09/10/18

Dante-Riemann-Einstein: Dio e il Big Bang (2B) - I catari *

Questo articolo fa parte della serie "Dante - Riemann - Einstein: Dio e il Big Bang" che è stata inserita nelle sezioni d'archivio "Cosmologia" e "Arte, letteratura e storia della scienza"

 

Una breve carrellata storica attraverso la maggiore eresia europea, il catarismo, ci porta lentamente nella visione cosmica di Dante Alighieri.

Possiamo fare coincidere il primo movimento eretico ben radicato territorialmente con quello dei bogomili, nato in Bulgaria nel X secolo. I loro principi erano ispirati a un cristianesimo puro e originario che si  rifaceva agli ideali evangelici, comportando quindi un forte rigore morale e un distacco dai beni materiali. Ovviamente, tutto ciò era in netto contrasto con ciò che mostrava la chiesa ufficiale con i suoi abusi, soprattutto verso le classi più povere. E la povertà era la norma dopo la caduta dell’Impero Romano.

Area di diffusione delle eresie
Area di diffusione delle eresie

Malgrado la netta frattura tra oriente e occidente, gli scambi commerciali e i pellegrinaggi nei luoghi santi, permisero, comunque, in un periodo in cui era decisamente pericoloso muoversi attraverso strade insicure, di diffondere gli ideali bogomili verso la Bosnia e poi nell’Europa centrale e meridionale, dando origine a un movimento religioso, profondamente cristiano, che divenne una vera e propria filosofia di vita. Un movimento che trascinava con sé molta cultura orientale, sia greca che islamica, del tutto cancellata dalla chiesa occidentale.

Essi presero il nome di catari, che probabilmente deriva dal greco col significato di “puro”, ma amavano chiamarsi con il termine bons hommes.  Ebbero la massima espansione nel’Italia centro-settentrionale e nella Francia meridionale (Occitania), le zone, allora, più vive dal punto di vista culturale ed economico, dove si avvertiva con maggiore sensibilità la discrepanza tra i testi evangelici e l’atteggiamento, spesso immorale, della gerarchia ecclesiastica.

L'Occitania
L'Occitania

Gli studi più recenti hanno chiarito che la chiesa catara non era una setta che strappava i suoi addetti dal mondo sociale per far vivere loro un’esistenza diversa. Raggruppava persone del loro tempo e del loro paese, nelle quali le aspirazioni spirituali e le inquietudini religiose erano state canalizzate, per mille ragioni, in strade diverse da quelle della chiesa ufficiale.

I catari erano animati da una tensione verso  un rinnovamento morale e accusavano apertamente la chiesa di Roma di aver tradito l’insegnamento di Cristo e di essersi compromessa con il mondo.  Veneravano Gesù Cristo proprio come i cattolici, ma lo consideravano non una realtà fisica, ma piuttosto un’apparizione molto convincente, una “manifestazione” del Dio Buono, negando, quindi, la sua incarnazione tra gli umani. Di qui il rifiuto della figura del Cristo crocifisso, redentore dei peccati. Come poteva essere stato crocifisso, se non era esistito sulla Terra come essere fisico?

Contestavano, più in generale, ogni forma di potere temporale. E’ il diavolo che aveva conferito a certi uomini il potere su altri uomini. In altre parole, appariva una visione duplice del mondo. Da un lato, quello terrestre, governato dal diavolo, un Dio del Male, legato al Vecchio Testamento. Per contro esisteva un mondo governato da un Dio del Bene, legato ai principi e alle azioni di Cristo, il mondo a cui l’uomo doveva aspirare con il suo comportamento. Ciascuno era presente nel proprio dominio e quasi ininfluente nel regno dell’altro. Il dominio del Dio del Bene era completamente spirituale, intangibile, trascendente e pieno di luce. Da qui avevano origine le anime umane, creazione di questo regno. Il dominio del Dio del Male era la Terra stessa, il mondo materiale e la vita fisica, un luogo infernale pieno di crudeltà e castigo, di sofferenza e iniquità. La chiesa, con le sue corruzioni e con i suoi dogmi assoluti, si collocava perfettamente nel mondo malvagio, da rifiutare. Lo stravolgere i simboli, le dottrine e i dogmi più radicati del cattolicesimo era una pratica ricorrente tra i catari e più volte fece infuriare la chiesa  di Roma.

Proprio questa visione dualistica del mondo o -meglio- dell’Universo farà scattare in Dante quel bisogno assoluto di riuscire a legare una doppia struttura apparente in una sola che inglobasse veramente il Tutto, un Cosmo apparentemente separato che poteva chiudersi su stesso... ma lo vedremo meglio in seguito.

Tra i passi più citati dai catari per delineare la loro visione e per definire i vari cerimoniali, erano particolarmente importanti: "Nemo potest duobus dominis servire... non potestis Deo servire et Mammo­nae (Nessuno può  servire due padroni ... non potete servire Dio e Mammona)" (Matteo. VI, 24) e "Non potest arbor bona malos fructus fecere, neque arbor fiala bonos fructus facere (Non può un albero buono dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni"» (Matteo. VII, 18).

Ma, al di là, delle loro liturgie, piuttosto complesse, a noi interessa soprattutto mettere in chiaro che quella delle regioni meridionali della Francia e in buona parte dell’Italia centro-settentrionale era una società in rapido sviluppo che conosceva un complesso fervore creativo. Il catarismo riuscì ad inserirsi in questo contesto, offrendo un'alternativa religiosa a quella domanda che, già a partire dall' XI secolo, spingeva gruppi ed individui alla ricerca di una propria identità religioso-culturale. Non a caso tra i credenti e i "perfetti" catari troviamo sarti, fabbri, conciatori, mugnai, tavernieri, osti, conciatori, pellicciai, tessitori, venditori ambulanti e artigiani in genere, ma anche appartenenti all’alta borghesia cittadina come proprietari di beni  terreni e immobili in città, mercanti, imprenditori e banchieri. Tra i catari molte furono anche le donne che svolgevano attività sia liturgiche che sociali.

In un periodo e in aree in cui le forze politiche e sociali, vecchie e nuove, erano in aperto contrasto con i centri di potere ecclesiastici e monastici al fine di indebolirne il potere e il prestigio, i catari, che non possedevano chiese o sedi, né tanto meno vasti patrimoni fondiari e/o diritti signorili, come i feudatari ecclesiastici, sia vescovili che monastici, e svincolati da interessi e proprietà materiali, conobbero un consenso non indifferente. In qualche modo, tra le loro fila vi era posto per il ricordo della cultura antica e per lo sviluppo di un nuova visione delle arti e della scienza. Una specie di rinascimento anticipato che, purtroppo, non ebbe assolutamente tempo per potersi sviluppare.

Nel 1143, San Bernardo di Chiaravalle venne informato della presenza nella Renania, a Colonia, di eretici, che accettavano solo il Padre Nostro come preghiera e si rifiutavano di frequentare le chiese e ricevere i sacramenti, eccetto una particolare forma di comunione. Pochi anni dopo  lo stesso Bernardo si recò nella Francia meridionale, invitato dal legato pontificio cardinale Alberico di Ostia, rendendosi conto in prima persona del grado di diffusione raggiunto dal catarismo in tutta l’Occitania (i catari furono detti anche albigesi, per il nome della città di Albi, dove la loro presenza era massiccia).

La cattedrale di Albi
La cattedrale di Albi

La chiesa non tardò a fornire una pronta risposta al crescere esponenziale di questa eresia e già nel terzo Concilio Lateranense del 1179, papa Alessandro III stabilì misure contro il catarismo. Decise che venissero confiscati i loro beni e i principi, presenti nei territori macchiati da questa onta, furono invitati a combattere gli eretici, i quali ormai pubblicavano apertamente il loro sdegno contro la Chiesa di Roma e cercavano sempre nuovi seguaci. Teniamo in conto che all'ideale di intervenire contro un'eresia, si univa l'interesse della chiesa di appropriarsi dei terreni estremamente fertili e produttivi di quella zona d'Europa.

Con l’elezione di Innocenzo III  come pontefice, nel 1198, la lotta contro le eresie e in particolare contro il catarismo si inasprì ulteriormente. Il pontefice affidò all’Ordine di Cîteaux ogni potere per combattere l’eresia catara nella regione della Linguadoca (così scriveva l’abate di Cîteaux Arnaut Amaury nel settembre del 1212: “Benedetto sia nostro Signore Gesù Cristo, che per la sua misericordia, ai nostri tempi, sotto il felice pontificato del Papa Innocenzo, ha accordato la vittoria ai cattolici cristiani sopra la triplice pestilenza dei nemici della santa Chiesa, e cioè gli scismatici all’Est, gli eretici all’Ovest, e al Sud i saraceni).

Papa Innocenzo III scomunica i Catari ed indice una Crociata contro di loro. Miniatura tratta dalle Grandes chroniques de France del Mahiet e del Maestro del Messale di Cambrai (1332 e 1350). © The British Library, Royal 16 G VI, f. 374v
Papa Innocenzo III scomunica i Catari ed indice una Crociata contro di loro. Miniatura tratta dalle Grandes chroniques de France del Mahiet e del Maestro del Messale di Cambrai (1332 e 1350). © The British Library, Royal 16 G VI, f. 374v

L'uccisione di un legato pontificio creò il pretesto tanto cercato, che venne immediatamente sfruttato da Innocenzo III, il quale decise di intervenire militarmente. Venne accusato del delitto il conte Raimondo VI di Tolosa, già precedentemente scomunicato (autunno del 1207). Ormai il re di Francia non poteva che autorizzare i suoi vassalli a rispondere all’appello del papa e inviò i suoi uomini contro i più lontani vassalli: i conti di Foix e di Toulose, il visconte di Albi, Carcassonne e Razès. Fu la prima crociata interna alla cristianità, che tuttavia degenerò presto in una guerra di conquista tra i vari baroni francesi.

Carcassonne, cacciata catari. Bottega di Maestro di Boucicaut - Grandes Chroniques de France, BL Cotton MS Nero E II
Carcassonne, cacciata dei catari. Bottega di Maestro di Boucicaut - Grandes Chroniques de France, BL Cotton MS Nero E II

Nel luglio del 1209 l’abate Amaury ordinò il massacro della popolazione di Béziers con il compito di propagare il terrore nell’animo dei nemici eretici. Contro i primi risentimenti dei suoi uomini che erano restii ad uccidere così tanti uomini e donne, la famosa frase che viene attribuita all’abate fu “Uccideteli tutti; Dio riconoscerà i suoi”.

Il massacro di Beziers
Il massacro di Beziers

La Chanson de la Croisade albigeois, nella sua seconda parte,  rispecchia invece i sentimenti degli abitanti della Francia meridionale. Essa descrive in questi termini il massacro di Marmande del 1219: "Corsero nella città [le armate cattoliche], agitando spade affilate, e fu allora che cominciò il massacro e lo spaventoso macello. Uomini e donne, baroni, dame, bimbi in fasce vennero tutti spogliati e depredati e passati a fil di spada. Il terreno era coperto di sangue, cervella, frammenti di carne, tronchi senza arti, braccia e gambe mozzate, corpi squartati o sfondati, fegati e cuori tagliati a pezzi o spiaccicati. Il sangue, come se fossero piovuto dal cielo, scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume."

Si stabilì un vero e proprio regno del terrore, nel quale nessuno poteva sentirsi escluso, estorcendo confessioni con qualsiasi mezzo. Centinaia furono i roghi in Occitania: addirittura si disseppellivano i cadaveri  per bruciarne le ossa oppure gente anziana e malferma veniva messa al rogo direttamente con il proprio letto. Il rogo era la fine definitiva, dato che attraverso le fiamme si bruciava anche l'anima.

rogo

La spada uccideva solo il corpo, ma non la parte spirituale. I roghi dovevano estirpare dal pianeta gli ultimi affioramenti di un pensiero gnostico, condannato e perseguitato già nei primi secoli dopo Cristo.

L'ultima roccaforte dei catari, Montsegur, fu espugnata nel 1244.

Le rovine del castello di Montsegur, l'ultima roccaforte catara in Francia.
Le rovine del castello di Montsegur, l'ultima roccaforte catara in Francia.

L'assedio iniziò nel marzo del 1243 e si protrasse per un anno, finché un traditore, forse per denaro, rivelò agli assedianti una via d'ascesa segreta a una torre poco sorvegliata. I crociati riuscirono a impadronirsene inducendo i difensori della fortezza alla resa. La guarnigione militare fu lasciata libera mentre i catari furono processati. Essi dovevano abiurare o salire sul rogo. Tutti rifiutarono e furono condannati a morte. Più di 200 persone furono arse vive il 14 marzo 1244 in una località che porta ancora il nome di Pratz dels crematz (prato dei bruciati).

Monumento in memoria dei duecento catari bruciati durante l'assedio di Montsegur
Monumento in memoria dei duecento catari bruciati durante l'assedio di Montsegur

Con l'unificazione della Francia meridionale sotto il controllo del re Luigi IX, venne anche meno la protezione dei feudatari locali nei confronti dei catari, che furono costretti alla clandestinità o alla fuga.

Nella seconda metà del XIII secolo la repressione colpì anche i catari presenti in Italia, fino ad allora protetti dall'imperatore Federico II. Dopo la sua morte, la presenza catara fu soffocata ad opera degli inquisitori in molte città italiane contemporaneamente, come a Viterbo, Orvieto, Firenze, Vicenza, Treviso e Milano. Nei primi decenni del Trecento, in Italia come in Provenza, il Catarismo si estinse.

Ricordiamo che, storicamente, l'Inquisizione si può considerare stabilita già nel Concilio presieduto a Verona nel XII sec. (1184) da Lucio III e  perfezionata da Innocenzo III e dai successivi papi, proprio con lo scopo di reprimere il movimento cataro.

Nel 1252,  Innocenzo IV autorizzò l'uso della tortura e Giovanni XXII estese i poteri dell'Inquisizione alla lotta "... contro la stregoneria, contro i malefici e i sortilegi che con arti superstiziose tentano di danneggiare il prossimo; contro gli astrologi, divinatori e maghi, contro quelli che impediscono ai bramosi di professare la vera fede e di abbracciarla; contro chi predichi dottrine scandalose e contrarie alla vera religione ...". Non è difficile vedere in queste figure coloro che in qualche modo cercavano di progredire nelle scienze, anche in base alle tradizioni e alle novità provenienti dall'Oriente. L'insegnamento, la ricerca, la critica e la discussione libera e aperta dovevano essere annullate sul nascere, in perfetto accordo con quanto già successo molti secoli prima a Ipazia di Alessandria.

I catari vennero sconfitti ma  le loro idee non sparirono, influenzando profondamente molti pensatori e letterati quali, ad esempio, Guido Cavalcanti.

Dante e Guido Cavalcanti, sempre in lotta ma legati da un filo indissolubile. Giorgio Vasari, Sei poeti toscani, pittura a olio, 1544
Dante e Guido Cavalcanti, sempre in lotta, ma legati da un filo indissolubile (Giorgio Vasari "Sei poeti toscani" pittura a olio, 1544)

Praticamente ciò ci porta direttamente a Dante Alighieri, ma, prima di cercare di delineare la sua immersione nella cultura catara e nella ricerca di una visione globale dell'Universo, è giusto dare maggiori informazioni sulla lingua occitana e sui trovatori che sicuramente ebbero un'importanza decisiva per il genio fiorentino.

Barbara e Vincenzo Zappalà, ossia... gli eretici!

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