02/10/21

Dall'Atomo alle Stelle e viceversa (1): Iniziamo con i "soliti" antichi greci

La serie completa "Dall'Atomo alle stelle e viceversa" è disponibile QUI

 

Lo scopo di questo approfondimento è essenzialmente uno: CAPIRE COS'E' LA MATERIA E COME SI ORGANIZZA.

Un problema ancora aperto anche se il suo studio è iniziato praticamente con l'uomo. La cosa migliore da fare è affrontare l'argomento dai due capi opposti, dall'infinitamente piccolo e dall'infinitamente grande (rispetto alla nostra realtà quotidiana). Da un lato la materia deve essere descritta studiando la sua essenza più profonda, i mattoncini con cui è costruita, ma, dall'altro, solo le manifestazioni più grandi della Natura possono farci capire come funzionano realmente le cose. La materia non conosce limiti che la possano dividere in zone o intervalli. Se vengono utilizzati è solo per motivi di comodità descrittiva.

Usando un fantascientifico strumento che possa condurci dal più piccolo al più grande, ci si renderebbe conto che esistono leggi e regole diverse a seconda dei fenomeni da studiare e degli attori coinvolti, ma che tutto porta a un'unica rappresentazione generale, in cui le dimensioni perdono del tutto le caratteristiche che noi cerchiamo di imporre. In parole molto semplici: per capire come funzionano i giganti materiali del Cosmo (le stelle) è necessario studiare le creature più piccole della materia (le particelle); tuttavia, per capire come funzionano e come interagiscono le particelle è necessario studiare i fenomeni giganteschi delle stelle. Un abbraccio totale e strettissimo che trova il suo campo di gioco nello spaziotempo, il perfetto teatro perché gli attori, indipendentemente dalle loro dimensioni, possano dare il meglio di sé.

Per cercare di perseguire questo scopo, utilizzeremo una strategia operativa un po' saltellante. Inizieremo con la ricerca della struttura dell'infinitamente piccolo. Quando giungeremo vicini a una soluzione accettabile, che si avvicini sempre più alla realtà dei fatti, faremo un salto enorme e andremo a studiare le stelle fino a che i loro problemi più profondi potranno essere risolti solo legandole strettamente alle caratteristiche della struttura delle particelle più piccole che le compongono. L'ultima parte del percorso sarà in comune e aprirà scenari ben più ampi verso le teorie e le osservazioni più moderne.

Non potremo certo dire di conoscere la materia e le sue manifestazioni, ma saremo arrivati a un punto sufficiente per comprendere, almeno, con chi stiamo giocando!

La materia è dappertutto 

Immaginiamo di essere un po’ come il principe che abbiamo usato spesso come entità al di fuori del tempo e dello spazio. Non abbiamo sensi che ci permettano di ricevere informazioni dall’esterno e/o di avere qualsiasi tipo di interazione con ciò che esiste (e se esiste). Abbiamo, però, una mente pensante e riflessiva. Improvvisamente, veniamo trasportati nel mondo reale e ci vengono regalati i cinque sensi. Per la prima volta vediamo che esistono tante cose, a volte uguali a volte estremamente diverse; a volte piccole e a volte grandissime. Molte si muovono e altre stanno ferme (apparentemente). Alcune non si possono rompere, altre si spezzano con grande facilità. Alcune ci sbarrano il cammino e altre si intuiscono soltanto. Un esempio? La vela di una nave che è spinta da un qualcosa che non si riesce a vedere o un otre che si gonfia se si soffia al suo interno solo il nostro invisibile respiro.

Domanda: “Solo e soltanto con i nostri limitati sensi saremmo capaci di descrivere la Natura?”.

Risposta: "Se avessimo a disposizione solo i nostri sensi, la Natura resterebbe un mistero da accettare e da sfruttare: niente di più e niente di meno"

Eppure, vi erano personaggi come noi che, già parecchi secoli prima di Cristo, erano riusciti, se non a risolvere questo mistero, almeno a porselo e a trovare strade teoriche per descriverlo. Non voglio certo addentrami nelle meraviglie deduttive degli antichi popoli e soprattutto dei greci (perderemmo su tutti i fronti e non avrei pagine a disposizione), ma solo riferirmi a come alcuni pensatori abbiano rappresentato l’avventura forse più grande ed elaborata della storia del pensiero umano: la struttura della materia.

E’ un’avventura che unisce l’infinitamente piccolo con l’infinitamente grande e già questo dato di fatto illustra molto bene la sua complessità e vastità. Essa è nata in tempi in cui non esistevano microscopi, laboratori del CERN, telescopi per scoprire cos’erano quelle migliaia di luci che splendevano nel cielo. Spesso gli studiosi (non solo curiosi) avevano solo un bastone, un dromedario e tanta… intelligenza. Infatti, ciò che sicuramente esisteva era la mente, quella attiva, sempre pronta a recepire e a elaborare.

Uno dei maggiori problemi “mentali” del secolo scorso è stato il passaggio dalla fisica classica alla relatività di Einstein e alla sua pacifica battaglia con la meccanica quantistica. Ancora oggi, però, le scuole di livello medio-alto tengono certi concetti ben lontani dalle conoscenze dei giovani, quasi fossero ancora “eretici” (la scusa della difficoltà è un alibi che non ha alcun senso) e potessero trascinare docente e discepolo in un qualche terribile tribunale della Santa Inquisizione. Un po’ come quando io frequentavo le superiori negli anni ’50-60 e la storia d’Italia finiva, per bene che andasse, con qualche cenno sulla prima guerra mondiale. Il resto era ancora top secret!

Quando si parla di meccanica quantistica con le persone comuni sembra di parlare di un qualcosa al di fuori delle possibilità umane. Spesso si registrano sorrisi, scrollate di spalle, mani che si tappano le orecchie e frasi del tipo. “No, non è per me!”. E siamo nel ventunesimo secolo dopo Cristo. Ben pochi immaginano che la meccanica quantistica era già nata, da un punto di vista concettuale,  nel V secolo avanti Cristo (almeno, per quanto ne sappiamo, ma potrebbe anche essere prima). Ha dovuto aspettare secoli e secoli, così come lo studio dell’Universo, prima di poter tornare libera nelle menti dell’uomo.

Il duello matematica-fisica, ovvero spirito-materia

Vi ricordate il paradosso di Zenone, quello che dimostra matematicamente che Achille non potrebbe mai vincere una gara di corsa contro la tartaruga? L’abbiamo descritto come un esempio classico della differenza sostanziale che esiste tra matematica e fisica. La prima accetta tranquillamente il concetto di zero e di infinito, non teme il pensiero astratto; la seconda è costretta a muoversi a scatti, per piccoli che siano e si pone limiti invalicabili, “materiali”.

Non è forse un concetto molto simile alla  meccanica quantistica? Il problema di una Natura continua, contrapposta a una Natura formata da “pacchetti” infinitesimi, fatta di pixel invisibili (tanto per far contenti anche coloro che sanno tutto su come fotografare una galassia, ma che non hanno la minima idea di cosa sia la costante di Planck) è un problema che persone come Democrito ed Epicuro avevano già espresso e sviluppato ben prima che la scienza di tipo “religioso”, spirituale, astratto, dogmatico e inconfutabile, bloccasse, per paura, le menti più libere, per tanti secoli a venire.

L’atomo, l’indivisibile

Due nomi vanno ricordati sopra tutti, anche se le teorie e i nomi spesso non vanno d’accordo, dato che i pochi documenti sono frammentari e difficili da riferire veramente a persone singole o a gruppi di ricerca: Leucippo e il suo allievo Democrito (ben più famoso). I pensatori greci si erano posti il problema della materia e vi erano due scuole di pensiero, che potremmo dire di tipo matematico e fisico. La prima considerava la materia composta da parti divisibili all’infinito, un qualcosa di continuo, tale che per un intervallo piccolo a piacere esistesse sempre un pezzetto di materia più piccola. Una visione alla Zenone, insomma… La seconda invece assumeva che la materia fosse  composta da parti indivisibili, ossia di “atomi” (in greco significa proprio “non divisibile”).

Un problema essenzialmente filosofico, dato che non vi era alcuna possibilità di eseguire esperimenti, ma sicuramente una delle più grandi conquiste scientifiche della mente umana. L’idea stessa di pensare a come sia strutturata la materia andando verso l’infinitamente piccolo è una conquista di livello eccezionale. Leucippo e Democrito sono i veri paladini della visione materialistica della Natura.

Da quanto scrive Democrito, sembra che Leucippo avesse diviso il Cosmo in due parti essenziali: l’essere e il non essere. L’essere è la materia, il “pieno”; il non essere è il “vuoto” (ma quello “vero” non l’aria che si respira). Le interazioni tra pieno e vuoto portano a tutte le azioni, ai movimenti e alle forme della Natura. L’essere, cioè il pieno, è formato da un  numero infinito di piccolissime strutture indivisibili, di dimensioni diverse, che muovendosi nel vuoto danno a luogo alla molteplicità delle cose tangibili e visibili. Il moto totale è una delle caratteristiche essenziali della meccanica quantistica e la fa scontrare con la relatività generale...

Democrito (460 - 370 a.C. circa)

Democrito va ancora avanti e scrive un trattato il cui titolo è già una meraviglia di modernità: “Il piccolo ordinamento dell’Universo”. Già allora era riuscito a legare in modo strettissimo l’infinitamente piccolo con l’infinitamente grande. Un concetto che dire rivoluzionario è dir poco. Il suo trattato approfondisce i concetti di Leucippo. Gli atomi hanno due proprietà: la forma e la dimensione. Unendosi in ordine e modo differenti, danno origine ai diversi composti materiali. Questi gruppi o ammassi atomici producono sensazioni e percezioni se interagiscono con i nostri sensi. Noi vediamo qualcosa quando un gruppo di atomi parte dall’oggetto e colpisce il nostro occhio (i fotoni, in fondo, fanno proprio così...).

Essenziale è, comunque, il loro movimento. Gli atomi si muovono per effetto di forze interne. Inoltre, il movimento determina la “massa” degli atomi, in quanto quest’ultima dipende dalla velocità che gli atomi hanno acquistato attraverso gli urti reciproci (massa relativistica?). Lo stesso moto e le interazioni susseguenti danno origine ai corpi materiali.

Sintetizzando: gli atomi sono di per sé immutabili e la mutevolezza della Natura è dovuta solo alle loro aggregazioni e separazioni causate dal movimento. Le cose nascono e muoiono senza alcuno scopo finale, secondo processi puramente meccanici, dovuti al movimento degli atomi in tutte le direzioni. Beh… stiamo parlando di Democrito e non di meccanica quantistica.

L’apparente ingenuità della visione scompare se si riflette più a fondo. Vi è già presente un movimento continuo delle particelle. L’interazione tra di esse dà luogo alla struttura delle cose, alla sua variazione, e alla  sua percezione. Vi è persino una massa che dipende dalla velocità… Le uniche particelle per Democrito sono gli atomi, ma se si scende ancora di un gradino, non è difficile intravedere già gli elettroni, i fotoni, le particelle e le teorie più moderne. Mi chiedo: “Se Democrito fosse portato ai nostri giorni (un po’ come il principe) o -forse ancora meglio- all’epoca dei grandi fisici del secolo scorso, dopo un ovvio momento di sbandamento e acclimatamento, avrebbe grandi difficoltà a entrare nelle problematiche dei modelli atomici di Bohr e addirittura quantistici?". Qualcosa mi dice che si troverebbe a suo agio e anche abbastanza in fretta.

Il principio d’inerzia e della conservazione dell’energia

Senza volare troppo in alto, si può comunque intravedere qualche principio fondamentale della fisica: egli dice, infatti: “Nulla è creato dal nulla e nemmeno si distrugge nel nulla”. Non assomiglia in tutto e per tutto alla legge di conservazione dell’energia? Inoltre dice: “Il pieno, quando si trova nel vuoto, continua nel suo movimento eterno, del quale non si deve chiedere ragione proprio perché esso è primitivo ed è sempre avvenuto”. E’ o non è il principio d’inerzia?

Oltretutto, questa teoria è frutto solo e soltanto del pensiero, senza alcun supporto proveniente da esperimenti del tutto impossibili a quei tempi. Non ci resta che toglierci il cappello e andare avanti…

La mela di Epicuro

Epicuro prosegue il lavoro di Democrito con piccole variazioni, riguardanti soprattutto il numero infinito di forme e di atomi. Per lui il numero deve essere per forza finito. Inoltre, inserisce, come ulteriore proprietà fondamentale, il “peso” dell’atomo. In tal modo dà una spiegazione al moto degli atomi. Essi “cadono”, per effetto del loro peso, dall’alto verso il basso, in linea retta proprio come la pioggia, tutti alla medesima velocità (qualsiasi riferimento alla mela di Newton NON è puramente casuale!). Come possono allora scontrarsi e dare origine alla materia? Epicuro se la cava attraverso la “deviazione”, un fenomeno del tutto “casuale”. Questa visione apparentemente debole e priva di qualsiasi logica, ha fatto sorgere molte opposizioni alla teoria di Epicuro.

E’ estremamente interessante citare ciò che disse Cicerone, come presa in giro, e che oggi suona in modo ben diverso: “Come fanno gli atomi a decidere chi di loro deve deviare e chi no? Tirano a sorte?”. Anche qui il famoso Dio che gioca a dadi sembra essere anticipato di secoli e secoli e, analogamente, la conclusione di Feynman: “Nessuno può spiegare perché un fotone si rifletta nel vetro e un altro no”. Epicuro sceglie questa strada “azzardata” per una ragione ben precisa: accentuare proprio la casualità dei fenomeni e della struttura dell’Universo.

Sbaglio o sarebbe molto istruttivo tornare a leggere ciò che gli antichi hanno scritto, senza partire da visioni prevenute imposte dagli alibi di una tecnologia spinta verso eccessi mostruosi? Le capacità mentali e razionali non dipendono dalla tecnologia. Se mai, ma non sempre, è vero il contrario.

La materia deve essere impura: il lungo buio della mente.

Purtroppo questa visione del mondo piuttosto “atea” trova un validissimo oppositore in Aristotele, che divide il mondo in due parti distinte: quella celeste e quella terrestre. La prima è incorruttibile e segue regole perfette di una geometria immobile e invariabile. La seconda è corruttibile e imperfetta, formata da un continuo miscuglio di elementi. La visione atomistica diventa insostenibile e perseguibile come blasfema.

La Chiesa accetta in pieno l’idea aristotelica e vede nella teoria atomica un pericolosissimo concetto materialistico. La Natura non può certo basarsi su interazioni casuali di particelle. Chi osa proporle non può che essere considerato un eretico. Una situazione analoga a quella della visione geocentrica dell’Universo. Tuttavia, mentre quest’ultima deve aspettare il XVI secolo per essere finalmente messa in discussione, per la teoria atomica si deve attendere Dalton e il XVIII secolo.

La teoria di Democrito e l’elaborazione di Epicuro, oltre ad aver introdotto l’elemento base della materia, rappresentano il primo passo fondamentale verso la chimica. Purtroppo l’opposizione di Aristotele e la susseguente visione dogmatica e assolutista della Chiesa hanno bloccato il processo conoscitivo: le trasformazioni della materia sono diventate patrimonio dell’alchimia. Sarebbe affascinante seguirne l’evoluzione, in cui, di tanto in tanto, si aprono spiragli scientificamente validi che però ricadono velocemente nel calderone della stregoneria. Non possono, quindi, che rimanere episodi isolati, senza scambi di pensiero e di idee, sempre ai margini della dannazione.

 

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