12/08/15

Fontane d’azoto cercasi su Plutone *

L’avevamo già detto… certe strutture e la mancanza di crateri in zone piuttosto estese possono far pensare che Plutone sia un corpo geologicamente attivo. Un’analisi dell’abbondanza di azoto che fa parte dell’atmosfera e che viene continuamente strappato dal Sole non fa che confermare questa ipotesi.

Alan Stern e colleghi se l’aspettavano già, in fondo… Troppo azoto era presente nell’atmosfera e troppo azoto veniva trascinato via dal vento solare dopo che  i raggi ultravioletti l’avevano scaldato per bene. Doveva esserci una riserva continua che immettesse nuovo gas attorno al pianeta nano. Si è, ovviamente, cominciato col pensare a meccanismi molto meno “esotici”.

Probabilmente le comete, che devono continuamente impattare il lontano corpo celeste, rilasciano una sufficiente quantità di azoto. Basta fare un po’ di conti sul numero atteso di impatti e sulla quantità di materiale rilasciato. No, non funziona… il flusso cometario è troppo basso.

Le comete potrebbero agire indirettamente. Scavano profondi crateri ed espongono l’azoto sottostante, dandogli via libera. No, nemmeno questa soluzione di ripiego sembra poter funzionare: ci vorrebbe uno strato troppo spesso di azoto.

Insomma, tutto ciò che può essere collegato col fenomeno più “classico” e probabile (gli impatti) sembra ben lontano dal riuscire a fornire la quantità di azoto necessaria. Si può, allora, pensare che si stia assistendo a un momento peculiare nella vita di Plutone. Se l’avessimo osservato molto tempo fa,  la sua atmosfera e la sua coda di gas sarebbero state decisamente più piccole. Sì, potrebbe essere… Tuttavia, resta il fatto che adesso ci sono!

A questo punto non resta che accettare ipotesi più esaltanti che vengono, d’altra parte, confermate dalle strane caratteristiche superficiali che citavamo all’inizio e che abbiamo descritto negli articoli passati. Plutone è ancora geologicamente attivo e l’azoto proviene dalle sue profondità, attraverso il sistema più “semplice”, ossia attraverso geyser e/o vulcani “freddi”. In fondo, come già detto, Tritone, un suo degno “compare”, lo sta facendo. Resta da capire come Plutone ci riesca, dato che gli effetti mareali di riscaldamento interno sono meno comprensibili (rispetto, per esempio, alle cause del riscaldamento interno del satellite mediceo Io). Tuttavia, se tutto fosse facile che gusto ci sarebbe?

Non resta che analizzare le innumerevoli immagini ad alta risoluzione che New Horizons ha raccolto nel breve tempo del fly-by e chissà che non si trovi la pistola ancora … fumante. Io penso proprio di sì!

La superficie di Plutone deve essere analizzata dettagliatamente per scoprire la fonte che immette azoto nell’atmosfera . La variabilità del colore della superficie è di grande aiuto per riconoscere il diverso tipo di composizione chimica e risalire alle zone possibilmente ancora attive. Fonte: NASA/JHUAPL/SwRI
La superficie di Plutone deve essere analizzata dettagliatamente per scoprire la fonte che immette azoto nell’atmosfera . La variabilità del colore della superficie è di grande aiuto per riconoscere il diverso tipo di composizione chimica e risalire alle zone possibilmente ancora attive. Fonte: NASA/JHUAPL/SwRI

 

NEWS del 11/11/2015 - Plutone non delude!

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