01/02/22

Dall'Atomo alle Stelle e viceversa (7): Facciamo luce sulla... luce!

La serie completa "Dall'Atomo alle stelle e viceversa" è disponibile QUI

 

Una particella molto ambigua

Ancora oggi, la luce è l’unica vera informazione che l’Universo ci manda(*) e all’inizio di questa chiacchierata abbiamo visto che essa non è altro che una forma di energia o di informazione che si crea in un ambiente molto particolare, dove vi è una battaglia feroce e leale tra gravità e agitazione di particelle invisibili. Questa informazione deve viaggiare per miliardi di anni  rimanendo comunque visibile anche se affievolita. Ci vogliono, perciò, messaggeri robusti o -ancora meglio- poco influenzabili da ciò che incontrano nel loro viaggio. Sappiamo benissimo che meno siamo grassi e pesanti e molto più facilmente riusciamo a muoverci nel traffico. Lo stesso deve avvenire per le particelle più piccole dell’Universo: meno massa hanno e meglio si muovono. La luce segue proprio questa strada. Al punto da non avere massa…

(*) Questo articolo è stato scritto prima della rilevazione delle onde gravitazionali

Prima di vederne le caratteristiche più particolari dobbiamo, però, capire se è o non è una particella. La risposta è, anche oggi: “NI”. Tra Newton e noi, la luce ha cambiato spesso e volentieri natura: si è cominciato a vederla come corpuscoli e poi come qualcosa di simile alle onde del mare. Poi addirittura entrambe le cose assieme, anche se un altro grande genio della Fisica, Einstein, dimostrò senza ombra di dubbio che la luce DOVEVA comportarsi come particella anche se non possedeva massa. Con lui nasceva il fotone, il vero e proprio messaggero luminoso, ma le sue caratteristiche rimanevano ancora molto ambigue, non solo per la nostra incapacità di capire, ma proprio per la sua natura reale.

Come già detto non possiamo fare la storia delle conquiste dell’ottica, sia da un punto di vista ondulatorio (intesa come onde) che particellare (come tanti piccolissimi proiettili), e nemmeno entrare più di tanto nella sua natura ambigua che esperimenti fondamentali, veri e propri capolavori “artistici”, hanno dimostrato inequivocabilmente, come quello della doppia fenditura di Feynman.

Per far ciò bisognerebbe parlare a fondo della meccanica quantistica, il cui nome mette subito paura non solo agli allievi ma agli stessi insegnanti. No, non la descriveremo in questo articolo, perché occorrerebbero libri e libri, dato che la meccanica quantistica può essere compresa solo dopo aver imparato perfettamente la meccanica e la fisica classica. Solo a quel punto, il girare pagina ed entrare in un mondo assurdo e privo di ogni logica comune, può essere un’azione fattibile anche se mai veramente comprensibile. Alla MQ, però, sono già stati dedicati molti articoli che ne danno un'idea generale abbastanza completa.

Per poter capire un dipinto di Picasso è necessario conoscere molto bene la storia dell’arte figurativa. Solo così si capisce la rivoluzione della nuova visione del mondo. Lo stesso Picasso è riuscito a esprimerla acquisendo prima una perfetta conoscenza mentale e tecnica dell’arte che l’aveva preceduto.  Insomma, nessuno nasce “imparato”!

Quello che potremo fare è solo estrarre da lei alcune conclusioni fondamentali, quelle che ci permettano di capire un po’ meglio cosa sia realmente la luce e perché è in grado di darci un numero incredibile di informazioni anche se sembra solo stuzzicare il nostro occhio. Non solo capire, però, ma anche decodificare l’informazione che viene trasmessa in modo criptico ed estremamente compresso (potrei dire “ultra-zippato”).

 

La luce è movimento

In realtà, se torniamo all’inizio dell’Universo, e alle varie fasi di ionizzazione e di stabilità degli atomi, dovremmo aver già capito che per avere luce, ossia energia visibile a grandissime distanze, è necessario che vi sia movimento delle particelle che compongono la materia. Devono agitarsi le molecole, gli atomi e ciò che costituisce gli atomi. In questo modo ci si oppone alla gravità, cresce la temperatura della materia e gli elettroni possono vivere in modo più o meno indipendente, ionizzando il gas.

Solo il movimento è capace di far nascere i messaggeri luminosi, quelli che abbiamo chiamato fotoni. In realtà, non è il solo modo di produrre luce, ma per quello che vogliamo descrivere può bastare. Come abbiamo visto, la luce non è altro che energia “in più”, che può tranquillamente disperdersi e lasciare le stelle. Ne basta la metà a continuare la lotta, come ci ha dimostrato il teorema del viriale che stabilisce l’equilibrio.

Cerchiamo, adesso, di essere veramente semplici, a rischio di mancare in precisione, ma questo è uno scotto che bisogna pagare nella divulgazione della Scienza. Essa è un serpente che si morde sempre la coda e se si vuole approfondire qualcosa si continua a girare e aggiungere, a ogni giro, nozioni sempre più vaste e complesse. Cerchiamo, perciò, di limitarci senza commettere errori troppo vistosi.

Tutto nasce dal moto degli elettroni che vengono “eccitati”, ossia agitati, dalla temperatura. La loro agitazione può fargli abbandonare il loro atomo e permettergli di muoversi a piacimento attraverso la materia, accasandosi altrove oppure no. Al limite, possono solo spostarsi un po’ in alto e un po’ in basso nella loro configurazione attorno al nucleo atomico (questa doppia possibilità è alla base della spettroscopia, di cui stiamo per parlare, tenetela bene a mente). E’ tutta questione di energia che gli viene data. In qualche modo è, quindi, un problema di temperatura che si raggiunge.

Non pensiamo, però, che una volta liberi di muoversi gli elettroni possano fare quello che vogliono. Sappiamo bene che sono ancora all’interno di una stella, di una massa immensa e densissima. In qualche modo ricorda l’Universo precedente alla prima luce, quando le particelle si scontravano tra loro in modo continuo e caotico senza riuscire a seguire una strada precisa.

Gli elettroni sono obbligati a frenare e ad accelerare ogni volta che passano vicino a nuclei positivi o ad altri elettroni. A volte vengono attratti, a volte respinti.  Sta agendo una forza molto potente, l’interazione elettromagnetica, quella che mette di fronte particelle di carica positiva e negativa.

Per comprenderla meglio, fatemi fare un semplice esempio,  a portata della nostra vita quotidiana, che ci rimanda ancora una volta a Newton e alla sua “mela”. Se una mela si stacca da un albero (che cerca di tenerla stretta a sé attraverso forze che legano molecole e atomi tra loro) cade al suolo. Essa segue quello che le ordina la forza di gravità terrestre. Ma non solo la mela. Qualsiasi oggetto dotato di massa viene attratto, di più o di meno, se entra nella sfera di influenza di una massa molto più grande. Possiamo dire che questa massa (nel nostro caso, la Terra) esercita la sua attrazione in uno spazio estremamente vasto attorno a lei. Gli oggetti che entrano in questo spazio subiscono la sua gravità. Questo spazio possiamo considerarlo come un campo da gioco, dove agisce un un’unica regola: quella di puntare verso il centro. Questo campo viene chiamato campo gravitazionale.

Anche le particelle positive e negative creano un campo da gioco, che si chiama campo elettromagnetico. Esso regola i movimenti di ciò che entra al suo interno e che ha una carica. Immaginiamolo come un oceano in cui non si vedano onde perché troppo piccole per le nostre possibilità o perché siamo troppo in alto. Tutto sembra tranquillo e stabile. Ma, scendendo sempre più in basso, magari usando una barca, ci accorgeremmo che le onde ci sono e come! Esse si sommano, si annullano, seguono direzioni qualsiasi o flussi particolari. Insomma una vera tempesta.

Chi è causa questa agitazione? Proprio le particelle cariche che si fanno sentire attraverso il loro continuo movimento. E’ come se ogni particella creasse un’onda particolare che si scontra con le onde delle altre particelle in modo apparentemente caotico. Bene, queste onde che si propagano potrebbero rappresentare abbastanza bene la luce. Gli elettroni, i più piccoli e quindi quelli che si muovono di più, causano queste vibrazioni nel campo da gioco e ogni vibrazione è un messaggio che mandano ai loro simili e a quelli di segno opposto. In un caso li avvisano di stare attenti, di tenersi a distanza perché due cariche negative devono respingersi; nell’altro, invece, comunicano che possono avvicinarsi dato che le cariche sono opposte e forse potrebbero nuovamente accasarsi.

Fatica inutile se la temperatura è troppo alta e il loro movimento è frenetico. Devono perciò deviare, accelerare, frenare e ogni volta che lo fanno creano una vibrazione che si trasmette alle altre particelle che, a loro volta, la trasmettono ad altri elettroni in uno scambio continuo di informazioni. Alla fine, dopo grande fatica e dopo molto tempo, qualche vibrazione, le ultime che si sono formate, escono dalla lotta tra gravità e agitazione e possono viaggiare nel Cosmo. In questo tipo di approccio non resta che concludere che i fotoni, ossia i messaggi mandati attraverso le vibrazioni, anzi le stesse vibrazioni, sono solo e soltanto onde di una mare composto praticamente di vuoto, ossia privo di un materiale, come l’acqua, che possa far propagare l’onda.

La luce, come abbiamo già detto, è stata a lungo pensata così. Purtroppo, però, non è vero ed essa, spesso e  volentieri, si concretizza in particelle capaci di far sentire la propria presenza. Non resta allora che pensarla come entrambe le cose e dare alle vibrazioni una descrizione ben diversa dalla solita. Esse non sono onde  reali, ma onde di probabilità. In poche parole, esse rappresentano tutte le possibili posizioni che un fotone (intesa come potenziale particella) può occupare dopo che è stato creato da un elettrone. Una vibrazione che ci dice solo dove è più facile o più difficile localizzare la particella, la bottiglia con dentro il messaggio codificato.

Cercate di accettarlo come un dato di fatto, dato che per capire (o meglio descrivere) la situazione bisognerebbe entrare nella dinamica delle particelle, descritta dalla elettrodinamica quantistica (QED per gli amici) e non è cosa che si può riassumere in poche righe o in poche pagine (è già, comunque, stato fatto in questo blog). Ognuno cerchi di vedere il fotone come  preferisce: non sbaglierà mai di molto. Tuttavia,  non si meravigli se ogni tanto il nostro amico cambierà la propria natura, ossia il proprio “stato”.

Fortunatamente, le situazioni più critiche e ambigue sono quelle che avvengono all’interno della folla, al centro delle stelle. Lasciamo pure che facciano quello che vogliono, che si comportino in un modo o nell’altro. Quando i più fortunati iniziano il loro viaggio verso di noi non hanno più incontri particolarmente importanti e possiamo immaginare che percorrano delle traiettorie rettilinee. In altre parole, questa è la traiettoria più probabile.

La direzione di arrivo è proprio quella di partenza, dopo aver -ovviamente- eliminato tutti i fastidi grandi e piccoli dovuti alla nostra atmosfera che è, nuovamente, molto affollata anche se non in modo frenetico come gli interni stellari. Capite anche benissimo perché spesso e volentieri si preferisce ricevere l’informazione luminosa al di fuori dell’atmosfera, attraverso occhiali speciali che stiano a un’altezza sufficiente (parliamo, ovviamente, dei telescopi spaziali).

Tutto questo discorso per dire che ciò che riceviamo dalle stelle è un messaggio ricco di informazioni e di energia (in fondo, è la stessa cosa), che nasce all’interno delle stelle, ma che si riferisce soprattutto a ciò che capita nei loro strati superficiali, poco prima di potersi muovere senza troppi inconvenienti.

Tutto molto bello e affascinante… ma sarebbe veramente fantastico poter costruire una stella in laboratorio per capire meglio come l’informazione si crea, si trasforma, si sovrappone e si lancia verso l’esterno. Bene, ciò, fatte le dovute proporzioni fisiche e mentali, è possibile. Questa stella in miniatura che ci permette di simulare la loro luce si chiama corpo nero.

Non ci resta, allora, che capirlo nel miglior modo possibile e vedere come descriverlo. Se ci riuscissimo potremmo estrapolare i risultati ai loro “cugini” giganteschi e riuscire a decodificare i messaggi che ci mandano.

 

La serie completa "Dall'Atomo alle stelle e viceversa" è disponibile QUI

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