16/10/20

Famiglie di asteroidi e ammassi stellari aperti: solo la punta degli iceberg **

Questo articolo è inserito nelle sezioni d'archivio dedicata alla "Missione Gaia"

Il miglioramento delle osservazioni porta sovente a problemi di difficile soluzione, se non altro per la mancanza di un parametro atto a determinare i veri e propri limiti di un certo gruppo di oggetti. Ciò che è tuttora un problema quasi insoluto per gli asteroidi, sembra chiarirsi sempre meglio per gli ammassi stellari, grazie soprattutto a GAIA. Possiamo dire che, in fondo, le famiglie sono decisamente più vaste del previsto!

Un'introduzione un po' sibillina che vado subito a chiarire. Ho spiegato il metodo con cui eravamo riusciti a determinare con ottima sicurezza le famiglie asteroidali, ossia quei gruppi, anche numerosissimi, di piccoli pianeti che, a seguito di una distruzione catastrofica del capo famiglia, avevano iniziato la nuova vita come frammenti. Avevo anche descritto questi gruppi con un diagramma che avevo chiamato "a stalattite" in cui scendendo verso il basso si trovavano oggetti posti a distanza sempre più piccola tra di loro. Ovviamente, oggetti vicinissimi non ve ne erano tanti, ma a mano a mano che si consideravano distanze reciproche maggiori il loro numero saliva.

Queste stalattiti identificavano perfettamente le concentrazioni anomale di asteroidi e studi successivi le avevano poi, in certi casi, anche confermate attraverso la similitudine del loro tipo spettrale (la famiglia di Vesta ne è un esempio classico). Ricordiamo che quando parliamo di "distanze" non parliamo di distanze reali nei tre assi cartesiani x, y e z, ma in tre assi che si riferiscono, in qualche modo "fisico", al semiasse orbitale, all'eccentricità e all'inclinazione, i soli tre parametri orbitali, che "scremati" dalle variazioni periodiche, possono essere considerati stabili per lunghissimo tempo.

Con l'aumento esponenziale degli asteroidi scoperti, le famiglie si sono sicuramente ingrossate ma è sorto un problema enorme che è  frutto proprio della sovrabbondanza di nuovi dati. Aumentare il numero di asteroidi vuole, infatti, dire non solo variare il livello del "rumore di fondo", ma, soprattutto, mischiare tra loro membri di famiglie diverse. Insomma, oltre al problema "classico" degli "intrusi" (coloro che si trovano vicini a qualcuno ma che con lui niente hanno a che fare) vi è l'esagerata estensione delle singole famiglie. D'altra parte, i modelli collisionali dicono che più i frammenti sono piccoli e più lontani sono lanciati dalla collisione originaria e il miglioramento delle osservazioni scopre proprio gli oggetti più piccoli, ossia quelli ai bordi delle famiglie. Cari amici miei... un vero "mix" difficilmente risolvibile.

La figura che segue mostra proprio due "stalattiti" ben separate ai "miei tempi" che oggi hanno sicuramente una parte in comune. Come riconoscere chi appartiene alla famiglia 1 o alla 2 (oltre, magari, a essere un perfetto intruso?).

Le "vecchie" famiglie nere 1 e 2 erano nettamente separate, a parte il fatto che potessero contenere degli intrusi (rumore di fondo). Le nuove famiglie rosse presentano una parte in comune e l'identificazione degli oggetti posti nel triangolo rosso risulta praticamente impossibile.

L'unica possibilità di discriminazione sarebbe quella di vedere il colore della loro "pelle", ossia il tipo tassonomico. Purtroppo, se questo funziona per Vesta e i suoi figlioli (diversi da tutti gli altri, non a caso è stato relativamente "facile" individuare i loro frammenti su Bennu), nella maggior parte dei casi non si nota alcuna differenza di colore tra famiglia e famiglia e tra famiglia e asteroidi intrusi. In poche parole, se siamo in Danimarca è molto facile trovare due famiglie , entrambe con i capelli biondi e la pelle chiara, così come molti dei passanti che con loro non hanno niente a che fare. Se ci fosse, invece, una famigliola di cinesi o di keniani, gli appartenenti alla famiglia salterebbero all'occhio immediatamente.

Tante parole (permettetemi di tornare un po' indietro nei tempi) per introdurre qualcosa di completamente diverso, anche se solo apparentemente: gli ammassi stellari aperti.

Basta alzare gli occhi al cielo d'inverno e sopra la "V" del Toro si scorge un bellissimo gruppetto di  stelle vicinissime e splendenti: le Pleiadi. Sicuramente l'ammasso aperto più famoso fin dalla remota antichità. I telescopi hanno poi mostrato che le stelle così concentrate nel cielo notturno non erano poche, ma moltissime e quelle che si vedevano a occhio nudo erano solo le più grandi e più luminose. La famiglia stellare delle Pleiadi si è velocemente ingrandita, pur rimanendo abbastanza concentrata nello spazio.

Come si poteva dire che esse fossero tutte appartenenti alla stessa famiglia? Non certo attraverso il loro colore, dato che le stelle lo cambiano con la grandezza, ma per un altro fattore decisivo: si muovevano tutte assieme sullo sfondo delle migliaia e migliaia di stelle "intruse" e stavano tutte alla stessa distanza da noi. Un vantaggio che gli asteroidi purtroppo non possono avere.

Oltretutto, si è anche visto che quelle stelle presentavano un diagramma HR tale da stabilire con ottima precisione la loro nascita comune e la loro età: se erano tutte giovanissime, nessuna aveva ancora lasciato la sequenza principale, se erano più vecchie, le più grosse lo avevano già fatto e, quindi, bastava vedere a che punto della sequenza principale iniziava l'uscita dalla vita normale per risalire all'età dell'intero gruppo. Ovviamente, più potenti diventavano i telescopi e più nuovi membri della famiglia venivano scoperti, senza aver paura degli intrusi che mostravano chiaramente un movimento (moto proprio) e distanza (parallasse) ben diversi da loro e del tutto casuale.

Chi ha dato un colpo ancora più grande alla definizione di limiti di un ammasso aperto stellare è stato sicuramente la missione GAIA capace di stabilire con estrema accuratezza il movimento di una moltitudine impressionante di stelle, determinandone sia la distanza da noi che il movimento rispetto allo sfondo. Ne è venuto fuori un risultato impressionante: i confini degli ammassi aperti sono ben più grandi di quanto si pensasse finora, anche dieci volte di più, e le stelle che ne fanno parte vanno contante a migliaia e migliaia. Anche senza vederle, le analisi statistiche ne confermano un numero enorme. In poche parole, tutto da rivedere riguardo alla formazione degli ammassi aperti e tutto da rivedere riguardo alla loro vera estensione e all'effettivo numero di stelle.

In fondo, anche il Sole è nato da un ammasso stellare, benché del suo gruppo si siano ormai perse, quasi del tutto, le sorelle... ma, sicuramente, ci sono ancora e sono molte di più di quanto si possa immaginare (una famiglia abbastanza vecchia, dato che abbiamo ben 4.5 miliardi di anni).

Siamo solo all'inizio, ma nasce, tra l'altro, un nuovo possibile vincolo per avere sistemi stellari capaci di far nascere pianeti e, magari, la vita biologica, ossia quello di essere stati alla periferia  dell'ammasso, ossia lontani dalle stelle più grandi e violente, capaci con le loro radiazioni di sterilizzare le compagne troppo vicine. Forse il Sole era nella giusta posizione quando è nata e forse la vita andrebbe cercata nelle stelle poste nell'alone (è stata chiamata corona) degli ammassi aperti. Lo studio di queste corone e la loro identificazione acquista un significato decisamente importante sotto vari punti di vista. Più in generale, l'espansione e la forma degli interi ammassi getterà nuova luce sui meccanismi dinamici dell'intera Via Lattea.

La figura che segue mostra l'effettiva, enorme, estensione di alcuni tra i più noti e vicini ammassi aperti.

Fonte: S.Meingast et al.

Una morale: l'attaccamento familiare VERO non diminuisce anche se si viaggia nello spazio e se si ci trova molto lontani dal luogo d'origine. Anche ciò che sembra apparentemente molto diverso, è invece legato in modo indissolubile. Lo riescono a fare stelle che distano tra loro centinaia di anni luce e che hanno tutti i colori possibili e non riusciamo a farlo noi che siamo quattro gatti (e mi scuso con i cari felini) su un granello di sabbia?

Questo breve filmato, dell'Università di Vienna, mostra bene di cosa stiamo parlando

Articolo originale QUI

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.