05/04/18

Buchi neri rotanti ***

Questo articolo è stato inserito nell'approfondimento dedicato ai Buchi Neri, che raccoglie in modo organico gli articoli più significativi sull'argomento.

 

Questo “articolone” raccoglie parti di articoli giù pubblicati e li riunisce per dare una descrizione molto qualitativa e semplificata dei buchi neri rotanti, caso ben più concreto rispetto a quelli statici che abbiamo quasi sempre incontrato e analizzato nei nostri approfondimenti. Vogliamo fare un passo in più, prendendo spunto da una “fondamentale” ricerca svolta alcuni anni fa e che pone l’accento sulla distanza che intercorre tra disco di accrescimento e buco nero galattico. Scopriremo, così, come la rotazione di un buco nero sia in grado di trascinare con sé lo spaziotempo e mostrare caratteristiche del tutto peculiari.

Gli eroi della scoperta (o, meglio, determinazione) sono NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescope Array) della NASA e l’XMM-Newton dell’ESA. Entrambi i telescopi spaziali usano occhiali capaci di guardare i raggi X, anche se in zone leggermente diverse e complementari. L’oggetto del loro lavoro è il buco nero galattico che risiede al centro della galassia NGC 1365. Non è tra i più massicci (“solo” 2 milioni di masse solari), ma relativamente vicino per farsi studiare in dettaglio (circa 65 milioni di anni luce). Lo scopo, molto ambizioso: calcolare la velocità di rotazione del buco nero e le sue modalità.

Diciamo subito che è la prima volta che si ottiene questo risultato e che ancora una volta Einstein ne esce “vincitore”: la velocità osservata è proprio al limite di quanto previsto dal caro amico.

Ovviamente, le osservazioni non hanno potuto osservare direttamente il buco nero. Sappiamo benissimo che la luce non può abbandonarlo e quindi nessun lunghezza d’onda può servire a scrutare il suo interno. Tuttavia, il buco nero ha una massa (e come!) e quindi esercita una gravità stupefacente su tutto ciò che lo circonda (gas e polvere) inserendo la materia in un disco rotante. E questo si vede molto bene con gli occhiali speciali di alcuni telescopi. I migliori sono quelli che guardano nei raggi X, molto energetici e prodotti in una zona estremamente vicina al “bordo” esterno del buco nero.

Questo bordo è chiamato “orizzonte degli eventi”, il punto di non ritorno, il confine che permette alla luce di poter viaggiare oppure no nello spazio. In particolare, il disco di materia che gira attorno al buco nero, in attesa di essere inghiottito, interagisce con il campo magnetico del “mostro” (nel senso di meraviglioso, mi raccomando…), subisce la rotazione di quest’ultimo e ne viene deformato ed eccitato fino a lanciare due getti potentissimi di materia ed energia in senso perpendicolare al disco stesso.

A questo punto,  chiariamo un concetto, forse poco noto. Perché proprio in questa direzione? Sicuramente gioca, in parte, il fatto che esso coincide più o meno con l’asse magnetico, ma la ragione più importante dipende dalla … folla! Il disco è sottile, ma abbastanza “spesso” nelle vicinanze di un qualcosa che ha dimensioni piccolissime. Le radiazioni che partono dal confine faticano non poco a penetrare in uno strato di materia molto densa che cerca di resistere fino all’ultimo al balzo verso il buio. Ne segue che i “getti” di materia ed energia preferiscono dirigersi verso le zone più “libere” dalla confusione, ossia proprio in direzione perpendicolare al disco. Insomma, la migliore via d’uscita. Ma anche lo spazio che ruota gioca la sua parte, come vedremo in seguito. Questi getti potentissimi hanno una strana forma, dato che vengono deformati dalla rotazione della materia vicina all’orizzonte degli eventi e quindi assumono una forma “a cavatappi”, come quella mostrata in Fig. 1.

Figura 1. Una visione artistica del disco di NGC 1365. La materia arriva vicinissima all’orizzonte degli eventi. Si vede anche bene il getto attorcigliato che viene sparato verso lo spazio. La luce intensissima del getto si riflette sul disco e lo eccita fino a farlo emettere nell’X. Proprio quello di cui hanno bisogno NuSTAR e XMM.
Figura 1. Una visione artistica del disco di NGC 1365. La materia arriva vicinissima all’orizzonte degli eventi. Si vede anche bene il getto attorcigliato che viene sparato verso lo spazio. La luce intensissima del getto si riflette sul disco e lo eccita fino a farlo emettere nell’X. Proprio quello di cui hanno bisogno NuSTAR e XMM.

Torniamo al buco nero di NGC 1365…

NuSTAR è predisposto per osservare la parte più energetica dei raggi X, XMM-Newton quella meno energetica (come Chandra). Questa collaborazione è stata fondamentale perché ha permesso di vedere come i getti del buco nero si comportino su un “range” ampio di lunghezze d’onda e quindi di ottenere un vero e proprio spettro X. Questa possibilità ha eliminato, innanzitutto, uno dei problemi finora esistenti su questo tipo di osservazione. Certe caratteristiche dello spettro X erano tipiche del getto o erano invece dovute all’attraversamento della luce di zone “nuvolose” (della galassia, ovviamente) che potevano deformare la struttura originale e mascherare le vere peculiarità? A questo riguardo, NuSTAR è stato il mattatore. Vediamo in dettaglio questa prima risposta osservativa, legata all’effettiva sicurezza di vedere la caratteristica intrinseca del getto e non una sua immagine deformata e alterata.

La Fig. 2 illustra le due possibilità. In alto a sinistra vediamo un getto che passa senza dover attraversare nuvole di gas e polvere. Alla sua destra la curva spettrale che ne dovrebbe risultare. In basso, a sinistra, una situazione più caotica: il getto attraversa zone di materia più o meno densa e lo spettro ne viene influenzato in modo simile, ma ben diversificato, andando verso lunghezze d’onda più energetiche. In altre parole, la prima parte è abbastanza simile nei due casi (dove osserva XMM), la seconda mostra una chiara differenza in energia (dove osserva NuSTAR). Attenzione, però, il secondo telescopio sembrerebbe più che sufficiente per decidere. Forse sì, ma, come vedremo, è solo analizzando la prima parte che si potrà capire la rotazione del buco nero. Insomma, un vero lavoro di equipe. NuSTAR assicura la “purezza” dell’osservazione e XMM si scatena nella sua analisi dettagliata. NuSTAR fa anche altro, però.

Figura 2. In alto la luce che proviene dal disco non trova intoppi, in basso le nuvole disturbano lo spettro. NuSTAR ha potuto facilmente eliminare la seconda possibilità.
Figura 2. In alto la luce che proviene dal disco non trova intoppi, in basso le nuvole disturbano lo spettro. NuSTAR ha potuto facilmente eliminare la seconda possibilità.

.La Fig. 3 ci mostra le osservazioni reali dei due telescopi e la netta risposta data da NuSTAR: nessun problema di interferenza nuvolosa!

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Figura 3. Le linee continue rossa e verde si riferiscono ai due casi teorici della Fig. 2. MXX non può dire molto (pallini azzurri), ma NuSTAR (pallini gialli) non ha avuto dubbi. Nessuna nuvola fastidiosa. Inoltre, la dispersione dei pallini azzurri conforta l’idea di un disco velocissimo e vicino, dominato dalla gravità del buco nero. Il grado di dispersione permette di calcolare la velocità, come vedremo tra poco.

Torniamo, adesso, al nostro amico Einstein e alle sue idee difficilmente campate in aria. La teoria dice che più velocemente un disco gira attorno al buco nero, tanto più vicino all’orizzonte degli eventi deve essere. Inoltre, l’estrema vicinanza, deforma di più il getto X, che si avvita su se stesso in modo ancora più evidente.

Per potere fare le misure e entrare nei dettagli dello spettro, bisogna scegliere uno ione campione (beh … da quelle parti vi sono solo ioni, ossia particelle cariche, vista la temperatura..). Si è optato per il ferro. In poche parole, si è letteralmente studiato come lo ione si muove all’interno del disco. Diamo quindi il giusto valore allo ione e alla sua “visibilità”: senza di lui si poteva far poco. Ancora una volta, per studiare l’immensamente grande bisogna chiedere aiuto all’immensamente piccolo! Che forte l’Universo, veramente “mitico”!

Per seguire attentamente il percorso del ferro è stato fondamentale XMM, che è riuscito a vedere qualsiasi piccola variazione di percorso. NuSTAR, ricordiamo ancora, è già servito per dimostrare che si stava guardando uno ione la cui luce non era disturbata da nubi intruse e fastidiose. Tuttavia, dà nuovamente il suo contributo, disperdendo il segnale.

A questo punto, dovete fidarvi di ciò che vi dice la Fig. 4. Sono illustrati tre casi che portano ognuno a piccole, ma rilevabili, differenze nel “picco” osservato da XMM e nella parte successiva dello spettro. Innanzitutto, più il disco si avvicina all’orizzonte degli eventi e più la gravità si fa sentire e “disperde” la luce X dello ione del ferro. In alto, il caso di un disco che ruota in senso retrogrado rispetto al buco nero. In queste condizioni, il disco rimane molto lontano e il picco è molto alto e poco deformato. In mezzo abbiamo un buco nero che non ruota: il disco si avvicina e il picco si abbassa e si deforma un poco. In basso, le due rotazioni avvengono nello stesso verso e il disco arriva vicinissimo all’orizzonte. Il picco si abbassa e si disperde. Nel frattempo, però, interviene di nuovo NuSTAR che oltre a eliminare l’effetto “disturbo nuvoloso” indica anche l’importanza dell’effetto dispersione gravitazionale. Fantastico lavoro di coppia! Alla fine, è stato possibile concludere che il disco è vicinissimo e che la velocità è molto alta, ai limiti della teoria di Einstein.

Figura 4. I tre casi di rotazione che causano una maggiore o minore vicinanza del disco dall’orizzonte degli eventi. Ognuno di essi causa una diversa altezza del picco X (e anche piccole deformazioni) e una diversa dispersione della parte più energetica (a destra). In generale, più un disco è vicino e più veloce è la sua rotazione. Tutte le immagini sono state preparate dal JPL della NASA.
Figura 4. I tre casi di rotazione che causano una maggiore o minore vicinanza del disco dall’orizzonte degli eventi. Ognuno di essi causa una diversa altezza del picco X (e anche piccole deformazioni) e una diversa dispersione della parte più energetica (a destra). In generale, più un disco è vicino e più veloce è la sua rotazione. Tutte le immagini sono state preparate dal JPL della NASA.

Prima di far ruotare il nostro buco nero, partiamo da lontano… ripetere non fa mai male.

 Cos’ è un buco nero ?

Tutti saprebbero, forse, rispondere: il nucleo di una stella molto massiccia, esplosa come supernova, talmente denso che la materia non riesce a fermarne il collasso. La gravità è tale  che nemmeno la luce può uscirne. Perfetto! Nel caso dei buchi neri galattici, la situazione, come concetto, non cambia di molto. Cambia solo la massa del buco nero.

Può bastare questa definizione? Temo di no e rifaccio la domanda. Cos’è realmente un buco nero? Ossia da cosa è formato e quali sono le sue dimensioni?

Qui le cose si complicano e forse è necessario cambiare il modo di definirlo. Teoricamente, un buco nero non ha dimensioni. La materia continua a comprimersi ed è obbligata a raggiungere un raggio nullo, in modo molto simile a ciò che formava il “punto” da cui è nato il Big Bang. Le particelle si disintegrano e tutto torna a situazioni primigenie. Se si accetta l’idea di Big Bang si può anche accettare il punto singolare del buco nero: un piccolo Big Bang al contrario. Tuttavia, capisco che non è facile fare proprio questo concetto. E, in fondo, possiamo benissimo farne a meno: un buco nero è un nucleo stellare e come tale possiamo e dobbiamo trattarlo.

Ci viene incontro la definizione di orizzonte degli eventi. Esso si definisce facilmente come quella superficie sferica che contiene una massa tale da far sì che la velocità di fuga sia uguale a quella della luce (in realtà la definizione è un po’ più articolata). L’ orizzonte degli eventi è però un qualcosa che non è  OBBLIGATORIAMENTE legato a un buco nero . Esso è una superficie teorica che dipende solo e soltanto dalla massa dell’oggetto in questione. Tutti i corpi celesti hanno un loro orizzonte degli eventi. Basta prendere la formula che dà la velocità di fuga, vf, inserire al posto di questa il valore della velocità della luce c e ricavare il raggio R che è, per definizione, proprio quello dell’orizzonte degli eventi. La massa M, infatti, è quella che è e non cambia.

Come vedete, tutti gli oggetti hanno un orizzonte degli eventi, ma ciò non vuole dire assolutamente che sono o possono diventare dei buchi neri. Teoricamente,  la definizione  ci dice che la Terra diventerebbe un buco nero solo se comprimesse tutta la sua massa in una sferetta di 9 mm, ossia fosse tutta all’interno dell’orizzonte degli eventi. Nel caso del Sole, la stella dovrebbe comprimersi entro una sfera di 3 km di raggio. Entrambi, però, non potrebbero mai farlo. I buchi neri Terra e Sole restano oggetti del tutto ipotetici.

Prendiamo adesso una stella di neutroni. Essa si schiaccia (e come!), ma, a un certo punto, la materia degenere, comandata dai neutroni, si oppone al collasso. A quel punto andiamo a misurare il raggio della stella. Fatto? OK.  La stella di neutroni ha, però, una sua massa e quindi deve avere un suo orizzonte degli eventi. Possiamo calcolarlo facilmente.

Non ci resta, adesso, che confrontare il raggio di quest’ultimo con il raggio della stella. Cosa troveremmo? Che è stata molto brava, ma si è fermata prima del momento critico. La stella, per schiacciata che sia, ha dimensioni maggiori del proprio orizzonte degli eventi. La luce che lei emette, anche se a fatica, riesce a viaggiare nello spazio. Cosa possiamo concludere? Una stella che esplode come supernova, ma che ha un nucleo residuo minore di tre masse solari, riesce a comprimersi fino a dimensioni molto ristrette, ma superiori a quelle dell’orizzonte degli eventi.

Non ci resta che prendere un nucleo stellare, nato come quello delle stelle di neutroni, ma che abbia una massa superiore a tre masse solari.  Calcoliamo fin da subito il raggio dell’orizzonte degli eventi. Fatto? Bene. Diamo, adesso, il via al collasso gravitazionale. Il raggio della stella diminuisce sempre più fino a che la materia degenera e i neutroni cercano di opporsi. Questa volta, però, non riescono nell’impresa. La compressione è troppo forte e anche i neutroni devono cedere. Cosa succede alla materia? Boh! E chi lo sa? Nessuno è mai entrato in una stella del genere e nemmeno è riuscito a osservarla direttamente. Sicuramente si torna a particelle elementari e i protoni e neutroni si disfano.

Lasciamoli fare, per adesso. Seguiamo il suo raggio che continua a diminuire. Eccoci! Finalmente la stella, o come volete chiamarla, ha raggiunto le dimensioni dell’orizzonte degli eventi. Ma non si ferma, continua a  ridursi. Ci siamo.

Il nucleo di una stella esplosa, che abbia una massa superiore a 3 masse solari, è riuscita a essere contenuto all’interno del suo orizzonte degli eventi (già calcolato a priori, conoscendo la massa dell’oggetto). Possiamo dire che è stato ottenuto REALMENTE un buco nero. E’ facile quindi definirlo: un oggetto celeste che è contenuto all’interno del proprio orizzonte degli eventi. Possiamo anche dire che una stella può riuscire in questo gioco di prestigio solo se la sua massa iniziale è superiore a 8 volte quella del Sole e se il nucleo rimasto dopo l’esplosione in supernova è superiore a tre masse solari. Una definizione geometrica e fisica. Che poi la luce non riesca a uscire e che l’oggetto diventi nero e invisibile sono problemi secondari (si fa per dire…).

Tuttavia, aver raggiunto e superato l’orizzonte degli eventi non cambia di molto la situazione. Non è stato un traguardo che merita una medaglia o una coppa. Il nucleo non può riposarsi e continua a comprimersi. Probabilmente la materia subisce altre trasformazioni. Potrebbe anche darsi che vi sia qualche altro scudo contro la gravità, magari formato da quark molto combattivi o da particelle di Maiorana o chissà cosa. Purtroppo non lo possiamo sapere, ma solo ipotizzarlo.

Vale la pena fare alcune considerazioni. Innanzitutto, la rotazione del corpo che collassa. Se ruotava prima di sorpassare l’orizzonte degli eventi, continuerà a ruotare anche dopo (la materia è sempre materia) e in modo sempre più rapido (ricordate la pattinatrice sul ghiaccio e il suo amico momento angolare?). Idem per il campo magnetico (anche se non è così ovvio sapere cosa capita tra superficie del nucleo e orizzonte degli eventi, ma tra poco ci arriviamo..). Infine, una domanda non banale: “Quanto tempo ci mette ad arrivare fino alla fine teorica, ossia a un punto singolare?”. Probabilmente molto, molto tempo, magari superiore a quello dell’Universo.

Credetemi, nessuno può dirlo con esattezza, dato che nessuno sa esattamente come si trasforma la materia sotto una “vera” pressione. Non solo però… un buco nero, soprattutto se è galattico, continua a mangiare materia e quindi continua il rifornimento di materiale e quindi il punto “torna indietro” e diventa un pisello o un pallone da calcio o un piccolo pianeta. Non ditemi però: “Potrebbe succedere che la materia ingoiata sia così tanta da far tornare il buco nero a dimensioni maggiori dell’orizzonte degli eventi? Insomma, diventare una super-stella di neutroni? In questo modo restituirebbe ciò che ha divorato…”. Assolutamente no! Dato che se il nostro buco nero ingoia materia, esso cambia anche la sua massa e quindi anche l’orizzonte degli eventi.  Quest’ultimo si allarga e continua a contenere al suo interno il buco nero troppo cresciuto!

Cosa abbiamo voluto dimostrare con questa chiacchierata? Che le dimensioni di un buco nero non sono veramente fondamentali. L’importante è che sia contenuto nel proprio orizzonte degli eventi. Che poi sia veramente un punto singolare o un pallina da tennis importa relativamente poco, almeno da un punto di vista pratico.

Qual è, invece, la zona veramente critica di un buco nero (a parte ovviamente la materia che lo forma)? Lo spazio (ma possiamo ancora chiamarlo così?) contenuto tra orizzonte degli eventi e superficie del buco nero. In quella zona le cose sono proprio strane. Innanzitutto, la luce dovrebbe superare se stessa e questo non ha senso. Capite bene, quindi, che ci vuole una fisica molto speciale e molto “relativa” a un sistema di riferimento davvero fuori dal comune. Astronauti ridotti a spaghetti, tempo che diventa spazio, buchi per i vermi, e altre stranezze, ne sono l’ovvia conclusione….

Tanto che ci siamo, finiamo col parlare di mini-buchi neri e di buchi neri primigeni. Finora abbiamo visto solo oggetti che nascono dalla esplosione di una stella  e che crescono attraverso l’unione di tanti di questi compagni simili o anche soltanto durante i loro banchetti. Tuttavia, per ottenere ciò, è necessario che prima nascano le stelle. Sappiamo, però, che subito dopo il Big Bang la materia era ultra concentrata, una specie di marmellata di particelle. In certe zone non è assurdo pensare che la densità fosse tale da fare collassare nuclei di materia, di qualsiasi dimensione. In quel periodo non vi era bisogno di essere una stella per collassare. Ed ecco quindi nascere buchi neri ultra giganteschi (magari proprio i semi delle future galassie) o più piccoli di piselli, anche come massa. Nell’ultimo caso, l’orizzonte degli eventi poteva anche essere di milionesimi di milionesimi di millimetro, ma con tutte le caratteristiche di un vero buco nero. Magari ce ne sono ancora in giro e qualcuno passa anche da parte a parte della Terra, facendo ben poco danno. Tra poco magari li costruiremo anche al CERN. Tuttavia, non ci si crede molto, sempre che esista una loro evaporazione. Ma questo è tutto un altro discorso…

Nella ricerca introduttiva, abbiamo visto quanto sia importante la rotazione del buco nero per la distribuzione della materia del disco e per capire con chi abbiamo a che fare. E’ giunta l’ora di fare un passo in avanti e cercare di descrivere, con tutte le approssimazioni e semplificazioni del caso, i buchi neri rotanti, chiamati anche di Kerr. Più complicati di quelli statici (ovviamente), essi si avvicinano decisamente di più alla realtà.

Un modello, perciò, molto più realistico di quello statico, ma che presuppone alcune considerazioni iniziali che creano spesso confusione o cattiva interpretazione dei dati di fatto. Questo non capita solo per i buchi neri di Kerr, ma per tutto ciò che nell’Universo non segue le leggi “casalinghe”, quelle che possiamo sperimentare con ciò che ci circonda. Fatemi, allora, arrivare al nocciolo della questione per gradi, anche a costo di ripetere concetti già noti.

Espansione dello spazio

Questo è forse il concetto più facile da visualizzare (si fa per dire). Tuttavia, è già un qualcosa che non possiamo verificare direttamente, ma solo con osservazioni lontane. Alle sue spalle vi è tutta una trattazione matematica, le cui soluzioni portano a evidenze potenzialmente osservabili. Scovate queste evidenze e verificatele si può concludere che la teoria è giusta? Nel metodo scientifico non va proprio così. Bisogna provare e riprovare e cercare tutto ciò che può contrastare la teoria. Solo alla fine di questo lungo processo potremo accettare una legge come valida.

L’espansione dello spazio può essere oggi confermata, anche se non tutte le sue caratteristiche sono chiarite e non tutte le osservazioni si inseriscono perfettamente nel quadro generale. Tuttavia, per i nostri scopi divulgativi di primo livello, possiamo accettarlo in pieno.

Bene. Cosa dice riguardo al contesto dell’argomento di questo articolo? Una cosa fondamentale, che non può essere tralasciata: “L’espansione dello spazio può superare la velocità della luce senza nessun problema teorico. Anzi…”. La teoria della relatività pone infatti un limite solo al movimento degli oggetti all’interno dello spazio e non allo stesso spazio.

Cosa c’entra tutto questo con i buchi neri? Un attimo di pazienza e lo vedremo. Ricordiamo, a proposito, una situazione limite che abbiamo già incontrato: la sfera di Hubble (QUI), ossia quel limite oltre il quale non possiamo vedere niente dato che rappresenta il confine dello spazio che si espande, rispetto a noi, a velocità superiore a quella della luce. Quindi la luce che viene verso di noi subisce un trascinamento in senso opposto uguale e contrario. In modo molto “rozzo” il fotone non si muove pur viaggiando alla sua pazzesca velocità: è come se qualcuno lo tenesse legato con una corda o come se corresse su una scala mobile in senso contrario e con uguale velocità. Sapete già queste cose? Bene, anzi benissimo, dato che bisogna averle come concetti assodati.

Deformazione dello spazio

La teoria della relatività ci dice che avvicinandosi a una massa, più o meno piccola che sia, lo spazio-tempo si deforma. Anche questo è un concetto che deriva da formule matematiche e che comporta soluzioni visibili e osservabili. Basta scegliere una massa veramente grande. Attraverso questo concetto viene spiegata la legge di gravità proprio come deformazione spaziale (lasciamo stare il tempo, dato che complicherebbe troppo le cose rispetto al livello che vogliamo raggiungere).

Una particella giunge vicino a una massa e, malgrado la sua velocità intrinseca, è costretta a cadere nella deformazione dello spazio, ossia in un avvallamento che ne modifica la traiettoria. Questa rappresentazione, al contrario di quanto riesce a fare la legge di Newton, ci dimostra che anche la luce (ossia particelle senza massa) possono essere deviate dalla gravità, ossia dalla deformazione dello spazio. In altre parole, anche loro cadono nell’avvallamento del percorso spaziale. Come possiamo immaginare questa situazione? Non è banale… e si usano simulazioni a due dimensioni: una strada perfetta che improvvisamente presenta un buco nell’asfalto o, quando la massa è veramente grande, una specie di imbuto.

Le figure, però, sono costrette alle tre dimensioni (apparenti) per descrivere una superficie a due dimensioni (l’imbuto). In realtà l’imbuto esiste in ogni direzione attorno alla massa, ma per disegnarlo avremmo bisogno di una dimensione in più (senza nemmeno introdurre il tempo). Dobbiamo quindi accettare una visione simbolica che diventa accettabile solo se abbiamo capito il concetto teorico che le sta dietro.

Qualsiasi cosa si avvicini a una massa  subisce la deformazione dello spazio che la costringe a cadere dentro l’imbuto in una  caduta spesso irreversibile. Se la velocità con cui si arriva nell’avvallamento stradale è abbastanza alta si può deviare percorso e poi continuare (effetto lente, se siamo un fotone). Se giungiamo nel luogo a velocità relativamente bassa veniamo immessi in orbita attorno alla massa. Se arriviamo troppo lenti finiamo il nostro viaggio cadendo sull’oggetto che ha deformato lo spazio.

Insomma, una strada in cui la sicurezza è data dalla velocità: più si va veloci e più facilmente ci si salva. Il codice della strada è proprio l’opposto del nostro!

Vi sono, però, buchi veramente profondi, ossia masse talmente grandi che risucchiano tutto ciò che passa troppo vicino a loro. E ciò che catturano non può più uscire. La deformazione dello spazio è irreversibile. Stiamo, ovviamente, parlando di un buco nero statico, capace “solo” di deformare lo spazio e catturare ciò che giunge proprio al limite della “trappola”. Questo limite di non ritorno è l’orizzonte degli eventi, che possiamo benissimo calcolare con una matematica ancora semplice e vicino a quella che applichiamo a tutto ciò che ci circonda.

Ricapitoliamo il concetto base del buco nero statico: attorno a lui lo spazio si deforma e la deformazione aumenta sempre di più avvicinandosi all’orizzonte degli eventi. Superato questo limite, per descrivere cosa succede, non basta più la matematica normale e bisogna introdurre una “metrica” speciale le cui soluzioni non sono verificabili attraverso le osservazioni.

Bisogna accettarle e vedere che cosa comportano nella zona esterna all’orizzonte degli eventi e sperare che diano luogo a situazioni osservative non ambigue. Se il buco nero è statico dovremmo vedere materia che giunge fino all’orizzonte degli eventi e che poi sparisce letteralmente alla vista.

Ovviamente, questa materia è arrivata nel luogo critico con una sua velocità intrinseca e quindi prima di cadere dentro al buco è costretta a ruotargli attorno, cercando di compensare l’accelerazione che cerca di risucchiarla. Può anche riuscirci, ma deve stare a distanza di sicurezza, prima che cominci l’imbuto vero e proprio, ossia prima dell’orizzonte degli eventi.

Stiamo bene attenti allora: “La materia che ruota attorno al buco nero ruota solo perché ha una sua velocità intrinseca che cerca di ribellarsi a quella dovuta alla massa che cerca di trascinarla dentro al buco.” E’ un discorso concettualmente statico, completamente statico. Se noi mettessimo una particella vicino all’orizzonte degli eventi (anche abbastanza lontano) e la poggiassimo senza darle velocità, il suo percorso sarebbe una linea che piomba direttamente dentro all’imbuto. Fino a qui potremmo verificarlo con esperienze dirette, molto “simili”.

Prendete una scodella e una pallina. Fate cadere la pallina nella tazza dandogli però una velocità trasversale. Essa compirà dei cerchi lungo la superficie interna della tazzina prima di finire in fondo. Ponete adesso la pallina sul bordo superiore e lasciatela cadere. Finirà direttamente in fondo senza ruotare. Ribadisco il concetto base che può sembrare ovvio, ma che non lo è (fidatevi)! La rotazione della materia attorno a un buco nero statico dipende solo dalla velocità reale delle particelle. La deformazione dello spazio decide solo che traiettoria deve compiere la materia prima di cadere (o di scappare se è sufficientemente lontana).

Ritorniamo alla ricerca che ha introdotto l’articolo. Vi erano tre possibili scenari per riconoscere e calcolare la velocità del nucleo che è diventato un buco nero. Uno era proprio quello del buco nero statico. In quel caso vi era materia fino a un certo punto. Poi scompariva del tutto. Dove scompariva era proprio l’orizzonte degli eventi. La materia, però, ruotava comunque attorno al buco nero. In questi casi non aspettiamoci grande energia dai buchi neri. In fondo la velocità di partenza delle particelle non riesce a essere accelerata più di tanto. Probabilmente non vedremmo dei getti uscire da nessuna parte. I getti escono dal punto più debole e “libero”: l’asse di rotazione, ma se il buco nero non ruota non ha nessun asse di rotazione!

Rotazione dello spazio

Eccoci al punto chiave dei buchi neri rotanti. Ricordiamoci che chi ruota è il nucleo stellare che sta collassando. Ruota solo lui e non ha un’atmosfera intorno che viene trascinata in questo moto per viscosità o cose del genere. Ne deriva che la rotazione non può trasmettersi a ciò che lo circonda, se rimaniamo nella fisica di tutti i giorni. In altre parole, se andassimo molto lontani dalla Terra e fermassimo in qualche modo la nostra astronave, non saremmo trascinati dalla rotazione della Terra, dato che ormai l’atmosfera è  lontana. Vedremmo girare il pianeta e ciò che gli sta intorno da una comoda posizione esterna. Succederebbe lo stesso anche per un buco nero . Se stessimo a una certa distanza e riuscissimo a stare fermi, magari accendendo un motore che controbilanci la gravità (ossia la deformazione dello spazio) che ci trascina verso il  nucleo che collassa e ruota su se stesso, lo vedremmo rimpiccolirsi fino all’entrata all’interno del suo orizzonte degli eventi. Poi più niente e della rotazione del buco nero non avremmo più alcun ricordo. Se fosse così… però… Ma NON è così.

Un buco nero che ruota vuole lasciare il suo segno allo spazio che lo circonda (dovremmo dire spazio-tempo, ma lasciamo il tempo da parte, come già detto… abbiamo abbastanza problemi così…). Cosa fa allora? Lo mette in rotazione e la rotazione è tanto più rapida quanto più vicini si va al buco nero. Anche la Terra causa questo effetto attorno a sé, ma la sua massa è talmente piccola che possiamo trascurarlo e non accorgerci di niente. Lo stesso non capita per una massa come quella di un buco nero. Tuttavia la rotazione dello spazio non dipende solo dalla massa, ma anche dalla rotazione del nucleo.

Tutti conosciamo molto bene la conservazione del momento angolare. Se un oggetto diminuisce le sue dimensioni, ma non la massa (proprio come sta facendo il nucleo collassante), è costretto girare sempre più veloce. Quindi, immaginatevi a che velocità può girare un buco nero. A noi, però, interessa poco, dato che non possiamo osservarlo. Più interessante è come ruota lo spazio. Ebbene ciò che determina la sua rotazione è il rapporto tra il momento angolare e la massa del nucleo ormai trasformatosi in buco nero invisibile. Possiamo scrivere la semplicissima formula:

a = k J/M

che definisce il momento angolare specifico, ossia il rapporto tra il momento angolare J e la massa del nucleo M. Questo è il valore che viene introdotto in una metrica speciale per ottenere le varie soluzioni particolari: la metrica di Kerr. Per trovare le soluzioni  bisogna risolvere equazioni complicate e legate a qualcosa che non è osservabile nel nostro piccolo mondo. Non posso quindi scrivere queste formule e pretendere di essere divulgativo. Tuttavia, se mi credete, posso dirvi come queste soluzioni possono influenzare quello che circonda un buco nero che ruota con un momento specifico dato da a.

Ricapitoliamo, prima, il concetto fondamentale. Non è la rotazione del buco nero che influenza direttamente la materia che gli gira intorno, ma la rotazione dello spazio,  causata dalla massa e dal momento angolare. In altre parole, l’imbuto del paragrafo precedente si avvita su se stesso. E più si va vicino e più si avvita. Questa rotazione è INDIPENDENTE dalla velocità delle particelle. E’ un po’ come lo spazio che si espande indipendentemente dal moto della particelle che lo compongono.

Qui lo spazio oltre che espandersi e deformarsi si mette anche a girare! L’espansione la possiamo trascurare, dato che vicini a un buco nero le distanze sono molto piccole, ma deformazione e rotazione sono invece fondamentali. Tuttavia, il concetto che ci ha portato alla lotta tra fotone e spazio che si espande con la stessa velocità, causando una staticità alla povera particella, ci sarà estremamente utile.

Cosa succede allo spazio che ruota, ossia che forma assume? Beh… quella di qualsiasi cosa che ruoti attorno a un asse e che non sia un corpo rigido (qui di rigido non c’è niente, dato che il vuoto, o qualcosa di molto simile, può schiacciarsi, deformarsi, allargarsi, stringersi a seconda delle forze che agiscono su di lui). Bene, la forma è quella ovvia di un ellissoide di rotazione, lo stesso che mostrano le superfici stellari e un po’ anche i pianeti, a seconda di quanto siano compressibili o deformabili. Nel suo piccolo, lo fa anche la Terra che è schiacciata ai poli e ha un rigonfiamento equatoriale.

Immaginiamo di essere una particella che si avvicina a questo mostro rotante, con una certa velocità intrinseca (un’astronave?). Già a una bella distanza dal buco nero lo spazio è in rotazione. Tuttavia, essa è ancora modesta e il nostro motore acceso al massimo può ribellarsi e cambiare rotta. Subisce, comunque, un certo trascinamento. Anche la Terra può essere considerata ferma (il suo moto in relazione all’intero Universo è trascurabile), ma si muove comunque per effetto del trascinamento dovuto allo spazio che si espande. In altre parole segue comunque la sua linea di Universo e si allontana da tutto ciò che esiste (a parte ovviamente, i moti propri relativi).

Attenzione, però, la rotazione dello spazio ha un suo verso ben preciso che è imposto dalla rotazione del buco nero vero e proprio (ormai scomparso alla vista). La nostra astronave subisce, allora, effetti diversi a seconda della traiettoria che segue nel suo avvicinamento. Se la sua velocità è opposta a quella della rotazione dello spazio è costretta a rallentare. Se è invece diretta nello stesso verso, può essere accelerata. In altre parole, può essere sia trascinata verso il buco nero sia essere espulsa e cacciata lontana.

Questo capita nel piano equatoriale dell’ellissoide che rappresenta lo spazio in rotazione. Se arrivassimo vicino ai poli, la rotazione dello spazio sarebbe minore e potremmo manovrare più facilmente i nostri motori e scappare, oppure decidere di entrare. Se, in particolare, arrivassimo lungo l’asse di rotazione non subiremmo nessuno effetto di rotazione di spazio e potremmo entrare all’interno… all’interno di cosa? Beh all’interno del buco nero vero e proprio, ossia all’interno dell’orizzonte degli eventi. In quel caso infatti è come se fossimo vicino a un buco nero statico.

I poli sono quindi vie di entrata e teoricamente di uscita (se non abbiamo ancora superato l’orizzonte).  Fantastiche. Ecco perché le particelle accelerate nel loro moto dalla rotazione dello spazio scelgono quella via per andarsene verso lo spazio: è la più facile e libera da intoppi.

Torniamo sul piano equatoriale e proviamo ad avvicinarci ancora di più al buco nero. Arriviamo a un punto critico, a un limite teorico che può diventare anche pratico (come vedremo tra poco). A una certa distanza dal buco nero la velocità di rotazione dello spazio è esattamente quella della luce. La nostra astronave, allora, potrebbe restare in sospeso, immobile,  se andasse esattamente alla velocità della luce in verso opposto a quello di rotazione dello spazio.

Siamo in condizioni simili a quelle di un fotone sulla sfera di Hubble: la sua velocità verso di noi è compensata perfettamente dall’espansione dello spazio che lo spinge lontano. Può considerarsi fermo.

La stessa cosa capita per l’astronave. E’ arrivata a un limite critico, dove può stare ferma spingendo al massimo i suoi motori. Se l’astronave andasse verso i poli di rotazione dello spazio la stessa velocità critica si otterrebbe a distanze minori rispetto all’asse di rotazione e sarebbe nulla ai poli (loro non ruotano, come abbiamo visto prima). Insomma, abbiamo incontrato una superficie ipotetica a forma di ellissoide dove l’astronave può ancora stare ferma. Tuttavia, ci sono vari modi per arrivare a questa superficie. Se andassimo più piano della velocità della luce e arrivassimo in verso opposto alla rotazione dello spazio, saremmo in balia di quest’ultimo che ci trascinerebbe con lui (come la Terra è obbligata a seguire la sua linea di Universo).

Basterebbe fare un po’ di considerazioni tra le forze in gioco (centrifuga e gravitazionale) e capiremmo subito che stiamo cadendo verso il buco nero. Se invece arrivassimo a velocità  concorde con il verso della rotazione dello spazio saremmo cacciati via da quel luogo critico. Essendo però particelle fisiche in movimento, NON potremmo comunque superare la velocità della luce (mi raccomando eh ?!).

Questa superficie non è ancora un orizzonte degli eventi, ma qualcosa di simile, dato che una volta entrati al suo interno ci troveremmo in una situazione a prima vista irreversibile, ma tuttavia VISIBILE e OSSERVABILE. Perché? Perché i fotoni possono comunque uscire da essa. La velocità di fuga è inferiore a quella della luce. Non abbiamo, infatti, ancora raggiunto l’orizzonte degli eventi.

Tuttavia, una particella di una certa massa sarebbe obbligata a ruotare solo nel verso imposto dallo spazio. Perché? Perché essendosi avvicinata all’asse di rotazione (sul piano equatoriale) la sua velocità di rotazione è aumentata (per dimostrare questo bisogna risolvere equazioni particolari che NON possiamo introdurre) e ha ormai superato la velocità della luce!

Lo spazio che la trascina può farlo, dato che non ha limiti di velocità di rotazione (come la sua espansione, d’altra parte). Qualsiasi particella, anche quelle che arrivano con velocità prossime a quella della luce, in verso opposto, sono trascinate dalla rotazione dello spazio. Tutta la materia che ha oltrepassato la superficie critica di prima è costretta a ruotare VISIVAMENTE nel senso di rotazione del buco nero. Siamo entrati nell’ergosfera, limitata all’esterno dalla superficie “statica” descritta prima. L’ergosfera è una specie di Purgatorio, né Paradiso né Inferno.

Le particelle possono ancora inviare luce che può raggiungerci, dato che la rotazione avviene in senso perpendicolare all’asse di rotazione. Infatti, ripeto, la luce che viaggia in senso radiale subirebbe solo la gravità del buco nero (come nel caso del buco nero non rotante) e questa non è ancora tale da non permettere alla luce di uscire. Non siamo ancora all’orizzonte degli eventi, ossia all’ingresso dell’Inferno.

Cosa vedremmo da terra? Un disco di materia che ruota solo e soltanto in un verso, che è proprio quello del buco nero. La materia che è entrata nell’ergosfera, ossia nel Purgatorio, è trascinata da uno spazio che ruota con un velocità tangenziale superiore a quella della luce. Le particelle che vediamo ruotano intrinsecamente a velocità minore. Devono, perciò, seguire tutte il verso dello spazio che le trascina, dato che la differenza tra velocità intrinseca e velocità dello spazio gioca sempre a favore di quest’ultimo, superando esso, ormai, la velocità della luce.

Visione polare di un buco nero di Kerr (rotante) con il tragitto di due particelle: una concorde con la rotazione dello spazio-tempo (rossa) e l’altra opposta (verde). La zona azzurra è l’ergosfera.
Visione polare di un buco nero di Kerr (rotante) con il tragitto di due particelle: una concorde con la rotazione dello spazio-tempo (rossa) e l’altra opposta (verde). La zona azzurra è l’ergosfera.

Bisogna scendere ancora un po’ per trovare l’orizzonte degli eventi. Tuttavia è un orizzonte degli eventi che dipende anche dalla rotazione ed è più vicino al buco nero di quanto non sia quello di un buco nero non rotante.

Torniamo alla ricerca iniziale: ricordate la figura in cui il buco nero ruotava e la materia girava tutta nello stesso verso, raggiungendo, però, una distanza più piccola?

Ebbene, la materia si spinge più vicina di quanto non faccia nell’ipotesi di un buco nero non rotante. In altre parole, se il cerchietto nero intorno a cui ruota la materia OSSERVABILE è molto piccolo vuol dire che siamo nel caso di un buco nero rotante. Le formule che legano massa, velocità di rotazione visibile e rotazione del buco nero (chiedete ad Einstein) permettono di risalire alla velocità di quel’ultimo.

Esiste un’altra possibilità mostrata sempre in quella ricerca. La materia gira in verso opposto alla rotazione del buco nero e quindi dello spazio che lo circonda. Com’è possibile? Potreste arrivarci da soli…

Immaginiamo di essere ancora abbastanza lontani dall’ergosfera. Anche se meno violentemente lo spazio ruota. Tuttavia, quali sono le particelle di materia reale che si riescono a vedere? Quelle che provengono in senso concorde con il verso dello spazio vengono cacciate. Quelle che provengono in verso opposto, se troppo lente, vengono risucchiate velocemente verso l’ergosfera e poi subiscono ciò che devono subire. Sopravvivono solo quelle che, provenendo in senso opposto, riescono a vincere la rotazione dello spazio: loro restano a circolare attorno al buco nero (esiste sempre la sua gravità non dimenticate!), ma in verso opposto a lui.

Ammettiamo allora che una nube di gas provenga da una direzione opposta a quella della rotazione del buco nero. Una parte viene ingoiata e una parte resta in circolo. Dopo un po’ di tempo, se non arriva nuova materia, che cosa vedremmo? Quella troppo lenta o troppo massiccia è caduta nell’ergosfera ed è ormai finita all’Inferno. Resta ancora visibile quella che circola in senso contrario, a una distanza, però, maggiore del limite statico dell’ergosfera.

Queste condizioni si possono osservare direttamente, dato che avremmo un cerchietto nero troppo largo rispetto alla massa del buco nero. Potremmo quindi capire sia che il buco nero ruota, sia in che senso ruota e calcolarne anche la velocità (anche se non in modo banale). Sì, lo so, sembra impossibile: osservare un disco che ruota in un modo e dire che il buco nero ruota in verso opposto. Ma rifletteteci sopra e vedrete che è proprio così… Ecco quindi dimostrati i tre casi della famosa figura iniziale sulla rotazione di materia attorno a un buco nero galattico.

Com’è fatta l’ergosfera? L’abbiamo già detto: ha la forma di un ellissoide schiacciato ai poli. Ai poli però non si subisce la rotazione e quindi ai poli dobbiamo essere nelle condizioni di un buco nero statico. In altre parole, ai poli, orizzonte degli eventi e ergosfera si devono toccare.

Visione equatoriale di un buco nero di Kerr (rotante)
Visione equatoriale di un buco nero di Kerr (rotante)

Attenzione: tutte le situazioni che avvengono all’interno dell’ergosfera sono ancora osservabili, ma seguono una matematica particolare e si possono descrivere con la metrica di Kerr. Le traiettorie sono ben diverse da quelle di un satellite attorno a un pianeta. E poi ci sarebbe anche il tempo da considerare. No, no, questo non  potremmo mai spiegarlo in modo “elementare”. L’unico modo sarebbe imparare la metrica e trovarne le soluzioni. Tuttavia, siamo riusciti a estrarre tre formule ancora comprensibili che definiscono le due superfici trovate finora e che definiscono l’ergosfera: il limite esterno (superficie statica) e il limite interno che è l’orizzonte degli eventi.

Ci serve quel parametro a che abbiamo definito prima.

Il raggio dell’orizzonte degli eventi è dato da

R(est) = M + (M2 – a2)1/2

M è la massa del buco nero e R è il raggio dell’orizzonte degli eventi in unità tali da far “sparire” le varie costanti. Nel caso di un buco nero non rotante, il momento angolare J è uguale a zero e quindi è uguale a zero anche a. R(est) diventa allora M + M = 2M. Questo è il valore che si avrebbe nel caso classico non rotante. Resta solo un “2”. Tutto il resto sono costanti che sono state inglobate (anche la velocità della luce). Ricordate la formula R = 2GM/c2 che definiva il raggio di Schwarzschild? E’ la stessa, ponendo (in qualche modo) c=1 e G =1…

Se, però, il buco nero ruota e il suo momento angolare J non è zero, anche  a non è uguale a zero. La rotazione massima può portare ad a =1, che fa diventare R(est) = M, la metà esatta dell’orizzonte degli eventi di un buco nero statico, come avevamo già detto, prima, a parole. Dato che l’ergosfera è osservabile anche questa variazione di orizzonte è osservabile. La massa M resta sempre la stessa e quindi l’osservazione ci permette di scegliere il modello più realistico.

Qual è invece la formula che ci regala la superficie statica? Eccola:

R(statica) = M + (M2 – a2cos2ϑ)1/2

ϑ è ovviamente la latitudine. Ai poli il coseno va a 1. Ossia, R(statica, 90°) = R(est), come già detto. All’equatore, avremmo invece

R(statica,0°) = 2M, indipendentemente dal valore di a e maggiore di R(statica, 90°). Notate che è proprio lo stesso valore che avrebbe l’orizzonte degli eventi nel caso di buco nero non rotante.

Meraviglie della metrica di Kerr…

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Visione polare di un buco nero di Kerr, a sinistra, e statico (di Schwarzchild), a destra, con una serie di traiettorie provenienti da destra. L’insieme di linee permette di vedere bene la differenza nella deformazione dello spazio-tempo in prossimità dell’orizzonte degli eventi. A sinistra, l’ergosfera è la corona circolare bianca. La zona nera rappresenta l’orizzonte degli eventi. Notate che l’orizzonte degli eventi di destra è maggiore di quello di sinistra, benché questo sia quello più esterno. Le formule hanno sempre ragione…(o quasi).

Verso la singolarità

Vi sarete accorti che ho scritto R(est) per il raggio dell’orizzonte degli eventi. Perché? Ve lo dico, ma non posso andare nei dettagli… ormai siamo immersi nella metrica e le formule sono necessarie. Esiste, infatti, un altro orizzonte degli eventi, quello interno. Perché sono due gli orizzonti degli eventi? Diciamolo in modo semplice e intuitivo senza entrare nei dettagli: uno è legato alla massa e uno alla rotazione. La formula che  ci dà  il raggio di quello interno è dato da:

R(int) = M – (M2 –a2)1/2

Se il buco nero non ruota, a = 0 e R(int) = M – M = 0. E’ sparito! Questo ci fa capire che quello più interno dipende essenzialmente dalla rotazione e non dalla gravità.

Ma le cose non sono così semplici. All’interno di questo secondo orizzonte vi è, finalmente, la singolarità, il buco nero vero e proprio. Tuttavia, non è il famoso punto senza dimensioni che tanto preoccupa. No, adesso è un anello. “Meno male”, direte voi. No, mi spiace: è un anello di raggio uguale a zero… Lasciamolo stare. Chi vuole saperne di più deve fare sua la metrica di Kerr, non c’è niente da fare. Una matematica che rappresenta soluzioni della teoria della relatività generale in condizioni molto particolari.

Su di essa è riuscito a lavorare molto bene il grande Penrose, che manovrando le varie equazioni ha prospettato la possibilità di sfruttare la singolarità ad anello per riuscire a girarci “intorno”  e spostarsi su un buco bianco… Posso solo aggiungere, tanto per far venire l’acquolina in bocca a qualcuno, che superando il primo orizzonte degli eventi il tempo diventa spazio e viceversa, costringendoci a seguire una e una sola direzione, quella verso la singolarità. Il tempo si ferma, ma lo spazio è ora una freccia unidirezionale non invertibile. Fin qui in accordo con il buco nero statico. Tuttavia, passando il secondo orizzonte le cose si invertono di nuovo. E’ il tempo a scorrere in modo univoco, mentre lo spazio torna quello che è. In uno spazio normale (a modo suo) ci si può spostare e scegliere strade speciali che ci facciano superare la singolarità.

Energia gratis

Penrose ha lavorato assai bene anche nell’ergosfera, una zona molto più comprensibile e “abitabile”. E’ vero che ogni particella dotata di massa è costretta a ruotare in un solo verso, ma è anche vero che non è ancora entrata nell’Inferno. Immaginiamo che la particella si spezzi in due. Il momento angolare delle due parti di materia può essere suddiviso in modo che una parte sfugga all’infinito, mentre l’altra precipiti verso l’orizzonte degli eventi e cada nel buco. La parte di materia che riesce a sfuggire (nell’ergosfera è ancora possibile dato che la gravità non è quella dell’orizzonte degli eventi), può avere un’energia maggiore di quella della materia originale in caduta, essendo stata accelerata e avendo, ora, una massa più piccola. In conclusione, il processo “ruba” momento angolare al buco nero e questo un po’ alla volta rallenta fino a diventare un buco nero statico. Non confondiamo questo processo con quello descritto da Hawking per l'evaporazione dei buchi neri...

Anche senza entrarci veramente dentro, si riuscirebbe a sfruttare la sua energia e portarsela nell’universo “normale”. Un motore fantastico che ha già fatto ipotizzate scenari fantascientifici straordinari! Un’astronave entra dentro l’ergosfera, con la giusta direzione e si spinge fino al bordo dell’orizzonte degli eventi (dove si “pesca” meglio l’energia). A quel punto lascia cadere una certa zavorra (anch’essa con la giusta direzione e velocità). Non solo viene ricacciata indietro a spese del buco nero, ma si porta dietro un’energia regalatale a spese della rotazione del mostro. Altro che pannelli solari e petrolio!

 

NEWS del 10/4/2019 - Ottenuta la prima prova visiva diretta di un buco nero!

7 commenti

  1. Roberto FAINI (LOLLI)

    Egr. Prof. ZAPPALA',
    è veramente un piacere (direi inaspettato) conoscerLa, almeno via mail. E' da tempo che cerco sul web qualcuno (veramente qualifi-

     cato) che possa darmi "conoscenza seria" e se non ho un livello da Fisico, ho certamente quello da vecchio neofita (circa 50 anni di

    passione!) per tutto ciò che riguarda l'Universo. Ma vengo all'argomento per il quale Le scrivo.

    Ho avuto modo di leggere il Suo articolo sui BUCHI NERI ROTANTI e l'ho trovato assolutamente entusiasmante e confortevole

    per le mie conoscenze al riguardo. Ma ho una domanda alla quale (neanche a dirlo!) non so' rispondere e che Le giro subito:

    - considerando l'incredibile velocità di ROTAZIONE del b. n. NGC 1365 che Lei cita nell'articolo ( l'INAF precisa essere l'84% del-

      la velocità della luce, articolo del 2014 a firma Dott. Risaliti) e data per scontata la CONSERVAZIONE del MOMENTO ANGOLA-

      RE, è possibile che si verifichi una significativa riduzione della Massa (magari per l'aumento eccezionale di materia ed energia es-

      pulse dai getti polari) con conseguente riduzione del raggio dell'Orizzonte degli Eventi e sostanziale incremento della velocità ro-

    tazionale dando il via ad una sequenza (perversa?!) che determini il contatto tra Orizzonte degli Eventi e Orizzonte di Cauchy?

    E se sì, quali sarebbero le implicazioni più eclatanti dal punto di vista astrofisico?

    La ringrazio fin d'ora, Professore, per una Sua eventuale risposta.

                                                                                                                                          Roberto FAINI  (LOLLI)

  2. caro Roberto,

    intanto grazie per le belle parole, ma anch'io non sono uno specialista di buchi neri rotanti e quindi posso risponderti in modo abbastanza vago e semplificato. Dentro l'ergosfera le particelle non fanno ancora parte del buco nero (sono sempre esterne all'orizzonte degli eventi) ma risentono della rotazione di trascinamento spaziotemporale (che è poi legata alla rotazione del vero buco nero qualsiasi cosa esso sia diventato). Se perdessero un po' di massa, sarebbero forse in grado di scappare fuori dall'ergosfera. Ma, facendo questo, si porterebbero via un po' di energia strappata alla rotazione in quanto sono state accelerate da quest'ultima. In qualche modo (non certo semplice) potrebbero anche rallentare la rotazione dello spaziotempo che gioca soprattutto sull'orizzonte di Cauchy. Cosa succederebbe, l'orizzonte degli eventi esterno cambierebbe andando a coincidere con quello statico, ossia con il raggio dell'ergosfera equatoriale, mentre quello di Cauchy tenderebbe a zero, ossia sparirebbe. In tutto questo, però, non abbiamo MAI una perdita di massa da parte del buco nero e la materia che viene lanciata è sempre e soltanto materia esterna, ossia materia del disco di accrescimento. E tale è anche ciò che viene espulso in senso verticale. In altre parole, ciò che cambia è  solo la rotazione dello spaziotempo trascinato dalla rotazione del buco nero, qualcosa che è sempre esterno all'orizzonte. Un buco nero può diventare statico, ossia non trascinare lo spazio nella sua originaria rotazione, ma non può comunque perdere massa, dato che non si agisce sul momento vero e proprio del buco nero inteso come massa interna all'orizzonte. Ricordiamoci che M è sempre la stessa, al limite può solo aumentare...

    Spero di essere stato abbastanza chiaro, anche se giocoforza non possiamo entrare nei dettagli della metrica di Kerr (anch'io mi troverei a mal partito dato che non sono uno specialista di buchi neri rotanti...).

     

  3. Roberto FAINI (LOLLI)

    La ringrazio molto, professore, è stato molto chiaro ed esauriente.

    A risentirci per un eventuale prossimo quesito e, buon lavoro!

    R. F. (L)

  4. grazie a te e ... a presto! ( e diamoci del tu...)

  5. Niccolò Gennari

    Buonasera.

    Potrebbe indicarmi dove trovare una dimostrazione matematica del fatto che lo spazio-tempo ruoti a velocità superluminale nell'ergosfera?

    Grazie

    Niccolò

  6. Penso che ti basti l'effetto Penrose, abbastanza ben trattato in wikipedia...

    https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_Penrose

     

  7. Gabriele

    Egregio professor Zappalà,

    la sua spiegazione è illuminante, ma mi spiace che si arresti, sostanzialmente, nel misterioso mondo di mezzo, tra primo orizzonte e orizzonte interno.

    Personalmente sono affascinato da concetti come la parete blu e dagli oggetti che 'risalgono' dall'area del buco nero interno attraverso le traiettorie indicate da Pensore per il buco bianco. In realtà, se ho capito bene, dal quel tipo di buco bianco, NON si esce in un'altra zona dell'universo, liberi dalla stretta gravitazionale, ma semplicemente si ricade tra OE e OI, finendo inevitabilmente per rientrare in quest'ultimo, in un ciclo infinito, o quasi, almeno se non si viene trasformati in materia singolare dalla parete blu sopra la propria testa, o dalla singolarità 'outflyng' che vola fuori, ai tuoi piedi.

    Peraltro sono altrettanto affascinanti le conclusioni su zone dove ci sarebbero curve chiuse di tipo tempo, o la possibilità di inoltrarsi nel 'vortice' aperto dall'anello (sopra ho letto che sarebbe di raggio=0, ma credo sia un refuso per dire che lo spessore è pari a 0), in quel caso, finendo in una zona di spazio completamente diversa (preesistente, o si 'crea' quantisticamente per effetto dell'osservatore?).

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