14/03/18

Le stelle si ammalano [4]. L'entrata in società **

La gioventù prima o poi finisce e si devono tirare le somme prima di inserirsi nella società stellare. E’ ora di lasciare i giochi più divertenti e cominciare a lavorare, ognuna a modo suo e senza invidia e/o rimorsi.

Abbiamo visto (QUI) che il futuro di una stella dipende essenzialmente dalla massa che è riuscita a recuperare durante la fase di formazione. Massa vuol dire gravità, trasformazione in energia cinetica e, di conseguenza, capacità di riuscire a portare la temperatura della parte centrale a livelli adeguati per sostenere la pressione della contrazione. Bisogna raggiungere l’equilibrio tra la gravità e lo scudo formato dall’agitazione della materia, soprattutto dal solito movimento frenetico degli elettroni.

La radiazione luminosa, comunque, riesce a trovare la strada per uscire allo scoperto, sia muovendo intere colonne di materia, sia utilizzando i singoli fotoni, veri e propri eroi che devono attraversare la materia collassante. Ciò vuol dire che se la massa è la causa di molte cose (praticamente tutto), i suoi effetti sono diversi e alcuni decisivi per la sopravvivenza della nuova creatura.

La massa determina la temperatura raggiunta nel nucleo, il tempo di vita e la velocità delle azioni da compiere, la luminosità che la stella riesce a riversare verso l’esterno, ecc. Sono proprio queste caratteristiche quelle che si riescono a osservare e proprio in base a loro le stelle si distribuiscono con ordine e regolarità lungo una linea che indica una specie di traguardo finalmente raggiunto.

Una linea di arrivo ha bisogno di coordinate per essere definita. Per le stelle si usano due delle caratteristiche che abbiamo già conosciuto molto bene durante la fase preparatoria. La luminosità e la temperatura. Sono proprio loro che pongono dei limiti drastici sia verso il piccolo sia verso il grande. Come abbiamo già accennato, per poter giungere al traguardo e sistemarsi nel giusto posto della società stellare non basta riscaldare il proprio nucleo e sperare che il movimento delle particelle riesca a sostenere il peso della gravità. E’ necessario che la temperatura permetta agli atomi di idrogeno di fare un qualcosa di apparentemente impossibile  e che solo la meccanica quantistica riesce a spiegare… a modo suo.

I protoni, nati per scappare uno dall’altro a causa della loro carica positiva, riescono invece a superare ostacoli insormontabili per la fisica classica e unirsi tra di loro per costruire un nucleo atomico più grande. Questa è la prova del nove per essere stella: riuscire a trasformare l’idrogeno in elio e creare una nuova fonte di energia che riesca a bilanciare la gravità per tempi decisamente molto lunghi. Solo se si supera questo test quantistico si può entrare in società e iniziare la propria vita produttiva.

Esistono due limiti entro i quali le stelle possono trovare posto durante la loro vita adulta. Verso masse piccole abbiamo le nane brune, verso grandi masse abbiamo il limite di Eddington. In un caso vince la gravità, nell’altro la radiazione emessa dalla stella.

Detto in parole molto semplicistiche, le nane brune hanno troppo poca massa e per quanti sforzi facciano la temperatura al centro non riesce a raggiungere quella necessaria alla fusione dell’idrogeno. Uno potrebbe pensare: “Ma perché non si contraggono ulteriormente? Magari diventano piccole piccole, estremamente dense, ma alla fine la caldaia entrerebbe in funzione.

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Le nane brune possono raggiungere dimensioni minori di quelle dei pianeti giganti, dato che la maggiore massa riesce a contrarle fino a che gli elettroni degenerati non creino un barriera insormontabile. Se non sono riuscite a bruciare l'idrogeno in queste condizioni, non ci riusciranno più

Ancora una volta la “colpa” è degli elettroni. Sappiamo che sono particelle vivaci e sempre pronte a vivere in modo indipendente. Abbandonano le loro posizioni, ma se la pressione è troppo alta iniziano a creare uno scudo che fronteggia facilmente una contrazione successiva. Se la temperatura non è arrivata a quella critica prima dello schieramento difensivo degli elettroni, non c’è più niente da fare.

C’è da dire che le nane brune le provano veramente tutte: prima bruciano un po’ di deuterio e poi anche il litio, ma sono palliativi di breve durata. Gli elettroni che iniziano a degenerare bloccano qualsiasi tentativo ulteriore.

Ricordiamo che la degenerazione degli elettroni  sarà poi fondamentale per arrestare la contrazione delle nane bianche  tramite il principio di esclusione di Pauli (QUI) e, successivamente, entrando addirittura in contatto con i protoni e trasformandosi in neutroni, passeranno il compito ai neutroni per le stelle di neutroni, appunto. Poi la gravità vincerà senza scampo.

A sinistra, in regime di bassa pressione, gli elettroni si sistemano negli orbitali più alti. A detrsa, quando la pressione cresce troppo cercano di occupare tutti gli orbitali a bassa energia, ma il principio di Pauli è severissimo.
A sinistra, in regime di bassa pressione, gli elettroni si sistemano negli orbitali più alti. A destra, quando la pressione cresce troppo, cercano di occupare tutti gli orbitali a bassa energia, ma il principio di Pauli è severissimo e vieta la sovrapposizione. Lo scudo diventa fortissimo.

Ma torniamo, alle nostre stelle “normali”. Le nane brune, con masse dell’ordine di 0.08 masse solari sono il limite inferiore della sequenza principale. Non stupiamoci se esse sono anche più piccole di tanti pianeti giganti. Quella che conta è la massa e loro ne hanno a sufficienza per cercare di contrarsi e diminuire il volume. Per i pianeti gioviani basta poco agli elettroni per fermare la contrazione e nuova massa che potrebbe arrivare sul pianeta non potrebbe che aumentare il volume, in modo simile a ciò che succede per i pianeti rocciosi. Per loro gli elettroni (e quindi la materia) può restare  del tutto tranquilla, senza alcuna degenerazione, per ribellarsi alla gravità di nuovo materiale che piombi su di loro.

Abbiamo parlato a lungo di queste “stelle – non stelle” perché in qualche modo potremmo chiamarle stelle “malate” fin dalla nascita. Stelle che cercano di “variare” le loro caratteristiche pur di superare l’intoppo peggiore, l’entrata in società, la fusione dell’idrogeno. Ma la loro vita è destinata a spegnersi lentamente come il calore interno… Grandi o piccole riserve di idrogeno? Chissà… l’Universo non spreca niente e se permette la loro formazione una ragione c’è sicuramente.

Più ambigua e incerta è la situazione per le stelle giganti. In questo caso non è tanto la massa che conta, ma la radiazione che viene emessa, ossia la luminosità L. Il troppo stroppia… Se questa è troppo elevata non solo controbilancia la gravità, ma riesce a produrre un vento stellare tale da smembrare letteralmente la stella che perderebbe massa a ritmo incalzante. Esiste una semplice formuletta per definire questo limite superiore (di Eddington):

LEDD = 32000 (M/MSole)LSole

Il che vuol dire che per una stella di massa solare si raggiungerebbe il limite per una luminosità circa 32000 volte superiore a quella del Sole. In realtà, per riuscire a ottenerla è più facile avere stelle di grande massa che arrivano piuttosto vicine al loro limite, magari anche solo per un certo periodo di tempo. Siamo in una popolazione che contiene poche stelle, le supergiganti azzurre di sequenza principale. Anche loro, comunque sono stelle “malate” fin dall’inizio, dato che sono costrette a variare continuamente la luminosità e cercare di non disfarsi letteralmente. Oltretutto, per stelle così grandi e luminose non esiste nemmeno la sequenza principale, dato che il loro "tempo proprio" di vita è brevissimo: toccano il traguardo e dovono subito... ripartire.

Eta Carinae è una supergigante blu. Durante la sua esistenza la luminosittà ha probabilmente superato il limite di Eddington, scaraventano materiale verso lo spazio. Ovviamente, la su vita srà molto breve
Eta Carinae è una supergigante blu. Durante la sua esistenza la luminosittà ha probabilmente superato il limite di Eddington, scaraventando materiale verso lo spazio. Ovviamente, la sua vita sarà molto breve

Torniamo alla nostra linea stellare adulta. Essa è, ovviamente, composta da stelle di ogni massa che abbiano iniziato la fusione dell’idrogeno. Una splendida fabbrica che lavora all’unisono, con ritmi che sono dettati proprio dalla loro massa. La massa, parametro fondamentale e decisivo, la vera carica dello strano orologio stellare che aumenta la velocità al suo crescere, è uno dei parametri più difficili da determinare (soprattutto per le stelle singole). Molto meglio affidarsi alla temperatura e alla luminosità (che sono strettamente legate alla massa). La prima si manifesta chiaramente nel colore della superficie stellare, dettata dalla legge del corpo nero (QUI), la seconda è proprio ciò che si vede ad occhio, ossia la luminosità che viene sempre confrontata con quella del Sole posta uguale all’unità.

Ecco, allora le nostre stelle schierate in fila lungo la curva di sequenza principale, rappresentata schematicamente nella figura che segue.  Se stiamo zitti, non vi sembra di sentire l’unione degli atomi e la fuga dei fotoni energetici? Quando le stelle lavorano, meglio lasciarle in pace.

accaerre

Possiamo considerarle nel periodo più tranquillo della loro vita e la loro salute è ottima. Parlare di variabilità non ha praticamente senso. Al massimo qualche “flare” violento (specialmente per le piccole nane rosse, come Proxima Centauri), qualche macchia, ma niente di veramente serio e poi, al limite, sono problemi del tutto… superficiali.

Diversa è la situazione per le stelle giganti, per le quali è difficile trovare un periodo di vera pace: così come sono arrivate di gran carriera in società, altrettanto rapidamente cercano di lasciarla. No, non sono asociali e nemmeno arroganti o superbe: il loro vero lavoro si svolge dopo aver bruciato l’idrogeno, quando è decisamente più difficile mantenere un certo equilibrio. La figura che segue mostra come varia il tempo di residenza in società (sequenza principale) in funzione della massa. Una figura vale più di tante parole…

lifetime

 

A loro tocca costruire gli elementi più pesanti e non hanno tempo da perdere. Anzi, il tempo scorre sempre più veloce e ogni elemento va costruito sempre più in fretta. In qualche modo, le possiamo considerare delle variabili continue,  in preda a problemi di vario genere, non ultimo quello di esagerare con la luminosità per non superare il limite di Eddington e perdere materia.

La parte più interessante del diagramma HR è proprio quella che comincia alla fine dell’età adulta, ossia quando le stelle sono costrette a lasciare la sequenza principale. L’idrogeno nel nucleo si è esaurito e ora la battaglia tra gravità e pressione di radiazione si fa decisamente più complicata. L’equilibrio raggiunto,  mantenuto più o meno a lungo, si è rotto e la stella deve cercare di ristabilirlo in qualche modo, cercando di recuperare l’idrogeno nelle zone esterne al nucleo. E poi, se riesce, deve ancora contrarsi e riscaldarlo al punto di bruciare anche l’elio e non solo. La massa non cambia, ma lo fa la temperatura, le dimensioni e, di conseguenza, anche la luminosità.

Le stelle abbastanza massicce iniziano a vagare nella parte destra del teatro, dove vivono anche le stelle appena nate che stanno per iniziare la vita adulta. Un vai e vieni in cui si mischiano giovani turbolenti e anziani ormai stanchi e in lotta continua con una fine non troppo rapida. Il cuore-nucleo si affatica, deve cambiare ritmo, le dimensioni ne risentono e rendono evidente pulsazioni più o meno controllate.

Le nane rosse non hanno questi problemi e continuano a restare in società centellinando il loro idrogeno. Quelle come il Sole cercano praticamente di sopravvivere a una fine ormai prossima. Costruiscono qualcosa, ma è più l’ansia di mantenere l’equilibrio che le spinge a studiare configurazioni che rallentino il declino. Quelle più grandi sembrano quasi impazzite e la loro smania di giungere fino al ferro sembra quasi nascondere cambiamenti rapidissimi o malattie “croniche”.  Forse, per loro, la trasformazione finale è una vera e propria liberazione… un mondo nuovo e misterioso le aspetta.

Ma di tutte queste problematiche parleremo la prossima volta…

 

QUI tutti gli articoli finora scritti sulla rappresentazione dell'evoluzione stellare tramite il diagramma HR

2 commenti

  1. Mario Fiori

    Caro Enzo è proprio vero anche le Stelle si compportano come esseri viventi, un po' tutto nell'Universo ha un'evoluzione simil-vitale e si può descrivere come un essere: tu poi ci riesci in modo egregio inserendo tutti come attori del massimo teatro possibile.

    In questo momento, forse c'entra poco, chi ha dedicato una non facile vita intera a studiare la fase finale delle stelle più massicce, a cercare di spiegare cosa ci possa essere oltre, e proprio oggi è giunta la notizia  che è mancato: Stephen Hawking.

  2. Franco Mantovani

    Sagge riflessioni....! Grazie, Mario.

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