14/06/22

Individuato (forse) il primo buco nero solitario della nostra galassia *

Questo articolo è inserito nella pagina d'archivio "Record cosmici"

 

Attraverso la tecnica del microlensing è stato forse scoperto un buco nero isolato.

Un buco nero è nero per definizione, ossia non emette luce e individuarlo è sicuramente un bel problema. Fortunatamente, i buchi neri galattici accumulano attorno a loro molto materiale che, in gran parte, inghiottono più o meno lentamente. Ragione per cui, se si vede un anello di materia che ruota vorticosamente attorno a un "niente", la probabilità che ci si trovi davanti a un buco nero è molto facile.

Oggi, mediante tecnologie sempre più sofisticate si sono già "fotografati" due buchi neri galattici (QUI e QUI), in cui è ben visibile l'ombra che il buco nero causa sulla luce che proviene dalla sua parte più lontana e che è stata curvata dalla distorsione dello spaziotempo causata proprio dalla massa del buco nero. Scendendo di dimensioni, si sono anche individuati buchi neri che formano una coppia e che cadendo uno sull'altro hanno inviato chiari segni di onde gravitazionali. Infine, coppie di stelle "normali" subiscono un'evoluzione in cui gli scambi di materia sono frequenti e capaci di produrre stelle degeneri come quelle di neutroni o proprio buchi neri.

Ma quanti buchi neri "isolati" ci sono nella nostra galassia? Essendo isolati è ben difficile che posseggano un disco di accrescimento attorno a loro e, inoltre, non possono evolversi in coppia producendo segnali ben caratterizzabili. Comunque sia, se ne stimano intorno ai 200 milioni. Ma il numero è estremamente vago ed è un peccato, dato che capirne la distribuzione e la frequenza potrebbe risolvere il problema dei buchi neri primordiali, ossia quelli nati subito dopo il Big Bang e non come prodotto finale di una stella di grande massa.

Niente luce, niente materia che gli si avvinghia attorno, niente stelle vicine con le quali scambiarsi materia, niente onde gravitazionali rilevabili. E allora? Come fare? Aspettare che qualcuno di loro penetri nel nostro sistema planetario con conseguenze anche tragiche? No, un metodo c'è e sembra che finalmente abbia colpito nel segno. Non dimentichiamoci, infatti, che un buco nero, per isolato che sia, possiede comunque una massa considerevole. Una massa tale da permettergli di curvare notevolmente lo spaziotempo attorno a sé. In poche parole, capace di comportarsi come una lente rispetto a stelle molto più lontane ma allineate con lui. La luce di queste ultime viene curvata e può arrivare all'osservatore con una intensità molto più grande di quella che avrebbe se fosse vista direttamente.

Inoltre, essendo all'interno della nostra galassia, le stelle hanno movimenti intrinsechi oltre che quello di rotazione attorno al centro della galassia, ossia si muovono più o meno lentamente una rispetto all'altra. E così può capitare che un buco nero isolato passi davanti a una stella. Ed ecco che inizia l'effetto lente e la stella aumenta la propria luminosità fino a tornare del tutto normale quando si rompe l'allineamento. Ma, ormai, il segno è stato lasciato e non resta che calcolare che massa poteva avere un oggetto del tutto invisibile capace di aumentare così tanto la luminosità di una stella. E' la tecnica del "microlensing" che già ben conosciamo.

Ebbene, sembra che finalmente sia stato rilevato un oggetto con massa superiore a 4-5 masse solari.

La stella che mostrato il cambiamento di luminosità (osservato dall'indistruttibile Hubble) nel periodo 2011-2017. La durata dell'evento dipende sia dalla massa dell'oggetto "lente", sia dal moto relativo dei due corpi coinvolti. Fonte: NASA, ESA, Kailash Sahu(STScI).

Se così fosse non potrebbe che essere un buco nero. La massa, però, ha ancora un notevole errore che potrebbe anche causare un abbassamento di livello: non un buco nero, ma una stella di neutroni,  Sarebbe comunque il primo caso di scoperta di una stella degenere ottenuta con il microlensing. Aspettiamo le osservazioni future per sciogliere il dubbio.

Di seguito un video-riassunto, di quanto detto, dell'Università di Berkeley

Articoli originali QUI e QUI

 

6 commenti

  1. FRANCO TRAVAGLINO

    Ciao a tutti.

    Un programma di Zoouniverse è proprio dedicato alla ricerca di buchi neri attraverso l'analisi delle curve fotometriche del programa SuperWASP , cercando i picchi causati dal microlensing.

    Mi sembra un po' la classica ricerca dell'ago nel pagliaio, ma .... chi lo sa?

    Mi piacerebbe un commento del nostro vate!

    https://www.zooniverse.org/projects/hughdickinson/superwasp-black-hole-hunters/about/research

  2. Guido

    Premetto che il mio modesto contributo alla questione (che certo non vale quanto quello di Enzo) si basa sull'utilizzo che ho fatto dei dati proposti da alcuni progetti di Zoouniverse anni fa (esopianeti, nane brune) e quindi attualmente le cose potrebbero essere diverse.

    Zoouniverse prevede un cospicuo periodo di "allenamento" in cui all'aspirante indagatore vengono sottoposte immagini di prova. Intrigante ma richiede molta costanza (qualità del resto indispensabile per ottenere risultati di sodisfazione in qualunque disciplina). Aggiungo che molto spesso le immagini "di lavoro" sono assai peggiori di quelle su cui si è fatto l'allenamento e questo spiazza un po'.

  3. pienamente d'accordo Guido

  4. FRANCO TRAVAGLINO

    Seguo da un paio di anni alcuni progetti di Zoouniverse di tipo astronomico (attualmente sulle variabili, SuperWASP Variable e ASAS-SN, più il "BWP9, planet nine, che si è rivelato efficiente soprattutto nell'individuare nane brune) Non mi risulta un periodo di "allenamento" , vi è una field guide di esempi, e poi vieni "buttato" a classificare.

    La filosofia di Zoouniverse è affidare un compito semplice ( che a volte così semplice non è) e ottenere un elevato numero di classificazioni, fidando nel fatto che ciò dia una "convergenza sul corretto". Alcuni (non tutti) i programmi, creano un secondo livello di user in cui si può veramente imparare molto, soprattutto dall'interazione con appassionati più esperti e con i professionisti di riferimento (personalmente ho imparato un po' a navigare nei cataloghi, ad utilizzare di dati di parallasse e indice di colore di Gaia, ad utilizzare la piattaforma VStar dell'AAVSO, e così via. Ancora tutto molto basic, ma affascinante, perché ti rendi conto dell'incredibile quantità di dati inesplorati presenti negli archivi pubblici).

    Nello specifico, avendo accumulato una discreta esperienza sulle curve di luce del SuperWASP, la ricerca del microlensing mi lasciava un po' perplesso, dato che il rumore è spesso notevole, la contaminazione presente anche sino a 150 arcsec, ma d'altro lato, l'elevata frequenza di campionamento potrebbe essere un vantaggio. Non mi è chiaro, soprattutto, che tipo di "spike" ci potremmo attendere (durata, entità di incremento di flusso/mg, periodicità e/o evento random...).

    Grazie per ogni commento/suggerimento/osservazione.

     

  5. Guido

    Mi sembra di ricordare che in realtà l'utente all'inizio lavora, a sua insaputa, su immagini che in realtà sono state già esaminate a fondo da esperti, in modo da definire una sorta di "indice di affidabilità" dell'esaminatore.

  6. FRANCO TRAVAGLINO

    Mah, in alcuni programmi, vedi ASAS-SN variable star, vengono dati alcuni feedback sulla base della classificazione automatica del data base ( e nel lavoro più recente pubblicato, venivano analizzati in modo separato i dati del sottogruppo di utenti "esperti" ), per quanto riguarda SuperWASP, è disponibile l'archivio degli oggetti che hanno già avuto classificazioni, e ti assicuro che spesso sono chiaramente sbagliate (esempio classificazione di rotatori con periodi < 0.1-0.2 giorni, fisicamente impossibili) o improbabili.  In talk con un altro utente, avevo citato un detto che circolava in laboratorio (40 anni fa quando facevo la tesi in Medicina): "garbage in, garbage out...". Comunque, a mio parere, sono programmi che possono stimolare moltissimo a studiare e approfondire, specie i vecchietti come me...

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