04/02/22

I misteri "fantascientifici" del rumore cosmico di fondo **

Questo articolo è stato inserito nella sezione d'archivio "Radiazioni di fondo: quante sono?"

 

Analizziamo meglio l'immagine del rumore cosmico di fondo e immergiamoci un po' nella fantascienza.

L'immagine del rumore cosmico di fondo ha un'importanza davvero fondamentale per tutta la cosmologia. Abbiamo visto che essa rappresenta il primo raggio di luce dopo il Big Bang, l'inflazione, la formazione delle particelle subatomiche e la creazione dei primi atomi di idrogeno ed elio che poi diventeranno i mattoni dell'Universo, unendosi tra loro e dando origine alle stelle che riusciranno a produrre tutti gli elementi chimici, compresi quelli che formano la nostra essenza fisica e intellettuale. Che lungo percorso, mamma mia! Come tutte le avventure, però, è essenziale cercare di tornare alle origini, dato che solo così si può capire l'evoluzione e le varie trasformazioni che hanno caratterizzato e caratterizzeranno il Cosmo. Questo primo "vagito" udibile o visibile, come preferite voi, è proprio il rumore cosmico di fondo.

In esso sono già impressi i "semi" di ciò che diventeranno galassie e ammassi di galassie. Osservandolo si osserva la nascita vera e propria del Tutto. E' vero che nei 380 000 anni che intercorrono tra il Big Bang e questa prima luce sono successe molte cose, ma tutte confinate nel microcosmo. In qualche modo può assomigliare alla nascita di un pianeta: prima solo grani piccolissimi e poi i primi mattoni che diventano sempre più grandi e portano infine a oggetti facenti parte del macrocosmo. Storia analoga anche per le stelle, ma essi sono fenomeni "locali", mentre il RCF è una visione contemporanea del Tutto, ossia della configurazione che aveva l'Universo 380 000 anni dopo il Big Bang.

In attesa che si riesca ad andare ancora di più nel passato, attraverso nuove fonti di informazione, come potrebbero essere le onde gravitazionali primigenie e/o i neutrini, il RCF è l'unica immagine che abbiamo dell'infanzia del Cosmo. Un po' come se trovassimo una foto della nostra classe d'asilo, pur sapendo che ogni bimbo ha poi preso strade completamente diverse.  Sarebbe ancora più giusto dire una foto del reparto neonati. Insomma, qualcosa del genere. Pensiamoci bene e cerchiamo di capire veramente bene quale occasione fantastica è ancora possibile analizzare!

Mettiamo nuovamente in bella mostra l'immagine ottenuta nelle microonde dal telescopio Planck.

Ovviamente, noi OGGI catturiamo il segnale nelle microonde, ma all'atto della loro partenza, prima che l'espansione dell'Universo "stirasse" la lunghezza d'onda avremmo avuto di fronte frequenze decisamente più alte, dato che il Cosmo era ancora piuttosto caldo, attorno ai 3000 K. Quella che leggiamo oggi, nel RCF, corrisponde, invece, a quella appena sopra lo zero assoluto, ossia intorno ai 2,725 K. Cosa sono, allora tutte quelle macchioline rosse e azzurre? Beh, solo e soltanto variazioni della temperatura osservata: le zone rosse sono più calde, quelle azzurre più fredde. Sì, ma di quanto? Veramente poco... attorno allo 0,01%. Variazioni piccolissime che danno, quindi, consistenza all'ipotesi che l'Universo fosse essenzialmente omogeneo. Tuttavia, proprio queste differenze di temperatura sono i primi embrioni che daranno luogo a concentrazioni di massa e a zone di vuoto quasi assoluto.

L'immagine di Planck è fin troppo accurata per cercare di estrarre informazioni sulle caratteristiche globali e ci conviene considerarne una precedente con una risoluzione nettamente meno elevata, come quella di COBE.

A questo punto facciamo un passo indietro e prendiamo in considerazione un certo segnale che ci arriva dal Cosmo. Come esempio, possiamo considerare la curva di luce di un asteroide che, se è di forma allungata, mostra durante la sua rotazione, superfici illuminate variabili e, di conseguenza, luminosità variabile. Se lo immaginiamo come un ellissoide a tre assi (a > b > c, con rotazione attorno a c), la luce che riceviamo va da un minimo quando ci mostra la faccia con semiassi b e c a un massimo quando ci mostra la faccia con semiassi a e c. Ogni periodo l'oggetto deve mostrare due massimi e due minimi di luce, come mostra la Fig. 1 in alto a sinistra.

Figura 1

Ipotizziamo adesso che l'asteroide abbia un compagno che gli ruoti attorno (e che non lo eclissi, per semplicità) con un periodo di rotazione decisamente più corto (a sinistra in basso). Anche il satellite è di forma irregolare e la curva mostra due massimi e due minimi di luce per ciclo. Tuttavia, noi ne registriamo la luce riflessa senza poterli distinguere tra i due oggetti e, quindi, in ogni istante si sommeranno le loro luminosità. Ciò che ci appare è qualcosa di simile alla curva di luce rossa della parte destra della figura. Qualcosa di periodico si intuisce, ma non è facile districarsi. Eppure abbiamo soltanto sommato la luminosità di due oggetti che varia in modo perfettamente periodico. Figuriamoci cosa si vedrebbe se i satelliti fossero due o tre.

In tali casi si utilizza un metodo matematico molto vantaggioso, l'analisi di Fourier. Ogni singola curva corrisponde a una funzione seno o coseno (una sinusoide più o meno perfetta). Combinando assieme una serie di funzioni sinusoidali si cerca di ottenere il miglior accostamento alle osservazioni. Il risultato ci fornisce importanti e spesso decisive informazioni sulla configurazione globale. Una tecnica che ha permesso di scoprire asteroidi binari solo attraverso la loro curva di luce.

Ciò che abbiamo visto per una "linea" può essere utilizzato su una superficie, attraverso funzioni "armoniche" (ossia sinusoidali) più complicate. Consideriamo, ad esempio, una sfera che mostri un emisfero blu e uno rosso. Beh... è molto facile immaginare che la funzione necessaria a rappresentare la configurazione sia una semplice variazione da un massimo (rosso) ad un  minimo (azzurro) lungo la direzione polo nord-polo sud: una sola sinusoide basta e avanza.

Complichiamo un po' le cose e affrontiamo un altro esempio, in cui un polo sia rosso e l'altro blu, ma tra loro si alternino molte fasce rosse e blu. Nel caso più semplice, avremmo una combinazione di un segnale a onda singola sovrapposto a uno a doppia onda. Entrambi i segnali, però, agirebbero lungo la linea verticale, quella che congiunge un polo con l'altro.

Niente vieta, però, di considerare anche funzioni sinusoidali che varino di temperatura (nel caso del RCF) lungo l'equatore. Nella figura che segue abbiamo un caso già abbastanza complicato: una variazione  con sette onde segue la direzione polo-polo, mentre una a onda semplice segue l'equatore.

Ovviamente, la faccenda può diventare sempre più complessa se si vuole rappresentare una superficie sferica che sembra essere macchiata di rosso e di blu in modo casuale. Sia il tipo di onda sia la sua direzione può essere qualsiasi.

Complessa sì, ma fattibile e così è stato fatto per il RCF. Si è trovato qualcosa di interessante riguardo alla configurazione globale della distribuzione delle macchie di "temperatura"? Sì e no.

Ci si attendeva una distribuzione completamente "random" e, invece, alcune direzioni sembrano essere favorite rispetto ad altre. In particolare, il nostro sistema solare sembra muoversi in una direzione che è strettamente legata alla perpendicolare di una direzione privilegiata nella visione globale del RCF. Un mistero da risolvere?

Molto probabilmente no, dato che quando il RCF ha ottenuto questa configurazione, che noi vediamo OGGI, ma che si riferisce a 380 000 anni dopo il Big Bang, il sistema solare e la nostra galassia non esistevano ancora. Dato che non esiste un centro dell'Universo, questo risultato così apparentemente strano non può essere che un caso fortuito. Non per niente questa direzione particolare che nasce dall'analisi di Fourier applicata al RCF viene oggi chiamata "asse del diavolo"

Più interessante è invece un altro piccolo-grande mistero che nasce analizzando accuratamente le macchie di temperatura. Risulta più che evidente che esiste un'anomalia, la cosiddetta "macchia fredda", mostrata nella figura che segue.

La grande "macchia fredda" riscontrata nella radiazione cosmica di fondo.

Ricordiamo ancora che le differenze di temperatura sono veramente irrisorie, dell'ordine di 18 micro Kelvin; tuttavia, queste leggere differenze sono più che veritiere e rappresentano proprio le zone di pieno e di vuoto che diventeranno le caratteristiche principali dell'Universo. Tra queste macchie ve n'é una particolarmente "strana", essendo "terribilmente" fredda, ben 140 micro Kelvin inferiore al valore medio. Per intenderci meglio, la probabilità che nella visione omogenea e uniforme si possa trovare una zona come questa sarebbe solo del 2%. Insomma, sembra qualcosa veramente peculiare e difficilmente dovuta al caso. Inoltre, la macchia è molto grande, ben dieci volte la Luna piena.

Essa è localizzata nella costellazione di Eridano. Tanto per aggiungere mistero a mistero, la nostra zona fredda è circondata da una zona circolare calda, come mostra la figura seguente.

Beh... la spiegazione più semplice porterebbe a dire che va accettata per quella che è e che l'Universo sia proprio nato con quella anomala caratteristica. Una specie di "neo". Tuttavia, c'è chi ha ventilato un'ipotesi estremamente suggestiva e fantascientifica.

Subito dopo essersi formato il nostro Universo si sarebbe scontrato con un altro Universo. Concetto  non facile da digerire e il modo più semplice per avvicinarsi alla sua comprensione è pensare a quella macchia come a un'impronta, percepibile nelle nostre dimensioni, ma relativa a un insieme ben più vasto e complesso con almeno una dimensione in più. Vi ricordate il celebre e fantastico romanzo Flatlandia? Chi non lo ha mai letto, lo compri subito... è veramente stimolante! Beh, una creatura (un quadrato), a due dimensioni, rimane enormemente sorpreso dall'apparire di segni strani che sono proprio le impronte che una creatura di un mondo a tre dimensioni sta lasciando in un mondo a due. In quel caso il quadrato si trova di fronte a una sfera, ma l'unica cosa che può realizzare è che sia apparso un cerchio di dimensioni variabili, al muoversi della sfera lungo l'asse polare, nella sua dimensione in più. Volendo, l'impronta può far capire  il concetto di tre dimensioni anche a un "bacherozzo" di due dimensioni.

Tuttavia, mentre nel romanzo la sfera svela la sua natura, nella realtà dell'Universo nessun altro Universo o nessuna creatura con una dimensione in più ha voglia di spiegarci la faccenda, lasciandoci con un palmo di naso. Conviene, perciò, limitarsi a una interpretazione "fisica" della macchia: essa potrebbe rappresentare oggi una zona particolarmente vuota, quasi totalmente priva di galassie. La "luce" entrata nella zona vuota avrebbe perso energia non trovando alcun ostacolo, ma poi avrebbe dovuto riacquistarla per la legge di conservazione, così come chi scende da una montagna dell'otto volante la riacquista salendo dalla parte opposta. Tuttavia, questo sarebbe vero se non ci fosse stata l'espansione. La perdita di energia sarebbe stata decisamente più grande a causa dell'espansione dell'Universo, per cui, quando la luce è riemersa dalla zona "vuota", non avrebbe più potuto riacquistare quella di entrata e apparirebbe meno energetica, ossia più fredda.

Secondo le stime attuali questa zona si estenderebbe per un miliardo di anni luce e sarebbe centrata a circa tre miliardi di anni luce da noi. A riguardo, però, le idee sono molto contrastanti e ogni tanto torna in auge l'idea dello "scontro" e dell'esistenza del multiverso. Ovviamente, oggi questo è un argomento che  sembra più avvicinarsi alla fantascienza che non alla speculazione scientifica, tuttavia, vale la pena ricordare che quel genio immenso di Giordano Bruno aveva già ventilato qualcosa a proposito.

Torniamo a qualcosa di più "concreto" e pensiamo al RCF come a un qualcosa che ci mostra l'Universo com'era quando i primi semi delle strutture odierne stavano germogliando e ricordiamo che essa sembra avvalorare le due ipotesi più misteriose della nascita del Cosmo: il Big Bang e l'inflazione. Magari ne parleremo ancora...

4 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Noi vediamo arrivarci addosso le radiazioni di microonde della Rcf da ogni parte attorno a noi. Sarebbe quindi più chiaro (ma più scomodo) tracciare queste micro differenze di temperatura su una sfera che ci circonda tipo doppio planetario con noi all'interno nel suo centro. E anche più preciso, visto che per piallare il tutto su un piano, fino ad ottenere le elissi (sopra) di Cobe e di Planck, si saranno dovute fare delle buone approssimazioni (identico problema del planisfero geografico).

    Ed ecco la domanda: i planisferi della Terra di solito li disegniamo con l'equatore orizzontale al centro e i due poli agli estremi dell'asse minore. Questi di Planck o di Cobe vanno letti nello stesso modo? Insomma il loro nord, in alto, corrisponde alla direzione della stella Polare?

  2. caro Alberto,

    niente di male ad usare una rappresentazione simile a quella che si usa per molte mappe terrestri. I poli non si riferiscono ai nostri, ma a quelli della Via Lattea. In realtà, nelle mappe iniziali vi è tutta una zona centrale mascherata dalla nostra galassia, ma questa viene sapientemente e accuratamente ripulita.

    In tre dimensioni potremmo anche usare ciò che chiedi tu... ma poi come lo disegni in due dimensioni?

  3. paolo

    Caro Enzo ho una sola domanda.

    Quando dici che la zona più fredda è 40 micro Kelvin inferiore al valore medio, ti riferisci al valore misurato ora (nel campo delle microonde), oppure a quello ai tempi della RCF?

    Siccome, presumo, che si tratti di quello misurato oggi (dopo che l'onda luminosa è stata stirata dall'espansione dell'universo), ai tempi della RCF tale differenza di temperatura in cosa consisteva rispetto ai 3000 K?

    Si lo so che avevo promesso una sola domanda, però la curiosità è come le ciliegie (una tira l'altra), ci sono esperimenti che cercano di indagare il pre RCF con i neutrini (per le onde gravitazionali, mi sa che ci toccherà attendere LISA)?

    Paolo

  4. Ovviamente le differenze, come dici tu, si riferiscono ad oggi. Alla seconda domanda non so che risponderti. Bisognerebbe sapere come scende la temperatura con l'espansione e non è cosa facile  e nemmeno  realistica. Non vi erano ancora stelle, ma solo radiazione.

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