07/10/14

Spettroscopia 1. La rinascita dell’Universo *

Per una trattazione completa, inserita in un contesto più ampio, dell’argomento affrontato in questo articolo, si consiglia di leggere il relativo approfondimento

Immaginiamo di tornare indietro nel tempo, a una data particolarmente importante e fondamentale per la storia dell’Universo. Anno più, anno meno, sono trascorsi 380 000 anni dal Big Bang o da qualsiasi altra cosa abbia gonfiato quello strano palloncino spazio-temporale in cui è nata la materia e che è diventato l’Universo. Non vogliamo cercare di spiegare cosa è successo in questo intervallo ancora in larga parte sconosciuto e misterioso. Oltretutto, anche se ci sforzassimo di vedere cosa succede in questo periodo non vedremmo niente per una ragione molto semplice: non esiste la luce o -molto meglio- la luce non riesce a lanciarsi verso il futuro e quindi non può arrivare fino a noi. Troppa confusione e troppo poco spazio a disposizione! Ci basta sapere quello che si è formato: sicuramente gli atomi dei primi due elementi della Natura, i più leggeri, ossia l’idrogeno (soprattutto) e l’elio. Vi è anche un po’ di litio, ma possiamo anche trascurarlo, almeno per adesso.

L’Universo è nato caldissimo, ma si è velocemente raffreddato e gli elettroni si sono inseriti attorno ai nuclei atomici creando strutture neutre (le cariche positive e quelle negative si equivalgono). Elettroni, nuclei, raffreddamento… parole che torneranno più avanti nella nostra avventura. Per adesso, interessiamoci poco di loro dato che gli atomi neutri non sono in grado di produrre luce e la luce, come vedremo è l’unica fonte di energia che noi uomini riusciamo a cogliere dalle stelle. Pensiamola anche come l’unica informazione che ci viene regalata.

Immaginiamo, quindi, questi atomi dispersi in uno spazio enorme per le loro dimensioni, troppo piccole anche se il loro numero è incredibilmente alto. Hanno raggiunto una stabilità interna e hanno tutto lo spazio che vogliono a loro disposizione. Anzi, questo spazio continua a dilatarsi e a ingigantirsi, mentre loro rimangono sempre gli stessi. La materia è quella che è e non può cambiare: nulla si crea e nulla si distrugge.  Sembra tutto perfetto e, invece, l’Universo è in una situazione veramente critica.

Tanto lavoro per nulla

Ha lavorato in modo frenetico, violento, caotico, rapidissimo e ora si trova in una fase di stallo che sembrerebbe senza via d’uscita. Per un attimo siamo riusciti a “vederlo”, ossia abbiamo ricevuto la luce di ciò che stava stabilizzandosi. Poi anche quell’energia è finita (nessuno può rilasciarla e rimane circoscritta all’atomo) e la calma regna sovrana. Un atomo qui, un atomo là, senza interazioni e sempre più lontani gli uni dagli altri. Ma, soprattutto, un Universo che non potrebbe inviare luce e informazione. L’astronomia finirebbe, ma non solo. Non nascerebbero le stelle, i pianeti, la vita biologica e gli unici abitanti sarebbero tantissimi atomi di idrogeno, molti meno di elio e qualche atomo di litio. La storia dell’Universo sarebbe già terminata.

In realtà, ogni atomo ha una potenzialità enorme, vi sono forze potentissime che lo tengono unito e ne comandano la struttura, ma a che pro? Tutta fatica inutile, dato che queste forze o agiscono solo su distanze infinitesime oppure hanno bisogno che le cariche non si annullino, ossia che gli atomi cessino di essere neutri. Proprio questa condizione aveva permesso, poco tempo prima, di inviare, per un tempo molto breve, la luce verso un futuro in cui, però, nessuno potrebbe, ora, essere in grado di riceverla. Un destino buio, una specie di nebbia impenetrabile.

Insomma, ci vorrebbe proprio una bacchetta magica per cambiare una situazione che sembra senza speranza. Fortunatamente, questa bacchetta magica esiste già fin dall’inizio di tutto (o poco dopo) ed è la quarta forza del Cosmo, la meno potente, ma quella che meglio lavora sulle distanze enormi dell’Universo: la gravità. E’ la gravità, da sola, che permette agli atomi di non seguire una vita monotona, ripetitiva, senza alcuna interazione tra di loro. E’ la gravità che permette di far nascere le stelle, gli attori fondamentali del Cosmo, gli unici capaci di creare elementi più complessi dell’idrogeno e dell’elio, i primi oggetti che hanno permesso agli atomi di emettere nuovamente luce e accendere un Universo che ormai sembrava inesorabilmente spento.

A molti, forse, questo inizio sembra tutto fuorché scientifico. Assomiglia a un romanzo di fantascienza o a una triste favola per bambini, in attesa che qualche buona fata rompa un tragico incantesimo. Non abbiate paura, lentamente arriveremo a discutere in termini matematici e fisici, ma cosa sia una stella e cosa capiti nel suo interno sono proprio episodi simili a quelli di una meravigliosa avventura. La Natura, ricordiamocelo sempre, segue regole molto semplici che siamo spesso noi a complicare, non riuscendole a capire.

Alla gravità basta la massa

Vediamo, allora, cosa s’inventa la buona fata chiamata gravità. Essa dipende dalla distanza tra gli atomi (nel senso che si indebolisce velocemente per distanze crescenti) e dalla loro massa. Più la massa è grande è più la forza si fa sentire. Gli atomi sono piccoli e la loro massa è altrettanto piccola, ma esiste, dato che essi sono i primi e unici esempi di materia che popolano il Cosmo.

Sono anche tantissimi e relativamente vicini per la gravità. Tanto vicini da far scattare una mutua attrazione. Possiamo immaginarci il momento straordinario in cui i primi due atomi si sono uniti tra loro, e poi altri due e così via in ogni zona dell’Universo. Due atomi uniti hanno più massa di uno soltanto e la loro forza di gravità riesce ad attrarne un altro e poi un altro ancora. E più la massa cresce e più atomi vengono raccolti, come se si stesse usando un… aspirapolvere.

A questo punto, facciamo una precisazione molto importante e più tecnica. Gli atomi non sono distribuiti in modo ordinato e omogeneo. Fosse così, nemmeno la gravità riuscirebbe a fare qualcosa. Fortunatamente, vi sono zone in cui ve ne sono di più e più vicini, regioni più dense, dove la gravità riesce a lavorare con maggiore velocità e facilità. Sono i nuclei in cui sorgeranno le immense galassie, che già si intuiscono in quella breve luce che l’Universo ha mandato verso il futuro prima che tutto si addormentasse. Oggi la chiamiamo rumore cosmico di fondo, appena percettibile a causa del suo lunghissimo viaggio fino a noi, ma pensiamola come la prima e l’ultima luce (e informazione) che proviene dai luoghi dove la gravità, in un buio completo, riuscirà a mettere insieme il maggior numero di atomi e a far “rinascere” l’Universo.

Non ci vuole poi  molto a farlo rinascere, basta ionizzare di nuovo gli atomi, ossia strappargli gli elettroni e dare il via nuovamente all’emissione dell’energia luminosa. Cose queste che vedremo molto meglio in seguito, ma che rappresentano l’essenza del nuovo Universo, ciò che ci ha permesso di nascere e di ammirarlo e analizzarlo.

Le condizioni sono cambiate

E’ doveroso fare una precisazione. Abbiamo visto che la prima luce dell’Universo è stata anche l’ultima, prima del periodo del grande buio, dovuto alla presenza di soli atomi neutri. Perché la prima, però? All’inizio violento del Cosmo, si è, teoricamente, in condizioni ideali, dato che tutti gli atomi sono ancora ionizzati. Gli elettroni sono liberi di muoversi, di accelerare e di rallentare. Producono fotoni, ossia la luce, che dovrebbe dominare su tutto e tutti  e invece… è un periodo che non possiamo vedere. Purtroppo, lo spazio è ancora troppo piccolo e l’energia luminosa, lanciata dagli elettroni che vagano in questo oceano di particelle a stretto contatto tra loro, non riesce a districarsi.

Sbatte a sinistra, rimbalza a destra e via dicendo. In poche parole rimane intrappolata e può uscire allo scoperto solo quando gli elettroni, finalmente, si uniscono ai nuclei. Qualcuno potrebbe chiedere: “Perché, allora, si è dovuto aspettare che gli atomi si ionizzassero di nuovo, quando abbiamo visto che si creava la luce, ma che essa veniva bloccata completamente?”.

La ragione è semplice: lo spazio è ormai molto più grande e la materia si è concentrata in zone particolari. Una volta uscita da una stella (e poi dalle nubi e dalle galassie) la luce è libera di viaggiare senza trovare più ostacoli verso noi che la osserviamo. E’ riuscita a farsi strada con un sistema “a staffetta” (come vedremo tra poco) attraverso le nubi di materia spesse e dense sì, ma non certo come l’Universo primitivo. La luce è ancora abbastanza “forte” e viva per proseguire lungo strade prive di veri ostacoli. Ogni tanto viene assorbita da qualche corpo; viene riemessa e cambia strada; altri riescono a deviarla soltanto; la maggior parte, però, è in grado di raggiungere tutto il Cosmo e portare ovunque il suo unico e preziosissimo messaggio, con le informazioni sul luogo dove si è formata.

Cerchiamo di vedere la luce, proprio come un intricato sistema di comunicazione, l’unico che permette di far conoscere i luoghi di partenza. Una rete informatica enorme e perfettamente funzionante. Basta solo saper interpretare i codici che è costretta a usare (i messaggeri della luce sono molto, molto piccoli e devono compattare al massimo l’informazione…).

Appurato, quindi, che la ionizzazione è adesso utilissima non ci resta che ottenerla. Una cosa, però, è il dire e un’altra è il fare. La gravità da sola lavora molto bene in questa specie di battaglia contro la monotonia, ma, come in tutte le battaglie, ha bisogno di un avversario degno di lei. E se lo crea, praticamente, da sola.

7 commenti

  1. dario

    Bellissimo articolo, vorrei dire come al solito, ma rischio di banalizzare e rendere "solito" ciò che invece è molto prezioso.
    Molto utile per far digerire concetti praticamente sconosciuti a qualche amico ancora curioso di sapere (e soprattutto ai loro figli... :mrgreen: ); il tutto esposto in modo semplice ma ortodosso...
    Altrettanto utile come visione d'insieme e sintesi per chi già sa qualcosa.
    Solo un chiarimento: il primo lampo prima di tornare al buio in attesa delle stelle, è frutto dell' unione degli elettroni con i nuclei o questa unione ha lasciato liberi fotoni/energia preesistenti?
    Grazie.

  2. caro Dario,
    a parte i complimenti che tra noi sono inutili (ma ti ringrazio!), la prima e ultima luce è dovuta soprattutto ai fotoni pre esistenti che hanno avuto strada libera. Tuttavia, una componente è dovuta all'accasamento degli elettroni, dato che si vede una distribuzione della temperatura (nel RCF) che rispecchia già le future galassie e quindi le zone di maggiore massa.
    Sai l'articolo è semplice perché farà parte, probabilmente, dell'introduzione alla spettroscopia, intesa anche come un libro a se stante che vuole pubblicare il mio amico di Lecce: due piccioni con una fava :wink:

  3. beppe

    Ho un piccolo problema, quando l'universo si è raffreddato tanto da permettere la formazione di atomi neutri, credo che la temperatura doveva essere circa 3000 K (radiazione di fondo) quindi come un corpo nero ed un massimo di emissione intorno al rosso. Dimmi dove sbaglio... :oops:

  4. Dunque Beppe...
    qualche considerazione. Innanzitutto, gli atomi neutri non si comportano da corpo nero e nemmeno un gas rarefatto come era quello presente a quei tempi. La luce del RCF, quindi, proviene da quello che è successo prima, quando gli scontri c'erano e come. Tuttavia, ora arriva a noi solo nelle microonde: ne ha fatta di strada!

  5. mik

    Ciao Enzo, scusa x la domanda ad un articolo già di qualche giorno fa. Come è che sappiamo che dal "pallone infuocato primordiale", o nube di plasma (permettimi la semplificazione terminologica...), trascorsi i 380000 anni fatidici, non siano emerse già degli embrioni di stelle o di galassie? Ossia, come sappiamo che l'universo era veramente buio? È inoltre, cos'avrebbe visto un osservatore, diciamo 400000 anni dopo il BB: 'nero' o un chiarore diffuso dovuto alla radiazione di fondo che finalmente poteva propagarsi? Grazie mille!!

  6. caro Mik,
    per il semplice fatto che solo 380 000 anni dopo il Big Bang si sono formati gli atomi neutri. Prima vi erano solo particelle nella zuppa primordiale e le temperature troppo alte per permettere aggregazioni. In realtà, dopo 380 000 vediamo embrioni sotto forma di variazioni di temperatura: le macchie della radiazione di fondo. In quelle zone la materia avrà maggiori o minori probabilità di formare ammassi di gas.
    L'Universo era decisamente buio, dato che non si creavano più fotoni. Vi era solo la radiazione rossastra, più energetica di adesso, dovuta alla radiazione di fondo. Ma di ciò che stava capitando all'idrogeno non si poteva vedere niente: le stelle nascevano al buio.

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