualche buco nero che stava catturando con bramosia e quasi ingordigia la materia espulsa dagli astri limitrofi. Era ormai rimasta praticamente sola.

Non riusciva però nemmeno a godere un poco della morte delle sue ex-compagne. Loro almeno aveva vissuto da VERE stelle. Lei era solo una NANA BRUNA e lo sarebbe stato ancora per molto, troppo tempo!!

Poi, un giorno, li vide arrivare su una argentea e affusolata astronave. Si accorse a malapena che, all’interno di quel minuscolo e strano oggetto, vi era un brulicare di essere viventi. E sembravano contentissimi di vederla. Saltavano, si abbracciavano, e la indicavano ridendo in vera allegria. Se non altro era un diversivo e si sentì meglio. Non era più sola e triste. Ben poca cosa, ma meglio di niente.

Purtroppo, però, se ne andarono in fretta. Ecco, anche quei piccoli esseri la consideravano una nullità, anche loro l’avevano presa in giro e ora tutto ritornava come prima. Probabilmente erano voluti venire a vedere da vicino un “mostriciattolo” dello Spazio, uno sgorbio della Natura. Sicuramente era stata una delle maligne sorelle vicine ad indicarla al pubblico ludibrio. Come se non avesse già abbastanza tristezza nel suo nucleo inerte. Sperava solo che non venissero altri a deriderla. Che colpa aveva lei se l’idrogeno non era stato sufficiente? Avrebbe dato chissà cosa per essere una stella normale e vivere appartata, felice solo di produrre energia e spanderla tutt’attorno. Si guardò intorno e vide com’era bello l’Universo e come ogni oggetto facesse la sua parte rispettando l’armonia celeste. Ma lei no. Lei non serviva a niente, era solo uno spreco di materia. Possibile che non si potesse farla finita e concludere in qualche modo quella vita così miserevole? Con questi tristi pensieri passarono molti lunghissimi anni.

Un giorno arrivarono nuovamente dei visitatori. Accidenti, ma non potevano lasciarla in pace! Questa volta però non era più solo un astronave, ma un’intera flotta. I colori e le forme erano identici a quelli che aveva visto tanti anni prima. Gli “scocciatori” erano gli stessi, ne era sicura, ma il loro numero era veramente enorme. E poi cos’era quella sfera, gigantesca per loro, che si portavano dietro, trainandola con qualcosa che non riusciva a percepire? Ma si! Era un pianeta, un vero pianeta.

Le stavano portando un compagno? Sarebbe stato meraviglioso! E ben poco le importava che fosse molto piccolo. Che splendido regalo le stavano facendo, ma non voleva ancora crederci. Si accorse che lo avevano messo in un’orbita abbastanza lontana da lei. Peccato, avrebbe preferito averlo molto più vicino. Ma meglio non chiedere di più alla fortuna che le aveva riservato questa magnifica sorpresa. Poi vide che molte astronavi stavano portando grosse tubature verso di lei, e queste sembravano lunghissime e si perdevano nelle nebulosità attorno ad altre stelle ormai morte. Era un altro tipo di scherzo? Si era illusa troppo presto?

Ad un certo momento senti che qualcosa stava entrando in lei. Si sentì piena di nuova energia. Cosa stava accadendo? Dopo poco non ebbe più dubbi. La stavano “nutrendo” di idrogeno e il flusso sembrava inarrestabile. Sentì salire la temperatura, sentì crescere la massa, e sentì anche che si stava contraendo sempre di più. A quel punto i tubi vennero staccati, le astronavi si allontanarono velocemente e si rifugiarono vicine al pianeta in attesa di qualcosa.

Fu un momento di indescrivibile paura e tensione. Lei anche stava aspettando e non voleva nemmeno sperare in quello che sentiva ormai molto prossimo. Poi accadde. Il suo idrogeno cominciò a bruciare e in poco tempo sentì che il motore stava marciando a pieni giri. Era una stella, una vera stella!!

Promise dentro di sé di garantire fino alla fine il calore, l’energia e la vita a quello straordinario pianeta che le girava attorno ammirandola nel suo splendore. Era diventata bellissima. Le sembrò quasi di sentire urlare quelle piccole creature che guardavano verso di lei: “Abbiamo di nuovo il Sole, evviva il Sole”.

2 commenti

  1. Gianni Bolzonella

    Un racconto doppiamente pedagogico perchè si impara senza la fatica di studiare.Molto di quello che siamo è dovuto al caso,a noi e non solo è riservato la possibilità di sfruttare ciò che il mutare degli eventi ci presenta,il titolo è già scritto noi dobbiamo solo svolgere il tema.

    Sopra un foglio di carta lo vedi
    Chi viaggia in un treno
    Sono tre buone amici che mangiano e parlando piano
    Da un'America all'altra è uno scherzo ci vuole un secondo
    Basta fare un bel cerchio ed ecco che hai tutto il mondo
    Un ragazzo cammina cammina arriva ad un muro
    Chiude gli occhi un momento e davanti si vede il futuro già

    E il futuro è un'astronave
    Che non ha tempo né pietà
    Va su Marte va dove vuole
    Niente mai lo sai la fermerà
    Se ci viene incontro non fa rumore
    Non chiede amore e non ne dà
    Continuiamo a suonare
    Lavorare in città
    Noi che abbiamo un po' paura
    Ma la paura passerà
    Siamo tutti in ballo siamo sul più bello
    In un acquarello che scolorirà

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