27/02/14

La perdita dell’idrogeno o la scoperta dell’acqua calda? *

A volte certe ricerche mi appaiono abbastanza logiche e penso che potrebbero portare a risultati abbastanza decisivi. Tuttavia, dato che nessuno le svolge non mi azzardo più di tanto a proporle: ormai sono un anziano pensionato che non riesce a seguire direttamente il numero incredibile di congressi e riunioni in giro per il mondo. Né tanto meno riesce a leggere tutta la biografia relativa a un certo argomento. Così, devo ammettere, che quando negli ultimi tempi si parlava tanto di super-Terre, inserite nella zona abitabile di certe stelle di diversa massa, sentivo un certo disagio. Il disagio aumentava quando leggevo che la loro densità era normalmente bassa.

Mi chiedevo: “Ma come si fa a pensare che possano essere abitabili? Bastano certi parametri e certe stime? Non sarebbe meglio fare un paragone più terra-terra con quanto ci dice il nostro Sistema Solare?” Per quanto ne so io, una netta differenza tra pianeti gassosi e pianeti terrestri sta semplicemente nella loro massa e nella loro distanza dal Sole. Nelle mie conferenze divulgative parlo sempre di atmosfere primarie e secondarie. All’origine, dato che il disco protoplanetario era formato essenzialmente da idrogeno, elio e tracce di elementi pesanti, era ovvio che tutti i pianeti, intesi come nuclei rocciosi e/o ghiacciati, cresciuti attraverso l’accrescimento dei planetesimi (che dovevano assolutamente essere solidi, se no…), erano circondati da una atmosfera composta essenzialmente di idrogeno.

A questo punto entravano in ballo tre fenomeni che giocavano nella stessa direzione: la distanza dal Sole, il vento solare, la gravità del protopianeta. L’idrogeno è un gas ultraleggero e più è vicino alla fonte di calore e più si agita. Non fa altro che favorire la sua fuga dominata dal vento solare, contro cui poco può fare una modesta forza attrattiva del pianeta. La perdita di una spessa atmosfera di idrogeno è uno dei punti fondamentali per l’evoluzione verso una vita come la nostra. Si aprono, infatti, le porte alle atmosfere secondarie, provenienti dal gas contenuto all’interno del pianeta e poi, con un po’ di fortuna, alla loro trasformazione verso abbondanze utilissime a sostenere la vita, sia che provenga o no dallo Spazio interstellare. Così, almeno, è capitato per la Terra.

Mi sembrava ovvio, perciò, prima di discutere tanto di super-Terre più o meno inserite nelle zone abitabili, controllare quanto essere fossero in grado di trattenere attorno a sé una più o meno grande massa di idrogeno. Un controllo che si basava su parametri piuttosto semplici: massa del pianeta, caratteristiche della stella e, quindi, del suo vento stellare. Parametri ben più importanti che l’essere o no nella zona abitabile, basata essenzialmente sulla possibilità di mantenere acqua allo stato liquido. In altre parole, la differenza tra una Terra e un piccolo Nettuno è essenzialmente basata sulla loro atmosfera. Il secondo sarebbe talmente “coperto” di gas che qualsiasi evoluzione biologica,  su un’eventuale piccola o grande superficie solida sottostante, sarebbe veramente da escludere. Oltretutto, la misura della densità darebbe una netta conferma della composizione di queste super-Terre. Insomma, pensavo, perché non creare un modello semplice della stella-pianeta e calcolare come e quanto idrogeno può essere trattenuto dal pianeta in oggetto, indipendentemente dalla capacità di poter avere o no acqua allo stato liquido.

Nessuno, però, lo faceva e mi immaginavo che non tenessi in conto altre problematiche ben più raffinate. La tecnologia corre come non mai e spesso la mente fatica a starle dietro. Forse era meglio tacere e accettare le ricerche sempre più sofisticate, anche se con  risultati molto altalenanti.

Capirete, quindi, il mio stupore (ma, anche, un po’ di sollievo) quando ho letto che un gruppo di ricerca austriaco ha eseguito (e pubblicato) uno studio simile a quello che io, nel mio piccolo, avevo pensato, ma che mai avrei osato proporre (oggi, almeno).

I planetologi d’oltralpe dicono che i sistemi planetari, al pari del nostro Sole, si formano da un disco proplanetario formato essenzialmente da moltissimo idrogeno, un po’ di elio e tracce di altri elementi. Fin qui, niente di strano o di nuovo, direi… Gli elementi pesanti, più o meno resistenti alla trasformazione in gas, sono riusciti a condensare in funzione della temperatura a cui si trovavano (ossia la distanza dalla stella). Beh… la classica visione, magari un po’ semplificata, ma sicuramente valida. Si sono ottenuti, così, i nuclei rocciosi dei pianeti, in grado di catturare ll tantissimo idrogeno a disposizione. La vita di questo inviluppo gassoso era però legato alla forza del vento solare e alla quantità accumulata. Un braccio di ferro tra gravità e vento stellare che avrebbe deciso il futuro del pianeta.  I ricercatori concludono che se la massa del proto pianeta fosse stata troppo grande, avrebbe vinto la gravità e si sarebbe arrivati a un piccolo Nettuno, quasi sicuramente “sterile”. Solo masse relativamente piccole avrebbero perso quasi tutto l’idrogeno, liberando il campo ad atmosfere molto più complesse.

Il gruppo austriaco, ha allora studiato la situazione facendo variare distanza, massa e tipo di stella. Per una stella come il Sole, hanno preso in considerazione pianeti inseriti in zone abitabili che andavano da 0.1 e 5 masse terrestri. Hanno, ovviamente, aumentato della giusta frazione  il vento solare (all’inizio la stella era giovane e pimpante). Le conclusioni sono addirittura ovvie…

Protopianeti con massa inferiore a 0.5 masse terrestri perdono tutto l’idrogeno accumulato nelle prime fasi. Pianeti dell’ordine della massa terrestre trattenevano solo temporaneamente l’inviluppo di idrogeno che, comunque -e in breve-, era costretto ad andare verso zone ben più lontane (magari per “ingrassare” ancora di più Giove & Co). Le super-Terre, tendenti alle 5 masse terrestri, invece, se lo tenevano ben stretto e diventavano Nettuno in miniatura. Bellissimi, sicuramente, ma del tutto incapaci e/o impossibilitati a costruire o a ospitare i mattoni della vita e portarli alle fasi successive.

Come ovvia conseguenza risulta che i tanto discussi pianeti come Kepler-62e e -62f, pur essendo nella loro zona abitabile, sono ben poco ospitali. I calcoli austriaci hanno trovato che la quantità di idrogeno trattenuto sarebbe pari ad almeno 100, ma anche, facilmente, a 1000 volte, quella contenuto nei nostri oceani. Solo una piccola frazione di questa super-coperta sarebbe stata trascinata via dal vento solare primordiale. Insomma, abitabili, ma quasi sicuramente non abitati, se non altro per l’enorme pressione al suolo. Sempre, ovviamente, pensando a una vita simile alla nostra. Le basse densità osservate per questi oggetti confermano il modello.

Che dirvi? Da un lato potrei concludere che la ricerca austriaca è un po’ come la scoperta dell’acqua calda. Non ci voleva molto a pensare a questa eventualità. Forse ne avevamo già discusso in qualche articolo. Dall’altro, però, mi stupisco che sia considerata una ricerca “innovativa”. Mi sento di fare due considerazioni, che hanno comunque sempre accompagnato la mia vita professionale e che ripropongo ai più giovani. Vale sempre la pena ribadirle.

Innanzitutto, non pensate mai che le vostre idee (anche se sembrano troppo semplici) siano già state valutate e scartate da altri per chissà quali motivi a voi sconosciuti. Questo vale sia in astronomia che in qualsiasi altro campo della ricerca e non solo. L’importante è che siano frutto di un’analisi accurata, critica e sincera. Inoltre, non pensate che tutto ciò che si scrive sia veramente stato pensato e soppesato adeguatamente. Troppo spesso ho visto come la fretta di pubblicare e di mettersi in luce abbia portato a conclusioni estremamente deboli e ambigue.

D'altra parte, qualcosa del genere mi era già successo (ma allora ero operativo) con i Mars-crosser. Sembrava ovvio che Marte, nel suo piccolo, potesse influenzare l'orbita degli asteroidi che avevano passaggi ravvicinati con lui... ma i meccanici celesti dicevano che erano trascurabili... salvo poi, a simulazioni effettuate, saltare a piè pari sulla nuova carrozza. Oggi, i Mars-crosser sono considerati la popolazione forse più efficiente per l'origine dei NEA, su tempi scala medio lunghi. Cose che capitano...

Insomma, non so se essere contento di questa ricerca oppure no…

Articolo originale QUI

super-Terra
Una figura simile, scusate la superbia, la mostro spesso nelle mie conferenze divulgative. Nella parte superiore vi è un pianeta con una massa superiore a 1,5 volte quella terrestre. Il risultato è un mini-Nettuno. In basso, un pianeta tra 0.5 e 1.5 volte la Terra, che ha perso tutto l’idrogeno primordiale. Fonte: NASA / H. Lammer

12 commenti

  1. alexander

    grazie mille per il consiglio, era proprio quello che mi era venuto in mente leggendo l'articolo! :)

    in effetti, alla luce di come ci hai sempre istruito sui processi di formazione planetaria, in effetti sembra la scoperta dell'acqua calda!  :)

    tra l'altro quando si parla di abitabilita' del pianeta bisognerebbe anche approfondire se la sua orbita e' stabile o se semplicemente, pian piano, in caduta verso il sole (cosa che soprattutto nei sistemi appena nati puo succedere)
    questo e' stato possibile verificarlo? 

  2. caro Ale,
    la stabilità orbitale si può studiare solo se si ha una visione completa dell'intero sistema. Tuttavia, se la stella ha già una certa età si potrebbe anche assumerla come un dato di fatto. E poi devono esserci le girandole che vanno nel verso giusto! :mrgreen: :mrgreen: (scherzo, ovviamente...)

  3. beppe

    Caro Enzo, è vero, per avere idee originali bisogna saper sognare, poi avere l'umiltà di indagare sulla fattibilità più e più volte.

    Molti anni fa mi venne l'idea di recuperare il platino delle marmitte catalitiche, passai un paio d'ore a pensare come fosse possibile recuperarlo trovando anche qualche spunto interessante. Dopodiché ho fatto una ricerca su internet per vedere se l'idea era fattibile ed ho scoperto che esistevano centri di recupero che pagavano la marmitta in funzione del peso di platino contenuto.
    Niente business ma la soddisfazione di essermi posto il problema! :mrgreen:  

  4. E' capitato anche a me... soprattutto all'inizio dei miei studi sulle famiglie... :roll: Però mi è servito molto (a parte gli accidenti iniziali..) :wink:

  5. davide1334

    enzo,una domanda riguardante questa tua frase:
    "All’origine, dato che il disco protoplanetario era formato essenzialmente da idrogeno, elio e tracce di elementi pesanti, era ovvio che tutti i pianeti, intesi come nuclei rocciosi e/o ghiacciati, cresciuti attraverso l’accrescimento dei planetesimi (che dovevano assolutamente essere solidi, se no…)"
    ti sei interrotto:volevo sapere proprio dopo il "se no..."    cioè,mi pare di capire che parlando ad esempio di giove e saturno, i "nostri" giganti gassosi,non vi è la certezza che risieda un nucleo solido all'interno di essi o sbaglio?si parla di idrogeno metallico causato  dall'enorme gravità ma che non poteva condensarsi inizialmente in questo stato immagino,cioè così ad intuito mi viene da pensare che solo nel "nucleo" del disco protoplanetario(ovvero quello che darà origine alla stella) possa succedere così,non nelle zone più esterne....spero di essermi spiegato,mi scuso per l'ignoranza.... se hai scritto articoli sulla cosa,me li sono persi

  6. caro davide,
    volevo intendere che per poter costruire qualcosa, i grani di polvere iniziali dovevano essere solidi. Non si potevano certo utilizzare particelle gassose... Ne deriva che vicino al Sole (dove faceva più caldo) condensavano solo elementi che resistevano bene al calore come il ferro, il silicio e cose del genere. Andando più lontano, la temperatura scendeva sempre più e si potevano ottenere grani solidi anche con elementi più leggeri come i carbonati, l'ammoniaca, il metano,la CO2 e via dicendo, sotto forma di ghiaccio. 

    I pianeti esterni hanno un nucleo solido al loro interno (simile ai loro satelliti) e abbastanza grande da aver potuto trattenere l'idrogeno fin dall'inizio (tenendo conto che erano al freddo e l'idrogeno si agitava di meno e il vento solare era meno violento). 

    Tutt'altra cosa è l'idrogeno metallico (che vuol dire solo idrogeno liquido, ma con le caratteristiche molecolari dei metalli, come il mercurio) che nasce solo sotto una pressione enorme.

    Ho parlato spesso, qua e là, di formazione planetaria, ma una descrizione completa la trovi sia in Rosetta che nell'Infinito Teatro... Non ci si può limitare a poche righe... 

  7. davide1334

    in poche righe mi hai chiarito parecchi meccanismi...si il teatro e rosetta...dovrei rileggerlmeli(tra l'altro il teatro l'ho prestato ad un amico,è ora che torni a casa)...capirei diverse cose che mi sono sfuggite alla comprensione della prima lettura...vabbè grazie,come sempre  impeccabile e disponibilissimo :wink:

  8. è sempre un piacere Davide! :-P

  9. davide1334

    piacere reciproco, :-D comunque allora,anche se non riusciremo mai ad appurarlo concretamente diciamo che è scientificamente impossibile che non vi sia nucleo solido all'interno dei pianeti gassosi giusto?

  10. direi proprio di sì... una specie di imperfezione dell'ostrica, intorno a cui nasce una perla :wink:

  11. SuperMagoAlex

    Ciao Enzo, effettivamente leggendo i risultati di questa ricerca ho avuto una netta sensazione di deja-vu, probabilmente ne avevi già parlato in qualche libro o in qualche articolo. Insomma... io propenderei per l'acqua calda  :mrgreen:

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