01/04/19

Un urto che non dovrebbe avvenire ma che avviene sicuramente **/***

Un gioco all'apparenza molto semplice che, però, può avere risvolti molto interessanti e che permette di spaziare dalla geometria alla fisica e alla matematica. Volendo si potrebbe anche andare oltre...

Il gioco è molto semplice e vede due papalatleti che si fronteggiano e che corrono uno verso l’altro, lungo la stessa linea retta, con la stessa velocità v. Sulla fronte di uno di loro viene posto un papalelettrone di dimensioni praticamente nulle. Appena dato il via, i papalatleti si mettono subito in moto con la loro velocità costante, ma il papalelettrone viaggia molto più veloce di loro e, partito dal primo, raggiunge rapidamente il secondo papalatleta. Appena raggiunto, inverte immediatamente la sua corsa e si dirige di nuovo verso il primo papalatleta. Lo raggiunge e inverte nuovamente il suo moto e via dicendo. Un gioco divertentissimo, che dà luogo a un semplice quiz, una volta che si siano impostate le velocità dei papalatleti, la distanza tra di loro e la velocità del papalelettrone.

Ed è proprio quello che vogliamo fare noi. Stabiliamo che la distanza tra i due papalatleti, all’inizio, sia di 60 km. Scegliamo come loro velocità 30 km/ora, mentre quella del papalelettrone è di 60 km/ora. La domanda che ci facciamo è veramente semplice: “Quanti viaggi riesce a fare l’elettrone tra un papallo e l’altro prima che i due papalli si scontrino?”.

papallurto

La risposta è estremamente semplice e non dipende assolutamente dalle distanze e dalle velocità che abbiamo scelto. L’unica cosa importante è che la velocità del papalelettrone sia maggiore di quella dei due papalli. In queste condizioni possiamo tranquillamente dire che il numero di viaggi che è costretto a fare il papalelettrone è INFINITO. Ogni viaggio, da un papallo all’altro, diventa sempre più corto e dopo un certo tempo, ben determinato, i due papalli si incontrano e quindi anche il papalelettrone è obbligato a fermarsi (anche se ha dimensioni nulle), ma dobbiamo accettare che il numero di tragitti fatti, avanti e indietro, sia infinito.

Se disegniamo la distanza dei papalli in funzione del tempo, essa continua a diminuire e il papalelettrone continua a rimbalzare in uno spazio sempre più stretto (Fig. 1). Tuttavia, se utilizziamo una lente e andiamo a vedere cosa succede mentre ci si avvicina all’urto finale dei due papalli, ci accorgiamo che la figura non cambia e l’andamento si ripete fino all’infinito. Siamo di fronte al solito scontro tra zero e infinito, che ci era già servito all’inizio del corso di matematica. Il tratto percorso dal papalelettrone tende a zero (diventa infinitesimo), mentre il numero di tratti percorsi tende a infinito.

Figura 1
Figura 1

Se si riflette un attimo, il gioco dei due papalli ricorda moltissimo il celeberrimo paradosso di Zenone. In quel caso, si dice che se una tartaruga, molto più lenta di Achille piè veloce, parte prima di lui, il grande guerriero greco non riuscirà mai a raggiungerla. Infatti, nel tempo che Achille parte di gran carriera e raggiunge la tartaruga, quest’ultima si è mossa di una certa quantità in avanti. Achille supera in un attimo anche questa piccola lunghezza, ma la tartaruga, nel frattempo, ha proseguito… e via dicendo. In altre parole, la tartaruga è sempre di una quantità, seppure infinitesima, davanti ad Achille. Di questo paradosso ne abbiamo parlato a lungo QUI e QUI.

Il nostro caso papalliano è molto simile, anche se sembrerebbe non esistere un paradosso, dato che il senso comune direbbe che il papalelettrone deve fermarsi dopo un certo numero di viaggi. In realtà, invece, la situazione è analoga: in entrambi i casi dobbiamo tenere conto che aggiungere, a una certa quantità, una quantità sempre più piccola porta a un risultato finale ben determinato e non a infinito.

In altre parole, sommare infinite volte delle quantità sempre più piccole non dà come risultato infinito ma un numero finito.

L’assurdità dei due papalli che si urtano  sta proprio nell’accettare che per ottenere la fermata del papalelettrone è necessario che questo rimbalzi infinite volte, anche se in un tempo sicuramente limitato.

Cerchiamo di capire meglio questa apparente assurdità. Se io dicessi: “Contate ogni volta che il papalelettrone tocca uno dei due papalli”, voi comincereste a contare: “Uno, due, tre, quattro, ecc., ecc.” in attesa che tutto finisca.

Vi accorgereste però che il numero continua a salire e non ha mai fine. Vi arrabbiereste non poco dicendo: “E’ impossibile! Se continuo a sommare tragitti, ossia intervalli di tempo, per un  numero infinite di volte, l’elettrone deve automaticamente impiegare un tempo infinito per terminare la sua corsa". E, invece, vediamo benissimo che dopo un certo tempo ben definito, che dipende SOLO dalla distanza e dalla velocità dei papalli, la corsa deve avere termine.

L’errore che si commette è lo stesso di Achille e la tartaruga. Voi non  sommate quantità costanti, ma quantità sempre più piccole di quella precedente. In  questo caso, ribadiamo ancora, un numero infinito di volte una quantità che tende a diventare zero dà come risultato un valore finito e non infinito. Non dovreste contare “uno, due, tre, quattro,…” sempre alla stessa velocità, come se fossero secondi di tempo, ma dovreste contare accelerando le parole, dato che l’intervallo di tempo di ogni tragitto si fa sempre più corto e tende a diventare zero.

Vi sono vari modi per dimostrare in modo analitico questo fatto (lo avevamo già fatto per il paradosso di Zenone) e per andare avanti con le domande e le risposte, tipo: quanta strada ha percorso il papalelettrone prima di rimanere incastrato tra i due papalli? E ancora: cosa succede se le dimensioni del papalelettrone non sono nulle?

Il giochino diventa un ottimo strumento didattico per analizzare la situazione generale (velocità e distanze qualsiasi) sia con mezzi puramente matematici e/o geometrici (normalmente più rapidi), sia attraverso gli sviluppi in serie, magari non indispensabili, ma interessanti per  comprenderne appieno il significato.

Usiamo un po' di fisica 

In parole più tecniche, gli intervallini di tempo tra un incontro e l’altro possono essere rappresentati da una serie di infiniti termini che converge verso un valore finito.

Ricordiamoci che capire le situazioni come quella del paradosso di Zenone o dell’elettrone di Papalla è un punto fondamentale per comprendere molti altri concetti matematici come il limite, l’infinitesimo, l’infinito, lo sviluppo in serie e la geometria analitica in generale. Seguiamo quindi da vicino le peripezie dei due papalli e del simpatico e disponibile papalelettrone…

Iniziamo col descrivere il campo da gioco e tutto ciò che si può dedurre prima dell’ingresso del papalettrone. Utilizziamo la Fig. 1, decisamente più “seria” e adatta ai calcoli matematici (veramente ridicoli…). Impostiamo il tempo come asse orizzontale e lo spazio percorso come asse verticale.

Figura 1
Figura 1

I due papalli partono con una distanza relativa D0 e viaggiamo ognuno con una velocità vP. Le loro traiettorie, al passare del tempo, sono descritte dalle due rette inclinate, che hanno equazioni:

s = vP t

e

s = D0 - vPt

Negli assi tempo e spazio, queste rette rappresentano le equazioni del moto, ossia lo spazio percorso in funzione del tempo con una velocità vP.

Risulta immediato trovare il punto in cui esse si intersecano, ossia dove i due papalli si scontrano: basta eguagliare la s, ossia lo spazio percorso dai due papalli.

Uguagliando le due relazioni di prima, si ottiene:

vP t  = D0 - vPt

Da cui si ricava il valore tF che ci dice l’istante in cui si scontrano i due papalli:

vP tF  = D0 - vPtF

2 tF vP = D0

tF = D0/2vP

Conosciuto tF e ancora più immediato trovare lo spazio percorso da ciascun papallo prima dell’incontro finale. Basta sostituire tF in una qualsiasi delle due rette precedenti e si ha:

sF = vP tF = vPD0/2vP = D0/2

sF = D0 – vPt= D0 – vPD0/2vP = D0 – D0/2 = D0/2

Abbiamo svolto calcoli di una banalità estrema. La conclusione è ovviamente semplicissima: quando i due papalli si incontrano hanno percorso lo stesso spazio, che è esattamente uguale alla metà della distanza iniziale.

Una piccola riflessione: se cambiassimo le velocità dei due papalli (mantenendole, però, uguali e contrarie) o modificassimo la distanza tra loro due, cambieremmo sicuramente il tempo dell’incontro (d’altra parte tF dipende sia da D0 che da vP), ma non cambiamo il punto d’incontro che avviene sempre e comunque a metà strada dai punti di partenza.

Se cambiassimo anche i moduli delle velocità dei due papalli, ossia le loro velocità fossero opposte ma non uguali, la faccenda si complicherebbe un poco: cambierebbe il tempio dell’incontro e la distanza percorsa dai due papalli… Per adesso limitiamoci al nostro caso semplificato. Un domani chissà…

Un’altra grandezza estremamente importante che possiamo studiare nella Fig. 1 è la distanza, istante per istante, tra i due papalli. Chiamiamola Di, in Fig. 2. Ovviamente, per quanto detto finora questa distanza vale D0 alla partenza e vale ZERO alla fine (i due papalli si scontrano).

Figura 2
Figura 2

Questa distanza variabile deve essere funzione solo e soltanto del tempo (e della velocità vP). Essa si ricava facilmente scegliendo un certo ti e scrivendo la differenza tra le posizioni si1 e si2 dei due papalli.

Al tempo ti il primo papallo è arrivato in

si1 = D0 – vPti

e il secondo in

si2 = vPti

Facendo la differenza tra s1 e s2, ricaviamo la distanza relativa Di tra i due papalli a un qualsiasi tempo ti:

Di = D0 – vPti – vPti = D0 – 2vPti     …. (1)

La conclusione si può ottenere guardando direttamente la figura e notando che la differenza tra D0 e Di è proprio data dalla somma dei due segmenti uguali B1H e A1M, dati proprio da vPti

In ogni modo abbiamo ricavato la funzione D(t) che, per un certa velocità impostata in partenza, descrive la variazione della distanza tra i due papalli in funzione del tempo. La possiamo rappresentare nella stessa Fig. 2, come la linea colorata in rosso. Essa è una retta che parte da (D0,0) e arriva in (0,tF).

Questa relazione ci permette di ricavare immediatamente (sia matematicamente che geometricamente) il valore di Di, sapendo il tempo ti o, cosa che potrebbe anche essere più interessante, il viceversa, ossia ricavare il tempo ti,impostando un certo valore della distanza Di tra i papalli. Se pensiamo che l’elettrone, che introdurremo tra poco, potrebbe avere anche un diametro DL, noi poniamo un limite alla distanza relativa raggiungibile dai due papalli e questo è dato proprio da DL, dato che l’elettrone rimarrebbe incastrato tra i due papalli. Il valore DL ci permette subito di sapere il tempo che è passato per arrivare all’incastro… Lasciamo questa eventualità da parte e introduciamo finalmente il papalelettrone di diametro nullo. Il problema è essenzialmente matematico e introdurre parametri fisici avrebbe ben poco interesse.

Passiamo alla matematica

Abbiamo ricavato tutto il ricavabile dalla Fig. 1, tra cui una conclusione che appare ovvia ma che sarà fondamentale nel prosieguo dl gioco: il tempo di incontro è un valore finito e facilmente determinabile. I due papalli  a un certo tempo tsi scontrano e tra di loro non vi è nemmeno un posticino per l’elettrone per piccolo che sia. Ne segue che anche lo spazio percorso avanti e indietro dall’elettrone deve non solo terminare, ma avere anche un valore finito.

Prima di rappresentarlo nella figura, che abbiamo già cominciato a conoscere, facciamo un semplice ragionamento su quello che succede. L’elettrone deve muoversi all’interno del triangolo delle figure precedenti, in quanto appena tocca un papallo deve tornare indietro. La sua velocità vE è per definizione maggiore di vP (se non lo fosse rimarrebbe attaccato al primo papallo…). Ciò comporta che la traiettoria del papalelettrone è composta da tanti tratti più inclinati dei bordi del triangolo. Più inclinati vuol dire che per un qualsiasi istante t, pur vicinissimo a tF, il papalettrone riesce sempre a “staccare” il papallo superiore o inferiore e raggiungere l’altro.

Possiamo fare diventare la differenza tra t e tF piccola a piacere, ma continuiamo ad avere sempre una stessa figura con il zig-zag del papalelettrone sempre attivo. Ciò che diminuisce sempre più è il tragitto compiuto tra i due papalli. Dato che esiste sempre un t- tpiù piccolo di una certa quantità piccola a piacere, esiste sempre un tragitto dell’elettrone tra i due papalli. In altre parole, il numero di intervallini sempre piccoli di tempo è uguale a infinito e tale deve essere anche il numero di viaggi.

La prima domanda del nostro quiz originario non dipende, perciò, dai dati di partenza: qualsiasi siano D0, vP e vE, i tragitti percorsi dal papalelettrone sono infiniti, proprio come erano infiniti gli intervallini di spazio a cui la tartaruga di Zenone lasciva Achille dietro di sé. L’errore è pensare che la somma di un numero infinito di intervalli sia anch’esso un numero infinito. Se gli intervalli sono sempre più piccoli e tendono a diventare zero, la somma può benissimo tendere a un valore finito. In parole più tecniche, una serie di termini via via più piccoli ha come risultato un valore finito. Ricordate la serie geometrica? Bene siamo nella stessa situazione.

Come succedeva per Achille e la tartaruga, la faccenda ha poi anche una conclusione “fisica”. Così come il piede di Achille non aveva dimensioni nulle, così succede anche al papalettrone, per cui, in realtà il numero di viaggi del papalettrone (di diametro diverso da zero) è un numero finito che si può ricavare abbastanza facilmente. Forse dovevamo considerare un fotone… ma ci saremmo scontrati con la sua massa relativistica e la conclusione sarebbe stata simile, anche se ben più complicata.

Bene, quanto detto a parole cerchiamo di dimostrarlo attraverso la matematica e la geometria, introducendo la Fig. 3

Figura 3
Figura 3

Aggiungiamo alla solita figura “triangolare”, la linea azzurra che descrive il percorso fatto dall’elettrone. Lui parte, ad esempio, dal papallo B (ma potevamo farlo partire da A, non cambiava assolutamente niente). La sua legge del moto è data da:

s = vE t

A noi interessa sapere a quale istante t1 esso incontra il papallo A che si muove con la legge:

s = D0 – vPt

Si ottiene subito :

t1 =D0/(vE + vP)

Notiamo che la stessa relazione si ottiene subito guardando la figura. D0 non è altro che la somma dei due segmenti AC e CB, dato che  essi valgono:

AC = vPt

CB = vEt

Si può scrivere:

D0 = AC + BC = vPt + vEt

Da cui, nuovamente:

t1 = D0/(vE + vP)

Non stupiamoci di certo… in fondo, abbiamo applicato sempre e soltanto le stesse relazioni.

Nel primo caso abbiamo eseguito l’intersezione tra due rette; nel secondo abbiamo sommato due segmenti, ma il succo rimane lo stesso: geometria e matematica vanno sempre a braccetto. Quale usare è una nostra scelta (basta non commettere errori).

Facciamo anche in fretta a calcolare la distanza tra i due papalli (D1) al momento del primo incontro, ossia all’istante t1.

La calcoliamo con un’altra relazione, indipendente dalla prima, ma che faccia uso sempre di t1:

D1 = D0 – AC – EB = D0 - 2 vPt1       …. (2)

Una relazione che avevamo, ovviamente, già incontrato, essendo nient’altro che la (1), dove B1H è proprio uguale a EB e A1M è uguale ad AC. Come sempre, meglio abbondare…

Sostituendo t1 nella (2), abbiamo:

D1 = D0 - 2vPD0/(vE + vP) = D0(1 – 2vP/(vE + vP)) = D0(vE + vP – 2vP)/(vE + vP)

D1 = D0(vE – vP)/(vE + vP)

Ricaviamo adesso t2, partendo dal valore D1 che già conosciamo. Come già ricordato prima, anche in questo caso, risulta immediatamente che il segmento D1 è uguale alla somma A1Z e B1Z, per cui.

D1 = vP t2 + vE t2

t2 = D1/(vE + vP) = D0(vP - vE)/((vE + vP)(vE + vP))

t2 =  (D0/(vE + vP)) (vE - vP)/(vE + vP)

Non abbiamo eseguito il prodotto al denominatore, dato che D0/(vE + vP) compariva anche in t1

Non ci resta che calcolare D2 (in modo del tutto analogo a quanto fatto per D1, come si vede bene dalla figura):

D2 = D1 – 2vPt2 = D1 – 2vPD1/(vE + vP) = D1(1 – 2vP/(vE + vP)) = D1(vE – vP)/(vE + vP)

D2 = D0(vE – vP)2/(vE + vP)2

Ricaviamo, nuovamente, t3 partendo dal valore D2 che abbiamo appena calcolato:

D= vP t3 + vE t3

t3 = D2/(vE + vP) = (D0/(vE + vP)) ((vE – vP)2/(vE + vP)2)

Ovviamente, avremo poi:

D3 = D0(vE – vP)3/(vE + vP)3

e via dicendo…

Abbiamo sufficienti termini per generalizzare il risultato relativo a Di e ti

Di = D0(vE – vP)i/(vE + vP)i

ti = (D0/(vE + vP)) ((vE – vP)i-1/(vE + vP)i-1)

Occupiamoci subito di ti. Per trovare il tempo totale che il papalettrone impiega per terminare il suo percorso, basta che sommiamo tutti gli intervallini che, ovviamente, sono infiniti.

tF = Σn=1(D0/(vE + vP)) ((vE – vP)n-1/(vE + vP)n-1)

tF = D0/(vE + vP) Σn=1 ((vE – vP)/(vE + vP))n-1

Ma questa non è altro che una serie geometrica, dato che il rapporto tra due termini consecutivi è costante. Oltretutto, il termine della serie risulta essere sempre minore di uno, infatti il denominatore è chiaramente maggiore del numeratore. Stiamo proprio sommando quantità che diventano sempre più piccole.

Noi conosciamo molto bene, dai capitoli relativi in matematica, la somma dei termini di una serie geometrica del tipo:

Σn=0 xn = 1/(1- x)

Nel nostro caso:

tF = Σn=1 t= D0/(vE + vPn=1 ((vE – vP)/(vE + vP))n-1 = D0/(vE + vP) (1/ (1 – ((vE – vP)/(vE + vP))))

tF = D0/(vE + vP) ((vE + vP)/ 2vP) = D0((vE + vP)/(vE + vP))/ 2vP

tF = D0/2vP

Non possiamo certo sorprenderci se abbiamo trovato esattamente il valore del tempo di incontro tra i due papalli! Questo è proprio il tempo necessario perché l’elettrone di diametro nullo si incastri tra i due papalli, ossia il tempo del loro contatto.

Un lavoro inutile? No di certo. Innanzitutto, abbiamo visto che sono necessari infiniti viaggi per giungere alla conclusione, come indica il valore di n che va proprio da uno a infinito. Ogni valore successivo di n indica proprio un tragitto in più fatto da un papallo all’altro. E poi… ci siamo divertiti a trovare una bellissima serie geometrica, che ci permette di risolverne subito un’altra…

Rimane, infatti, aperta la domanda: “Quanta strada deve fare il papalelettrone per arrivare alla fine della corsa?”. Benché lui sia comunque costretto a fare infiniti viaggi avanti e indietro, cambia  il percorso effettuato in base alla sua velocità vE. Più è alta e più strada deve percorrere.

Introduciamo, allora, una nuova distanza nella figura precedente, il tratto verde Si, come mostrato in Fig. 4.

Figura 4
Figura 4

Risulta chiarissimo che i tratti verdi Si rappresentano lo spazio percorso durante ogni intervallo ti.

Possiamo scrivere la relazione ricorrente:

S1 = vE t1

S= vE t2

S3 = vE t3

Si = vE ti

E’ solo e soltanto una questione di triangoli…

Ne segue che per avere la somma totale degli Si basta fare la somma totale di vEti. In tal modo avremo lo spazio totale percorso dal papalelettrone, in moto con velocità vE.

Basta scrivere:

STOT = Σn=1Sn = vE Σn=1tn = vE tF = D0vE/2vP

Avevamo bisogno di applicare il risultato della serie trovata attraverso i tempi? Assolutamente no. Potevamo trovare la risposta direttamente dalla figura. Ragioniamoci un attimo sopra.

Quando l’elettrone arriva in A1, torna indietro effettuando il tratto azzurro con la stessa velocità di prima. Il tratto percorso potrebbe essere aggiunto SOPRA quello precedente (dobbiamo sommarli, senza interessarci se lo compie verso l’alto o verso il basso). Basta, quindi, traslare B2N verso l’alto fino a che B2 sia alla stessa altezza di A1. La stessa cosa può essere fatta per S3, ossia per JA3, che va inserito sopra quello precedente, con J alla stessa altezza della posizione attuale di N. Alla fine, facendo questo gioco di  “costruzione”, troviamo esattamente STOT. Quando? Beh… esattamente quando saremo arrivati in tF! La linea che tocca tutti gli estremi dei segmenti verdi traslati in questo modo è una retta la cui pendenza è data da vE (per definizione). Si ottiene così il triangolo BST come mostrato in Fig. 5.

pap5
Figura 5

L’altezza STOT è quindi data immediatamente da:

STOT = tF vE = D0vE/2vP

Cosa si può fare graficamente? Tracciare la retta da B inclinata di vE e fermarla quando incontra la perpendicolare tracciata all’asse t dal punto tF (vE e tF sono noti). L’altezza del triangolo, così trovato, indica subito la lunghezza del tragitto percorso dall’elettrone.

Si può anche fare in altro modo… Vi ricordate quei “metri” di legno pieghevoli che usavano i falegnami? Bene, la linea azzurra che indica il cammino del papalelettrone assomiglia proprio a quell’antico strumento (io lo uso ancora…). L’unica differenza è che le varie aste sono di lunghezza decrescente. Servirebbe a poco come misuratore di lunghezze, ma è perfetto per il nostro problema.

L’unica cosa che dobbiamo fare è “aprirlo” del tutto. Per come è costruito, i vari tratti del metro formano sempre angoli uguali con l’asse dello spazio (la velocità del papalelettrone è sempre la stessa sia che vada verso l’alto o verso il basso). Ne segue che possiamo piegare il metro e farlo diventare rettilineo mantenendo le lunghezze dei singoli tratti, come descritto nella Fig.6.

Figura 6
Figura 6

Questo segmento rettilineo ha quindi come lunghezza totale i tragitti del papalelettrone. Ne segue immediatamente lo stesso triangolo della Fig. 5 e quindi la distanza percorsa dalla nostra simpatica particella.

Ognuno è libero di usare il sistema che preferisce, dato che sono in pratica la stessa identica cosa e che danno luogo allo stesso risultato. In un modo o nell’altro, comunque, ci siamo divertiti con qualche intersezione tra rette, qualche sviluppo in serie e un metro da falegname un po’ speciale. E dite poco? Questi papalliani sono proprio fantastici e la matematica insieme alla sua amica geometria sono proprio divertenti!

 

 

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