11/05/22

La vera storia di Cristoforo Colombo

Barbara ringrazia di vero cuore Vin-Census per averle fornito documenti del tutto sconosciuti che solo lui, attraverso la sua straordinaria conoscenza della storia del vino, poteva possedere. Senza il suo disinteressato aiuto questa ricostruzione storica sarebbe stata impossibile. E un grazie anche per l'inserimento di questo racconto nella rubrica che raccoglie i suoi, tra cui La vera storia della rivoluzione copernicana e La vera storia di Napoleone

 

articolo pubblicato il 1/3/2017

 

La  storia scritta nei libri è, spesso, come un telefono senza fili. L’inizio è sicuramente giusto, ma poi, di passaggio in passaggio, prende un risvolto molto diverso e ben lontano dall’originale.

La scoperta dell'America... un passo fondamentale per l'uomo. Cristoforo Colombo ne è considerato l'epico eroe. Spesso, come motivo trainante, si pensa subito allo sfruttamento delle risorse di terre lontane (l'uomo è bravissimo in questo gioco), ma, in questo caso, il tutto si risolve con la nostalgia dei propri avi...

La vera storia di Cristoforo Colombo comincia poco prima del 1000 d.C. e fonda le sue basi  fin nell’antica Grecia.

E’ un periodo di gran caldo, dovuto alle esalazioni di metano fuoriuscenti dalle centinaia di migliaia di renne (e anche di orsi bianchi) che si riversano nell’atmosfera causando un terribile effetto serra. I ghiacciai sono praticamente scomparsi e inizia, nel nord dell'Europa, una spietata decimazione delle renne (e anche degli orsi bianchi) per combattere il temuto riscaldamento globale, su cui predica ogni giorno il gran sacerdote Al Goreson, spinto da un maniacale desiderio di trofei di caccia.

A Erik il Rosso poco importa della puzza e dello sterminio delle renne (e anche degli orsi bianchi)… a lui interessa l’avventura e un mare sicuro e senza ghiaccio vagante. Poco prima del 1000 d.C. può, perciò, intraprendere il suo grande viaggio che tocca la Groenlandia e giunge fino a Terranova, denominata subito Vinland (terra del vino). Isola dal clima mite, grazie alle renne e anche agli orsi, è il luogo ideale  per la coltivazione dell’uva. Da quel momento in poi, i vichinghi diventano i più formidabili ubriaconi della storia dell'uomo.

Il figlio di Erik, Leif Erikson, esempio limpidissimo di consumatore di vino, decide di tornare e spingersi ancora più a sud per stabilizzarsi su un isoletta fantastica (chiamata dai nativi Manatta). Costruisce, per sé e la sua famiglia, una splendida casetta di legno, circondata da tanti fiori di lillà, che viene subito indicata dai nativi come canada, ossia capanna. Leif pensa che sia il nome della località e la chiama definitivamente casetta in Canada. Dopo un periodo di lotte contro il capo tribù Pinco Panco, riesce a vivere una lunga,  tranquilla e pacifica esistenza (voci maliziose di tribù vicine lo dicono quasi sempre ubriaco…). Nella figura che segue sono descritti i viaggi di Erik e di suo figlio.

I viaggi dei vichinghi intorno all'anno 1000 d.C.
I viaggi dei vichinghi intorno all'anno 1000 d.C.

Lascia in terra vichinga fratelli e sorelle che piangono a lungo per la sua lontananza. Coloro che riescono ad andare e a tornare da quel luogo così lontano diminuiscono sempre di più, dato che lo sterminio delle renne (e anche degli orsi bianchi) ha cominciato a produrre il suoi effetti ed è iniziato un periodo di raffreddamento globale e il ghiaccio vagabondo rende sempre più difficile i viaggi in mare. Poi rimane solo il ricordo che si tramanda di generazione in generazione.

Il pro-pro-pro nipote di Erikson, verso la fine del '400 (quasi 1500…), decide di trovare, a tutti i costi, il modo di raggiungere i suoi parenti di Manatta e vedere la celebre casetta in Canada, ormai divenuta un simbolo quasi divino per la storia vichinga. Deve trovare un passaggio su qualche nave che vada in quella direzione, passando, però, molto più a sud. E così raggiunge Genova, insieme al figlioletto Leif. Genova: porto di mare, dove è possibile conoscere avventurieri di ogni tipo, dai più rozzi filibustieri ai più grandi e nobili capitani militari. In breve, per tutta le gente del porto, lui è ormai diventato Erissonne di Manatta.

Dopo qualche mese di studio il suo interesse viene attratto da un certo Cristoforo Colombo…

A questo punto, dobbiamo sospendere la storia del nostro vichingo e parlare un po’ di geografia.

Anche se da molti la Terra è ancora considerata piatta, dato che non si vuole credere a persone che devono incollarsi i piedi al suolo per non cadere nel vuoto (come farebbero a camminare?), in ambiente scientifico non ci si è certo dimenticato il fantastico calcolo di Eratostene, che, tramite il passo cadenzato e perfetto del suo dromedario e di qualche calcolo astronomico, ha stabilito la circonferenza del globo pari a circa 40 000 km.

I lettori ci scusino se usiamo questa unità di misura bel lontana dagli “stadi” greci e romani, ma lo facciamo solo per rendere più semplici i calcoli che inseriremo tra poco. Sicuramente non è stata cosa facile trasformare lo stadio in chilometri anche perché accadde un fatto molto increscioso poco dopo l’esperimento illuminante di Eratostene.

L’idea dei più grandi luminari del tempo era quella di imbalsamare il dromedario di Eratostene e di conservare le sue zampe nella biblioteca di Alessandria, in modo da avere sempre a portata di mano l’unità di misura universale di distanza. Si era già pensato di chiamare questa unità “passodario”, ma il servitore andato a Siene, per osservare che il Sole si infilasse proprio nel pozzo al momento giusto, e per misurare la distanza con il futuro passodario, fu catturato da alcuni predoni del deserto, particolarmente sfortunati e imbranati: non erano cattivi, ma non riuscivano a catturare nemmeno un coniglio zoppo.

Alla vista del dromedario vennero subito a un patto con il servitore: la sua vita in cambio di quel dromedario dalle cosce così succulente. Detto fatto e il passodario finì nelle fauci degli affamati predatori…

Asciughiamoci la lacrimuccia per la perdita di cotanta unità di misura e accettiamo per buona la misura di Eratostene e il suo stadio.

Cerchiamo, adesso, di approfittare di questo fantastico risultato per determinare alcune distanze fondamentali che hanno interessato in modo particolare il nostro Erissonne e di conseguenza Cristoforo Colombo e il mondo attuale.

Facciamo una premessa che viene spesso dimenticata da geografi poco esperti: Eratostene aveva calcolato la lunghezza dell’equatore terrestre (ossia un cerchio massimo). Tuttavia, le terre conosciute e i viaggi intrapresi fino all’epoca di Erissonne erano localizzati decisamente più a nord. Con una discreta approssimazione (altri studi più accurati potranno essere fatti dai più interessati alla questione) possiamo dire che ci riferiamo “in media” al parallelo che ha come latitudine 32° nord.

I più bravi si ricorderanno certamente che un parallelo ha una lunghezza decisamente minore di quella dell’equatore e per ottenerla basta eseguire la moltiplicazione della lunghezza equatoriale per il coseno della latitudine. In poche parole, la circonferenza in cui si svolgono i fatti di nostro interesse si riduce a solo 34 000 km. Guai, quindi, a considerare 40 000 come il valore a cui togliere o aggiungere i viaggi dei grandi avventurieri. Il valore più giusto è 34 000 km, come mostra la figura che segue.

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Per chi avesse ancora qualche dubbio, ricordiamo che gi abitanti del polo nord (o di quelle parti) fanno giocare spesso i più piccoli al “giromondo” (da non confondere con il “girotondo”). I bimbi vengono portati a pochi metri dal polo, che viene segnalato con una bandierina rossa. Poi si invitano a correre mantenendo la stessa distanza  dalla bandierina. In pochi secondi o minuti, i bimbi “polari” possono dire di avere fatto il giro del mondo! Riportiamo una bella immagine in cui due bimbi si accingono al loro gioco preferito, osservati da due simpatici orsacchiotti (la loro presenza fa notare chiaramente che siamo in un periodo di raffreddamento globale…).

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A questo punto, possiamo riferirci sempre a una circonferenza di 34 000 km. Questa deduzione ci fa parzialmente riabilitare Strabone, geografo greco stabilitosi a Roma, dove divenne maestro dei figli di Cicerone. Egli è considerato a dir poco “strambo”, in quanto, pur seguace di Eratostene, decide di porre la circonferenza della terra pari a 33 000 km. Il che sembrerebbe assurdo se paragonata ai 40 000 km, ma non ai 34 000 del parallelo attorno a cui vi era il mondo conosciuto. Il valore di 34 000 km può quindi ritenersi confermato anche da Strabone.

Questa scelta viene ulteriormente avvalorata dal fatto che il geografo greco-romano parla di terre conosciute che si estendono per circa 13 000 km. Anche questo valore ha un suo senso, in quanto aggiungendo il tratto India-Cina si arriva a 16 000 km, confermati dal viaggio di Marco Polo. Possiamo, perciò, accettare con buona sicurezza una circonferenza totale di 34 000 km, di cui circa 16000 appartenenti alle terre conosciute, grossomodo estese dal Portogallo alla costa cinese sull’Oceano pacifico.

Questi dati portano alla Fig. 1 che può dirsi concorde sia ai calcoli di Eratostene che a quelli di Strabone e di Marco Polo. Nella figura sono segnati in verde la previsione e il viaggio effettivo di Colombo (5500 e 6000 km). Si nota come per raggiungere la Cina mancano ancora ben 12 500 km rispetto alle previsioni di Colombo: un assurdità che non può essere accettata…

Figura 1
Figura 1

Tuttavia, Strabone, in modo apparentemente inspiegabile, dice anche che le terre conosciute ai suoi tempi sono pari alla metà della circonferenza terrestre. Purtroppo (e abbiamo fatto i calcoli più volte) 13.000 più 13.000 fa 26.000 km, nettamente inferiori ai 34.000 che sembrano confermare la lunghezza del parallelo in accordo con Eratostene. Cosa può essere successo? Una possibilità è che Strabone abbia cambiato parallelo, ma non se ne vede motivo… un’altra è che sia improvvisamente impazzito, ma Cicerone lo avrebbe cacciato sicuramente senza troppi ripensamenti. Rimane, invece, valida una terza ipotesi che riguarda direttamente lo “stadio” di Roma.

La misura chiamata stadio deriva proprio dalla lunghezza di una corsa quasi sacra che veniva compiuta dagli atleti greci, già prima delle Olimpiadi. Al tempo dei romani questa lunghezza è di 185 metri. Per permettere di effettuare la corsa in una zona recintata che possa contenere una moltitudine di spettatori nascono così gli “stadi” in legno prima, e in muratura dopo.

Costruire stadi è, quindi, impresa non da poco e anche molto dispendiosa (senza pensare agli appalti truffaldini che già infestano la città ai tempi di Cicerone). Cicerone è uomo di grande potere politico e decide di far fronte a un periodo di scarsa “liquidità” dello Stato, con uno stratagemma veramente ingegnoso: ridurre le dimensioni degli stadi. Si arriva, così, a un valore di 145 metri e la capacità oratoria del grande romano riesce a sistemare la faccenda senza causare isterismi da parte della plebe.

Nasce, però, un problema geografico: anche le misure indicate in “stadi” devono essere ridotte di conseguenza… E così ecco che una circonferenza pari a un certo numero di stadi è costretta a ridursi di conseguenza. Invece di 34.000 km, la circonferenza terrestre viene ridotta a 26.000 km, lasciando, però, inalterata la lunghezza effettiva delle terre conosciute. Poco male se si riducono quelle non ancora conosciute… meglio pensare all’oggi e lasciare il domani ai posteri.

In realtà, stiamo per accorgerci di quanto questa operazione di risparmio economico sia stata fondamentale intorno alla fine del '400 (quasi 1500...), riportandoci alle vicende di Erissonne e di Cristoforo Colombo.

Andiamo con ordine e disegniamo, in Fig. 2, la circonferenza terrestre, ammettendo come buona una lunghezza del parallelo incriminato ridotta a 26 000 km, lasciando inalterato il valore delle terre conosciute. La differenza tra il punto previsto da Colombo e la costa cinese si riduce a 4500 km soltanto!

Figura 2
Figura 2

A questo punto possiamo tornare a Genova, alla fine del '400 (quasi 1500...).

E’ Cristoforo Colombo un uomo piuttosto ignorante, che svolge sporadiche attività di mozzo, ma con grandi ambizioni e con grandi capacità dialettiche (parlava per ore e ore distruggendo anche i più resistenti). Ha tuttavia un difetto che Erissonne nota subito: benché arrogante e furbo come pochi, è stregato dai racconti esotici e dai viaggi in terre misteriose. A riguardo, è facile fargli credere di tutto e di più e il suo muro di furbizia si scioglie come neve al Sole…

Erissonne comincia a raccontargli di come la Terra sia rotonda e di come non sia poi così difficile raggiungere la ricchissima Cina di Marco Polo per una via molto più facile e diretta, ossia attraverso il grande Oceano (l’Oceano Atlantico) che tanto grande non sembrerebbe. Non è impresa banale, dato che il suocero di Cristoforo è uno studioso e possiede mappe di tutti i generi e di tutte le epoche. Tuttavia, Erissonne è facilitato nella sua impresa dalla fiducia quasi religiosa che il suocero ha per i risultati  descritti da Strabone. Basandosi sui calcoli del geografo greco-romano  i chilometri necessari per andare dal Portogallo alla Cina sono “soltanto” 10.000. A Erissonne, comunque, interessa poco quanti siano realmente… a lui interessano soltanto i circa 5.000 necessari a raggiungere la casetta in Canada!

E, allora, ecco che i 10 000 km vengono fatti scendere lentamente con qualche calcolo matematico (incomprensibile a Cristoforo) e ipotizzando venti favorevolissimi durante certi periodi di tempo. Non è difficile convincere Colombo che con un mese circa di viaggio (tanto per essere sicuro) si può raggiungere la Cina, a causa di venti simili a un vero e proprio motore.

Immaginiamo facilmente cosa può passare per la testa di Cristoforo: a lui, un mozzo di intelligenza e istruzione molto modeste, si sta prospettando la possibilità di diventare il più famoso navigatore di ogni epoca. In fondo, pensa, partire per un viaggio facilitato dai venti (che, magari, potrebbero anche diventare “trenta"), è fattibile, dato che le scorte necessarie sono alla portata di una grande paese come il Portogallo o la Spagna. Poi, una volta raggiunto il mare aperto, sarebbe riuscito a convincere, se necessario, i compagni di viaggio con la sua parlantina. Inoltre, cosa non da poco, sarebbe stato con lui l’ideatore di cotanta impresa, Erissonne in persona. Lui, estremamente intelligente ed esperto,  lo avrebbe aiutato nel mantenere la calma a bordo.

Ora non resta che convincere i reali di Portogallo o di Spagna. E’ vero che i loro scienziati conoscono Strabone e i suoi studi che portano a 10 000 i chilometri necessari per raggiungere la ricchissima Cina, ma circa 4-5000 km di differenza possono essere rosicchiati attraverso una bella raccolta di bugie più o meno velate… In fondo, la Terra, può sempre restringersi ancora un po’ (magari riducendo le dimensioni delle “Plaza de Toros”).

Come Colombo riesca a convincere Isabella è storia ben conosciuta, ma molto meno conosciuta è la ragione vera di tutta l’epopea: il sogno di Erissonne di riabbracciare i suoi parenti e ammirare la celeberrima casetta in Canada.

Qualcuno potrebbe chiedersi: “Perché Erissonne non ha fatto tutto da solo?”. Presto detto: i vichinghi, a quei tempi (fine '400, quasi 1500), non sono considerati persone degne di fiducia né, tantomeno, validi navigatori, sia perché spesso ubriachi sia per quelle corna che si mettono in testa, quasi con un piacere masochistico. Inoltre, nessuno conosce le imprese di Erik il Rosso e nessun vichingo vuole farle conoscere, per non rischiare di rovinare la pace dei residenti in Manatta e nelle sue vicinanze.

Solo Erissonne è deciso a compiere il grande salto per la smania di riabbracciare i suoi parenti e, soprattutto, perché il suo figlioletto non fa che chiedere (fino al parossismo) di vedere la celebre casetta in Canada. In fondo, il nostro vichingo è convinto che anche quel Cristoforo avrebbe deciso di rimanere nella splendida Manatta, magari dandogli un qualche incarico apparentemente prestigioso. Avrebbe creduto a tutto e i suoi cari vicini di casa lo avrebbero convinto o con le buone o con le cattive. Nessuno ne avrebbe saputo più niente e probabilmente a nessuno sarebbe più venuto in mente di mettersi in viaggio verso quei luoghi che avevano inghiottito il genovese e le sue navi.

Il fatto è che Erissonne si è fidato troppo delle doti di navigatore di un mozzo bravo solo a parole. Quasi subito, sbaglia la rotta e si dirige molto più a sud. Il vichingo non riesce più a convincerlo di dirigersi a nord e il viaggio li porta, con parecchi chilometri in più (e tanta tensione sulle navi), nelle isole dei Caraibi, come mostra la figura che segue.

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Una volta giunti alla meta, a Erissonne non resta che scappare con il figlioletto, notte tempo, e incamminarsi a piedi verso nord, con brevi passaggi sulle canoe degli indigeni. Pochi mesi dopo, riesce finalmente ad abbracciare i suoi parenti e a potersi riposare all’ombra della splendida casetta in Canada. Lo splendido istante del tanto bramato incontro è riportato nell’immagine che segue.

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In conclusione: Erissonne non seppe mai che Colombo era realmente convinto di avere raggiunto la Cina e che al suo ritorno in Patria venne ricoperto di onori e di ammirazione. A lui bastava e avanzava il buon vino della Vinlandia e l’intenso profumo di lillà… E nemmeno poteva immaginarsi cosa sarebbe diventata la sua tranquilla e rigogliosa Manatta...

 

Sarà vero che è stato Colombo a scoprire l'America? Dipende da cosa s'intende per "scoprire"... sentiamo cos'ha da raccontarci l'inossidabile coppia Curiuss-Gualtiero circa le capacità deduttive degli antichi greci!

Volete provare a misurare il raggio della Terra senza dromedario? QUI vi spieghiamo come fare (ma non ditelo a Eratostene!)

2 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Peccato che rilanciando questi articoli non si possa portare dietro anche tutti i commenti apparsi nella pubblicazione originale.
    Quanto al divertentissimo Curiuss, una importante scoperta sarebbe verificare se poi Gualtiero ha mai incontrato le gatte di Enzo. E cosa ne è nato...

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